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Autore: _Trilly_    14/03/2014    4 recensioni
Si dice che un amico si veda nel momento del bisogno, ma cosa succederebbe se questo amico si rivelasse anche l'unica speranza a cui aggrapparsi, l'unica luce nella più buia oscurità, l'unico in grado di restituire il sorriso e l'unica fonte di forza e coraggio per riprendere in mano la propria vita? Quanto può essere sottile il confine tra l'amicizia e l'amore?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Angie, Pablo
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Questa os è nata ascoltando la canzone “Cenerentola Innamorata” di Marco Masini, ascoltandola diverse volte, la mia mente ha elaborato questa folle idea, dove i protagonisti, che poi sono stati proprio i primi a cui ho pensato, sono Pablo e Angie, una delle mie coppie preferite insieme alla Leonetta! <3
Avviso che qualche personaggio potrebbe essere OOC, purtroppo mi serviva così. Ci tenevo a dedicare questa one-shot a Dulcevoz, la sola e incontrastata fan numero 1 dei Pangie e colei che mi ha fatto amare questa coppia! È tutta per te!! :3
Ora vi saluto, spero che vi piaccia! <3






Quella mattina, le lezioni allo Studio iniziarono prima del solito, tante erano le prove da fare per l'imminente spettacolo di fine anno. Pablo ormai c'era abituato, però guardando gli studenti nervosi ma allo stesso tempo euforici, non poté fare a meno di sorridere. La musica era il suo mondo e i ragazzi come dei figli, di cui non avrebbe potuto essere più orgoglioso. Entrando in sala teatro, li trovò tutti a straparlare e a saltellare di qua e di là. Persino Ludmilla che per tanto tempo era stata viziata, ostile e crudele, ora era insieme al gruppo come se fosse stata una di loro. Forse il fidanzarsi con un bravo ragazzo come Marco le aveva fatto bene, mai era stata così tranquilla e lo stesso messicano, da come la guardava, sembrava cotto a puntino. Un discorso simile si poteva fare di Federico e Francesca, che mano nella mano, rileggevano la scaletta dello spettacolo e si sorridevano dolcemente, e di Maxi e Nata, che nonostante la timidezza, non potevano fare a meno di scambiarsi sguardi innamorati. Poco distanti da loro, Camilla straparlava come faceva sempre quando si avvicinava uno spettacolo, a causa del nervosismo, e Diego tentava di tranquillizzarla, stringendola forte a se. Forse dopo Marco e Ludmilla, erano proprio Diego e Camilla quelli che mai avrebbe pensato si sarebbero messi insieme, ma doveva ammettere che quella storia avesse portato dei risvolti positivi per entrambi. La Torres era più tranquilla e lo spagnolo meno arrogante e competitivo. Certo, quando litigavano facevano tremare anche le pareti, ma da due caratterini come i loro non ci si poteva aspettare altro. Spostò poi lo sguardo sul palco, dove Andres e Libi stavano eseguendo una delle coreografie dello spettacolo e si scambiavano dolci sorrisi. Ricordava ancora l'entusiasmo del ragazzo quando gli aveva detto che l'israeliana sarebbe tornata, per poco non gli aveva rotto qualche costola, tanto lo aveva stretto forte. Era bello vedere i suoi studenti così felici e innamorati. Alla sua vista, tutti i ragazzi si voltarono verso di lui e Pablo stava per dire loro di fare una prova per vedere come andavano le cose, quando si rese conto che mancasse qualcuno. “Dove sono Leon e Violetta?” Chiese, esasperato. Ogni giorno era la stessa storia, ogni giorno doveva andare in giro per la scuola alla ricerca di quei due. Come ogni volta, i ragazzi scossero la testa, tranne Ludmilla, che con un cenno gli indicò lo stanzino delle scope. Chissà perché, Pablo non ne rimase sorpreso. Quella settimana li aveva beccati lì dentro già tre volte, da quando erano tornati insieme, ogni occasione era buona per stare da soli. Perciò, quando aprì la porta dello stanzino e lì trovò avvinghiati in un angolo a scambiarsi un bacio appassionato, non si scompose minimamente, limitandosi a schiarirsi la gola. Leon e Violetta si allontanarono di colpo, entrambi scomposti e imbarazzati. Vargas aveva i capelli scompigliati e una traccia di rossetto sulle labbra, mentre la Castillo si stava risistemando la camicetta a fiori. Gli studenti, alle spalle di Pablo, sorridevano sotto i baffi. “Ogni giorno è sempre la stessa storia con voi due,” mormorò Galindo, facendosi di lato così da consentirgli di uscire dallo stanzino. “Scusa Pablo,” borbottarono, a disagio, scambiandosi però un sorrisetto, che finì per contagiare anche lui. In fondo erano due giovani che si amavano e non stavano facendo nulla di male. “Ah, Leon?” Il ragazzo si voltò verso l'insegnante, preoccupato. Che volesse punirli? Pablo però sorrideva e gli faceva gesto di pulirsi il labbro. Quando lui capì, avvampò e si affrettò a pulirsi con un fazzoletto, mentre tutti sorridevano divertiti.
