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Autore: Vic 394    12/03/2014    6 recensioni
Il drago nero aprì lentamente gli occhi, spaesato, per poi indirizzare lo sguardo davanti a sé. Osservò il capo villaggio per qualche interminabile secondo e aprì debolmente le ali, scoprendo la figura magrolina di Hiccup, che aveva cercato di proteggere dalla caduta.
Stoick si rianimò di colpo, prendendo il ragazzo tra le braccia, scostandogli i capelli dal viso e infine, dato che questi non si era mosso, controllando che il suo cuore battesse.
“È vivo, me l’hai riportato vivo” esclamò commosso, diretto al drago, che con sua sorpresa sembrò annuire.
Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Sdentato, Skaracchio, Stoick
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’onda d’urto dell’esplosione si era estesa per almeno qualche chilometro e le fiamme non accennavano a diminuire. Dovette passare molto tempo prima che qualcuno potesse pensare di avvicinarsi.
Sembravano passate ore quando Stoick, folle di preoccupazione, decise di avventurarsi finalmente in quella nebbia fatta di cenere, alla ricerca di Hiccup. Suo figlio, che aveva visto l’ultima volta in sella al più pericoloso drago conosciuto… almeno fino a quel giorno.
La Furia Buia infatti sembrava non avere nessuna speranza contro quello che sembrava un gigantesco e furibondo dio dei draghi.
Ma nessuno aveva potuto assistere al combattimento tra quel mostro e il ragazzo, il quale aveva portato la battaglia tra le coperte delle nuvole, sia per sfruttare la scarsa visibilità a suo vantaggio che per proteggere la sua gente da ulteriori colpi.
Dopo vari lampi e ruggiti il gigantesco drago, Morte Rossa, si era schiantato al suolo, causando quell’ondata di fuoco così violenta. I vichinghi avevano trionfato, ma Hiccup e Sdentato erano scomparsi.

Stoick si voltò e vide Astrid che, rimasta lì accanto tutto il tempo, stava cercando di soffocare il pianto, osservando il punto in cui avrebbero dovuto trovarsi il giovane vichingo e il suo amico con le squame. Le mise una mano sulla spalla per confortarla, poi si addentrò nella nebbia, chiamando il figlio a gran voce.
“Hiccup? Figlio? Hic?” urlava, nella speranza di una risposta. Avanzò ancora finché non scorse una sagoma nera che spiccava tra la cenere.
Riconobbe la Furia Buia e vi si avvicinò a grandi passi, incurante di un eventuale pericolo, solo per scoprire che Hiccup non si trovava lì.

Il drago respirava convulsamente e tra le scaglie si intravedevano ferite più o meno profonde che sanguinavano pigramente. Stoick seguì il suo profilo fino ad arrivare alla coda, con una delle due estremità mozzata. Probabilmente oltre all’impatto col terreno le asticelle metalliche, che una volta costituivano una protesi, avevano contribuito a ferire l’animale, spezzandosi e graffiandolo in più punti.
Esperto in combattimenti con i draghi, il vichingo non aveva il minimo dubbio sul fatto che questo non si sarebbe più rialzato.
Si lasciò cadere in ginocchio davanti all’animale, chiedendosi se avrebbe mai ritrovato il figlio e dandosi la colpa per tutto quello che era successo.
Il drago nero aprì lentamente gli occhi, spaesato, per poi indirizzare lo sguardo davanti a sé. Osservò il capo villaggio per qualche interminabile secondo e aprì debolmente le ali, scoprendo la figura magrolina di Hiccup, che aveva cercato di proteggere dalla caduta.
Stoick si rianimò di colpo, prendendo il ragazzo tra le braccia, scostandogli i capelli dal viso e infine, dato che questi non si era mosso, controllando che il suo cuore battesse.
“È vivo, me l’hai riportato vivo” esclamò commosso, diretto al drago, che con sua sorpresa sembrò annuire.
Poi abbassò nuovamente lo sguardo sul figlio e tutta la gioia di un attimo prima si dissolse.

