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Autore: hislaugh    15/03/2014    3 recensioni
«Tu devi proprio sospettare di tutto?»
«Si prendono meno fregature»
«Tu ti sei mai innamorato?» «Quando ti capiterà smetterai di sospettare»
«Perché?»
«Non saprai neanche tu il perché, ma ti fiderai di qualcuno più di te stesso. Sceglierai consapevolmente di rischiare la fregatura, di perdere»

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(One shot, 5.548 parole)
E' la mia prima one shot sui 5 Seconds of Summer e spero vi piaccia! Enjoy
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Unpredictable
(One shot)

 
«Si dice che la persona giusta è quella che respira allo stesso ritmo tuo.
Così ci si può baciare e fare un respiro più grande.»

 

Avete presente qualcuno di bello? Avete presente una ragazza bella?
Ma non come quando il tuo migliore amico ti si avvicina e ti mormora all’orecchio “Ehi l’hai vista quella là? È bella, vero?” e tu rispondi “Mh, si. È bella”.
E’ quel mh che ti frega. Quello che ti fa dubitare un attimo.
Nemmeno quando pensi “E’ così bella che non mi dispiacerebbe portarmela a letto”.
No, non in quel senso.
Intendo qualcuno di bello veramente. Di quella bellezza da inchiodarti sul posto e tu non puoi fare altro che rimanere dove sei, come se i piedi si fossero incatenati al pavimento, come se sotto le suole delle tue scarpe ci fosse una colla così forte da non permetterti di muoverti, a boccheggiare nel tentativo di cercare qualunque scusa per giustificare il tuo smarrimento di fronte a tanta bellezza.
E invece tu rimani lì e riesci soltanto a pensare “Cazzo!”
A volte niente riesce a spiegare meglio un concetto.
Qualcuno di così bello da ridurti il cervello in poltiglia, tanto che non riesci a formulare una frase di senso compiuto perché improvvisamente la tua mente si svuota e si riempie di lei. Dei suoi gesti, delle sue espressioni, dei suoi sorrisi, dei suoi occhi, della sua risata, delle sue mani delicate, del suo profumo, di lei.
Ed è quando ogni cosa, anche la più insignificante, ti ricorda lei che capisci di essere fottuto.
Qualcuno di così bello da farti venire voglia di fare lo sdolcinato. Di portarle i fiori, di dirle che lei è l’unica e unica, di mandarle la buonanotte ogni santissima notte, di aspettare la mezzanotte per mandarle gli auguri anche se tu stai morendo di sonno perché la sera prima non hai dormito, per niente.
Qualcuno di così bello da farti diventare paranoico:
“Perché non mi cerca?”
“Forse le è successo qualcosa”
“Chissà cosa sta facendo”
“Uh, cioccolato. Lei lo ama”
“Chissà se mi pensa come io penso a lei”
E pensieri vari che prima neanche ci sognavamo di fare.
Perché noi ragazzi siamo così:
“Ma per favore! Io non mi innamorerò mai”
“Devono ancora inventarla quella che mi farà perdere la testa”
“A me interessa solo divertirmi”
“Culo, tette, culo, tette, culo, tette”
Poi arriva lei e boom: tutte le tue aspettative vanno a puttane.
All’improvviso non ti interessa più divertirti, non ti interessano più le altre perché le altre non saranno mai lei. Non saranno mai alla sua altezza, della sua bellezza. Il loro sorriso non varrà nemmeno un quarto del suo. Fare sesso con loro non sarà lo stesso che fare l’amore con lei. Lei e solo lei.
Lei con cui vorresti passare il resto dei tuoi giorni. Lei che è diventata il centro di ogni tuo pensiero. Lei che ha invaso la tua mente peggio dei popoli barbarici di cui parlano i libri di storia del liceo. Lei che è arrivata nella tua vita come un uragano, sconvolgendola del tutto. Lei che ti fa venire voglia di vivere come mai hai fatto in diciannove anni della tua vita. Lei che ti fa venir voglia di salire sulla cima più alta e urlare al mondo che finalmente, anche tu, sai cos’è l’amore. Lei che con il suo caratterino ti mette di buon umore in meno di due minuti. Lei che con il suo rossore sulle guance ti fa venir voglia di stringerle fino a farti guardare male. Lei che è di una bellezza sconvolgente.
E tu piano piano ti intrufoli nella sua di vita, come un ladro: entri di soppiatto, dalla porta sul retro e inizi a dare un’occhiata in giro, assicurandoti di essere da solo e in punta di piedi ti aggiri nella casa, fissando bene nella memoria ogni angolo, ogni stanza, scoprendo ogni piccolo segreto di quelle mura. Perché tutto quello che vuoi è conoscere lei.
