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Autore: Anna Wanderer Love    13/03/2014    5 recensioni
Grant ebbe solo la possibilità di scorgere delle lacrime in quei grandi occhi da cerbiatto, così indifesi, che lei gli voltò le spalle e cercò di scappare verso la camera dove lui l’aveva portata.
Purtroppo per lei, poche cose erano in grado di fermare l’agente di livello sette Grant Ward.
E lui stesso decise in quel momento che un bacio non era tra di esse.
(SkyexWard) (Spoiler modificato della long I'm Trying To Protect You)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grant Ward, Skye
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I'm Trying To Protect You'
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I'm Sorry
 
 
Stavano litigando. Ma non quelle litigate scherzose che avevano sempre, no. Nemmeno una di quei discorsi che Skye definiva “da nonni” quando lei faceva una battuta e lui la rimproverava, ricordandole del suo dovere e della responsabilità che non dimostrava mai.
No.
Quella era una litigata vera e propria. Era cominciato tutto quando lui aveva sparato a quell’uomo, e più tardi, in macchina, l’aveva vista sconvolta. Allora le aveva chiesto se andasse tutto bene, e lei era scoppiata. Gli aveva chiesto -urlando- come potesse essere tutto a posto, come potesse sentirsi a posto, dopo aver sparato ad un uomo semplicemente perché stava estraendo la pistola. Non importava che lui fosse  un terrorista, era un uomo con una moglie e due figli.
Lui aveva ribattuto con calma –mentre continuava a guidare, guardando ogni tanto nello specchietto retrovisore se qualcuno li stava inseguendo- che stava per spararle, e che era solo una ferita superficiale.
Skye l’aveva guardato come se fosse un mostro.
Se n’era accorto benissimo, e quell’occhiata l’aveva fatto sentire peggio di quanto non si sentisse.
Perché sì, si sentiva davvero in colpa. Ma non lo dava a vedere. Non era un principiante, sapeva esattamente cosa doveva fare: mantenere la calma e tirarli fuori da quella situazione di merda. Ma quell’occhiata da quegli occhi solitamente dolci, ora pieni di ribrezzo, l’aveva fatto sentire un mostro, proprio come l’aveva fatto lo sguardo di suo fratello minore quando gli aveva detto che se ne andava di casa.
Così, dando per una dannatissima volta ascolto al suo istinto, aveva sterzato ed erano finiti in mezzo a quelle maledette strade di campagna.
Non si era accorto di essersi fermato a poca distanza dal bordo di un letto vuoto di un fiume.
Si era preoccupato soltanto si girarsi verso di lei e guardarla incazzato. Ricordava esattamente cosa le aveva detto.
-Sei solo una ragazzina! Una dannatissima ragazzina che non sa quando diavolo tenere la bocca chiusa! Ti ho salvato la vita, più di una volta, e tu mi ringrazi così? Sai una cosa? Rimpiango amaramente il giorno in cui…
Non aveva fatto in tempo a dirle di quale giorno si era amaramente pentito. All’improvviso –con l’urlo terrorizzato di Skye nelle orecchie e il suono del suo cuore che batteva all’impazzata- una macchina gli era andato contro, e loro erano finito nel burrone.
Aveva sentito l’urlo di Skye penetrargli nel corpo, scuotere ogni singola fibra di muscoli e carne e terminare la sua corsa con due battiti mancanti del cuore.
Dopodiché qualcosa l’aveva colpito sulla nuca, e aveva perso i sensi.
L’ultima cosa che aveva pensato era stata il suo nome. Skye.
 
Grant era seduto sulla sedia della sua vecchia cucina. Era così strano rivederla. Essere lì. Nonostante tutti quegli anni, si ricordavano perfettamente le forme dolci dei mobili dipinti di bianco, il largo tavolo di mogano lucido e il pavimento formato da piastrelle di marmo bianco con spruzzi neri.
