Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |       
Autore: gaccia    18/03/2014    1 recensioni
Raccolta di one-shot sull'innamoramento, gli incontri che ti possono cambiare la vita, i nuovi sentimenti o quelli vecchi. Prima del matrimonio, prima dei figli, prima del resto della vita. L'inizio che si porta dietro il brivido della scoperta (o riscoperta) del cuore.
Sono tutte shot che partecipano a contest sul forum efp.
1° one-shot "Anche i maestri sbagliano", Classificata seconda al contest "Elements Of An Empty Page"
2° one-shot "Batman e Robin" contest "Emozioni al primo sguardo", premio speciale "Love Story" (Grazie!)
3° one-shot "Sono la tua ricompensa" contest "La ragazza e... la spada".
4° flash-fic. "Un filtro d'amore" seconda al contest "Sai lanciare un incantesimo? [Pagan] Flash Contest" di Aleyiah
5° one shot, "Pranzo di nozze" partecipa al "Contest letterario Booksheels" e al contest "Frammenti di feste"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CIAO A TUTTI!

Ho alcune storielle brevi ma non volevo lasciarle piccole briciole di pane. Preferisco assemblarle tutte in una unica pagnotta, pertanto ve le rifilo come letture brevi, leggere e senza impegno.

 

Questa in particolare ha partecipato a un contest. Mi è piaciuto perché inseriva diversi paletti e io adoro costruire attorno a punti fissi.

Il contest consisteva nell’inserire dieci parole fisse (ne ho inserite nove) all’interno del tessuto narrativo, che troverete in neretto, (cosa di cui mi vanto di essere un genio, visto cosa riesco a fare con i nick e chi ha letto le mie comiche lo sa bene), descrivere inserendo i due protagonisti fissi: uno è Trevor Donovan, un fustacchione americano decisamente arwghhhh! (bava) e lei è Giulia Arena, miss Italia. Dovevamo anche trarre ispirazione e seguire il senso di una canzone (Mirror di Justin Timberlake per me) e su questo confesso di peccare un po’.

Io ho shakerato il tutto e mi è uscito questo.

 

E adesso… BUONA LETTURA!

 

ANCHE I MAESTRI SBAGLIANO.

 

«Maria! Mi presti Federico?» urlai dal bagno.

Mettere a posto questi capelli era un’impresa. Per non parlare di tutto il resto. Provai ancora con un po’ di gel. Ecco, forse così poteva andare. Accidenti! Potevo evitare di farmi la barba! Quante volte Maria mi aveva detto che stavo meglio con qualche pelo in più? Sì, ma poi chi la sentiva la mamma con le sue urla per come ero disordinato. Già tanto che riuscivo ad evitare la leccata per sistemare il ciuffo di capelli!

Tutta colpa del bisnonno. Nel bel mezzo di una popolazione mora e dalla pelle scura, bassa e un po’ tarchiata, io spiccavo come un semaforo in mezzo al deserto.

Alto un metro e ottantotto di figaggine piena di muscoli e addominali scolpiti, come asserivano i miei amici, mi sentivo uno straniero a casa. Sembravo un americano venuto in Italia per le vacanze.

Osservai il mio riflesso allo specchio. Biondo, occhi azzurri, naso fino, mascella più o meno pronunciata (meno male che non sembravo mascellone Ridge che adorava mia madre, altrimenti sì che avrei fatto volentieri la plastica) e labbra carnose che però a me sembravano molli. Ma tant’è. Questo è quello che passava il convento (o i geni del  bisnonno Trevor Donovan arrivato direttamente da Bishop, California per la seconda guerra mondiale, fermatosi a sposare una certa Maria Fernanda Rizzuto e a procreare con lei una nidiata di pargoli da poter allestire una intera squadra di calcio).

Pazzesco! In tutto il mondo c’era gente che andava in America e lui invece emigrava in Italia! Così io che gli somigliavo come un clone e sembravo un californiano venuto su a sole e hotdogs, in realtà mi mangiavo arancini e babà.

Pure il nome Trevor mi avevano affibbiato. Ma che me ne facevo di un nome americano come Trevor Donovan (ebbene sì, discendenza diretta da maschio a maschio, ne portavo ancora il cognome), se sulla mia carta di identità mi trovavo “cittadinanza italiana”? perciò, per tutti ero Toni. Toni Donovà. Età venticinque anni. Felicemente disoccupato in attesa di fare qualcosa.

Nel frattempo occupavo il mio tempo facendo quello che, per qualsiasi maschio della mia età, era l’occupazione principale: andare a caccia di ragazze.