Ma non quella lei che conoscono tutti, quella che si limita a sorriderti a scherzare con te per poi lasciarti lì, nella scatola dei “conoscenti e amici”, dimenticandoti dopo un giorno. Vuoi conoscere lei in tutte le sue più piccole sfumature.
Così ti intrufoli piano nella sua vita, senza chiedere il permesso. Sperando che lei non ti sbatta fuori, chiudendoti oltre il suo alto muro di sicurezza, intorno a lei.
E ci speri. Ci speri con tutto te stesso che lei ti accetti e ti lasci lì, a vagare attorno a lei, permettendoti di tanto in tanto di avvicinarti un po’ più del dovuto. Nel frattempo, ti accontenti di poco e stai lì a girarle intorno, osservandola da lontano. Gustandoti ogni suo piccolo gesto come se fosse qualcosa di vitale, di essenziale.
E ti imbamboli tanto che poi il tuo migliore amico deve agitarti il palmo della mano davanti al viso per farti tornare sulla terra ferma.
È difficile trovare qualcuno di così. Soprattutto a diciannove anni. E’ difficile.
Eppure quando succedete lo capisci subito. Capisci subito che è la fine. Che sei ufficialmente partito con un treno di sola andata per il manicomio.
Sei fottuto.
E lo capisci subito.
Resti fottuto in tutti i modi possibili e immaginabili, in tutti i sensi.
Io sono stato fottuto.
Io, Luke Robert Hemmings, diciannove anni (persi), sono stato fottuto.
La cosa strana? Non potrei essere più felice di così.
Sono un po’ quelle cose che mai e sottolineo mai avresti pensato che sarebbero accadute e ovviamente queste accadono proprio quando meno te l’aspetti e cambiano la tua vita per sempre. A volte può succedere così drasticamente che non hai nemmeno il tempo per realizzare la cosa ma a volte il cambiamento può essere così costante che inevitabilmente cambia anche una parte di te insieme a tutto il resto, cambia e tu te ne accorgi solo quando è troppo tardi.
Sapete da cosa sono stato fottuto? O fregato? Come vorrebbe che dicessi Calum che si lamenta sempre della mia innata finezza.
O meglio, da chi?
June Allyson Evans.
Così si chiama, la mia lei. Quella lei di cui vi ho parlato sopra.
Dio, ricordo ancora la prima volta che l’ho vista. Ho subito pensato “Com’è possibile che un corpo così piccolo contenga così tanta bellezza? È impossibile”
Tuttavia non rimasi imbambolato come ho descritto prima, anzi. Ero intenzionato a non perdere tempo con “la nuova arrivata” se non per una sveltina, la solita.
Eppure era bella. Ma che dico, bellissima.
Non era di quella bellezza delle comuni ragazze che si vedono in giro. Non so come spiegarlo.. era come se.. se fosse arrivata da chissà quale pianeta, portando una bellezza mai vista prima d’ora.
La voce di una new entry si sparse così velocemente nel liceo dove andavo che in poche ore si era ritrovata con gli occhi della restante metà dell’istituto addosso. Si, perché l’altra metà- di cui facevo parte pure io- l’aveva già notata. Una ragazza del genere non puoi non notarla. Sono quelle che vedi passare con lo sguardo curioso e la camminata veloce come se fossero in ritardo per un appuntamento e pensi “mh, vervosetta” e dentro di te quella vocina ti dice di starle alla larga.
“La nuova ragazza è uno schianto”
“E’ da scoparsela, amico”
Non si diceva altro le prime settimane. E tutti erano convinti che sarebbe girata di letto in letto, lei. Ma si sa: la convinzione fotte.
“Hai sentito? Ha rifiutato Josh. Rendiamoci conto: Josh. Secondo me è lesbica”
Le voci su di lei giravano ma a lei sembravano entrargli da un orecchio e uscirle dall’altro. A quel punto pensai “O è davvero lesbica o finalmente è arrivata qualcuno con un briciolo di cervello”
Là dentro non ce n’era una che non fosse passata nella camera da letto di Josh, il bello.
Beh tutti tranne lei.
“Luke dobbiamo conoscerla” mi disse un giorno Calum, tutto eccitato all’idea di qualcuno di diverso dalla massa. Io ero come in bilico. Un funambolo, ecco cos’ero. Ero sospeso sul mio filo a metri e metri di altezza, senza la rete sotto: un passo falso e sarei caduto di sotto. Eppure non dissi niente, lasciai fare al caso.
Io che al caso non ci avevo mai creduto.