Si era preso la testa tra le mani, ed era da vari minuti che fissava il legno scuro, i gomiti appoggiati al tavolo. Si sentiva tremendamente in colpa. Se non avesse perso la calma in quel modo Skye, non si sarebbe…
Skye.
Grant girò la testa e socchiuse gli occhi, notando subito l’ombra nel corridoio. Si alzò silenziosamente dalla sedia e con cautela, portando la mano alla pistola, spinse la porta di ciliegio, che non fece nessun rumore. Come quand’era bambino.
Grant tirò un sospiro di sollievo quando vide la figura minuta di Skye in mezzo al corridoio.
Tolse la mano dalla fondina e si prese qualche secondo per osservarla. I capelli lunghi, scompigliati, le ricadevano sulla schiena e sulle spalle esili. Grant non aveva osato spogliarla per controllare se fosse ferita da qualche altra parte. Dopo l’interrogatorio con il presunto “siero della verità” voleva evitare il più possibile situazioni di quel genere, forse perché le aveva detto cose mai confessate a nessuno. Però vedeva chiaramente la fasciatura che le aveva fatto al braccio destro risaltare sulla sua pelle ambrata.
Stava osservando il quadro appeso alla parete color verde acqua.
Era il preferito di sua madre. Li ritraeva tutti insieme, Grant adolescente con un braccio attorno alle spalle del fratellino. Si schiarì la voce, ma non ebbe risultati.
-Skye.
La vide sussultare e girarsi, ma le gambe le cedettero. Grant si lanciò in avanti cercando di afferrarla, e ci riuscì. Le sue braccia si chiusero attorno al busto della ragazza, traendola contro il suo petto, e stranamente Skye non oppose resistenza. Anzi, afferrò la sua maglietta e premette la guancia contro il suo petto, stringendo con forza la stoffa con una mano e aggrappandosi alla sua schiena con l’altra.
Grant si ritrovò stupidamente a pensare che era bello sentire i loro corpi vicini. Si rese conto di quant’era rassicurante stringerla tra le braccia. Era così piccola che gli sembrava un gattino.
Poi però si ricordò di come gli avesse quasi sparato in allenamento. Altro che gattino. Simmons aveva urlato per minuti interi quanto fosse stato irresponsabile a darle una pistola carica senza che avesse un addestramento sufficiente eccetera eccetera.
Con un sospiro Grant allungò il braccio e afferrò Skye per le gambe, sollevandosi senza problemi. Lei si rannicchiò tra le sue braccia, continuando a stringersi contro si lui mentre con un piede apriva la porta della cucina e la deponeva sulla poltrona rossa sotto all’ampia finestra.
Lei si dimostrò restia a lasciare la presa sulla sua maglia, ma si rifiutò di incrociare gli occhi del suo A.S, e lui non insistette.
Prese rapidamente delle nuove garze e riempì una bacinella d’acqua. Afferrò uno straccio pulito abbandonato sul bancone color panna e si inginocchiò di fianco a lei, posando il tutto a terra.
In silenzio, con pochi gesti esperti, svolse le bende lievemente macchiate di sangue, notando come la ragazza si rifiutasse di guardare la ferita, una volta scoperta.
Non disse niente. Prese lo straccio e lo immerse nell’acqua tiepida, afferrando al contempo il braccio di Skye e distendendolo. Lei fece una smorfia, ma non si lamentò. Grant vide le sue dita irrigidirsi, come se si stesse trattenendo dal voltare la mano e afferrargli il braccio, come poche, rare volte aveva fatto per cercare conforto.
-Farà male- le disse con voce tranquilla, e la vide irrigidire la mascella e annuire.
Sempre senza guardarlo.
