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Autore: Totallyawesomegeek    22/03/2014    1 recensioni
Il giorno in cui scopre di essere affetto da una terribile malattia, Blaine perde tutto ciò che ha di più caro al mondo, compreso l'amore della sua vita. È una lotta dura, e senza tregua, e Blaine deve trovare in sé stesso, la forza di andare avanti. E Kurt? Che fine ha fatto? E cosa succederà quando Blaine lo incrocerà di nuovo sul suo cammino?
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sam Evans | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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An: questa storia mi ha letteralmente torturata per tutta la settimana. Si è arrovellata a tal punto nella mia mente da costringermi a lasciare perdere tutto il resto per metterla nero su bianco. Spero solo di essere riuscita a trasmettere l’immagine e il messaggio che avevo in mente.
Non è mai facile trattare certi temi, ed è per questo che la storia non è in più capitoli, ma un’unica one-shot.
Ps: non abbiate paura..questa non è una storia tragica, ma la storia di una rinascita.
Buona lettura!
 
THE C-WORD.

 
“Mi dispiace, Blaine. Non ce la faccio.”
Quelle parole erano state sussurrate con un filo di voce, ma Blaine le sentì vibrare come un’esplosione all’interno della stanza.
“Tu.. tu mi stai lasciando, perché ho il cancro?” chiese stupito. Come se quell’eventualità non lo avesse mai neanche sfiorato. Era sempre stato convinto ingenuamente, che il loro, fosse il tipo di amore pronto a sfidare il mondo. Figurarsi una stupida malattia.
Ma Dio, come aveva sbagliato.
Kurt rimase in silenzio. C’era poco che potesse dire per difendersi, lo sapeva. Il terrore di perdere Blaine in quel momento era più forte del loro stesso amore, e lui non se la sentiva di stargli accanto, se questo poteva significare vedere Blaine scomparire lentamente.
“Mi dispiace” sussurrò, tentando di appellarsi egoisticamente al cuore di Blaine. Ma Blaine era già scomparso davanti ai suoi stessi occhi. Si era chiuso all’interno di mura spesse e invalicabili. Perché il giorno in cui aveva scoperto di doversi sottoporre a una serie di trattamenti dolorosi per salvarsi la vita, il suo ragazzo gli aveva comunicato senza mezzi termini, che lui non sarebbe stato al suo fianco.
Che vederlo soffrire sarebbe stato troppo per lui.
Blaine lo guardò negli occhi un’ultima volta.
“Mi dispiace che la mia malattia sia troppo difficile da affrontare, per TE” sibilò. La freddezza nella sua voce, rifletteva la portata del suo dolore, e Kurt si sentì un codardo, ma rimase in silenzio. “Ti voglio fuori da qui entro domani” continuò. “Non abbiamo più niente da dirci.”
 
..non abbiamo più niente da dirci..
 
******
 
Blaine Anderson aveva ventidue anni, il giorno in cui il suo ragazzo, il suo migliore amico, l’uomo con cui pianificava di passare il resto della sua vita, lo aveva lasciato solo a combattere contro la malattia che con ogni probabilità lo avrebbe ucciso.
 
C’erano state notti,  in cui il dolore per quel tradimento tornava a bruciargli il petto.
Un dolore che sarebbe stato insostenibile, se negli ultimi tre anni Blaine non avesse dovuto lottare per la sua stessa vita.
A conti fatti, la perdita di quello che avrebbe dovuto essere l’amore della sua vita, non lo aveva ucciso. Non quando c’era qualcosa di più pericoloso che scorreva nella sue vene. Un male che lo rendeva debole, e fragile, e minacciava la sua vita giorno per giorno.
 
Dopo quella notte, infatti, Blaine era andato avanti. Si era svegliato il giorno dopo la rottura, determinato a vivere per sé stesso e per nessun altro. Aveva fatto le valigie ed era andato a stare da Sam per qualche giorno, per dare a Kurt il tempo di trasferirsi. Non aveva pianto, non si era lamentato, non aveva cercato spiegazioni. Aveva speso le sue giornate facendo ricerche, parlando con i medici, facendo telefonate.
Aveva ventidue anni, e solo il sessanta per cento di probabilità di sopravvivere. Ma non si sarebbe dato per vinto.
 