 
«Ciao.» i suoi occhioni marroni si alzarono su di noi, passando da Calum a Ashton a Michael e infine si posarono su di me.
Il mio cuore perse un battito.
«Ciao.» rispose lei, con uno sguardo sia stranito che incuriosito da quattro ragazzi che senza preavviso le si erano parati davanti in uno dei tanti momenti a mensa.
«Possiamo sederci?» lei annuì, mettendo da parte il suo telefono per prestare tutta la sua attenzione a noi. Sicuramente più per educazione che per altro.
«Io sono Calum.» quello che non si faceva problemi nel mostrarsi per quello che era: sfacciato. Terribilmente sfacciato.
«Io June.» fuori un altro battito. A turno si presentarono tutti e quando arrivò il mio turno e le strinsi la mano questa sembrò sparire dentro la mia, più grande. Era così piccola, avevo paura di poterle fare  male.
«Entro la fine del giorno eh.» ritornai sulla terra ferma quando quella frase, che sputava ironia da tutte le parti, uscì dalle sue labbra. Solo in quel momento mi ero accorto che avevo boccheggiato nel tentativo di ricordarmi in che ordine sistemare le lettere che avevano preso a vorticare nella mia testa nello stesso momento in cui le nostre dita si erano sfiorate.
Luke, non farti fottere.
 


Ancora oggi Calum mi prende per il culo per quel boccheggiare che feci di fronte a lei. Perché che ti piaccia o no gli amici, quelli che ti conoscono da così tanto da sapere pure che mutande usi, lo capiscono. Forse anche prima di te. E te lo rinfacciano, a vita. Così, per il gusto di vederti smadonnare.
Ma non era questo quello di cui stavamo parlando.
June.
Quel nome aveva un suono così dolce.. niente a che vedere con il suo carattere pungente. Cosa che scoprii più avanti.
Con il passare dei giorni divenne quella misteriosa. Quella che si aggirava per i corridoi sempre da sola, che non si faceva problemi a risponderti a modo se invadevi troppo il suo campo, quella ragazza impossibile che tutti avrebbero voluto avvicinare.
Io non sapevo cosa gli altri pensassero di lei in realtà. Non sapevo quali pensieri passassero per le menti di tutti quei morti di figa che avrebbero soltanto voluto infilarsi nelle sue mutandine eppure ero sicuro di non essere l’unico a pensare che le sue labbra fossero qualcosa a cui attaccarsi in eterno. Era sicuro di non essere l’unico a trovare quei suoi occhi così scuri qualcosa di così bello nella loro semplicità. Era sicuro di non essere l’unico a voler affondare le dita in quei capelli così lunghi e scuri quasi quanto gli occhi. Era sicuro di non essere l’unico a voler toccare quel corpo così ben proporzionato in ogni più piccolo dettaglio.
Quella ragazza si aggirava per i corridoi ignara di quello che provocava in giro. delle voci, delle reazioni. O forse lo sapeva ma faceva finta di niente. Si limitava a tenersi alla larga da tutti, nemmeno avessero chissà quale malattia.
Da tutti, tranne che da noi.
Vi dirò la verità: non so neanche io come sia successo tutto. Ricordo solo che a che pensavo “Devo starle alla larga” a che mi ritrovavo insieme a lei 23 ore su 24. Non che mi dispiacesse in effetti.
 
 
 