 

Mi osservai ancora una volta, passandomi una mano sulla guancia. E che cazzo! Non ero male! Anzi, ero davvero un gran bel figliolo, come diceva nonna Nina.

«Maria! Mi presti Federico?» urlai ancora.

Era giornata di compere. O meglio, era giornata di caccia per avere una ragazza con cui uscire sabato sera. Non si poteva aspettare sabato pomeriggio, non sarebbe stato carino. Meglio organizzarsi il venerdì pomeriggio. Quindi mi auto punivo, offrendomi volontario per andare a fare la spesa.

Ricordo ancora quando Nicola mi aveva incontrato, fermando di botto la sua moto blu inchiostro, e mi aveva sommerso di domande per il fatto che spingevo un passeggino stracarico di borse e avevo un bimbetto biondo in braccio.

«Da quando hai un figlio?».

«Idiota! È figlio di mia sorella. Sono solo andato a fare la spesa e me lo sono portato dietro» spiegai.

«Rosa ha un figlio?» chiese con tanto d’occhi. Due volte idiota.

«Maria. Razza di imbecille!» risposi. Ci mancava solo che la mia sorellina si mettesse nei guai. Era già bastato che Maria fosse stata costretta a sposarsi. Nonna Nina sarebbe morta di dolore.

«E perché te lo porti dietro?». Svelare il mio segreto o non svelare? Ma sì, dai. Sono sempre stato generoso, io!

«Non sai quanto si becca al supermercato con un bambino piccolo. Le donne fanno a gara per essere carine e tu devi solo scegliere». Risposi gongolando.

«Hai trovato la tipa per domani?» chiese con invidia.

«Due, devo ancora scegliere. Magari una me la tengo buona per domenica. Ora scappo che mi aspettano e il signorino deve essere cambiato». Nicola si era allontanato sgommando e rosicando e Federico aveva fatto la faccia di chi sta per riempire il pannolino.

Okay. C’era anche il rovescio della medaglia e non era proprio profumata all’acqua di colonia.

 

Finalmente mia sorella rispose.

«Che ti serve Federico adesso? sta ancora facendo il sonnellino. Non ti basta una foto per oggi?». Sì, lei sapeva. D’altronde era la madre ed era stata beccata un paio di volte da varie conoscenti, che le facevano i complimenti per suo bel marito biondo che si curava così bene del piccolo, mentre faceva la spesa. Considerando che Michele era pelato, o si trattava di sequestro di persona o avevo combinato qualcosa. Per fortuna non sparse la voce, ci rise sopra borbottando qualcosa che suonava più o meno «Se le ragazze si fanno infinocchiare così, affari loro». E poi parlano di solidarietà femminile!

«Certo, e dovrei andare tra gli scaffali con il cellulare in mano tipo un rabdomante?».

«L’hai già fatto!» rispose.

«Infatti, per mostrare altre foto di Federico, visto che l’originale lo avevo lì ad attirare l’attenzione! Sembrerei un maniaco se fermo una tipa e le dico “guardi il mio bambino” mostrandogli un video». In realtà ci avevo già provato e la tizia in questione si era messa a urlare facendo arrivare un commesso e mettendo me in fuga. Meglio non replicare. Mi serviva l’originale in carne e ossa.

 

«Okay, va bene. Federico si diverte sempre con te. Cerca solo di non esagerare come al solito. L’ultima volta ha borbottato una parola che suonava come “pompa” e detto da te non oso immaginare il contesto della frase». Orami Federico aveva due anni e mezzo e bofonchiava mezze parole. Tra poco avrebbe iniziato a parlare bene ed era meglio che non ripetesse quello che lo zio diceva mentre era a “caccia”. Doveva solo guardare e imparare dal maestro! Cioè, moi!

Felice e giulivo, presi in custodia il mio piccolo complice, la lista della spesa e i soldi e partii alla volta del mio campo di raccolta differenziata.

 

Cominciava a fare caldo e le ragazze indossavano canotte sempre più striminzite e pantaloncini sempre più corti. Una gioia per gli occhi. Anche Federico cominciava ad apprezzare quel tipo di fauna, visto che normalmente puntava sempre un bel paio di cosce se gli si posizionavano altezza occhi (visto che lui era sul passeggino).

Entrai nel supermercato con un sorriso stampato in faccia, talmente ampio che mi si poteva vedere anche la cicatrice delle tonsille tolte a dieci anni. Ero contento e pronto per la mia battuta di caccia. Chi mi avrebbe fermato?

