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Autore: Chimeres    14/03/2014    0 recensioni
Freud definì il sogno come la rappresentazione mascherata di un desiderio represso e questo storia parte proprio da qui, dalla voglia di un abbraccio che si materializza una notte e che lascia l’amaro in bocca il giorno dopo perché di notte è tutto più bello quando si ha qualcuno da sognare... ma è meno bello il risveglio quando il posto accanto al tuo è freddo e a riscaldarti non trovi due braccia calde ma solo il tuo piumone... e non è esattamente la stessa cosa.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prologo
 
Freud definì il sogno come la rappresentazione mascherata di un desiderio represso e questa storia parte proprio da qui, dalla voglia di un abbraccio che una notte si materializza e che lascia l’amaro in bocca il giorno dopo, perché di notte è tutto più bello quando si ha qualcuno da sognare, ma è meno bello il risveglio, quando il posto accanto al tuo è freddo e a riscaldarti non trovi due braccia calde ma solo il tuo piumone.

“Dai vieni qui!” ed è solo un sussurro accompagnato da un sorriso sicuro, lei poteva morirci, dietro quel suo sguardo intenso, le stava tendendo la mano e nonostante fosse un po’ restia si lasciò subito convincere.

“Sai che non possiamo” esclamò semplicemente mentre seduta sulle sue gambe chiuse gli occhi appoggiando la guancia al suo petto e improvvisamente il mondo rimase fuori, ed era sempre cosi quando le distanze tra di loro si facevano ridotte, le situazioni li allontanavano, ma qualcosa di magnetico li faceva attrarre come il ferro con la calamita e in quel momento lei si sentiva come un piccolo ago sperduto sul pavimento e lui era la sua calamita che l’aveva appena salvata da una fine sicura. Avrebbe potuto dire tante cose: che non era giusto, che l’altra non se lo meritava, che lei non si meritava di fare l’amante, eppure quelle dita che si muovevano sicure sulla sua maglietta rossa riuscivano a farle provare brividi lungo la schiena che erano più convincenti di qualsiasi bacio o di qualsiasi promessa. La stava guardando e lei lo sapeva bene nonostante avesse gli occhi chiusi e non potesse vederlo, sentiva il suo sguardo cosi profondo ma allo stesso tempo cosi dolce che dopo attimi che le sembrarono interminabili si rassegnò ad aprire gli occhi ed incontrare i suoi, sentì il fiato farsi corto e il cuore accelerare i battiti quando il suo volto si avvicinava lentamente, senza alcuna fretta, quasi a godersi quell’attimo prima del bacio e, mentalmente, quasi invidiò Psiche che nella famosa opera di Canova poteva godersi quel momento per sempre, visto che quelle labbra di marmo bianco non si sarebbero mai toccate.                                                                              

Un bacio che per Psiche non sarebbe mai arrivato, ma neanche per lei perché la sveglia suonò e quello era solo uno stupido ma fantastico sogno e con la testa ancora appoggiata al cuscino le sembrò di sentire quel calore e il suo profumo.
“Maledetta sveglia!!” esclamò staccandola poco delicatamente e con un ultimo sospiro abbracciò di nuovo il cuscino chiudendo gli occhi per ritrovare ancora quello sguardo che durante il sonno le aveva tenuto compagnia. Ma ormai l’incantesimo si era spezzato e quel meraviglioso sogno era rimasto solo la parentesi di una notte. Si mise seduta sul letto a gambe incrociate passandosi la mano tra i capelli scombinati e dopo un lungo sbadiglio girò la testa prendendo il cellulare dal comodino, si era presa l’abitudine di lasciarlo acceso la notte cosi che se lui avesse sentito la sua mancanza e l’avesse voluta chiamare lei avrebbe potuto rispondergli.

Nessuna chiamata e nessun messaggio.

Nulla.

“Svegliati Anita” si rimproverò dandosi della sciocca e non si riferiva sicuramente a quella mattina visto che ormai era già sveglia da un po’, si riferiva a quella strana situazione che stava vivendo, a quei castelli in aria che costruiva giorno dopo giorno, castelli fragili come quelli che costruiva da bambina con le carte e se quando era piccola era il suo cuginetto a distruggere tutto, adesso ci pensava la vita e faceva sicuramente più male, perché di illusioni non si vive e lei con le sue ventuno primavere era ancora troppo incline alla follia per rendersene davvero conto.

Era venuta su guardando cartoni animati dove il cattivo veniva sconfitto e ogni principessa trovava il suo principe. Ma lei principessa non lo era mai stata e nessuno l'aveva mai scelta davvero, era sempre stata quella che gioiva per gli altri, che si emozionava per delle storie che non erano la sua e non ne aveva mai fatto la colpa a nessuno di questo, perché del resto neanche lei sceglierebbe tra la folla delle sopracciglia disordinate e una matita per gli occhi sbavata.                                                                                                               

Anita non era una principessa e non lo sarebbe mai stata, si era abituata a essere una guerriera, si sarebbe salvata da sola e si era già rassegnata a quella scelta se solo due comunissimi occhi castani non l'avessero prepotentemente sbattuta con le spalle al muro.
 

 
  
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