«Alla buon’ora eh.»  fece un mezzo sorriso sentendo l’acidità nel tono di lei.
«Mettiamo in chiaro una cosa.» continuò June, spezzando il silenzio che si era creato.
«Non andrà a finire tipo nei film in cui lei alza gli occhi contemporaneamente a lui, i loro sguardi si incrociarono, le loro mani si toccarono e cagate varie, mi spiego?» iniziò con un tono così teatrale che per poco Luke non scoppiò a ridere finchè finì con un tono tutto meno che dolce.
«Ti piacerebbe.» ammiccò lui ridendo.
In tutta risposta lei lo guardò male, sorridendo con poco entusiasmo.
«Da cosa iniziamo?» gli chiese. Prima iniziavano prima finivano no?
«Dall’inizio, no?»
«Inizio inizio?»
«No, inizio fine.» ennesima occhiataccia.
Contrariamente all’idea che si era fatta Luke era un bravo insegnante e non ci impiegò poi così tanto a capire la teoria, il problema ora era applicarla.
«No! Qui è meno, non più, regola dei segni.» la riprese, facendola saltare sul posto.
«Senti maestrino so tutto io, intanto ti calmi.» lui scoppiò a ridere
«E poi smettila di urlare, c’è un silenzio che fa venire i brividi e tu urli, mah.» gli diede una leggera gomitata.
«Uuh, fa venire i brividi eh?» disse con un tono mezzo divertito e mezzo in stile film horror. Che cretino.
«Zitto idiota che mi deconcentri.»
«Si ma non ti sforzare troppo, non vorrei ti sentissi male.» si girò verso di lui che prese distanza di sicurezza con un sorriso sul volto. E faceva bene ad allontanarsi.
«Ma vaffanculo!» prese a tirargli tutto quello che le capitava sotto mano venendo trascinata nelle sue risate.
«No, no quello n..» non fece nemmeno in tempo a finire che gli arrivò il libro di matematica in testa seguito da un suo gemito di dolore. E si sa: i libri di matematica non sono poi così leggeri.
«Cazzo che male.» June si alzò ridendo e andò verso di lui che nel frattempo aveva cercato di ripararsi dietro il tavolo, con scarsi risultati tra l’altro.
«Fa vedere.» non riusciva a fermarsi.
«Luke, togli la mano!» cercò di scostargliela ma lui la teneva ferma sul punto in cui l’aveva colpito. Lo guardò torva e quando finalmente si decise a togliere la mano scrutò la sua fronte in cerca di qualche segno ma non c’era niente.
«Luke ma non c’è..» successe tutto così in fretta che ci mise un po’ a capire il perché stesse ridendo: le aveva appena dato un frontino! La sua bocca formò una perfetta ‘o’ e prima che lui potesse ripararsi ricambiò stampandogli la mano sulla fronte. E da li iniziò una lotta greco-romana di frontini, pizze e pizzichi.
«Ma non è valido, tu hai le unghia!» si lamentò quando gli diede un pizzicotto sul braccio che ora gli era diventato rosso.
«Fattele crescere così poi ti metto lo smalto rosa.» disse gesticolando come le ochette della scuola, imitando il loro tono di voce. Lui la guardò così male che lei si fece una risata di cuore battendo le mani e buttando la testa all’indietro. Tra le lamentele di lui e le risate di lei tornarono alla bellissima matematica e lei riuscì a concludere l’esercizio con soli tre errori. Chi l’avrebbe mai detto.
«Allora che voto mi dai?» chiese fiera di se stessa del fatto che era riuscita a fare qualcosa di quella materia.
«Mmh..» lo vide pensarci su per poi scrivere qualcosa sul suo foglio.
«Sei meno? Ma andiamo!»
«Stai contestando il voto dell’insegnante?» chiese in tono fintamente scioccato.
«Si! L’insegnante è un buono a nulla!» stette al gioco. Lo vide riprendersi il quaderno e cambiare il voto.
«Quattro e mezzo? Ma io ti prendo a sprangate Hemmings!» lui scoppiò a ridere e per la prima volta, Luke, si sentì bene con una ragazza. Senza portarla a letto, solo grazie a delle lezioni di matematica nella biblioteca della scuola, solo loro due.
Luke, non farti fottere.
 

 
 
I giorni passavano e con essi anche interrogazioni, compiti e vacanze. Lei era sempre lì, con noi. A casa nostra, al parco dov’eravamo buttati di continuo, nei locali, a casa sua, ovunque. Ma lei era sempre lì. Tanto che per qualche giorno pensai che chissà quale Dio, lassù, me la stesse facendo pagare per qualcosa che avevo fatto: io ero sempre più preso da lei e lei neanche se ne accorgeva. Amicizia, nulla di più.
All’inizio andava bene. Mi andava bene, tutto sommato.
Incominciò a pesare quando passammo il Capodanno a casa di Ashton: eravamo solo noi. Cinque ragazzi in una casa completamente vuota. E io stavo uscendo pazzo.
Lei se ne stava lì, buttata sul divano a mangiare schifezze insieme a Calum e a ridere di gusto come se niente fosse. Stava in giardino con la sua macchina fotografica, così naturale seduta con le gambe incrociate sul prato con il bellissimo panorama che si ergeva di fronte. Lei se ne stava nel suo letto a dormire tranquilla. Le poche volte in cui era calma. E io rincoglionivo sempre di più.
E la cosa mi faceva incazzare, e tanto. Nessuna doveva avere questo controllo su di me, sulle mie emozioni, sui miei sentimenti. Nessuno. Nemmeno lei. Soprattutto lei, visto che in teoria la nostra era soltanto un’amicizia.
Incominciai ad allontanarla. Forse, una delle cose più difficili che abbia mai dovuto fare. Anzi, senza forse. Fin quando non arrivò Capodanno. Quel giorno era come se si fosse stabilito dentro di me: era lì, nel mio corpo e se mi concentravo riuscivo a catapultarmi a quel 31 di Dicembre e rivivere tutto: le mie labbra sulle sue, le mie mani sul suo corpo, il suo corpo sotto il mio, così piccolo e fragile. I suoi gemiti, le sue piccole mani che passavano dal mio petto alle spalle fino ad affondare nei miei capelli. La sua pelle che diventava sempre più calda sotto il mio tocco. I suoi movimenti che assecondavano i miei, i suoi occhi che brillavano e le sue labbra curvate all’insù quando capovolse la situazione, prendendo il controllo, proprio com’era solita fare. La scia di baci umidi dal mio collo fino al basso ventre. I brividi.
Eppure non eravamo una coppia.
Le voci di corridoio dicevano così già da tempo eppure noi non sapevamo bene cosa fossimo in realtà. Forse noi non avevamo bisogno di etichette. Non avevamo bisogno di quell’appellativo “Fidanzati”. Noi stavamo bene così: battutine, pizze sul collo, pugni, morsi, frecciatine, sesso e baci.
Il problema era che nessuno dei due sapeva che qualcosa stava cambiando. Nessuno dei due avrebbe mai potuto immaginare che una semplice lezione nella biblioteca della scuola avrebbe generato qualcosa di così intenso.
 