Con un gesto rapido posò lo straccio bagnato sulla ferita e Skye sussultò visibilmente, i lineamenti delicati del volto che si contraevano in una smorfia. Grant tornò a guardare lo straccio e con più delicatezza possibile pulì il taglio dal sangue secco. Poi lanciò lo straccio sporco nel lavello e riavvolse le nuove bende attorno all’avambraccio della ragazza, che aveva preso a spostare le gambe ogni due secondi.
Una volta finito, Grant si alzò e le diede la schiena, afferrando due tazze –una nera, una bianca- e versandoci il caffè che aveva preparato poco prima. Voltando lo sguardo da un’altra parte gliela porse, e sentì un brivido percorrergli la schiena quando le sue dita fredde gli sfiorarono il dorso della mano. Fece finta di niente e si limitò a sorseggiare il caffè bollente, nero.
Stranamente, lei non gli chiese lo zucchero. Nell’aereo di Coulson l’aveva vista spesso versarsene mezzo chilo, ma ora non disse nulla.
Soltanto quando Grant si voltò per dirigersi in salotto lei parlò, e lui si fermò, con la curiosa impressione di aver ricevuto uno schiaffo.
La sua voce era amara. Nemmeno tre chili di zucchero avrebbero potuto addolcirla.
-Non mi sgridi?
Grant si girò e fissò la ragazza, che finalmente aveva sollevato lo sguardo e lo fissava con un’espressione terribilmente seria, non da lei. Dov’era finita la Skye sorridente e giocosa?
Si inginocchiò davanti a lei, sporgendosi verso il suo volto.
-Un agente non usa quella voce. Togliti dalla testa tutto quello che ti affolla la mente e pensa. Usa quel grande cervello che pare che tu abbia. Dimmi: perché dovrei sgridarti?
Skye lo fissò, inarcando un sopracciglio, e lui ne fu internamente sollevato. Una vecchia scintilla si stava riaccendendo nel suo sguardo, una scintilla che conosceva bene.
-Ti ha dato di volta il cervello? Certo che ho un grande cervello!
Nessuno dei due abbassò lo sguardo, e lei cedette solo dopo qualche secondo. Ward che la fissava così… non le era mai capitato. I suoi occhi scuri erano seri e intesi, come non erano mai stati. Sentendosi quello sguardo pesare addosso, Skye avvertì una stretta allo stomaco. Non aveva la minima idea del perché, ma ogni volta che incrociava il suo sguardo si sentiva… strana. Accaldata, nervosa, a disagio.
-Perché sono stata enormemente stupida a insultarti in quel modo. Perché non ho mantenuto la calma da brava agente. Perché non mi sono fidata del mio A.S.
Skye sentiva un leggero velo di lacrime annebbiarle lo sguardo, ma cercò di spazzarlo via sbattendo le palpebre. Fu per questo che non vide le mani di Ward avvicinarsi alle sue, e con un sussulto sentì le dita forti del ragazzo stringerle i palmi delle mani.
-Esatto- disse lui con voce calma –sei stata stupida. Ma anche io ho avuto la mia parte di responsabilità, Skye. Ho perso la calma, esattamente come te, e tu sei giustificata, visto che era la tua prima missione vera. Io no. Ho reagito alle tue provocazioni in un modo inaccettabile. Ecco perché quando saremo di nuovo dagli altri mi prenderò tutta la responsabilità.
Detto questo, Ward si alzò e fece per allontanarsi, ma Skye scattò in piedi e lo afferrò per un braccio. Lui si voltò, sorpreso, per ritrovarsi con il volto della ragazza a mezzo centimetro dal suo.
-Stai scherzando, vero? Non è stata colpa tua! Non ti permetterò di assumerti tutta la responsabilità, sarebbe una stronzata colossale! Ti rendi conto di quello che vorrebbe dire? Sarai espulso dalla squadra speciale!
-Esatto- confermò lui, con un lieve cenno della testa. Skye assottigliò le palpebre.
-Ma… non puoi farlo!- Cercò di ribattere, ma non trovava nessuna argomentazione a suo favore. E Ward sembrava consapevole anche di questo.