 

Cominciai a bighellonare tra gli scaffali pieni di merce. Passata, fagioli, pasta, tonno, patatine… queste non c’erano sulla lista ma per me erano fondamentali, sgrassatore… eh? Pannolini per la nonna? Ma, no! Per Federico tanto quanto, ma per nonna Nina? E pure della determinata marca blu. Cosa ne fregava se prendeva un altro marchio? Non se la faceva più addosso? Ecco cosa succedeva ad abitare tutti nella grande casa!

Già questa incombenza aveva lasciato un alone scuro sul mio pomeriggio in missione.

 

Arrivai nel corridoio con i prodotti per l’igiene intima (chissà perché dei piani bassi si pensava sempre e solo alle donne, come se noi maschietti fossimo dotati del sesso degli angeli).

Federico gorgogliò e batté le mani sul fermo. Era il segnale convenuto: pulzella a ore 12, proprio davanti agli assorbenti.

Meglio di così non poteva andare! Quale miglior richiesta di aiuto che i pannoloni per la cara nonna inferma? Okay, inferma un par di balle, visto che riusciva ancora a corrermi dietro con la scopa di saggina e a tirarmi addosso le zoccole, ma non tutti lo dovevano sapere.

 

Sembrava assorta in qualcosa ed io mi presi tutto il tempo per osservarla meglio.

Capelli lunghi lisci, castano chiaro. Zigomi alti, definiti, mascella volitiva, naso importante ma non eccessivo, sopracciglio fino e curato. Si manteneva bene, almeno la parte sinistra che potevo vedere io. Aveva una specie di grembiule di cotone verde bottiglia, come quello delle commesse dei supermercati. Forse lavorava qui.

Pantaloni bianchi e sandali bassi. Era alta. Non come me, ma un rispettoso metro e settanta, dal più al meno.

 

Come se avesse sentito il mio sguardo si voltò nella mia direzione. Zeus! Fulminami immediatamente! Grazie per questo regalo! Un paio di occhi verdi mi trapassarono, una bocca disegnata da Picasso quando non era ancora andato fuori di testa, era atteggiata in un adorabile broncio che ne evidenziava la forma. Arco di cupido sopra e due ciliegie sotto. Un amore. E la fossetta del mento mi diede il colpo di grazia! Preda trovata!

Raddrizzai le spalle e avanzai lentamente spingendo il passeggino, con le borse appese e il foglio con la lista in bilico tra le dita. Sorriso delle grandi occasioni e occhi, speravo, brillanti.

… e lei si girò, come se non mi avesse notato.

Bastava questo a fermarmi? Solo il 31 settembre.

 

«… Cause I don't wanna lose you now
I'm lookin' right at the other half of me
The biggest scene is set in my heart
There's a space, but now you're home …» sentii canticchiare.
Aveva gli auricolari, ecco perché non mi aveva notato, era distratta.

Mi avvicinai e, evidentemente, notò il movimento perché mi sbirciò di nuovo più consapevole.

«Justin Timberlake? Davvero?» feci un pochino scettico. Non era male, ma c’era di meglio in radio.

 

Si voltò completamente verso di me e tolse un auricolare, lasciandolo penzoloni.

«Senti Ken, torna dalla tua Barbie con la vostra Skipper e lasciami in pace con i miei gusti musicali» e fece per rimettersi l’auricolare.

Non doveva isolarsi o non avrei cavato un ragno da un buco! E io volevo cavare ben di più.

«Lui non è Skipper. Potrebbe offendersi». Mettere sempre in primis il bimbo. Nessuna femmina avrebbe potuto essere cattiva con un cucciolo di uomo così carino.

«Che ne sai? Magari da grande diventa gay e fa il travestito. E poi ho sentito dire che anche i Ken grandi hanno qualche problema» si voltò per prendere un pacchetto di assorbenti e fece un passo per allontanarsi.

Fissai in faccia Federico che si era girato per guardarmi. Da quando in qua si parlava così di un frugoletto tanto carino? Ma quella non era una ragazza! Sicuramente uno dei due cromosomi X si era perso per strada.

«Ehi, Grinch. Mi puoi aiutare per questi pannolini o cosa sono?» la bloccai prima che sparisse.

«Grinch?». Sollevò scettica un sopracciglio.

 

In quel momento passò di lì una biondina slavata, alta un metro e un tappo con un prendisole rosa shocking. Si posizionò davanti a Federico e si abbassò per avere la il suo faccino ad altezza occhi, regalando a me un notevole scorcio delle sue colline.

«Ma che bel bambino! Cosa ci fai con il papà? Fai la spesuccia? Che ammmore!» chiosò garrula.

Feci un gran sorriso e guardai la moretta-grinch indicando la bionda con fare ovvio. Era così che ci si doveva comportare.

