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Autore: Aske96    21/03/2014    1 recensioni
"Sfigata" è il nome con cui venivo chiamata a scuola, fino a quando..
'Incontrai i suoi occhi verdi.(..) Un brivido mi percorse la spina dorsale. Il respiro mi si bloccò e il cuore inizio a battere talmente forte che credevo mi stesse per scoppiare. Mi sentivo le gambe molli mentre il suo sguardo mi penetrava l'anima.(..)
Fu' proprio in quel momento che mi innamorai di lui.'
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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“Cristina sei tu?” mentre aprii la porta vidi mia mamma affacciata al muretto che divide la cucina dalla sala con in mano un cucchiaio di legno e un sorriso stampato in faccia.
“No è un ladro.” Risposi in modo ironico, andando a darle un bacio rumoroso sulla guancia. 
“Cosa mi hai preparato di buono?” le chiesi, sedendomi a tavola. 
“Uovo e wustrel, ti va bene?” rispose lei mettendo due uova e due wustrel nel mio piatto e idem nel suo. 
“Mi mangerei anche un sasso talmente ho fame.” Risi.
Si sedette davanti a me e iniziammo a mangiare guardandoci negli occhi di tanto in tanto.
“Cosa devi fare oggi?” mi chiese lei spezzando un pezzo di pane.
“Per un paio di settimane ho da fare dalle 16.00 alle 19.00.” 
“Hai trovato un lavoro?” 
“No mamma, devo fare ripetizioni di inglese a un mio compagno di classe.” 
“E’ bello?!” ridacchiò lei. 
“MAMMA!!” urlai alzandomi dalla sedia e andando verso il lavandino con il piatto in mano. “E’ antipatico, scorbutico, noioso e estremamente stupido! Praticamente una scimmia.” 
“Stai attenta a non innamorarti allora.” Mi disse lei, spiazzandomi completamente.
“Come scusa? Perché dovrei innamorarmi di uno cosi?! Non rientra nel mio prototipo di ragazzo e, sinceramente, non starei con lui neanche se fosse l’ultimo ragazzo sulla terra.” 
“Ricordati che gli opposti si attraggono ..E in ogni caso non puoi dirlo con certezza, non sai mai cosa ti riserva il futuro! Comunque ora vado a lavorare, finisco alle 20.00, vedi di prepararmi qualcosa di buono per cena. Ciao piccola!” 
Non ho neanche avuto il tempo di risponderle che già era sgattaiolata fuori dalla porta.
Finii di sparecchiare e mi lanciai, nel verso senso della parola, sul divano. Iniziai a fare zapping. 
‘’Non c’è mai niente di interessante in tv.’’ Sbottai.
Quando trovai il canale di musica mi fermai. C’era la mia canzone preferita! 
Saltai in piedi sul divano e iniziai a cantare usando il telecomando come microfono. Mi sentivo un po’ scema, lo ammetto.
Quando finì la canzone mi risedetti e cominciai a giocare col cane. “Ricky portami la pallina.” Dissi al mio cucciolo, indicando la palla gialla sul tappeto.
Lui mi guardò in modo contorto, poi saltò giù dal divano e ritornò con la pallina da tennis in bocca. 
“Bravo cucciolino, ti meriti un biscotto!” Andai nella dispensa, e, mentre cercavo i biscotti, mi ritrovai in mano un biglietto. Era del compagno di mia mamma. Si sono lasciati una settimana fa’, ma so che è una litigata da niente, come al solito, e lui ritornerà presto a invadere la mia privacy. 
In ogni caso la curiosità prese il sopravvento, così lo lessi. 
Iniziava con: “Ciao amore mio.” poi continuava “mi manchi da morire, senza di te mi sento perso.”
“Sempre le solite menate.” Dissi rimettendo il biglietto nel posto in cui l’ho trovato. “Non continuo neanche a leggerlo, immagino già il resto.” 
Mi girai e vidi il cane seduto dietro di me. 