Con delicatezza, posò la mano libera su quella di lei che lo stringeva e cercò di allontanarla, ma lei non glielo permise. Guardandolo nervosamente, Skye rivoltò la mano e strinse quella del suo agente.
-Non saresti più il mio A.S., Ward- sussurrò, pregandolo con gli occhi.
Lui la fissò una nota di dolcezza negli occhi scuri. Si chinò per raggiungere l’altezza della sua protetta, e strinse per un breve istante la sua mano intrecciata alla propria.
-Coulson è perfettamente in grado di addestrarti. O anche May.
Skye fece una smorfia di disappunto, aggrottando le sopracciglia sottili.
-Oh, ti prego, May? Non puoi farlo! Non voglio farmi addestrare da lei, sarebbe un massacro! E Coulson… Coulson è già troppo impegnato.
-Skye, non discutere- la ammonì, lui, raddrizzando la schiena e sciogliendo le loro mani intrecciate.
Ebbe un solo secondo di preavviso, ed era tanto sicuro che non avrebbe mai potuto farlo che non provò nemmeno a schivare il colpo. Lo schiaffo arrivò, breve e intenso.
Grant sgranò gli occhi, e Skye pure. La ragazza si portò le mani alla bocca, lui alla guancia offesa, dove cominciava già a intravedersi l’impronta delle dita della ragazza.
-Oh, cavolo! Scusa! Scusa, scusa!- Esclamò Skye, allungando le mani e scostando quelle di lui dalla guancia per vedere il danno. Grant serrò la bocca, più seccato che arrabbiato.
-Non volevo! Non so cosa mi è preso! Mi dispiace! Ti fa male?- Chiese ansiosamente lei, e Grant si ritrovò a scuotere la testa, anche se non era assolutamente vero. La guancia bruciava in un modo incredibile.
E anche Skye non ci credette, perché lo afferrò per un braccio e lo trascinò al lavello. Aprì l’acqua, e immerse la mano nel liquido trasparente. Grant aprì la bocca per ringraziarla e dirle che non ne aveva bisogno, quando si ritrovò a rabbrividire, con la mano di Skye posata sulla guancia.
Per l’acqua gelida, certo, non per il contatto con la pelle morbida e calda della sua protetta.
Lentamente, dopo qualche secondo, Ward tolse la mano della ragazza dal suo volto e buttò giù un ultimo sorso si caffè, prima di posare la tazza vuota sul pianale. La guardò in silenzio, prima di voltarsi e dirigersi verso la porta aperta che dava sul salotto.
Skye si ritrovò a fissare la sua schiena muscolosa con gli occhi umidi.
-Non posso perdere anche te- sussurrò, con un groppo in gola.
Ward si immobilizzò. Chiuse gli occhi per un secondo, prima di girarsi e guardarla con occhi incerti.
-Cosa intendi?- Anche la sua voce era traballante, ma lei non sembrò notarlo. Fissava con sguardo vuoto la tazza bianca che aveva recuperato da dove l’aveva posata, e si mordeva le labbra. A Grant ricordava molto un’adolescente sull’orlo di una crisi di pianto.
-Ho perso tutti. Sono stata affidata a tante famiglie, nessuna mi ha tenuta per più di tre mesi. Non ho amici, a parte Jemma e Leo, e… non ho mai avuto qualcuno che mi abbia protetta come… come fai tu- Skye tacque per un secondo, passandosi una mano tra i lunghi capelli castani. Non lo faceva spesso, ma quando succedeva significava che era nervosa.
-Non… posso lasciarti andare così- alzò gli occhi e si avvicinò a lui, lo sguardo all’improvviso deciso, agguerrito come quello di un puma. Ward non si mosse.
-Ma se non posso tenerti con me… allora voglio prendermi questo.