«Eh, sapesse che fatica farmi aiutare da mio marito! Fare la spesa è un incubo. Andrebbe solo al bar a passare il tempo, se fosse per lui».

Spalancai occhi e bocca. Mi ero trovato sposato senza neanche andare davanti al parroco? La brunetta-grinch giocava sporco!

Come era prevedibile, la biondina prese la via di fuga più vicina e sparì più velocemente di Harry Potter sotto il mantello dell’invisibilità. La moretta-grinch sghignazzava soddisfatta.

«Ti sembra il caso? Ci ho fatto un figlio con te, non mi denigrare in questo modo davanti agli altri». Fare il simpatico e stare al gioco. Altro metodo, più disinibito ma comunque efficace.

«Sogna. Allora? I pannolini sono per te o per il pupo?» chiese con le braccia incrociate sotto il seno che si sollevò invitante. Faceva caldo anche con l’aria condizionata.

 

Notai il cartellino appeso al grembiule. “Giulia A.”. beh, Giulia-grinch, meglio di brunetta-grinch, era più identificabile.

«Ti sembra che sia incontinente? Per la nonna. Ha chiesto questi» e le indicai la marca sulla mia lista.

«Hai ragione. Per te direttamente il catetere. Per tua nonna sono questi» rispose raccogliendo un pacchetto dall’ultimo ripiano in basso. Controllai e in effetti dalla descrizione degna di un disabile, si poteva intuire che erano proprio quelli. Mia madre doveva scrivere meglio le cose!

«Posso andare o hai bisogno di altro sostegno?» chiese ancora sforzandosi di non ridere.

 

«Usciresti con me, domani sera?». Cazzo! Che stavo dicendo? Ma non dovevo lavorarmela ancora un poco? Così andavo in bianco che neanche il Dash lavatrice sarebbe riuscito ad ottenere!

In effetti rimase basita pure lei per la mia uscita infelice e precipitosa.

«Oh… beh…» balbettò, momentaneamente scollegata all’hardware bocca – cervello. Poi la salvò il cellulare e a me toccò rimanere in attesa.

«Ciao, Maria».

Maria? Seh, mica era mia sorella! Sai quante Marie esistono? A partire dalla Madonna, milioni di milioni!

«Sono al supermercato un attimo. Indovina chi c’è davanti a me?».

Ecco, questo già mi piaceva di meno come affermazione.

«Esatto, con Federico… sì sta bene e sorride contento, anche se non capisco come possa farlo in compagnia di tuo fratello…».

Fottuto? Sì, presente!

«Tra cinque minuti torno in ambulatorio, puoi portare Apollo quando vuoi. Anche adesso».

Apollo? Perché doveva portare il cane da Giulia-grinch?

 

Socchiusi gli occhi e la squadrai per benino in tutta la sua figura. Camice verde, pantaloni cotone bianchi, sandali bassi. Cane… veterinario?

«Okay. Ci vediamo tra poco». Chiuse la telefonata e mi fissò sorridente.

«Toni, mi dispiace ma con me non attacca. Per domani niente, ma sei stato divertente… ritenta magari sarai più fortunato» e mi fece l’occhiolino per poi rivolgersi a mio nipote «Ciao, Fede».

«Ciao, Guglia» rispose Federico.

Traditore! Il bambino la conosceva e lei conosceva lui!

Ma dove era stata nascosta fino ad ora?

Okay! Missione? Alla conquista di Giulia-grinch-dottoressa Doolittle!

Presi il cellulare e schiacciai la chiamata rapida. «Maria? Senti, aspetta a portare Apollo dal veterinario, lo accompagno io!».

 

Mai arrendersi. Fissai Federico negli occhi, mentre spingevo il passeggino pieno di acquisti verso casa.

«Sebbene oggi tu possa dire che “Anche i maestri sbagliano” ricordati che non devi mai arrenderti e devi sempre crearti una nuova occasione per arrivare dove vuoi». Grande lezione di vita!

Che zio fico che ero!

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci alla fine.

Questa storiella è comica e… con un finale totalmente aperto. Lui potrà provarci ancora, non è detto che lei risponda di sì, ma neanche di no.

Abbiamo una morale a parte la chiara stronzaggine dell’individuo in questione? Creiamoci le occasioni per arrivare dove vogliamo.

Anche i maestri che sbagliano a volte hanno dei lampi di genio.

 

Il mio giudice di contest in questo caso mi ha segnalato che nella storia compaiono due errori senza specificare quali. Riusciamo a trovarli?

 

Grazie per l’attenzione, per la lettura, l’apprezzamento e

Alla prossima

baciotti

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: gaccia