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Autore: IlrespirodelleOnde    13/03/2014    1 recensioni
Loki la ricorda come una bambina, ricorda i giochi e i libri che si scambiavano assetati di conoscenza.
Loki la rivede cresciuta, lo stesso sorriso che non avrà mai più opportunità di vedere.
Loki non la perdona. Ferite e cicatrici non glielo permettono.
Dal testo: “Sorpresa?” le domandò divertito e lei arretrò istintivamente di un passo, “Fa' attenzione, potresti scoprire che i bambini non crescono, i nostri corpi diventano più grandi, accumuliamo ferite, ma siamo gli stessi, Erin.”
[POST AVENGERS] [LokixNuovoPersonaggio]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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WOUNDS AND SCARS

 

you know,
i missed you,
but you aren't the same and i can't stand this

 


Lei lo aveva conosciuto quando ancora erano bambini, la pelle distesa e rilassata, le guancie rosee e occhi sorridenti. La prima volta che gli aveva parlato c'era il sole e l'erba che calpestavano era appena nata, poi lei era scappata su un albero convinta che quel ragazzino gracile non l'avrebbe mai raggiunta tra i rami più alti. Lo aveva visto arrampicarsi velocemente dietro di lei, sorridendole.
Non aveva avuto il coraggio di spingerlo giù e avevano parlato. Lui era stato il suo primo amico, ma ora non restava nulla di tutto questo.
I capelli del dio bambino erano cresciuti fino a toccargli le spalle, mossi e neri come ali di corvo, diversi da quelli che Erin ricordava, ma gli occhi erano dello stesso colore verde brillante, solo immensamente tristi e vuoti. Forse era la luce della cella o il riflesso del vetro che li separava, ma quello che vedeva non era Loki, non più.
Thor non voleva lasciarla sola con lui, consapevole di ciò che il fratello era diventato, ma non ebbe scelta di fronte alla preghiera della ragazza. La osservò mentre si allontanava per le segrete domandandosi se aveva fatto la scelta giusta e non trovando una risposta.

“Cosa sei diventato?” la voce di Erin era spezzata da un pianto che non arrivò mai, abbastanza profondo da scuotere Loki, ma non tanto da fargli rimpiangere le sue azioni. Non le doveva niente.
La mezz'elfa lo osservava con occhi di ghiaccio, mentre le parole dei midgardiani che aveva incontrato sulla Terra le affollavano la mente.
Li aveva aiutati a fermare Loki, aveva letto il disprezzo per quel mostro nei loro occhi e la delusione in quelli di Thor. Se avesse potuto osservare i suoi non ci avrebbe trovato nulla, perché lo shock di rivedere il proprio compagno di giochi trasformato in un animale era troppo forte persino per poterlo esprimere.

Aspettò paziente una risposta di Loki. Aveva le mani incrociate in grembo e se ne stava seduto contro il muro, un mezzo sorriso eterno stampatogli sulle labbra. Era stanco, questo avrebbe potuto dirlo chiunque, ma ciò che solo lei poteva vedere era che, dopo molti anni, l'animo del bambino deriso da tutta Asgard si era crepato e, come un vaso di Pandora, non si sarebbe mai richiuso. Le ferite cicatrizzano, ma fanno male sempre, ci ricordano ciò che siamo stati e, forse, mai smetteremo di essere.
Quante cicatrici portava Loki? Quante ferite ancora aperte? Ad Erin sembrava di poterle vedere tutte, la prima l'aveva vissuta, ma da allora tutto era cambiato.

Dove vai?” sentì la voce infantile del dio echeggiarle nelle orecchie.
Stava scappando come una codarda, in piena notte, come una ladra. Ma lui l'aveva sentita, avrebbe riconosciuto il rumore dei suoi passi sul pavimento ovunque, e l'aveva raggiunta.
Non pensò che lei lo stesse abbandonando, era certo che Erin non sarebbe stata capace di una cosa del genere. E invece statva succedendo e lui non se ne rendeva nemmeno conto.

Devo tornare a casa, Loki.” gli aveva sussurrato con le lacrime agli occhi, guardandolo per un'ultima volta.

Ma è questa casa tua.”
No, non lo era, lui non poteva capirlo, non ancora, e lei ringraziò gli Dèi per questo. Non si aspettava che capisse, solo voleva andarsene sperando che lui la rimpiazzasse con altre amicizie, lo sperava davvero.
Se n'era andata sotto il suo sguardo incredulo, era tornata a casa sua e solo lì aveva capito le parole di Loki. Casa non è dove sei nato, ma dove vivi. Lei aveva iniziato a vivere solo con quel bambino dal viso pallido e le braccia magre, i capelli neri sempre ordinati e un libro in mano in qualsiasi ora del giorno.