Hiccup aveva la tunica bruciacchiata in alcuni punti e completamente ricoperta di sangue. Si era rotto una gran quantità di costole e un paio gli avevano perforato la carne. Aveva un profondo squarcio su un fianco e la gamba sinistra si era spezzata nel punto in cui la Furia Buia aveva cercato di afferrarlo; si era in parte staccata dal resto del corpo, assumendo una nauseante piega irregolare.
Esperto in combattimenti di vario genere, Stoick non voleva credere che non ce l’avrebbe fatta, ma il guerriero razionale dentro di lui era sorpreso che il ragazzo respirasse ancora, anche se impercettibilmente.
Il ragazzo stava perdendo molto sangue e il suo viso, con un grosso taglio sulla fronte, era pallido come non mai.
Poi, all’improvviso, cominciò a tossire debolmente e socchiuse gli occhi.

“Papà?” bisbigliò. Stoick non sapeva che fare, se non stringerlo più forte a sé.
“Hic… dobbiamo portarti a casa, riusciremo a guarirti” farfugliò. Hiccup alzò un sopracciglio.
“Da cosa? Non sento niente” mormorò. Il padre a quelle parole si sentì gelare il sangue. Probabilmente era l’adrenalina ancora in circolo, si disse. Non poteva avere già perso la sensibilità… anche se a dire il vero era alquanto sorpreso dalla sua apparente lucidità.
Il castano tossì un fiotto di sangue, macchiando la propria tunica e quella di Stoick.
“Ah, ecco da cosa” commentò, senza sembrarne affatto sorpreso.

Stoick nel frattempo aveva notato un’ombra e si voltò, trovandosi accanto Skaracchio. I due amici si lanciarono uno sguardo colmo di consapevolezza.
“Papà?” chiamò Hiccup, riottenendo l’attenzione.
“Dimmi pure, figlio”
“Sto andando vero?” la calma con cui questa domanda era stata posta fu disarmante per i due guerrieri che gli stavano accanto, che non poterono far altro che annuire gravemente.
“L’impatto col terreno è stato troppo forte” spiegò Skaracchio.
“Dov’è Sdentato? Sta bene?” chiese il ragazzo, per nulla turbato dalla precedente risposta.
Skaracchio e Stoick si fissarono ancora una volta, costernati: in un momento del genere era al drago che quel ragazzino andava a pensare. Ormai avevano capito che non era cattivo, ma c’era ben altro di cui preoccuparsi e il vichingo con i capelli rossi si chiese se gli dei si sarebbero offesi per quella testardaggine.
Per la prima volta da quando aveva recuperato il figlio alzò gli occhi davanti a sé. Sdentato, questo il bizzarro nome, giaceva a pochi centimetri da lì, con il muso rivolto verso Hiccup e gli occhi chiusi.

Morto.

“Sta riposando” mentì Stoick “si riprenderà, non preoccuparti” aggiunse. Skaracchio annuì, mascherando la tristezza con un sorriso appena abbozzato.
Hiccup tossicchiò e abbozzò un sorriso sul viso spento.
“Sai, è un bravo amico” commentò prima di sputare altro sangue.

“Sei stato coraggioso” annunciò Stoick, cambiando rapidamente argomento “sono molto orgoglioso di te” e lo era davvero. All’improvviso tutti i motivi per cui lo aveva allontanato gli sembrarono infondati e a dir poco ridicoli. Si rese conto che avrebbe voluto conoscerlo almeno adesso, anche se aveva perso la sua infanzia… ma non realizzò subito che non avrebbe mai potuto. Quel peso gli sarebbe giunto addosso più tardi, una volta da solo.
“Avrei potuto fare di più” sospirò il ragazzo, triste.
“Stai scherzando spero, hai salvato la pelle a mezzo villaggio e ora non dovremmo più combattere i draghi, direi che hai fatto più di quello che chiunque sarebbe stato capace di realizzare” si intromise Skaracchio.
Hiccup si girò lentamente verso il padre, che annuì in conferma e lo abbracciò piano. Aveva quasi paura di spezzarlo, malridotto com’era, in più non aveva smesso di sanguinare nemmeno per un momento e la sua voce era incrinata quando gli venne in mente un’ulteriore domanda.