All’improvviso, Grant si ritrovò a sgranare gli occhi, le labbra allacciate a quelle di Skye. Erano buone, morbide, sapevano di fragola. Non reagì, rimase fermo come una statua, e lei si allontanò subito. Grant ebbe solo la possibilità di scorgere delle lacrime in quei grandi occhi da cerbiatto, così indifesi, che lei gli voltò le spalle e cercò di scappare verso la camera dove lui l’aveva portata.
Purtroppo per lei, poche cose erano in grado di fermare l’agente di livello sette Grant Ward.
E lui stesso decise in quel momento che un bacio non era tra di esse.
Le corse dietro, e ad appena metà del corridoio le afferrò con forza il braccio –quello sano, ovviamente- e senza prestare attenzione al suo debole gemito di dolore la inchiodò contro la parete, chinandosi su di lei. Le loro bocche si incontrarono, e le labbra di Ward costrinsero dolcemente quelle di Skye a schiudersi. La ragazza era costernata. Mai si sarebbe aspettata che lui… che Ward… reagisse così. Sentiva il suo respiro irregolare –molto irregolare- soffiarle sulle guance, i loro corpi appiccicati, e le sue mani che si erano poggiate con dolcezza sui suoi fianchi, accarezzando la pelle, con morbidi cerchi, attraverso il tessuto leggero. Sentiva con precisione ogni linea marcata dei suoi pettorali mentre faceva scorrere le dita sopra la sua maglia, desiderando ardentemente di toglierla e ammirare quello spettacolo che aveva sognato per notti e giorni. Skye portò le braccia attorno al collo di Ward, mentre le loro lingue cominciavano una danza che da lì a poco li avrebbe fatti finire male, se non si fossero fermati. Immerse le dita nei capelli corti del ragazzo, beandosi della loro morbidezza e della solidità del suo corpo premuto contro il proprio.
Dal canto suo, Ward sentiva fuoco scorrere nelle vene al posto del sangue. Non sapeva quando diamine avesse iniziato a provare attrazione e sentimenti per Skye, ma ora stava bene. Amava sentire il suo piccolo corpo stringersi al suo, le sue dita scorrere sulla pelle e il suo respiro spezzato sul volto. Solo quando la necessità di riempire i polmoni di aria si fece impellente si separarono. Appoggiarono le fronti una contro l’altra, senza scostarsi, mentre si riempivano velocemente i polmoni e ancora più rapidamente li svuotavano, col fiatone.
-Da… quando… hai l’abitudine… di baciare quelle a cui fai A.S?- Chiese maliziosamente Skye, guadagnandosi un’occhiataccia, e un pizzicotto sul fianco che la fece sussultare indignata.
-Per tua informazione… non ho mai fatto da… A.S. a qualcuno… prima d’ora- ringhiò Ward, quasi offeso all’insinuazione, provocando un sorrisetto da parte di lei, che fece leva sulle sue spalle per saltargli in braccio.
Grant l’afferrò al volo e le strinse i fianchi.
-Perfetto, allora sono l’unica- disse soddisfatta Skye, prima di tornare a baciarlo, stringendogli le gambe attorno alla vita.
 

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Agolino timidissimo dell'autrice:
Ehilà!
Come state? Spero bene, e spero anche di non star parlando a nessuno ^^
Non so come diamine mi sia venuta in mente quest'idea, so solo che avrei potuto scriverla meglio, ma non volevo aspettare :(
E' la prima volta che scrivo su Skye e Ward, e penso di essere andata mooooolto fuori dai personaggi, ma sapendo (pero ora!) così poco di loro...
Me despiassssssss!
Ahah va be', spero vi sia piaciuta, però!
Recensite, ditemi che ne pensate! (sto pensando di farci una long sopra... magari questo sarà uno dei capitoli a metà-alla fine... ditemi voi se lo volete o non ve ne frega assolutamente nullaaaaaaaaaaa) :D
Un bacione a tutti!
Anna

 
   
 
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