 

«June! Ehi, June, saluta, su!» la richiamò Luke, con il pc in mano girato verso di lei.
«Allontanati. Ora!» si portò il libro che stava appena leggendo sul viso, nascondendosi dietro di esso mentre Michael, Calum e Ashton le si pararono dietro cercando di farla uscire dal suo nascondiglio sotto le sue proteste.
«Andiamo June, devi essere educata almeno con i nostri spettatori, sei in diretta in twitcam. Dai, almeno saluta!» continuò tutto divertito Luke, cercando di non ridere alla scena di lei che si contorceva sotto le mani degli altri tre che cercavano di toglierle quel dannato libro dalle mani.
«Siete dei rompi cazzi! Toglietevi!» si alzò girandosi verso di loro, dando le spalle a Luke che nel frattempo era tornato alla sua twitcam mormorando un «E’ la finezza in persona».
Odiava farsi riprendere da una qualsiasi telecamera e quegli idioti lo sapevano bene. Proprio per questo stavano continuando a torturarla. Si divertivano a vederla incazzata. I tre presero a farle il solletico mentre Ashton le toglieva il libro dalle mani per buttarlo chissà dove e ovviamente Luke non si fece scappare neanche un momento.
«Ha una risata isterica, stateci.» urlò al pc Luke, facendosi sentire a posta.
«Grazie al cazzo Lu.. ehi! Io avevo un anello!» urlò a Ashton che ridendo glielo lanciò, lei lo prese al volo guardandolo torva e ovviamente Luke ne approfittò per pararle davanti il pc. June vide riflesso il suo volto e si arrese: si avvicinò di più con uno sguardo super incazzato e si presentò: «Sono June, l’amica di questi idioti che se non si affrettano a togliere questo cazzuto pc dalla circolazione li sputtanerò in diretta con ben..» si avvicinò di più per leggere meglio «5938 visualizzazioni? Ma dico io avete sbattuto la testa? Passate un pomeriggio davanti al pc a vedere questi quattro sparare minchiate dalla mattina alla sera? Però, ce ne gente messa peggio di me eh.» tuttavia prima che concludesse la frase Luke aveva già tolto il pc dal suo viso per scusarsi.
«Ma non è carina?» chiese ai loro spettatori Calum che fece finta di asciugarsi una lacrimuccia.
«Si come un cactus nel culo!» urlò lei visto che si erano allontanati di proposito, sedendosi nel divano opposto al suo.
«Beh i cactus sono carini.» convenne Michael annuendo insieme ad Ashton. June scosse la testa, chiedendosi ancora com’è che fosse amica di quei quattro.
«Stanno dicendo che sei una forza!» disse d’un tratto sconvolto Luke, con gli occhi sgranati. Gli altri si buttarono praticamente su di lui per leggere altri commenti: «Fatela parlare, è simpaticissima!» , «Inquadratela di nuovo, è carina!» , «Aiuto fa morire! Però ha anche ragione!» lesse Ashton.
June si precipitò su di Luke, coricandosi praticamente su di lui.
«Ho i miei fan gente, fate largo! Ciao a tutti, lo so sono simpatica, carina e ho ragione. Vi amo anche io!» urlò facendo morire tutti dalle risate.
«La modestia in persona tu!» lei guardò male Luke, che aveva appena parlato.
«Disse quello che si vanta del suo fascino. Pft. »
«Beh ma è vero! Mi cadono tutte ai piedi.» si vantò lui.
«Si, la tua bruttezza fa svenire tutti in effetti!» giù con altre risate. Nel frattempo Luke aveva passato il pc a Calum che si era premurato di girarlo verso di loro, che continuando a battibeccare non se n’erano nemmeno accorti.
«Sei una stronza!»
«Faccio stronza di secondo nome, te l’ho detto un sacco di volte ormai! Brutto e anche ritardato!» sussurrò alla telecamera mentre tutti se la ridevano. Beh, tutti tranne il diretto interessato che prese a darle pizzichi dappertutto, proprio come prese a fare pure lei.
Ed ecco che rincominciavano.
 