“Bene ragazzi, è ora di tornare seri e provare,” riprese il direttore e i ragazzi si affrettarono a salire sul palco.
Alla fine delle prove, Pablo andò in sala professori perché aveva un appuntamento con Marotti per parlare dello spettacolo, ma l'uomo non c'era. Al suo posto vi trovò Angie, che seduta in un angolo, singhiozzava disperata. Preoccupato la raggiunse, sedendosi accanto a lei. “Angie,” sussurrò, scostandole dolcemente una ciocca di capelli dal volto umido. “Perché piangi?”
Lei non rispose, ma si gettò tra le sue braccia, continuando a singhiozzare. “Oh Pablo! Finalmente sei arrivato.” L'uomo la strinse forte a se, accarezzandole la schiena. “Sono qui Angie, tranquilla.”
La bionda annuì, sciogliendo l'abbraccio e asciugandosi le lacrime. “Aiutami Pablo, ti prego,” soffiò, tentando di calmarsi, ma era evidente che di lì a poco sarebbe crollata di nuovo. Pablo le strinse la mano, tentando di infonderle coraggio. “Angie, cosa ti succede? Parlami, ti prego.”
Angie si morse il labbro, mentre nuove lacrime riprendevano a scorrerle lungo il volto. “Pablo...io n..non so che fare...German...lui...io...io, sono...sono incinta,” balbettò, lasciandolo basito. Sapeva che tra la Saramego e German ci fosse del tenero e che avessero fatto di tutto per reprimere quei sentimenti, dato che erano cognati e quindi sapere che lei fosse rimasta incinta gli sembrava così assurdo. “Sei incinta?” Mormorò, stupefatto. “Com'è accaduto? E German che ha detto?”
La bionda recuperò un fazzoletto dalla borsa e si soffiò il naso, poi tornò a guardarlo quasi con vergogna. “Lui...Pablo, lui non lo vuole.”
“Che cosa?” Esclamò Galindo, sicuro di aver capito male. German non poteva davvero averle detto una cosa simile, non poteva. “Mi aveva appena detto che si sarebbe sposato con Esmeralda e io stavo così male. Abbiamo iniziato a litigare e...gli ho confessato i miei sentimenti e poi... e poi è accaduto e...Pablo, io credevo che avesse significato qualcosa anche per lui e così quando ho scoperto del bambino...mio Dio, ero felicissima e sono corsa a dirglielo,” balbettò la donna, tra le lacrime. “Lo sai che mi ha detto? Che è stato un errore, un momento di debolezza. Vuole che abortisca e che mi dimentichi di questa storia.”
“Oh Angie,” mormorò Pablo, abbracciandola nuovamente e permettendole così di piangere contro il suo petto. “Non ha mai superato che fossi la sorella di Maria, ma io... io credevo che dopo quello che è successo...si insomma, credevo che fosse cambiato qualcosa.”
