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Autore: SylPms    14/03/2014    2 recensioni
Dalla storia
[...]Si disse che per quella volta poteva concederglielo e far finta che fosse tutto rose e fiori tra loro, anzi, forse glielo doveva, visto quello che sarebbe successo la sera stessa. Il pensiero lo fece mentalmente indietreggiare per un momento, così come la vista della sua spensieratezza e voglia di vivere nascoste chissà dove fino a quel momento. I capelli le ondeggiavano davanti al volto, incastrandosi di tanto in tanto tra le leggere screpolature delle labbra, nella fossetta del collo e sulle braccia. [..]
[..]“Che succede?” mormorò appena, con gli occhi indecifrabili, mentre si passava una mano sulla fronte sudata.
“Non sono una ragazzina” si affrettò a precisare “Lo voglio quanto te”
Damon maledì quella sua intraprendenza data dall’alcol. Se avesse detto un’altra parola del genere non si sarebbe più controllato. “Ti conviene stare lontana, Elena”
Lei non lo ascoltò e fece un passo, un altro ancora. “Non ho paura di te, Damon” disse con voce profonda “Non ho paura che tu mi possa far male” gli mise una mano sul petto, ormai vicina “Hai reso la mia vita eccitante e avventurosa, mi fai sentire viva” [..]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Jeremy Gilbert, Klaus, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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;Varðeldur
Sapere cosa succedeva in ogni momento della giornata era una sua prerogativa. Sapere cosa succedeva ai piedi del Westminster Abbey, se erano passati tutti con il verde o se non erano riusciti ad aspettare. Sapere se il newspaper boy aveva finito il suo giro mattutino o se aveva preferito rimanersene all’ombra della quercia secolare a godersi il tepore mattutino delle sue membra ancora assonate. Sapere se il signor Mccoughley aveva già rubato un morso della torta della signora Patterson, puntualmente lasciata sul davanzale ad aspettare. Sapere se le rose erano sbocciate all’unisono quella primavera, nel parco sulla quinta. Sapere se il sottile capello biondo che le scivolava lentamente lungo la spalla era morto da tanto o se aveva deciso di lasciarsi andare solo ora. Sapere se i suoi epatociti la stavano detossificando in modo esemplare dalle sostanze dannose annidate nel suo corpo. Mentre seguiva il tragitto altalenante di un ricciolo di polvere che proveniva da chissà dove, si chiedeva se l’umidificatore dell’aria funzionasse davvero. Sospirò tornando a guardare quella frase, sottolineata ormai venti minuti fa. Era ferma su quella pagina da più di un’ora e non sapeva se fosse perché non avesse proprio voglia di studiare o perché riguardasse il trapianto di fegato, ironia della sorte. Si voltò verso il letto alle sue spalle e il suo sguardo inciampò inevitabilmente nell’ormai consueto macchinario verde camice diventato ormai un compagno di studi. Suo fratello dormiva oppure aveva semplicemente gli occhi chiusi. Si poggiò l’intero palmo della mano sulla tempia e vi lasciò pesare la testa. Non si ricordava più come fosse vederlo reggersi in piedi da solo, o indossare vestiti normali, per non parlare del resto della normalità che ormai gli mancava da tempo. Non era una grande comunicatrice ma passava gran parte del suo tempo a pensare ad un modo per intrattenere una conversazione che riuscisse a non terminare in modo deprimente o con la frase starai bene, non mi resta molto.
Scosse la testa. Doveva essere propositiva e positiva, dopotutto si sarebbe trovata davanti alla morte molto più di quanto non avesse già fatto finora.
- Elena?
- Jeremy! Da quanto sei sveglio?
Si alzò immediatamente e si avvicinò al letto, sistemando mestamente le lenzuola tirate troppo su da un lato.
- Abbastanza da notare che non hai perso il vizio di rimuginare.
La sgridò, quasi. Le era grato per tutto il tempo che gli dedicava, nonostante non lo meritasse appieno, però lo faceva deprimere vederla lì tutto il giorno, curva su quel libro di duemila pagine. Gli faceva teneramente pena, quando di solito era lui quello a suscitarla.
