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Autore: TheRebelInk    13/03/2014    1 recensioni
-Fermati! – urlai correndogli incontro – No! Fermo! Non lo fare! Aspetta!
Tremava come una foglia. – Lasciami in pace!
-No! Scendi per favore! Non sai quello che stai facendo!
- TU non sai quello che stai facendo! – e si alzò in piedi. Ero nel panico, disperata. Non sapevo come fermarlo e lui sembrava sempre più deciso.
- Come ti chiami? – gli chiesi.
Lui esitò poi, tra le lacrime, rispose:- Ettore.
Due vite.
Le stesse scelte.
La storia di come ognuno di noi può rialzarsi anche nei momenti più difficili.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 14
 
Il proprietario dell’appartamento dell’ultimo piano aveva lasciato le chiavi sotto lo zerbino.
- Proprio della serie “anti sgamo” – commentò Ettore.
Dopo tre giri e un calcio alla porta entrammo in una stanza ampia con i mobili coperti da teli bianchi che sembravano fantasmi. Ettore varcò la soglia e si aggirò per un po’ nelle stanze, mentre io aprivo le serrande lasciando entrare la luce e il calore ad illuminare ogni angolo polveroso. Nel complesso però, era un appartamento ben tenuto, non troppo sporco (né eccessivamente pulito comunque) e c’era solo una macchia sulla parete, dietro a un vecchio ventilatore. Oltre a due camere, un bagno e una cucina minuscola c’erano le strette scale a chiocciola che portavano direttamente alla terrazza sul tetto.
Trovai Ettore nella camera matrimoniale. Era spoglia, tranne che per un grande letto al centro, una cassapanca sotto il davanzale della finestra e una cassettiera di legno. Sopra di essa c’erano ancora un posacenere e delle foto incorniciate. Ettore ne stava esaminando una in cui era ritratta una donna sorridente sulla quarantina. Mi assomigliava moltissimo: avevamo gli stessi capelli biondi, la stessa fronte alta e lo stesso mento sottile.
- Penso che dovremmo lasciarla qui – disse Ettore riponendo la cornice al suo posto – E poi sembri tu in versione anni Cinquanta – aggiunse piegando un angolo della bocca.
- Bet! È pronto! – gridò mia madre due piani sotto di noi, ma la sua voce era amplificata dalla tromba delle scale. Corsi alla porta dell’appartamento e chiamai mio padre, che mi aiutò con la sedia a Rotelle di Ettore.
A tavola parlammo di matematica, di suicidi di giovani ragazze e ragazze, di politica, di Harry Potter e di draghi. Raffy si esibì con gli spaghetti, Ettore se ne uscì dicendo che avevo un piede piatto.
- Solo uno – aggiunse prendendo un altro cucchiaio di gelato – Il destro.
Controllai sotto il tavolo e lo fissai divertita:- Devo ancora capire come fai!
- Non so, ma da seduto ti accorgi di tante cose. Delle cicche per terra, di quanto sia grande l’universo, dei tuoi piedi anche, e soprattutto della vita che non avevi notato prima. Ora vedo meglio le formiche per esempio – disse gesticolando con il cucchiaio.
- Beh… anche stando in piedi impari a conoscere tante cose nuove e meravigliose – risposi riflettendo – Per esempio vedo te.
I miei non parlavano. C’eravamo solo io e il ragazzo sulla sedia a rotelle che giocavamo a fare i filosofi con le nostre nuove emozioni.
 
  
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