Lui scosse la testa, incredulo. “Incredibile, non credevo potesse davvero chiederti una cosa simile. Ma che razza di persona è? Io lo ammazzo!” Fece per alzarsi, ma lei glielo impedì, stringendolo ancora più forte. “No Pablo, non fare nulla. È colpa mia, sono io che mi sono illusa e...”
“Non è vero,” la interruppe il moro, serio. “Non lo hai mica costretto a venire a letto con te. Deve prendersi le sue responsabilità, non può tirarsi indietro come un codardo.”
“Ma lo ha fatto,” sussurrò lei, scrollando le spalle. “Per lui è stato un momento di debolezza, un qualcosa per mettere fine alla nostra “illusione”. Mi ha detto che si sposerà con Esmeralda e che sono libera di fare quello che voglio, anche se preferirebbe che abortissi.”
“Certo, così non dovrà confrontarsi ogni giorno con gli scrupoli di coscienza,” sbottò Pablo, disgustato. German non gli era mai piaciuto, lo aveva sempre considerato troppo maniaco del controllo nei confronti di Violetta e poi tutte le bugie e gli inganni che aveva rifilato alla figlia e ad Angie. Un codardo, ecco cos'era. E ora aveva toccato il fondo. Come poteva abbandonare così la Saramego e il loro bambino? Possibile che non gli importasse nulla di loro? Che razza di persona si comportava così? Una parte di lui avrebbe solo voluto aggredirlo senza pietà e rinfacciargli tutto il male che stava procurando ad Angie, ma non poteva, lei non avrebbe voluto. Si limitò così ad abbracciarla ancora e ancora, così che potesse sfogare tutto il suo dolore e di dolore ce ne era tanto.


Una settimana era trascorsa, una settimana che Angie aveva passato a piangere o a letto o davanti alla tv e Pablo le era stato accanto, fornendole sostegno, fazzoletti e preparandole da mangiare, consapevole che se non ci fosse stato lui, lei avrebbe persino dimenticato che ci fosse uno stomaco da riempire. Nel frattempo, la creatura che cresceva dentro di lei aveva compiuto due settimane e il suo destino era ancora incerto. La Saramego infatti, era ancora troppo vulnerabile per prendere una decisione. Un attimo prima sembrava intenzionata a continuare la gravidanza per dimostrare a German che poteva cavarsela senza di lui, poi improvvisamente appariva sfiduciata e sosteneva di non essere in grado di crescere un bambino da sola, che tra l'altro avrebbe potuto assomigliare al suo amore impossibile. In tutto questo, Pablo se ne stava in silenzio. Non poteva dirle cosa fare, era una decisione che doveva prendere lei e in entrambi i casi la sua vita sarebbe cambiata radicalmente, perciò nonostante gli chiedesse spesso un parere, lui si limitava ad abbracciarla o a stringerle la mano. Allo Studio, tutti sapevano che Angie avesse una forte influenza, ma non potevano continuare così, una cosa del genere non si poteva nascondere per sempre. Fu proprio per questo, che propose alla bionda di andare a cena fuori, voleva che lei reagisse, che tornasse a sorridere, che prendesse una decisione. All'inizio però Angie si oppose categoricamente, sostenendo che non avesse né la forza e né la voglia e lo cacciò di casa. Pablo in ogni caso non demorse e tornò ogni giorno, facendole sempre la stessa proposta, finché un bel giorno, non riuscì a trascinarla di peso fuori dalla sua tana. Decise di portarla in un ristorante fuori città, dov'era sicuro non avrebbero incontrato nessuno di loro conoscenza, lei non era pronta ancora ad affrontare qualcuno. I suoi occhi, nonostante il doppio strato di trucco per nascondere le occhiaie, continuavano ad apparire vuoti, spenti, nessuna traccia della luce che li aveva sempre contraddistinti e ciò non poté non incrementare il profondo odio che provava per German Castillo. Era tutta colpa sua se Angie fosse in quello stato. Se non poteva amarla, perché illuderla in quella maniera? Ci