- Non stavo rimuginando ! Stavo… ripetendo mentalmente!
- Ah si? Che ripeti?
Fece spallucce e le lasciò cadere pesantemente ai lati del suo corpo. – Trapianto di fegato.. – disse, alzando un lato della bocca e aggrottando le sopracciglia.
- Non potrebbe esserci un argomento su cui siamo più preparati ! Spara ! Ti interrogo!
- Jer, lascia perdere..
- Ma no, dai Elena ! E’ l’unica cosa in cui vado forte, dovresti approfittarne
Delle volte le dava fastidio quel suo umorismo, come se non capisse la gravità della cosa. La capiva e come, invece. Preferiva ironizzare piuttosto che piangersi addosso ma questo non significava rendere automaticamente le cose più semplici.
- Sono quasi due ore che va avanti da solo, fra poco dovrebbe passare Meredith!
- Ohoh, Meredith la virtuosa ! Mi piace quella dottoressa! Diventerai anche più brava di lei?
- Certo, semmai mi laureerò ..
- Perché non dovresti?
- Non lo so Jer.. Non vedo le aule dell’Università da mesi, ho perso la mano! Forse dovrei smettere, trovarmi un lavoro o..o..non so
Sospirò pesantemente. Jeremy scosse la testa e si voltò dall’altro lato, fingendo di guardare fuori dalla finestra. Si sentiva responsabile di quella situazione. L’ultima cosa che voleva era rovinare la vita di sua sorella dopo aver incasinato a pieni voti la sua.
- Allora, come va qui?
La dottoressa Sulez fece il suo ingresso nella stanzetta bianca e dall’odore acre di disinfettante con il suo solito sorriso gentile. Era bassina, con i capelli neri e delle labbra carnose. Erano quelle che piacevano tanto a Jeremy e che non evitava mai di fissare.
- Oh, molto bene ora , Meredith!
- Noto con piacere che la tua voglia di scherzare non si spegne mai!
- Almeno quella..
Non ne poteva più di vedere ogni conversazione dover finire con un riferimento alla morte, al dolore, alla sofferenza. Se conosceva gente che non riusciva a rimanere single per un attimo, beh, lei era la stessa, ma per quanto riguardava la tristezza. Lei era una di quelle persone che non riusciva ad essere felice per un attimo. Appena guadagnato un momento di sollievo, doveva quasi andarsi a cercare un motivo per ritornare nel suo antro buio.
- Io.. vado a prendere un caffè. Ci vediamo dopo.
Jeremy la guardò uscire e poi abbassò lo sguardo, frustrato dall’ormai inevitabile routine che lo circondava. Elena percorse il corridoio con le braccia conserte e strette tra loro, come se avesse freddo sebbene non ne avvertisse fisicamente. Ad ogni passo i lunghi capelli castani ondeggiavano e le sbattevano sulle spalle creando una leggera brezza artificiale che le faceva venire la pelle d’oca sul collo. Non sapeva che fare e ormai il suo make-up migliore era uno sguardo imbronciato che avrebbe fatto invidia a qualsiasi ragazzino emo del quartiere.
Proseguì nel corridoio con lunghe falcate decise sebbene non fosse tanto decisa l’idea di dove stesse andando. Senza accorgersene aveva intrapreso una strada che non riconosceva. I corridoi dell’ospedale sembravano come i sentieri selvaggi di una giungla pieni degli stessi alberi e degli stessi tronchi spezzati sul terreno. Eppure quello sarebbe stato il suo futuro luogo di lavoro, anche se ormai non ne era più tanto certa. Si guardò intorno in cerca di qualcosa che potesse prendere le veci di una stella polare durante un naufragio e notò sullo stipite della porta del corridoio successivo la scritta “Psichiatria”. Era quella la branca che più l’appassionava, insieme alla neurochirurgia. Era sempre stata affascinata dalla psiche e dal cervello umano e poterlo capire, pensava, l’avrebbe fatta diventare più sicura. Capire il meccanismo della vita, pensava che le avrebbe fatto smettere di temere così tanto le perdite. Continuò esitante fino ad imboccare il nuovo corridoio e notò un’aria più leggera. Sulla destra, le porte dei pazienti erano quasi tutte aperte. Scorse un vecchietto ossuto e raggrinzito che sorrideva a quella che doveva essere sua moglie, prontamente seduta accanto a lui con in mano un cucchiaino per imboccarlo. Sembrano felici, pensò. Nella stanza successiva un bambino stringeva goffamente un matitone blu e lo strofinava con violenza su un foglio posizionato davanti a lui. Avrebbe voluto vedere il suo disegno, le piaceva l’arte. Rimase ad osservarlo per un po’ quando sobbalzò alla vista del ragazzo che lanciava in aria tutti i fogli e  iniziava a dare dei pugni contro il muro, mentre i medici accorrevano incuranti di scansarla malamente. Gli fecero un’iniezione probabilmente e quello tornò calmo sul suo letto. Si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio e lentamente distolse lo sguardo, anche perché chiusero la porta per porre fine allo spettacolino che aveva attirato anche altri spettatori.
