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Autore: Kim NaNa    18/03/2014    3 recensioni
Nel frattempo Luna, la fidata gatta della regina da tempo divenuta umana, fissava il combattimento in preda al terrore.
«Non avrà scampo contro la regina.» affermò Artemis che le era accanto.
«Finchè ChibiUsa è dentro di lui non potrà sconfiggerlo.» disse Luna con voce fioca.
«Ma lei è più forte. La regina è pronta.»
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chibiusa, Endymion, Serenity, Un po' tutti | Coppie: Endymion/Serenity, Mamoru/Usagi
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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Queen’s war
 

XXX° secolo

Una goccia di sudore scese lenta sulla sua fronte, prima di tramutarsi in vapore. Respirava affannata mentre osservava indispettita l’uomo che davanti a lei restava immobile, protetto dall’armatura lunare. Da undici anni torturata e costretta ad estenuanti duelli, bramava solo di strappargliela per poterlo finalmente sconfiggere. L’armatura lunare, il cuore del Silver Crystal, l’essenza della sua bambina incollata alle fattezze di quell’essere immondo.
«Tutto qui, Queen?» Ghignò.
Le fiamme aumentarono, ardendo all’interno delle iridi del nemico. Era la regina quella con cui lottava, lui lo sapeva. Era opera di una dannata maledizione inflitta da una mente malvagia che per anni aveva servito i regnanti del Silver Millenium. Nessuno la considerava una persona vera in quella terra, lei era la regina. Sapeva anche questo. Eppure continuava ad allenarsi, a non lamentarsi delle gravi piaghe causate dalle catene, a sopportare la solitudine, a fingere di aver represso tutte le emozioni, ad urlare di aver dimenticato il suo re, le sue Senshi. E la sua bambina.
Era divenuta la macchina per uccidere che loro desideravano. Loro che per punirla avevano incarcerato chi più amava, coloro che si erano lasciati portare via per difendere lei, la regina.
Nel frattempo Luna, la fidata gatta della regina da tempo divenuta umana, fissava il combattimento in preda al terrore.
«Non avrà scampo contro la regina.» affermò Artemis che le era accanto.
«Finchè ChibiUsa è dentro di lui non potrà sconfiggerlo.» disse Luna con voce fioca.
«Ma lei è più forte. La regina è pronta.»