provava gusto ad esercitare potere su di lei, o più semplicemente voleva togliersi uno sfizio? Il solo pensiero che avesse semplicemente voluto soddisfare la sua fantasia erotica, lo mandava in bestia. Angie era la sua migliore amica da tutta la vita, era così dolce, fragile, innocente, lei meritava solo di essere amata e protetta, invece Castillo le aveva inflitto una ferita così profonda da annullarla quasi come persona. Più tentava di intavolare una conversazione con lei, più la guardava e più se ne rendeva conto. La sua amica era apatica, non reagiva, non urlava e lui non lo poteva proprio sopportare. La portò così in giro ogni giorno, a pranzo, a fare lunghe passeggiate, al cinema, al teatro, le propose persino di andare a fare shopping. Angie accettava le sue proposte con espressione impassibile, quasi non lo sentisse davvero e soprattutto all'inizio, la cosa lo preoccupò parecchio, pian piano però, capì come prenderla. Accendendole la tv o la radio, lei si distraeva e quasi non si rendeva conto che stesse mangiando e lo stesso trucco lo utilizzava quando erano per strada. Bastava metterle le cuffiette alle orecchie e riusciva persino a farle mangiare un hot dog.
Ben presto trascorse un mese e anche se Angie stava decisamente meglio, mangiava regolarmente ed era tornata ad insegnare allo Studio, continuava a rifiutarsi di parlare di quel bambino che cresceva dentro di lei. Pablo aveva tentato in ogni modo di intavolare l'argomento, ma lei fingeva di non capire o lo ignorava e lui non sapeva più che fare. Nel giro di poche settimane lei non avrebbe più potuto scegliere, ma sembrava non rendersene conto. Aveva persino iniziato a piangere di meno, ma quando la guardava, continuava a vedere il buio. Che stesse cadendo in qualche forma di depressione?
Fu una mattina quasi per caso, che scoprì che Rafa Palmer sarebbe venuto a fare un concerto proprio a Buenos Aires e gli venne un'idea. Angie era una grande fan del cantante e chissà, magari andare al suo concerto avrebbe potuto farle bene.
Vederla cantare e saltellare felice a bordo palco tra tutte quelle persone, riscaldò il cuore del povero Galindo. Si era caricato la responsabilità di farla tornare a vivere e proprio nel momento in cui credeva di aver fallito, ecco che finalmente vedeva una luce nei suoi occhi verdi, una luce che sapeva di speranza. Forse fu proprio la sera di quel concerto che iniziò a guardarla davvero. Prima l'aveva sempre considerata la sua migliore amica, colei che avrebbe sempre difeso con le unghie e con i denti, in quel momento però, la vide anche come una donna. Angie era cresciuta, non era più una bambina, era una donna dolce, ma anche tanto fragile, con cui la vita non era stata molto generosa, però aveva sempre affrontato tutto con un grande sorriso stampato in faccia, quel sorriso che German Castillo le aveva strappato e che Pablo voleva fare di tutto per restituirle.
“Grazie Pablo, sei l'unica luce in tutto questo buio,” gli sussurrò quella sera dopo il concerto, quando l'accompagnò a casa. Gli sorrise e gli stampò un bacio sulla guancia e in quel momento credette di morire. Un calore gli si propagò in tutto il corpo, il cuore prese a battergli forsennato e qualcosa si agitò nel suo stomaco. Il sorriso di Angie, i suoi occhi e le sue labbra divennero il suo sogno ricorrente e poi c'era quel calore che aveva avvertito quando gli aveva baciato la guancia, ogni volta che chiudeva gli occhi gli sembrava di riviverlo e la cosa lo spaventò. Non riusciva a credere che gli stesse succedendo davvero, non poteva innamorarsi della sua migliore amica. Nonostante ciò che aveva fatto, sapeva che il cuore della bionda continuasse ad appartenere a German e che lui fosse solo l'amico che le stava accanto in quel momento difficile.