Quella che seguì fu la settimana più miserabile e combattiva della sua vita.
Cambiò numero di telefono e chiuse tutti i suoi contatti su internet. Niente più Facebook, twitter, tumblr. Niente più persone nella sua vita, che non valesse la pena di frequentare.
Il secondo giorno a casa di Sam, decise che un taglio netto, significava una vita completamente nuova, e con un sms, prima di disconnettere definitivamente il suo numero di telefono, avvertì Kurt che poteva tenersi il loro appartamento. Che lui avrebbe vissuto altrove.
 
Il terzo giorno, dopo essere andato a ritirare le sue cose da quello che ormai era l’appartamento di Kurt, Sam lo convinse che quel luogo doveva essere casa sua. Annunciò che la sua stanza per gli ospiti era vuota, e che non gli avrebbe permesso di andare a vivere da solo, o peggio ancora di tornare a Westerville.
“Non accetto un no come risposta, Blaine” gli aveva detto. E quella era stata la fine della discussione.
Blaine non era mai stato tanto grato per la presenza dell’amico come in quel momento.
 
Sam lo aveva accompagnato nei giorni successivi alle visite mediche ed era stato sempre lui a tenerlo sotto controllo quando la depressione si era fatta strada nella sua mente.
Perché quel sessanta per cento di possibilità era sceso ancora man mano che i controlli andavano avanti, e Blaine aveva iniziato a rassegnarsi all’idea che non avrebbe mai compiuto ventitre anni.
Ma Sam lo aveva rimesso in piedi. Lo aveva spronato e minacciato, e gli aveva elencato le più stupide ragione per cui valesse la pena di vivere.
“Non fosse altro, per la tua collezione di farfallini, amico.” Aveva detto senza troppi preamboli, e Blaine aveva trovato un sorriso, e una ragione per combattere un giorno in più.
 
*******
 
Tutto era stato più difficile da lì in poi.
Il giorno prima dell’operazione al cervello, Blaine aveva ricevuto un bouquet di rose gialle. Le aveva cestinate ancora prima di leggere il biglietto avvertendo Sam che sarebbe stato il prossimo a essere tagliato fuori se avesse dato ancora sue notizie al suo ex.
L’amico aveva alzato le mani in segno di resa e gli aveva tenuto compagnia in attesa che lo preparassero.
Quando si era risvegliato, il mondo era rimasto buio. La cecità a quanto sembrava, non era poi così bizzarra dopo un’operazione al cervello. Ma il tumore era stato rimosso in buona parte, e adesso toccava alla chemio fare il resto.
La vista era tornata una settimana dopo, e Blaine era stato pronto a tornare a casa.
 
******
 
Aveva pensato di conoscere la più pura essenza dell’inferno. Aveva in fondo, ascoltato un medico dirgli senza mezzi termini che aveva una possibilità su due di non farcela. C’era poco che potesse battere l’orrore di quel momento.
Questo, fino a quando non era tornato a casa dopo il primo ciclo di chemio.
Blaine avrebbe ricordato per anni a venire la sensazione di essere sul punto di scomparire. Il dolore lancinante in ogni parte del suo corpo. Il sudore che permeava la sua pelle. La nausea inarrestabile. Il respiro corto e veloce, quasi avesse una mano stretta attorno alla gola.
E in mezzo a quello che era un nuovo girone dell’inferno, la mano di Sam, stretta alla sua spalla, in un gesto di conforto. Presente anche quando il pavimento attorno al water era diventato il suo nuovo letto.
La sensazione di una tovaglietta umida, poggiata sulla sua fronte. Il conforto di un’amicizia.
La paura di non vedere il domani.
Le lacrime versate per una vita da cui non voleva staccarsi.
Perché Blaine aveva ventidue anni. Aveva progetti, e aveva passioni da esplorare, e giorni da vivere, e amori da incontrare. E quanto era ingiusto che al mondo ci fossero persone che non avevano nessun rispetto per la propria vita mentre lui doveva lottare con le unghie e con i denti per vivere un giorno di più?
Blaine a quello non aveva una risposta, se non una nuova ondata di lacrime e il conforto dell’abbraccio del suo migliore amico.
 
La chemio non lasciava tregua.
Non attaccava con meno violenza man mano che il tempo passava. Non lasciava Blaine con un po’ di respiro in più man mano che il trattamento avanzava. No. Ogni giorno era più dura, e ogni ora che passava era più difficile resistere. Blaine era stanco.