Ne aveva sconfitti tanti di nemici, la regina. Alcuni li aveva redenti, altri li aveva relegati in angoli sperduti dell’universo. Ma lui no. Per lui non vi sarebbe stata grazia alcuna. Nessuna pietà, nessun sentimento per l’uomo che le aveva portato via la sua bambina.
Queen Serenity lo sentiva il suo potere. Sentì il sangue ardere nelle vene, letteralmente. Strinse i pugni, concentrò il suo pensiero sulle Senshi e chiese al cristallo che dimorava nel fondo della sua anima di attingere ai poteri delle sue guardiane.
Si scagliò agile contro il suo avversario, ancora una volta. Non vide nulla, udiva solo la voce di ChibiUsa che la implorava di salvarsi. Una luce abbagliante violentava il viso del nemico, non una semplice luce. Quella della Queen era una luce diversa ormai. Letale. Accecava il volto dei nemici in modo che essi non potessero difendersi mentre trapassava il loro petto da parte a parte con la spada leggendaria appartenuta a suo padre, Chronos, che ardeva a causa della sua temperatura corporea. Ora camminava cauta, mentre l’accecante folgore annebbiava la sua vista scarlatta, impregnata di afflizione e desolazione. I capelli dorati si appiccicavano alla sua pelle madida di sudore. Il terreno era devastato, i corpi degli alleati del nemico giacevano inermi ai suoi piedi ormai nudi. Innumerevoli potenti attacchi ed interi eserciti, nulla avevano potuto contro lei. La regina era accecata, dal dolore.
Quando ChibiUsa venne rapita lei ordinò che l’intero Universo fosse messo a soqquadro.
Quando ChibiUsa venne sacrificata per divenire un tutt’uno con il nuovo nemico , la regina distrusse, in preda ad un’incontenibile sofferenza, i pianeti vicini al mondo che aveva creato un essere talmente infimo.
Qualcosa di caldo le colava lungo il collo, doveva essere sangue, ma la sua mente era troppo piena e troppo vuota per riuscire a preoccuparsi del suo corpo. E fu in mezzo al sangue, al dolore che lo aveva riconosciuto.
Le fiamme cominciarono a divampare di nuovo all’interno dei suoi occhi, quando vide la sua ombra. Disperatamente familiare.
«Endymion!» Gli gridò. Detestava doverlo chiamare in quel modo, ma non erano più Usagi e Mamoru. Erano i sovrani di quella Terra. O forse non erano più nessuno.
Il ragazzo, a petto nudo, si voltò di scatto. I capelli ebano ondeggiarono dolci. Sorrise e corse incontro alla ragazza. Raggiunta quest’ultima, le si fermò a pochi centimetri, attento a non sfiorarla. Era proprio lei, finalmente. Il suo sguardo stanco bruciò in quello vuoto e rosso sangue di lei. Lacrime salate cominciarono a rigargli il volto.
«Sei viva…» disse commosso.
« Sono sempre rimasta viva perché qualcun altro rischiava la vita per me… Non sono poi così difficile da ammazzare. Non questa volta, Endymion… non posso morire prima di aver liberato ChibiUsa.» rispose.
Gli occhi di Endymion si fecero più tristi e scuri. «ChibiUsa è dentro di lui, se uccidi lui, ucciderai anche lei.» Si avvicinò leggermente. «Il potere di ciascuno esplode quando la propria anima si infrange in mille pezzi sul fondale del proprio cuore.»
Era la regina che parlava. Era la madre di ChibiUsa che meditava vendetta.
«Che fine faremo, noi, Usako?» Azzardò un nome da tempo assopito e gli occhi di lei, per un attimo, divennero azzurri come prima della tragedia. Cosa avrebbero potuto fare ora? Pensava Endymion. Avevano vissuto la morte, lei era la morte.
«Siamo già finiti senza di lei…» sussurrò. Aveva ragione.
Non c’era più futuro per un mostro come lei. È così che si sentiva Queen Serenity, un mostro. Ma rivoleva la sua bambina, avrebbe rischiato anche gli interi pianeti per riportarla indietro, per restituirla a suo padre.
Poi lo sentì il nemico. Rideva di lei, della potente regina e dell’indifesa principessa che non seppe difendersi nonostante l’enorme potere.
Fu allora che il suo dolore tuonò dentro di sé con acuta veemenza.
Solo allora sentì di poter essere invincibile.
«Sta’ lontano da me, Mamochan…»
Il re fu costretto ad allontanarsi dalla donna che amava. Impotente abbandonò il campo di battaglia della regina e si scagliò contro gli ultimi soldati rimasti dell’esercito invasore.
Un lampo argenteo rischiarò il cielo grondante di fumi neri, un urlo straziato sfuggì alle labbra sanguinanti di Serenity, un potente fasciò di luce attraversò le membra del nemico. La regina cadde in ginocchio e concentrò il suo potere su quel corpo avversario e attese, riducendosi allo stremo delle forze, il segnale.
Ricordava, la regina, e pregava. Implorava il Silver Crystal di non abbandonarla e di scatenare tutta la sua forza devastante. Per amore di ChibiUsa.