Fu all'alba del suo secondo mese di gravidanza, che Angie si decise a parlare finalmente di ciò che avesse intenzione di fare. Pablo si aspettava tutto, tranne quelle parole. “Sai, ci ho pensato molto, sapevo che in ogni caso la mia vita sarebbe cambiata e non volevo prendere una decisione di cui mi sarei pentita per sempre.”
“Cos'hai deciso?” Le chiese, stringendole forte le mani. La vedeva tranquilla, serena, ma non felice, però su quello era fiducioso, il bambino l'avrebbe sicuramente aiutata in tal senso. Non si diceva in fondo che i bambini fossero la più grande fonte di gioia?
“Vado ad abortire,” mormorò Angie, interrompendo il flusso dei suoi pensieri e lasciandolo a bocca aperta. “So che questo bambino non ha colpe, ma non posso correre il rischio di vedere lui ogni volta che guardo mio figlio. Non posso crescere il figlio di German, mi ricorderebbe perennemente quello che mi ha fatto. Non ci riesco.” Sembrava convinta, sicura di quella decisione, ma Pablo non poté fare a meno di scuotere il capo. Ora voleva farlo, ma era sicuro che affrontare le conseguenze di una decisione così drastica, l'avrebbe devastata. Per tutta la vita avrebbe dovuto sostenere il peso di aver ucciso quel bambino, che aveva come unica colpa l'essere il figlio di German Castillo. Chissà quante volte se ne sarebbe pentita, chissà quante lacrime avrebbe versato. Angie però non volette sentir ragione. “Ti prego di rispettare la mia decisione, è la cosa migliore per tutti.” No, è la cosa migliore per German, avrebbe voluto dirle, ma si costrinse a tacere. Per quanto avrebbe voluto proteggerla, non poteva costringerla a cambiare idea, poteva semplicemente starle accanto come aveva sempre fatto e così fece. Continuò a passare tanto tempo con lei, a ridere, a scherzare, si concessero persino una domenica allo stadio per assistere al derby tra Boca Junior e River Plate e nonostante l'entusiasmo e l'euforia, tra di loro continuava ad aleggiare il fantasma di quel bambino, il cui destino sembrava ormai segnato. Non era mai stato un gran credente, ma non poteva fare a meno di pensare che nella pancia di Angie si stesse formando una vita, che un cuore già battesse forte e pompasse sangue e che lei stesse per ucciderlo. In fondo quella vita cresceva poco a poco, esattamente come l'amore che provava per lei e sentiva di non poter fare nulla per salvarlo. Cosa poteva mai fare per impedire alla donna che ormai sapeva di amare, di distruggere la sua vita e quella del bambino? Nulla, Angie era troppo testarda, non avrebbe mai cambiato idea, se non di sua spontanea volontà, ne era certo.
“Siamo arrivati,” sussurrò con voce assente. Era una mattina afosa e soleggiata, la mattina in cui Angie avrebbe messo fine alla sua gravidanza e Pablo era lì con lei, anche se avrebbe preferito essere a chilometri di distanza. Non sapeva nemmeno lui come avesse fatto a guidare fin lì con tutti i pensieri che gli frullavano per la testa, ma lo aveva fatto e in quel momento non poté fare altro che stringerle forte la mano. Anche se si ostinava a dire di essere convinta di ciò che stesse facendo, lui era certo che non fosse così, una parte di lei sicuramente avrebbe voluto opporsi, perché sapeva che stesse per togliere la vita ad una creatura innocente.
“Sei sicura?” Sussurrò Pablo, scostandole teneramente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Lei lo fissò per un tempo che gli parve interminabile. Era confusa, smarrita, spaventata, ma non di certo sicura. Angie non voleva davvero rinunciare al suo bambino, glielo si leggeva negli occhi, ma nonostante tutto, annuì. “Si, è la cosa giusta da fare.” Dopo avergli rivolto un debole sorriso che non lo convinse per niente, la bionda uscì dalla macchina e si avviò verso l'ingresso dell'ospedale. La sua andatura era frettolosa, quasi volesse togliersi il peso il prima possibile, o forse semplicemente voleva affrettare i tempi così da non poter cambiare idea. Nella sua testa doveva essere in corso un vero e proprio conflitto, magari si stava chiedendo se ciò che le faceva più paura non fosse anche la cosa più giusta e se soprattutto, fosse pronta ad affrontarlo. Poteva crescere il figlio di German? In caso contrario, poteva riuscire a vivere sapendo di aver ucciso quella creatura?