 
«Bomba in arrivoo!» urlò Luke prendendo la rincorsa per poi tuffarsi in piscina, schizzando acqua da tutte le parti.
«Bomba sexy in arrivoo!» urlò June per poi tuffarsi come Luke.
«Bomba sexy?» chiese ridendo Michael, affiancandosi alla mora.
«Eh certo. Ammira la mia sensualità.» si scostò una ciocca di capelli dalla spalla, dandosi un’aria da altezzosa che non era proprio da lei.
«Dove sei stata tutto questo tempo? Io ti amo!» l’abbracciò fiondandosi su di lei Ashton, che si faceva tante di quelle risate con lei da sentire dolere le guance.
«Aw, la dolcezza!» ricambiò l’abbraccio, godendosi il sorriso mozzafiato di quel ragazzo dalle fossette dolci dolci.
«Perché con lui fai così e se te lo dico io mi prendi a sprangate?» chiese fintamente offeso Luke, incrociando le braccia al petto, aspettando una sua risposta.
«Lui è dolce e carino. Tu sei..» fece una pausa, facendo finta di pensarci con espressione assorta mentre Michael e Calum già se la ridevano.
«Da prendere a sprangate!» concluse poi con un’alzata di spalle.
Lui in risposta prese a schizzarle l’acqua e da lì partì una lotta greco-romana in quella piscina.
 
 
 
«Dai cazzo, zitti!»
«Luke, se non te ne fossi accorto sto riprendendo non poss..»
«Sssh!»
Calum sbuffò rumorosamente facendosi riprendere per l’ennesima volta da Luke che lo guardò malissimo.
«Vaffanculo! Allora..» Calum fece una pausa dove passò il pc ad Ashton che insieme a Michael già si sbellicavano dalle risate.
«Allora, siamo sempre noi. Fate silenzio perché sono le..» guardò l’orologio sulla parete «dodici e mezzo e June, che dorme peggio di un ghiro in letargo, è ancora nel mondo dei sogni e quando capita la svegliamo a.. modo nostro.» Calum fece l’occhiolino per poi portarsi l’indice davanti al naso intimando a chi li stesse guardando di non fare rumore anche se sarebbe stato impossibile fare il contrario.
Si avvicinarono al letto dove la ragazza dai lunghi capelli castani dormiva beata, accucciata sotto le coperte, ignara di quello che sarebbe successo di lì a poco. I tre ragazzi, meno Ashton che stava riprendendo, salirono sul letto: Luke si avvicinò a lei che non si mosse di un centimetro mentre gli altri due rimasero in piedi a soffocare le risate. Ashton invece si appoggiò alla parete riprendendo e godendosi la scena che sarebbe successa fra qualche minuto. Michael cominciò a contare silenziosamente, con le dita:
3..2..1..
«Sveglia! Sveglia! È ora di svegliarsi! Juuuuune! SVEGLIAA!» incominciarono ad urlare tutti quanti tra una risata e l’altra.
«June! Avanti alza il tuo culo e svegliati!» urlò Luke, prendendo a muoverla mentre lei con il braccio cercava di colpirlo inutilmente. Calum e Michael nel frattempo avevano iniziato a saltare sopra il grande letto.
«Non ti conviene che alzo il culo Hemmings sennò rompo i vostri!» mormorò con voce ancora impastata dal sonno ma anche piuttosto incazzata.
«Olè! Cosa c’è di meglio di un po’ di zucchero per iniziare bene la giornata?» chiese sarcastico Ashton distogliendo un attimo la telecamera per inquadrare se stesso.
«Ma voi oltre a rompere i coglioni a me e fare twitcam non fate altro? Fatevi una vita e lasciateci in pace.» piagnucolò la mora, sotterrandosi con le coperte, cercando invano di riprendere sonno. Da un po’ di tempo quei quattro avevano la mania delle twitcam, bah.
«Cosa c’è di più bello se non rompere i coglioni a te, scusa?» chiese Luke, aspettando di vederla riemergere proprio come successe poco dopo.
«Ti ammazzo il gufo se non te ne vai!» lo minacciò guardandolo male.
«Anche io ti voglio bene!» si fiondò su di lei scoccandole un bacio sulla guancia arrossata. Era così carina di prima mattina.
 