Un forte vento minacciò la sua postazione di guerra, ma poco dopo qualcosa di caldo si librò nell’aria. Solo allora la regina spalancò gli occhi.
Dopo undici anni di guerre estenuanti e spargimenti di sangue Serenity sorrise.
Era ChibiUsa che fluttuava sulla testa del nemico che urlava accecato dalla rabbia.
«Grazie, mamma.»
ChibiUsa parve sfinita e addolorata al contempo.
Chiamò il nome di Endymion con le ultime forze rimaste e quando la sua bambina fu, finalmente, tra le braccia del padre, sferrò il suo ultimo colpo e trafisse il malvagio guerriero con la fulgida spada che nei secoli mai ebbe pietà.
Il nemico giaceva al suolo sconfitto. Le Senshi erano libere, ChibiUsa riposava con suo padre.
La regina si lasciò cadere esausta e chiuse gli occhi, sentendo l’enorme potere del cristallo diffondersi in ogni parte del suo cuore.
«Usako! Usako!»
Qualcuno la chiamava da lontano, qualcuno chiedeva alle Senshi il rimedio per toccare il corpo incandescente della regina.
«Mamochan…» Il coraggio di usare gli antichi nomi del passato le diede la forza di riaprire, lenta, gli occhi.
«Non mi toccare. Te ne prego…» E le vide. Le guardiane.
Erano vive, intorno a lei, e non avrebbe più permesso loro di rischiare la vita per proteggere quella della regina.
ChibiUsa piangeva e allora lei sorrise, ricorrendo alla forza del Silver Crystal che continua a propagarsi nel suo corpo, poi guardò le Senshi e le implorò di portare al sicuro la principessa e di vegliare su di lei.
Mars e Uranos protestarono, ma la regina le zittì con uno sguardo iridescente mai visto prima.
La guerra era finita, Serenity sorrideva.
Ne è valsa la pena. Si disse. Mamoru era tornato, ora lui era lì, il suo intero tutto, insieme a ChibiUsa, era davanti a lei. L’unico amore avuto in quel mondo in tutti quegli anni di guerra era quell’uomo. Lo stesso uomo che la pregava di resistere, di tener duro perché “SailorMoon non si arrende mai.”
Usagi era stanca.
Ottenuta la sua vendetta, desiderava soltanto abbandonarsi tra le braccia del suo Mamoru. Lei lo amava. Lo aveva sempre amato.
«Ti amo» disse in un soffio caldo.
Mamoru la osservò imbarazzato, ma non sorpreso. Erano passati undici anni dall’ultima volta in cui Usagi, Serenity, le aveva detto di amarlo. Era consapevole del fatto che si appartenessero, che si sarebbero appartenuti sempre. Lui l’accendeva, lei viveva di lui. E l’addolorava tremendamente il fatto che non potesse afferrarle il viso e baciarla. Baciare quei topazi che erano i suoi occhi, quel collo caldo. Poggiare l’orecchio sul suo petto e sentire il suo cuore battere frenetico. Lui non voleva ucciderla, non poteva farlo, ma dentro moriva dalla voglia di colmare con il suo corpo il vuoto di cui Usagi soffriva da ben undici anni. Avrebbe solo voluto stringersi a lei, e non lasciarla più.
«Anche io, Usako. Anche io.» le rispose, stringendo i pugni.
«Allora baciami.» disse desolata e disperata.
«No!» Mamoru si allontanò di qualche metro. Mai le avrebbe tolto la vita, mai sarebbe rimasto su quella terra arsa dalle violente battaglie senza di lei.
«Mamochan… Il Silver Crystal si è sprigionato nel mio corpo, la sua potenza ribolle nel mio sangue. Nemmeno il mio cuore riuscirà a lungo a trattenere la sua intensità. Non lasciarmi andare senza aver vissuto un’ultima volta sulla tua pelle! Ti prego, Mamochan...»Lo scongiurava, se fosse morta tra le sue braccia, se fosse morta a causa sua, la sua anima ormai dannata avrebbe avuto almeno una fine dignitosa. Avrebbe avuto una fine felice.
In tutta risposta lui singhiozzava.
Ci fu silenzio.
Mamoru avanzò verso Usagi lento, assaporando ogni secondo.. Le cinse i fianchi attirandola a sé, e finalmente sentì i loro battiti vicini, il respiro di lei le solleticava le labbra. Usagi cominciò ad accarezzargli le spalle, le scapole, e lo strinse al suo corpo, piano. Le loro labbra si incontrarono, due sconosciute che si conoscevano da una vita.
Lui la strinse più che poté, sperando che tutto ciò che gli stava accadendo non finisse, mentre la sentiva spegnersi.. mentre la spegneva. Usagi si scansò un poco, senza liberarsi dal suo abbraccio. Lo osservò, come se fosse la prima e unica cosa che avesse visto nella sua vita.
Gli sorrise, spensierata e per la prima volta dopo undici lunghi anni, sentì di essere libera.
Era bellissima.
Poi la luce delle sue iridi tornate azzurre si spense, gli occhi si annerirono, il suo corpo fu avvolto da improvvisi e sferzanti bagliori incandescenti.
Mamoru cadde in ginocchio, circondato dalle ceneri del suo amore.
Pochi istanti di unione sarebbero bastati a colmare infiniti anni di sofferenza e solitudine?


 
FINE
   
 
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