Pablo che non l'aveva persa d'occhio finché non era sparita all'interno dell'ospedale, si interrogava su questo e su altri quesiti, decisamente preoccupato per la sua Angie. Nulla era comparabile all'intenso amore che provava per lei e al suo bisogno di proteggerla e il solo pensiero che potesse soffrire ancora, magari proprio per quella decisione così sbagliata, lo demoralizzava non poco. Se la donna fosse andata fino in fondo, niente avrebbe potuto restituirle il bambino e quindi colmare quel vuoto, come avrebbe fatto allora lui ad aiutarla? Poteva il suo amore bastare? Scosse la testa, prendendosela tra le mani. Era lui ad essersi innamorato, tutta quella vicinanza gli si era ritorta contro e ora non poteva certo pretendere che Angie lo ricambiasse, dopotutto erano amici da sempre e lei non lo avrebbe mai visto di più di un amico.
“Pablo!”
La voce della Saramego lo riscosse dai suoi sproloqui mentali. Sollevando lo sguardo, la vide correre verso di lui e senza pensarci troppo, Pablo uscì dalla macchina e le andò incontro. Angie gli saltò praticamente addosso, avvolgendogli al collo le esili braccia. “Non ce l'ho fatta Pablo,” sussurrò, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. Un grande calore si diffuse dal cuore in tutto il corpo di Galindo, che la fece girare in tondo, euforico. Angie non aveva abortito, aveva sperato fino all'ultimo che non lo avrebbe fatto. “Sono orgoglioso di te,” le disse, mettendola a terra e prendendole il volto tra le mani. I suoi bellissimi occhi verdi finalmente non erano più spenti, una luce li faceva risplendere, quella della certezza di aver fatto in fine la cosa giusta. “Tutto questo, grazie a te,” ammise lei, mordendosi nervosamente il labbro. “Mentre ero in ascensore, mi sono tornate alla mente le tue parole e ho capito che stavo sbagliando. Non si tratta solo del figlio di German, ma anche del mio e... se lo avessi fatto, me ne sarei pentita per tutta la vita.”
Pablo annuì, accostando la fronte contro la sua e sorridendole dolcemente. “Hai fatto la cosa giusta, Angie.”
Lei ricambiò il sorriso, allacciandogli le braccia al collo. “Una delle poche, soprattutto nell'ultimo periodo, in cui di sciocchezze ne ho fatte in abbondanza.”
“Questo è vero,” ammise Galindo, divertito, beccandosi un'occhiataccia. “Ma hai saputo rimediare e questo è l'importante,” aggiunse, abbracciandola nuovamente. Era così felice di essere riuscito ad aiutare la sua Angie a prendere la decisione giusta, per lei avrebbe fatto questo ed altro. “Ora devi solo pensare a riposarti e a mangiare, il piccoletto o la piccoletta, ha bisogno di forze.”
“Lo farò, tranquillo,” promise la bionda. “Farò tutto il possibile affinché non gli manchi nulla.”
“E io ti aiuterò, ci sarò sempre per te.”