 
 
 
«Luke?» lo richiamò, sottovoce cercando di fare il meno rumore possibile.
Luke si mosse impercettibilmente e lei lo richiamò «Luke? Sei sveglio?»
Lui che già aveva capito chi fosse sorrise impercettibilmente «No.» rispose.
Lei ridacchiò più piano del solito e chiuse la porta dietro di se entrando definitivamente dentro la camera del biondo, ormai sveglio.
«Chi ti ha detto che potevi entrare?» cercò di essere più serio possibile ma non riuscì a frenare il sorriso che spuntò sul suo viso. Era sicuro che lei lo avesse visto, malgrado il buio della stanza.
Lei gli rivolse un’occhiataccia e si diresse verso il suo letto.
Luke non capì subito il motivo di quella visita. Si girò verso il balcone alla sua sinistra e vide che stava piovendo a dirotto e di tanto in tanto un bagliore biancastro squarciava il buio che c’era attorno a loro. E improvvisamente capì: fuori c’era il temporale e lei non voleva rimanere sola.
June si fiondò nel letto e si accucciò meglio sotto le coperte, tra le braccia possenti del ragazzo biondo alla sua sinistra, che avvolsero il suo esile corpo. E stettero così.
Potevano essere passati pochi secondi, minuti, ore.. chi lo poteva sapere. Stettero così per un tempo che parve lunghissimo mentre la tranquillità veniva interrotta dai forti tuoni.
«Prima o poi ammetterai di avere paura.» sussurrò Luke contro i suoi morbidi capelli, sapendo di scatenare la sua rabbia con una semplice frase. Lei sbuffò, come previsto, eppure non disse niente.
«Non mi sono mai piaciuti i temporali..» Luke fu sul punto di dire te l’avevo detto ma venne preceduto da lei.
«quando sono sola.» non capì cosa volesse dire con quella frase eppure non disse niente. Non gli importava poi molto. Quello che gli importava davvero era lei. Lì, stretta a lui come succedeva poche volte.
«In tua compagnia anche un temporale riesce a non farmi paura.»
Luke rimase completamente spiazzato da quella frase così sincera. Poche, pochissime volte aveva assistito a uno slancio di affetto di June nei suoi confronti. Così aperto.
Non perché non ci tenesse a lui, anzi. Semplicemente per il fatto che il loro rapporto non comprendeva le cose sdolcinate. Loro erano quelli che si prendevano a pugni a vicenda, quelli delle battutine, quelli che si insultavano. Loro erano tutto meno che affettuosi.
Questo almeno alla luce del giorno. Neanche fossero sotto chissà quale incantesimo, di notte June, durante i temporali soprattutto, si presentava in camera sua, così, anche senza un preciso motivo, si accucciava accanto a lui e avvolgeva la vita di Luke con le sue fragili mani e rimaneva così: protetta. Era così che si sentiva con lui, protetta. E passavano la notte insieme: abbracciati, in silenzio, a parlare, a contemplare il cielo notturno, poco importava: erano insieme. Era tutto quello che bastava a quei due ragazzi per sentirsi al sicuro.
 