 
********
 
Era primo pomeriggio quando Blaine si rese conto per la prima volta che i suoi capelli avevano cominciato a cadere.
Era seduto sul divano di casa, con Sam accanto a lui. Stavano guardando un film, come accadeva spesso negli ultimi tempi. Blaine non ricordava quale fosse, ma non avrebbe mai dimenticato il momento in cui passandosi una mano tra i capelli si ritrovò una ciocca di ricci tra le dita. La guardò a lungo, senza parlare. Sapeva che sarebbe successo. I medici lo avevano avvertito, e paradossalmente aveva visto abbastanza film da conoscere il suo destino. Ma niente lo aveva realmente preparato a quel momento. Al panico che lo assalì quando si rese conto che quei ricci che aveva odiato per tutta la sua vita sarebbero scomparsi poco alla volta. Fu Sam ancora una volta a consolarlo. A stringerlo a sé mentre i singhiozzi scuotevano il suo corpo e le lacrime continuavano a cadere senza sosta. Fu Sam a prendere la sua mano e a portarlo in bagno. Il volto di Sam rigato di lacrime mentre lo rasava, sarebbe stato un momento che Blaine avrebbe conservato per sempre nel suo cuore. Perché in quel momento, Blaine aveva capito finalmente, di non essere solo.
 
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“Non è finita. Dovremo lottare ancora.”
Blaine si era aspettato quelle parole. Sapeva che non c’era nessuna possibilità che un solo ciclo di trattamenti bastassero a uscire dal tunnel della malattia. Ma Blaine non era solo e Blaine era diventato un uomo in quei mesi, e Blaine non si sarebbe lasciato andare. E con un sospiro aveva guardato il medico negli occhi e aveva annunciato: “Diamoci da fare allora.”
 
Il secondo ciclo era stato difficile come il primo.
Ma sia Blaine che Sam conoscevano la procedura. Sapevano cosa aspettarsi. E per quanto duri e spaventosi, quei mesi erano stati in qualche modo meno logoranti. I capelli che erano ricresciuti nella pausa tra un ciclo e un altro ripresero a cadere e questa volta, rasandoli, tra le lacrime, Sam prese in giro Blaine per le sue orecchie da elfo. Blaine aveva sorriso.
 
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“È solo mezzo centimetro. Puoi farcela.”
Ma tre cicli di chemio avevano atterrato Blaine completamente e dentro di lui non era rimasta neanche una briciola di forza di volontà. Scosse la testa. Non sarebbe sopravvissuto a un quarto ciclo.
“Non posso continuare ad approfittare di te. Forse dovrei tornare a casa” aveva detto a Sam quel pomeriggio. Ad aspettare la fine..aveva concluso nella sua mente. Ma non c’era stata necessità di dare voce a quel pensiero, perché Sam lo aveva percepito forte e chiaro. Prima che Blaine potesse difendersi, lo scappellotto assestatogli dal suo miglior amico, gli chiarì le idee.
“Va bene” sussurrò. “Un’ultima volta.”
Lo doveva a Sam, più di quanto non lo dovesse a sé stesso. A Sam che lo aveva consolato durante le crisi peggiori. A Sam che gli aveva cantato stupide canzoni mentre il liquido freddo della chemio gli aveva invaso il corpo. A Sam che gli aveva rasato i capelli nelle lacrime, ma con un sorriso sempre pronto per Blaine. A Sam che era probabilmente il motivo per cui Blaine era ancora vivo, a due anni di distanza dal giorno che aveva cambiato tutto.
 