- Nicholas fa sempre così, ma in fondo è buono ! Forse un po’ troppo bravo a scacchi, per i miei gusti, non mi piace perdere.
Elena si voltò verso la fonte della voce che le aveva appena parlato e alzò le sopracciglia come colta alla sprovvista.
- Lo conosci?
Disse titubante. Da come ne parlava, sembrava conoscerlo molto bene.
- Passo spesso da queste parti, mi ha concesso due o tre partite
- O-oh..
Non riuscì a dire altro senza sapere se fosse sconvolta ancora per la scena alla quale aveva assistito o per lo squarcio di realtà che aveva appena invaso il suo mondo mentale cupo e tetro. Non disse comunque altro. Si sentiva come se avesse scordato le basi delle relazioni sociali e lentamente sprofondava in un misto di imbarazzo e disorientamento. O forse era solo un calo di zuccheri in atto che la stava cogliendo alla sprovvista.
Si mise una mano sulla fronte allungando un braccio dietro di lei per cercare un appoggio stabile prima di crollare a terra ma sentì una presa solida circondarle la vita e suggerirle che poteva tranquillamente lasciarsi andare.
- Ehi, tutto bene?
La voce sussurrò. Ora che era leggermente china, quasi in un elegante casquet da ballo, si poteva concedere di guardarlo in faccia, come se la nebbia che dal cervello le era arrivata alle retine, fosse sparita. Aveva dei profondi occhi blu che forse non contribuivano molto a mitigare il suo giramento di testa. I capelli corvini e vagamente spettinati si disperdevano sulla pelle diafana della fronte leggermente corrugata e gli incorniciavano il viso mascolino ma delicato che si arrotondava con uno spigolo in baso, formando la solida mascella tesa in un’espressione preoccupata.
- S-si..
Rispose dopo chissà quanto tempo e si sentì profondamente in imbarazzo per questo.
- Sei bianca come la morte
Sottolineò lui, nonostante non fosse da meno. La sollevò di poco senza perdere la presa e le scostò i capelli dalla pelle del collo, improvvisamente sudata.
- Riesci a stare in piedi?
- Le..le gambe mi tremano..
Si sentì un’idiota per quell’affermazione. Sapeva benissimo cosa stava accadendo nel suo corpo, l’aveva studiato al secondo anno.
- E’..solo uno scarso afflusso di glucosio al cervello, niente di grave suppongo
Disse , mentre lui la faceva adagiare sulle poltroncine della sala d’attesa poco più avanti.
- Oh, abbiamo un medico qui?
Alzò gli occhi al cielo, ricordandosi della conversazione avvenuta poco prima con Jeremy.
- No, per niente..
Disse con l’amaro in bocca. – Sto bene comunque, non devi disturbarti..
Prima ancora che potesse alzare lo sguardo, una mano a dir poco anatomica le stava porgendo un picchiere trasparente con del the caldo niente.
- Cinque bollini di zucchero!
Sollevò un lato della bocca per sorrider e glielo porse.
- O-oh, grazie ma dove..
- C’è un distributore automatico qui dietro
Sollevò le spalle per ovviare la sua affermazione.