“Credi che la rivedrò?”
Stoick abbassò lo sguardo, cercando per la prima volta di trattenere le lacrime. Naturalmente sapeva a chi si stesse riferendo il figlio. Aveva sempre sentito la mancanza della madre, era legittimo che gli sorgesse un dubbio, a quel punto.
“Ti starà già preparando il pesce arrostito… era la sua specialità” mormorò tristemente.
Hiccup annuì lentamente, assimilando l’informazione.
“Potreste… potreste dire ad Astrid che ho fatto del mio meglio? E mi dispiace di non aver mantenuto quella promessa” disse rapidamente, scosso da colpi di tosse sempre più deboli.
“Lo farò io” annunciò Skaracchio, poi dette un’ultima pacca all’amico e guardò il ragazzo, che aveva cresciuto come un figlio.
“In gamba, Hic” disse prima di allontanarsi.

Padre e figlio capirono che il momento di salutarsi era vicino e rimasero entrambi in silenzio, cercando il giusto modo di salutarsi.
“Ti prenderesti cura di Sdentato per me?” rantolò il castano.
Stoick guardò nuovamente il drago privo di vita e d’istinto voltò il capo del figlio in modo che non potesse vederlo in alcun modo.
“Va bene” promise.
“Gli piace giocare” spiegò il ragazzo e chiuse gli occhi.
“Ti voglio bene. Sono fiero che tu sia mio padre” sussurrò dolcemente, con un sorriso che si faceva largo sul viso, tanto sincero da illuminare quel pallore.
Stoick, piangendo, posò la fronte contro quella del figlio e chiuse a sua volta gli occhi.
“Ti voglio bene, Hic” singhiozzò.
Non seppe mai se Hiccup lo avesse sentito. Una volta rialzato il capo e asciugate le lacrime, Stoick aveva dovuto constatare che il giovane era spirato. Gli accarezzò i capelli e lo prese in braccio per riportarlo a casa, dando ordine di recuperare anche il drago e cercando di non unirsi al pianto collettivo di gente che su quel piccoletto non avrebbe scommesso un soldo.
Quel piccoletto che aveva significato la salvezza di Berk, a un prezzo altissimo.

Un anno dopo, nella piazza principale del villaggio, ora pullulante di draghi addomesticati, sorgeva un’enorme statua raffigurante una Furia Buia ad ali spiegate, cavalcata da un ragazzo mingherlino e sorridente.
Una pesante targa portava il nome di Hiccup Horrendous Haddock III, l’addestratore di draghi. E naturalmente di Sdentato, il suo più fedele amico.
Stoick vedeva i ragazzi che vi sedevano ai piedi, a chiacchierare fra loro con accanto i loro draghi e la gente del villaggio che la considerava un punto di riferimento.
Aveva anche notato che a volte Astrid, col favore della sera, restava per lungo tempo a fissarla in solitudine.
Proprio come lui, che osservandola ogni giorno si chiedeva se a Hiccup e Sdentato quel pesce arrosto fosse piaciuto.






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Angolo Vic
Sono depressa. Quando sono depressa scrivo cose depresse. Altre domande?
Come promesso, la nuova shot, appena sfornata.
Intanto volevo chiarire che la promessa di cui parla a Hiccup è quella che Astrid gli chiede di fare nell'arena, quando gli chiede di promettere che le cose non sarebbero andate storte. Ops...
Dunque, la dedico a chiunque abbia voglia di leggerla, magari senza insultarmi, visto già vedo i forconi in lontananza u.u
Un'ultima cosa: la Dreamworks può dirmi quello che vuole, io Valhallarama/Valka/sidecidesseroconquestinomi la considero morta e sepolta. Ovviamente qui lo dico e qui lo nego, visto che sto pensando già a una fiction da scriverci. Comunque in linea di massima mi serve sotto terra.
Su questa nota felice saluti e alla prossima!!


Vic

 
   
 
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