Si avvicinò al vetro posandovi una mano, voleva entrare nella cella, ne aveva bisogno. Loki non la degnava di uno sguardo, fissava il pavimento e il letto, intervallando la sua attenzione con lunghi sospiri. Erin chiamò una guardia e si fece aprire la cella con riluttanza dall'uomo in servizio che aveva ricevuto da Thor in persona l'ordine di non permettere al dio dell'inganno di avvicinarsi alla ragazza. Lei entrò chiudendosi la porta alle spalle senza fare rumore.
Si rese conto di avere paura solo quando si trovò vicino a lui, tanto vicino da poter percepire il suo dolore. Non era più un bambino, era cresciuto in fretta, non come Thor, ma più velocemente di lei, un'elfa destinata alla vita eterna, per sempre giovane. Loki era un uomo, ormai, e la spensieratezza della tenera età aveva lasciato il posto alla rabbia, all'odio.

“Non dovresti essere qui.” sentenziò placido. Persino la sua voce era cambiata, non più acuta e vagamente fastidiosa, ma bassa e avvolgente. Aveva conservato la stessa nota di superiorità e saggezza che aveva da bambino ed Erin non poté fare a meno di sorridere alla luce della fiaccola, rincuorata da quel particolare.

“Io non ti temo, Loki.” disse avvicinandosi a piccoli passi, dolce come era sempre stata. Il tempo l'aveva arricchita solo dell'arte della guerra, ora sapeva combattere, ma era poco più di una ragazza, curiosa e gentile come da bambina.

“Oh, lo so” rise amaro l'altro, alzando finalmente il capo, “tu pensi che io non possa farti del male.”
Entrambi rimasero in silenzio a contemplarsi, Loki trovandola amabilmente invecchiata più dall'esperienza che dagli anni. La rivide saggia e cresciuta, ma bella come di consueto. Erin dovette trattenere le lacrime e lui lo vide bene. Si era persa il mondo visto dagli occhi del bambino che amava, lo aveva abbandonato e ora lui avrebbe fatto lo stesso con lei.

“Sorpresa?” le domandò divertito e lei arretrò istintivamente di un passo, “Fa' attenzione, potresti scoprire che i bambini non crescono, i nostri corpi diventano più grandi, accumuliamo ferite, ma siamo gli stessi, Erin.”
Lo vide alzarsi da terra e afferrarle un polso, le gambe paralizzate e anni di addestramento nel combattimento persi in una frase. Thor non era più lì ad aiutarla e lei si lasciò trascinare contro il muro dal suo compagno di giochi. Era molto più forte di lei e molto più alto, tanto che dovette alzare la testa per guardarlo negli occhi.
Si sentiva una bambola di pezza, indifesa a causa della paura quanto per il fatto che non avrebbe avuto il coraggio di colpirlo in ogni caso. Lo aveva già fatto quella notte e la ferita si stava rivoltando contro di lei.

Il polso le faceva male, lui si stava vendicando anche per Midgard, poiché era stata lei a permettere agli Avengers di catturarlo, quindi ancora lei, per estensione, ad averlo fatto rinchiudere nelle segrete. Sentì le ossa fragili tra le sue dita e il suo sguardo supplicarlo di lasciarla andare.
Aveva sognato molte notti di riaverla tra le sue mani non tanto per fargliela pagare, quanto per farle provare lo stesso dolore che lo aveva distrutto ancora bambino.
Più i minuti passavano più la sentiva rilassarsi schiacciata tra il muro e il suo petto, un braccio intrappolato, mentre l'altra mano era appoggiata alla spalla di Loki. La vide chiudere gli occhi, la testa bassa, a respirare profondamente, riprendendo il controllo di se stessa. Poi la vide piangere e stringersi contro di lui, il viso perso nell'incavo della sua spalla, un braccio solo attorno al collo, mormorandogli le scuse di una vita intera.
Pensò a quanto lei fosse insignificante, ridotta ad elemosinare perdono, ma non poté fare altro che capirla, perché entrambi avevano sbagliato, entrambi avevano continuato una vita, delle ferite aperte e sanguinanti che avevano curato in modo sbagliato, l'uno senza l'altro.
Le lasciò il polso ed Erin congiunse anche quel braccio all'altro dietro il collo del dio, che rimase immobile, indeciso sul da farsi.

“Ora basta.” disse serio aspettando che Erin tornasse al suo posto, la schiena contro il muro.
Provò l'impulso di asciugarle le lacrime e lo represse, vergognandosi di tanta debolezza d'animo.

“Perdonami.” mormorò un'ultima volta, incapace di andarsene da lì.

Loki non la ricordava bene da bambina, solo il suo sorriso e la sua risata gli erano rimasti impressi nella mente, poi la rabbia aveva preso il sopravvento ed era stata lei la colpa delle sue disfatte, l'aveva accusata per tutto ciò che di più brutto gli capitava. Poi, la notte in cui Odino era caduto nel sonno, lui aveva capito il gesto di Erin, ma non era riuscito a perdonarla.
Gli aveva detto che tornava a casa, non il perché, e anni dopo lui l'aveva scoperto: uno Jotun e un'elfa, entrambi figli del nulla. Lui avrebbe fatto lo stesso al posto suo, o no?
Perché non gli aveva spiegato quel gesto? Le era così facile abbandonarlo?
No, lui non l'avrebbe mai lasciata sola.

“Non ne sarò mai capace, mai finché vivo.”

  
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