- …giusto.
- Non sei pratica del posto, vedo
- Al contrario, ma non vorrei davvero ! Comunque ti devo.. cinquanta centesimi!
Iniziò a frugarsi nelle tasche strette dei jeans e per poco non rovesciò l’intero contenuto del bicchiere sulle scarpe laccate di lui.
- Stai scherzando, spero ! Consideralo un gesto umanitario
Interruppe la guerra con il denim dei jeans e gli fece un cenno con la bocca completamente immersa nel bicchiere che l’avvolse con il caldo vapore che emanava.
- Io sono Damon, comunque
Lui le tese la mano, ma lei si limitò a presentarsi e a rivolgergli uno sguardo indecifrabile.
- E cosa ci fa qui Elena?
- Una lunga storia
Sospirò amaramente cercando di non far prendere il sopravvento al casino che aveva in testa.
- E tu, Damon? Ti aggiri per le stanze dell’ospedale aspettando che qualche giovane ragazza abbia bisogno del tuo aiuto?
- Non sarebbe un cattivo passatempo, dopotutto
Sorrise guardandola con un’ironia non troppo marcata. Si soffermò a guardarla per un breve istante e notò l’incurvatura delle sue labbra ogni volta che accennava ad un sorriso, anche piccolo.
- Se ti sei persa, posso indicarti come ritrovare la strada
- Cosa ti fa pensare che io mi sia persa?
- Non è così?
- Beh…
Damon l’accompagnò facendole ripercorrere al contrario la strada che non sapeva nemmeno di aver percorso ma lo fece fermare all’inizio del corridoio del reparto dove si trovava Jeremy.
- Va bene qui, so continuare ora
Sorrise debolmente Elena come per liquidarlo alla svelta, senza un reale motivo.
- Cos’è.. ti ho riportata a casa entro la mezzanotte dopo un appuntamento non andato tanto bene, a quanto pare..
Lo guardò interrogativo e lui sorrise abbassando lo sguardo. – Mi vuoi già liquidare, non dev’esserti piaciuto molto!
- Oh no, invece mi è piaciuto!
Si affrettò a precisare, rendendosi conto solo dopo che non c’era stato davvero nessun appuntamento e lui rise.
- Ne sono contento , allora.
Le prese la mano e ne bacio impercettibilmente il dorso facendole vagamente colorire le gote.
- Senti, io ora.. devo proprio andare ! Ti ringrazio, di nuovo..
- In realtà non l’avevi ancora fatto..
Si sentì immediatamente in colpa per la sua maleducazione ma il sorriso di lui la fece ricredere in fretta.
- Allora, buona fortuna..per chiunque tu sia venuto a trovare
Alzò una mano per salutarlo e si morse il labbro inferiore. Damon le si avvicinò ulteriormente e la guardò profondamente negli occhi.
- In che stanza stai andando?
- C-cosa?
- In che stanza stai andando? Dimmelo
- L-la E174
Disse quasi incantata senza perdere di vista i suoi occhi. Lui tornò a sorridere come nulla fosse e lei trasalì.
- Allora ci vediamo, Elena !
Le rivolse un ultimo sorriso e mentre lei si accorse distrattamente del laccio slacciato, era andato già via. Si guardò intorno , ma non riuscì a vedere dove fosse andato e decise di lasciar perdere, tornando da suo fratello. 

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Note dell'autrice:
Salve a tutte ! Non so se qualcuno leggerà mai questa storia, anche se spero di sì. Sono nuova nel campo fanfiction i TVD, prima le dedicavo a ben altro! E' nata da una profonda crisi d'astinenza di nuove puntate e svolte e spero troverà uno sbocco abbastanza intrigante sia per voi sia per me ! Elena aspirante medico mi rispecchia anche in altre cose ! Spero di avervi incuriosite con questo il primo capitolo ! Sappiate che non sono una a cui piace programmare la storia nei minimi dettagli: i personaggi hanno vita propria e si evolvono spontaneamente capitolo per capitolo, nemmeno io so cosa potrebbe accadere! Grazie per l'attenzione e scusate per eventuali errori di battitura !
  
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