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Autore: PZZ20    18/03/2014    7 recensioni
Riflessioni di Chichi durante un raduno pre-Cell game.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chichi, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ho talmente tante scuse da fare... 
Ho talmente poco tempo che non le posso fare...
Sono talmente impegnata da andare a pescare una FF di due anni fa e postarvela senza rivederla.
Al via con gli insulti!
Sophya.

 

Gli occhi ed i sogni.

 

Chichi era stata una sognatrice una volta, tanto tempo prima. Sogni semplici, un po' scontati forse, ma bellissimi. Che cos'era successo dopo?

Si era sposata con un guerriero, docile e bonario solo all'apparenza. Crudele ed egoista, invero, nel profondo del suo essere alieno.

Chichi pensava che la maggior parte delle persone può essere capita attraverso il loro sguardo. Gli occhi sono importantissimi: gli occhi dicono tutto.

In quel momento, per esempio, a Chichi gli occhi dei diversi presenti raccontavano esattamente le loro storie, che lei conosceva così bene e che adorava ogni volta “rileggere”.

Gli occhi di Vegeta, i più interessanti poiché fautori di ogni sua espressione od emozione, in quel momento correvano nervosi lungo le gambe di Bulma, decisamente troppo scoperte, e poi arrabbiati, si dirigevano fulminei ai volti dei presenti di sesso maschile. Questo, dal punto di vista di Chichi, sapeva di possesso, di gelosia, di amore. Ed era una bella cosa, nonostante il Principe fosse un noto burbero sanguinario.

Gli occhi di Gohan, il suo adorato bambino invece, fissavano timidi ma vispi prima il banchetto e poi il libro sulle sue ginocchia: probabilmente il piccolo stava decidendo se poter interrompere lo studio per dedicarsi all'abbuffata. Ed era una cosa tenera, questa, per Chichi, esprimeva rispetto nei suoi confronti e senso del dovere e dell'obbedienza. Gohan era educato e tranquillo, e quella era una bellissima cosa.

Gli occhi di Junior, al contempo, fissavano dapprima il vuoto, per poi dirigersi con calma sulla nuca di Gohan e su quella del padre, il tempo di un rapido sorriso e tornavano concentrati e distanti. Era una cosa strana ma, a suo modo, bella. Sapere il namecciano sempre di guardia a vegliare su suo figlio rendeva Chichi più serena, nonostante l'aspetto terrificante di Junior.

Era la stessa storia per tutti gli altri: i loro occhi erano sempre gli stessi, che fossero gioviali, vispi, furbi o sospettosi; erano sempre gli stessi e la rendevano tranquilla, un po' annoiata forse, e tanto triste.

Triste sì, perché gli occhi per lei più importanti, quelli di Goku, per tutto il maledetto tempo, non avevano fatto altro che fissare l'arrosto, o Vegeta, con un particolare tono di sfida, o Bulma al massimo.

Per lei nemmeno uno sguardo, mai.

Nemmeno quando aveva sbottonato leggermente la camicetta e gli si era seduta di fianco, sporgendosi un poco, per servigli il contorno sul piatto. Niente.

Gli occhi dicevano tutto ed era dolorosamente vero.

In quel momento in particolare, come per quasi la totalità della sua esistenza, le dicevano che Goku era interessato al cibo, agli avversari e alle tette di Bulma.

Per lei, quei bellissimi occhi neri, arrivavano solamente quando non c'era alternativa alcuna; così, tanto per non fissare il vuoto. E questo sapeva d'amaro, di rimpianto e di rabbia. Cose che Chichi, negli anni, aveva imparato a digerire bene.

Chichi era stata una sognatrice una volta, tanto tempo prima. Sogni semplici, un po' scontati forse, ma bellissimi. Ora però, ora che era cresciuta ed aveva imparato ad interpretare gli sguardi delle persona al suo fianco, non lo era più.

  
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