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L’ultimo ciclo di chemio era stato terrificante tanto quanto il primo.
Perché Blaine sapeva che sarebbe stato l’ultimo. Sapeva che se non avesse funzionato, avrebbe rinunciato definitivamente alle cure. Lo sapeva lui, lo sapeva anche Sam.
Era stato durante uno degli ultimi cicli di terapia che Blaine aveva incontrato Colin.
Colin era un volontario del centro oncologico di New York. Aveva qualche anno in più di Blaine ed era sopravvissuto a un tipo di cancro ancora più aggressivo di quello che Blaine aveva dovuto affrontare.
Erano diventati subito amici.
Colin capiva il suo stato d’animo come pochi. Colin apprezzava come nessun altro quello che Sam aveva fatto per lui. Sapeva i sacrifici che entrambi avevano affrontato in quegli anni e capiva il loro rapporto.
Colin aveva un cuore d’oro e un animo puro e Blaine si era innamorato di lui contro la sua stessa volontà.
Era difficile, amare e non essere sicuro di poterlo fare ancora per molto. Ma Colin sapeva. Colin capiva che Blaine non avrebbe potuto dargli tutto sé stesso, non fino a quando non avesse conosciuto davvero il suo destino. Perché tutto ciò che Blaine era in quel momento, era un uomo malato dal futuro incerto. E nessuno avrebbe meritato un amore così.
Ma Colin aveva aspettato e Blaine lo aveva amato ancora di più. Fino a quando neanche l’incertezza del futuro era riuscito a trattenerlo. Colin si era trasferito da lui e Sam a un paio di mesi dal loro primo bacio. Un paio di settimane dopo, Blaine aveva scoperto di aver vinto. Il suo tumore era scomparso.
Blaine aveva tutta la vita davanti.
Due mesi dopo si erano sposati.
 
******
 
Colin era stato tutta la sua vita.
Non perché Blaine lo avesse incontrato in un momento difficile. O perché avessero un’esperienza così tragica in comune. No. L’amore vero, quello più profondo, invincibile, era arrivato dopo. Quando Blaine aveva mandato richiesta per riprendere i corsi all’università e aveva avuto Colin accanto tutto il tempo, in attesa di una risposta. Quando finalmente Blaine aveva ripreso a leggere il giornale, perché adesso poteva interessarsi del futuro. Poteva aspettare con eccitazione l’uscita di un film, o di un album, senza la paura di non esserci più. Di non aver così tanto tempo da vivere.
Colin lo aveva accompagnato passo dopo passo, fino ad essere una parte integrante di ogni suo respiro.
Ma la sua vita non era mai stata una favola, e una mattina di primavera, Colin era tornato a casa in lacrime.  
Blaine l’aveva capito senza bisogno di fare domande. Aveva abbracciato suo marito, lo aveva baciato e aveva pianto con lui.
Non avevano fatto in tempo a festeggiare sei mesi di matrimonio e Blaine si chiese se non fosse stato meglio morire.
A cosa era servito combattere così tanto per la propria vita? Perché lottare per avere un futuro quando quel futuro gli era stato strappato via senza tanti preamboli?
All’improvviso non c’erano più progetti. Niente ricerca di una casa tutta loro. Niente figli da adottare in un futuro non troppo lontano. Niente vacanze in Italia, o Natale dalle rispettive famiglie.
Non c’erano più baci distratti, la mattina, mentre si preparavano ad affrontare la giornata.
Colin era in ogni angolo di quella casa adesso. La sua assenza talmente forte da rendergli impossibile respirare. Ma c’era stato Sam ancora una volta.  Ad abbracciarlo, a lasciare che piangesse tutte le sue lacrime.
“Cambieremo casa” promise.
Ma Blaine non voleva più vivere. Perché aveva amato due uomini nella sua vita. Uno lo aveva abbandonato nel momento del bisogno. L’altro, era morto a ventisette anni, lasciandolo proprio nel momento in cui la sua vita stava per ricominciare.
Blaine era stanco.
 
******
 
Ci volle tempo.
Giorni, settimane, mesi.
Poco alla volta Blaine riprese a respirare. La mancanza di Colin era una voragine ancora profonda nel suo cuore. Ma una mattina, si era svegliato, senza la voce nella sua testa che gli urlava di farla finita.
Si era fatto la doccia, si era vestito, ed era andato a fare una passeggiata.
Era primavera. E New York era tinta di colori caldi, e nuovi. Central Park, si era trasformato, preannunciando l’arrivo dell’estate.
Blaine aveva camminato in lungo e in largo. Lasciando che la città lo accogliesse, che gli ricordasse perché era lì. Che c’era un motivo se lui era sopravvissuto a tanto dolore.
Senza rendersene conto, si ritrovò davanti all’ingresso del cimitero. Era lì, che avevano seppellito Colin. Blaine non era mai andato a trovarlo, ma sapeva dove fosse.
Non ci mise molto a trovarlo.
“Marito e uomo esemplare”
Questo c’era scritto in ricordo di un uomo che in realtà era stato molto di più.
Era stato un amico insostituibile. Un angelo dal cuore grande, che aveva ridato speranza a tanti, durante la sua vita.
Che aveva dato speranza a Blaine.
“Ti odio per avermi lasciato” sussurrò, il volto rigato di lacrime. “Avevamo tutta la vita davanti.”
Ma quella vita non esisteva più. E lui per l’ennesima volta avrebbe dovuto costruirne una nuova.
 