Forse fu quella frase, o l'intensità con cui la guardò quando la disse, stava di fatto che l'espressione di Angie cambiò radicalmente, facendosi di colpo seria. “Pablo,” sussurrò, sfiorandogli una guancia con la punta delle dita. “Grazie di tutto, sei un uomo straordinario. Scusami,” continuò poi, facendolo accigliare. Perché si scusava? Lei non aveva nulla da farsi perdonare. Stava per chiederglielo, ma si bloccò, notando il volto della donna farsi sempre più vicino al suo. Fu un attimo, Angie poggiò le labbra sulle sue, lasciandogli un bacio dolce ma allo stesso tempo deciso. Quando si allontanò, aveva lo sguardo basso e il volto in fiamme. Con i denti si torturava il labbro inferiore. “Era da un po' che volevo farlo,” ammise, lasciandolo a bocca aperta. “Mi sei stato accanto, mi hai ascoltata, aiutata, sostenuta e...senza di te non ce l'avrei fatta. Pablo tu mi hai salvata e ho capito che non posso e non voglio rinunciare a te.”
Pablo la fissava, incapace di fare qualsiasi altra cosa. Quante volte nelle ultime settimane aveva sognato che lei lo baciasse e che gli dicesse quelle parole? Tante, troppe e ora gli sembrava tutto un sogno. Angie, inconsapevole che il suo silenzio fosse dovuto allo shock, si incupì. “Lo sapevo, non avrei dovuto dirtelo,” commentò amareggiata. “Non posso pretendere che tu ricambi i miei sentimenti, mi consideri la tua migliore amica, è sempre stato così.” Si allontanò di alcuni passi, diretta alla macchina e solo allora il cervello e il cuore di Pablo sembrarono prendere coscienza di ciò che fosse accaduto. A grandi falcate, la raggiunse e la fece voltare verso di lui. “Pablo,” provò lei confusa, ma lui le prese il volto tra le mani e la baciò con passione, venendo immediatamente corrisposto dalla bionda, che gli saltò letteralmente addosso. Non seppe dire per quanto tempo restarono lì a baciarsi, sapeva solo che ora che le aveva provate, non riusciva a fare a meno delle labbra di Angie, del loro sapore, della loro morbidezza. Alle orecchie gli giunse qualche commento o fischio di ammirazione e per l'imbarazzo, fu quasi tentato di fermarsi, in fondo si trovavano proprio al centro del marciapiede, ma la Saramego glielo impedì, continuando a baciarlo con trasporto e onestamente Pablo gliene fu grato. Se avesse smesso di baciarla infatti, era convinto che sarebbe impazzito, non poteva resistere più un singolo istante senza. Dopo un po' però, dovettero per forza separarsi per mancanza di fiato e si ritrovarono così a specchiarsi l'uno negli occhi dell'altro, mentre i loro cuori battevano forsennati e una piccola folla poco distante, applaudiva, imbarazzandoli a dir poco. “Nemmeno io voglio rinunciare a te, Angie,” sussurrò lui, a un soffio dalle sue labbra. “Quello che sento per te non l'ho mai provato prima. Voglio starti accanto, amarti, proteggerti, sostenerti e crescere il tuo bambino come se fosse mio, se tu lo vorrai, ovviamente,” si affrettò ad aggiungere, con un velo d'imbarazzo.
Un grande sorriso si distese sul volto di Angie, che lo stritolò così forte da rompergli qualche costola. “Oh Pablo! Ma come fai ad essere così meraviglioso? Ti amo! Ti amo! Ti amo!” Esclamò, schioccandogli un bacio sulle labbra ad ogni -ti amo-. “E come potrei non volerti nella mia vita e in quella del mio bambino? Non voglio però che tu ti senta costretto e...”
Lui scosse la testa, accarezzandole dolcemente una guancia. “Non mi sento costretto, voglio stare con te e con lui.” L'ultima parola la mormorò sfiorando il ventre ancora piatto della bionda, che si emozionò fino alle lacrime, fiondandosi tra le sue braccia. “Non voglio stare più nemmeno un'istante senza di te.”
“Nemmeno io, Angie, nemmeno io,” soffiò Pablo tra i suoi capelli, felice e completo come mai si fosse sentito. Quel periodo, anche se tanto duro e sofferente, era stato una manna dal cielo per lui e Angie, che avevano finalmente trovato la loro felicità, quella felicità che potevano avere solo se stavano insieme e da quel giorno sarebbe stato sempre così: lui, lei e il loro bambino, il resto non contava.



 
  
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