 
*********
 
 
Luke si buttò all’indietro sul letto, si coprì con le coperte e dopo aver appoggiato la nuca sulle mani, stette così, immobile a guardare un punto indefinito sul soffitto. Era stata una giornata.. normale, avrebbe potuto dire. Invece.. boh, c’era stato qualcosa che l’aveva colpito. Qualcosa che l’aveva fatto rimanere bloccato, sulla sedia della cucina, proprio di fronte alla porta aperta che dava sul soggiorno.
Qualcosa o qualcuno.
Fino a quel momento non si era mai soffermato a pensare a quello che aveva.
Non si era mai soffermato a pensare “come sono cambiate in fretta le cose”. Non ci aveva mai pensato.
Almeno fino a quella sera.
Avevano appena finito di cenare e come al solito tra June, Calum e Michael era partita la gara a chi sarebbe arrivato prima sul divano. E come sempre Luke aveva contato fino a tre per poi venire investito dalla scia di vento provocata dallo scatto repentino dei tre per la corsa verso il divano. Aveva sentito la risata cristallina di Ashton echeggiare nella cucina per poi sentire quelle fragorose dei tre che si erano scontrati nell’atterrare sul morbido divano chiaro del salotto «Cazzo che testata, ragazzi!» sentì dire piagnucolando a June che in quel momento si stava tenendo la testa dolorante mentre continuava ad essere scossa dalle risate, proprio come Calum e Michael.
E fino a quel momento aveva dato per scontato tutto. Fino a quel momento non si era mai soffermato su loro, su di lei. Invece lei era lì, in tutta la sua bellezza. Con il suo caratterino tutto da odiare/amare e i suoi sorrisi mozzafiato. Lei era lì, coricata su Calum che le tirava delle ciocche di capelli in modo affettuoso facendosi guardare male per poi sorridere dolcemente, ed era perfetta. Il fatto era che da quando quella ragazza era entrata nelle loro vite Luke si era pure dimenticato come fossero queste prima del suo arrivo. Se prima passavano i pomeriggi buttati sul divano a ridere adesso non avrebbe mai potuto sentire quelle quattro risate senza sentire contemporaneamente quella dolce di lei, che spiccava fra le loro. Era semplicemente impossibile fare a meno di lei adesso e se ne stava accorgendo solo in quel momento.
L’apertura della porta della camera lo distolse dai suoi pensieri e proprio l’oggetto di quest’ultimi entrò in punta di piedi credendo di trovarlo già che dormiva, invece lui era più sveglio che mai e aspettava solo lei. Lei che adesso camminava cercando di fare il meno rumore possibile data l’ora; lei che indossava una delle sue felpe che su di lei diventavano vestitini; lei che, proprio come l’anno prima si fiondò sul letto e si accucciò contro di lui. Un leone ecco cos’era quella ragazza: un piccolo leone, un leoncino. Quando la facevi incazzare era capace di tirare fuori gli artigli, mentre quando sapevi come prenderla, quando imparavi a conoscere meglio la vera June allora questa si avvicinava esitante a te, si assicurava che si potesse fidare, che non fosse tutta una trappola e poi ti faceva la fusa. Ti donava tutta se stessa, nessuna parte esclusa, rischiando di essere ferita.
Così era successo con loro.
Luke l’avvolse a sua volta e prese a passare la sua mano tra i suoi lunghi capelli, sapendo quanto questo le piacesse, avendo il potere di rilassarla. Nel frattempo fece scivolare la mano dentro la sua felpa, che su di lei sembrava essersi ingigantita di altre tre taglie, e la posò sul suo fianco, proprio dove sapeva si trovava una piccola voglia a forma di goccia e prese a scorrere l’indice su e giù sulla sua morbida pelle. Sembrava velluto e sapeva, sentiva, che profumava di qualcosa misto a zucchero filato.
E improvvisamente, in quella fusione dei loro corpi, pensò che, in fondo, non era poi così male lasciarsi fottere. Si, perché lui, Luke Hemmings, era stato.. anzi, si era lasciato fottere dall’amore.
In realtà non sapeva cosa fosse quello che provava per lei. Forse era amore, forse qualcosa che si ci avvicinava in modo particolare. Eppure sentiva ogni sua piccola cellula, ogni sua fibra del corpo tremare alla sola vista del suo sorriso. A maggior ragione se era lui la causa di quel sorriso.
Smise di passare la mano tra i suoi capelli per girarle il viso verso la sua direzione per perdersi in quelle due pozze color cioccolato, che tanto amava. Chiaro e scuro. Giorno e notte. Così diversi eppure così simili. Si erano trovati come poche cose riescono realmente a trovarsi. Eppure era capitato. E adesso eccoli lì a guardarsi negli occhi, vedendo soltanto l’altro per come è realmente, rendendosi fragili, ma al tempo stesso sicuri che non esisteva persona al mondo di cui si sarebbero potuti fidare di più.
E le labbra di Luke premettero su quelle calde di lei, assaporandole istante per istante, come se potesse essere l’ultimo, come se da un momento all’altro si sarebbero dovuti dividere per poi non ritrovarsi mai più. Il bacio era dolce, lento.. incredibilmente lento e gustato. Non avevano fretta, avevano tutta la notte davanti, quindi perché sbrigarsi?
Perché doversi accontentare di qualcosa di fugace quando avrebbero potuto godersi quel momento senza interruzioni?
La sua lingua si infiltrò in lei, sentendola sorridere sulle sue labbra, per poi farla scontrare con la sua. Quando le loro labbra si staccarono fu solo per riprendere fiato, dopo quella lenta tortura, che bacio dopo bacio divenne sempre più frenetica e desiderosa.
Luke sarebbe potuto rimanere così per sempre: lei avvinghiata a lui, le loro labbra a stretto contatto, la loro pelle che si sfiorava provocando dei brividi di piacere ad entrambi, loro due. Soltanto loro due in mezzo al niente più totale.
Bastavano soltanto loro due per far si che tutto il resto sparisse, si dissolvesse in una nuvola di polvere.
Nient’altro: Luke e June contro tutto il resto, insieme.







Spazio Autrice: 
Ciao pipol! 
Aallora questa è la mia prima one shot sui 5 Seconds of Summer e boh.. mi era venuta l'ispirazione, ho incominciato a scrivere e vedevo Luke come protagonista e perciò tadaa (?)
Bhe, vi piace? Se si lasciate un commento e fatemi sapere, se no lasciatelo lo stesso ahah. Scherzi a parte, vorrei anche sapere il perchè se non vi è piaciuta.
Per eventuali errori scusatemi ma l'ho scritto tutto d'un fiato. Volevo anche chiarire che alcuni flash back sono in prima persona e altri in terza, proprio come l'ultimo pezzo del testo, e che questo è stata una mia scelta voluta, non sono stati scritti così a caso. 
(Il banner l'ho fatto io)
Spero vi sia piaciuta in ogni caso 

hislaugh

 
 
 
  
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