“Cosa vuoi tu?? Ah già, il biscottino!” presi un biscotto dal sacchetto e glielo diedi. Lo sguardo mi si posò sull’orologio attaccato al muro davanti a me. 
“Le 15.49?!!?” urlai agitandomi tutta. “Devo andare, cavolo. Mi raccomando peste, non fare disastri.” 
Feci una carezza al mio cane, presi la borsa e corsi fuori di casa.
Nel tragitto casa-biblioteca la mia mente è stata invasa da pensieri di tutti i tipi. L’ex di mia madre, Ricky, la scuola, Mattia. 
“Chissà se si presenta.” Mi chiedevo. 
“BOOO” urlai un certo punto, sbuffando. 
Il ragazzo che camminava davanti a me si girò di scatto guardandomi con una faccia stupita. 
“Oddio, scusi. Non volevo spaventarla. “ Dissi diventando rossa come un peperone.
 “Ora penserà che parlo da sola, o, peggio ancora, che sono pazza.” Pensai.
Dopo 10 minuti arrivai davanti alla biblioteca. Spensi l’I-pod e appena feci per entrare il bibliotecario mi bloccò la porta. 
“No signorina, non può entrare finché non arriva il ragazzo.” Disse l’uomo sorridendo. 
Lo guardai sbigottita e mi spostai pochi metri più in là, vicino a un vaso di viole. 
“Muoviti ad arrivare, Mattia.” Continuavo a sussurrare mentre le lancette dell’orologio giravano senza sosta.
Le 16.30… Le 17.00… Le 17.30…  e cosi via, fino ad arrivare alle 19.00. 
“Ecco, non si è presentato.” Sbuffai arrabbiata. “Meglio che me ne vada.” 
Salutai il bibliotecario e mi avviai verso casa. Camminavo sul ciglio della strada tirando calci ai sassolini che incrociavo nel tragitto. 
Avevo l’i-pod a palla, riuscivo a malapena a sentire le auto che mi passavano di fianco. Ad un certo punto qualcuno mi tirò dalla cartella. Mi girai di scatto e, senza pensarci due volte, sferrai un pugno alla persona che mi stava dietro. 
“AIHAA, MA SEI PAZZA?!” Urlò quest’ultima alzandosi da terra. La voce era da maschio e mi sembrava anche di conoscerla. 
“Mi hai spaccato il naso.” Disse lui ridacchiando. 
Con la coda dell’occhio intravidi altri quattro ragazzi con addosso la divisa da calcio camminare verso di noi . 
“Praticamente l’hai ammazzato” esclamò uno. 
“Beh, almeno sai difenderti.” Rise un altro. 
Eccoli, erano loro. Mattia e i suoi amici. 
“Era mezzora che ti chiamavo, ma eri talmente triste perché Tia non si è presentato che neanche mi hai sentito.” Disse Cristian, il ragazzo che avevo colpito, ridendo. 
“Non..non ero triste. E’ solo che avevo la musica troppo alta.” Risposi a bassa voce.
“Se se” risero tutti. Voltai le spalle e mi rimisi a camminare. 
“Lo hai aspettato fino ad adesso?” chiese Stefano, ad alta voce. 
Mi girai e guardando Mattia fisso negli occhi risposi : “Certo, faccio sempre quello che dico. E continuerò a farlo fino al giorno della prova.”
Mentre loro mi guardavano ancora increduli mi voltai nuovamente e, allontanandomi, alzai il braccio in segno di saluto.  

Arrivata a casa, preparai la cena e aspettai il ritorno di mia madre.
“Com’è andata in biblioteca?” mi chiese lei, a fine pasto.
“Prossima domanda?” risposi sbuffando.
“Non si è presentato eh? Dai su, vedrai che domani verrà. L’importante è che non molli!” disse lei, dandomi un bacio e dirigendosi verso la camera da letto. “Dormo che sono stanca, buonanotte amore!” concluse, chiudendo la porta della sua stanza.

  
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