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E ce la fece.
Blaine non poteva dire di essere felice. Era vivo. Aveva sconfitto il cancro. E poco alla volta i suoi capelli stavano ricrescendo, seppure ancora radi, e simbolo di quella che era stata la sua malattia. Il cappello in testa, era sempre presente, ovunque andasse.
Aveva smesso di guardarsi allo specchio.
Se c’era una cosa in cui il Blaine ventisettenne differiva dal Blaine adolescente, era proprio la mancanza di vanità.
Il nuovo Blaine, aveva inoltre, rinunciato ai suoi sogni di gloria, in favore di un lavoro che gli permettesse di mantenersi a New York, mentre i suoi genitori pagavano per i trattamenti. Anche l’Università era stata accantonata dopo la morte di Colin.
Per la seconda volta nella sua vita, Blaine aveva dato un taglio netto e aveva ricominciato.
Il lavoro barista era perfetto per lui. Lavorava durante il turno serale, per la maggior parte della settimana. Veniva pagato bene, e aveva il tempo di continuare con i controlli medici durante la giornata.
Blaine aveva trovato il suo equilibrio. Sam sempre al suo fianco.
Fino a quando la vita, che già si era data da fare abbastanza in quegli anni per atterrarlo, non decise di lanciargli un’altra sfida.
 
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Aveva appena iniziato il suo turno quando lo vide.
Erano passati tre anni da quando aveva incrociato lo sguardo di Kurt Hummel l’ultima volta. Da quella notte in cui si era sentito abbandonato e tradito. Ferito quando non avrebbe potuto e dovuto sopportare un’altra sofferenza.
Kurt non era cambiato molto. Gli anni, seppur pochi, lo avevano fatto crescere, facendolo diventare un uomo rispetto al ragazzo che era stato.
Blaine lo osservò da lontano, mentre parlava con la donna che lo accompagnava. Kurt non sembrava felice. Era sempre bello come il primo giorno, ma i suoi occhi erano spenti, il suo sguardo disinteressato, il suo sorriso privo di vita.
Blaine si chiese cosa fosse successo in quegli anni, poi si rimproverò.
Kurt non aveva importanza. Kurt non era stato lì quando ne aveva avuto bisogno. Kurt aveva preferito fuggire e dedicarsi alla sua vita e alle sue ambizioni. E da quanto poteva vedere, quella scelta non aveva pagato.
E lui si sentì un verme, per la soddisfazione che quel pensiero portò.
Tornò al suo lavoro. Senza nascondersi. Blaine non aveva paura di affrontare Kurt. Non temeva la rinascita di sentimenti che erano decisamente morti. Distrutti probabilmente da cicli infiniti di chemio e solitudine. Dall’amore per Colin.
Erano passati anni, e Blaine aveva dimenticato.
 
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Fu un paio di settimane dopo che Blaine incrociò di nuovo Kurt sul suo cammino.
Era una mattina come un'altra per lui. Visita medica, colazione con Sam prima che l’amico andasse a lavoro e poi una lunga passeggiata a Central Park. Era l’unico luogo in cui Blaine si permetteva il lusso di stare all’aperto senza il suo fidato berretto.
La gente in quel luogo non prestava attenzione. Ognuno era lì per un motivo. Per passeggiare, per fare sport. Per godere delle sempre più frequenti giornate di sole.
E lui non era da meno.
Seduto su una panchina, gli occhi chiusi, il volto al cielo, Blaine stava tentando di assorbire quanto più calore possibile. Era un piacere a cui non riusciva a rinunciare. Non dopo essersi dovuto proteggere dai raggi del sole così a lungo durante la malattia.
Erano quelli i momenti in cui Blaine ricordava perché valesse la pena di vivere. Momenti che poteva paragonare al “Prima”, durante la malattia. Anni che sapeva non avrebbe mai dimenticato.
“Blaine?”
Aprì gli occhi e per l’ennesima volta, tutto cambiò.
 
