~~Mi alzo. Questa notte ha piovuto, sono fradicia. Non so se oggi riuscirò a non sbottare in un atto di rabbia durante la mietitura dei tributi per quei loro stupidi giochi. Gli Hunger Games, ma secondo me sarebbe stato più corretto chiamarli “Voi vi ammazzate e noi capitolini ci divertiamo!”. Li odio tutti, dal primo all’ultimo. E’ tutta colpa loro e di quel loro presidente se è successo ciò che è successo. Distretto 8, tessuti. Ho 16 anni, ma sono dovuta crescere in fretta per n on morire. Mi chiamo Jena, ho gli occhi di mio padre e il naso di mia madre, me lo ripetevano sempre quando ero piccola, fino a quel cavolo di giorno. Alle 8 in punto ero fuori casa, pronta per andare a scuola. Ho salutato rapidamente con un bacetto mia mamma e mio papà, poi sono corsa via. Al mio ritorno la casa era vuota, strano, di solito mamma  rientrava  prima di me. Mi siedo sui gradini davanti alla porta e attendo per ore. Verso l’ora del tramonto, visto che nessuno era ancora arrivato decido di andare fino alla fabbrica dove lavoravano i miei per avere loro notizie. Davanti a me ci sono solo macerie e resti di corpi irriconoscibili mezzi carbonizzati. Le ginocchia mi cedono e crollo a terra, scoppiando in un lamentoso pianto. Cerco di scappare il più lontano possibile da lì e cerco di convincermi che è solo un brutto sogno e che presto mi sveglierò tra le braccia di mamma, ma non è così. Mia zia, una donna abbastanza anziana mi prende in custodia, ma il mio cuore è pieno di odio. Ad accrescere ancora di più il mio odio verso la capitale è la notizia della quale vengo a conoscenza circa una settimana dopo. Quello che è successo in fabbrica, non era un incidente, ma un’operazione organizzata dalla capitale per accrescere la paura nei distretti e sopprimere qualsiasi sommossa. Qualche anno dopo anche mia zia se ne va, ed eccomi qui sola, a girovagare per i boschi in cerca di qualcosa. Qualcosa che nemmeno io so. Fra qualche ora ci sarà la mietitura e mi devo preparare.