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“Kurt” mormorò guardandolo. Gli occhi ancora annebbiati dal sole. “Che coincidenza.”
Kurt rimase immobile davanti a lui. Le mani strette una nell’altra in un gesto nervoso. Blaine si chiese cosa vedesse. Quanto fosse diverso dal Blaine che lui ricordava. Con la pelle pallida, dove una volta c’era il colore del caffè e un filo raso e sporadico di capelli, al posto dei ricci voluminosi, Blaine sapeva di essere completamente diverso da quello che era stato. Sapeva che tutto in lui, avrebbe ricordato a Kurt della sua malattia.
“Non è una coincidenza” rispose Kurt. Era evidente che fosse in imbarazzo. Blaine non aveva la forza dentro di sé di metterlo a suo agio.
“Non capisco” ammise dopo un secondo di silenzio.
“È stato Sam a dirmi dove trovarti. Ti ho visto al bar un paio di settimane fa e io..”
“E dato che pensavi fossi morto hai pensato di vedere come mai fossi ancora in giro?” chiese. Sapeva che la sua voce tradiva un risentimento che era sicuro di aver superato. Faceva male pensare di provare ancora un sentimento così forte nei confronti del suo ex. “Perdonami” disse poi passandosi una mano tra i capelli. Era un gesto che non aveva mai smesso di fare.
“Non ho motivo di essere così cattivo nei tuoi confronti. Non è da me.”
“Me lo merito.”
La risposta di Kurt lo lasciò per un attimo incerto, poi scosse la testa.
“Indipendentemente dai motivi. Non è da me.”
Indicò la panchina vuota accanto a lui e aspettò che Kurt si sedesse. “Suppongo ci sia un motivo se sei venuto a cercarmi dopo tutto questo tempo” lo spronò.
Kurt annuì senza però continuare nella sua spiegazione. Quando si voltò a guardarlo vide lo sguardo dell’uomo fisso sulla sua mano.
“Ti sei…”
“Sposato, sì” concluse per lui. Quello che omise di dire, era che suo marito in quel momento era sepolto in un piccolo cimitero non lontano da lì. Anche dopo tutti quei mesi, Blaine non era riuscito a togliere la fede dal dito. Quella di Colin era appesa a un laccio d’oro, attorno al suo collo.
“Congratulazioni.” Ma non c’era convinzione nella sua voce. Era difficile capire quel momento. Come dopo tutto quel tempo fosse lì con un uomo che era convinto che non avrebbe più rivisto.
“Grazie” rispose.
Quando il silenzio tornò a riempire la distanza tra di loro Blaine ne ebbe abbastanza. Si mise in piedi, senza guardarsi indietro.
“Addio Kurt” disse prima di allontanarsi.
Non si guardò indietro.
 
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Una settimana dopo Blaine era pronto a dimenticare quell’incontro.
Era tornato a casa, deciso ad andare avanti, senza pensare a quello che non era stato altro che un incidente di percorso.
Quando Sam era rientrato lo aveva messo al corrente del suo incontro con Kurt. Sam non sembrava sorpreso, tutt’altro.
“Sei stato tu a dirgli dove trovarmi.”
Non era una domanda. Era stato lo stesso Kurt a informarlo. Blaine tentò di tenere sotto controllo la sensazione di tradimento che provava.
“Voleva parlare con te” si difese Sam. “Cos’è successo? Cosa ti ha detto?”
“Niente” rispose avviandosi alla sua camera da letto. “Non mi ha detto niente.”
Si chiuse la porta alle spalle.
 
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“Ti trovo bene.”
Blaine alzò gli occhi dal suo caffè, poi sospirò.
“Mi stai seguendo?” chiese guardando Kurt accomodarsi di fronte a lui. Erano settimane che non entrava in quella caffetteria e aveva scelto proprio quel giorno per farsi prendere dalla nostalgia.
Kurt scosse la testa, con un mezzo sorriso.
“Vivo a due passi da qui.”
Corrugò la fronte, confuso.
“Hai abbandonato il vecchio appartamento?” chiese, pentendosene subito. Non era affar suo. Non gli interessava dove Kurt vivesse, o come vivesse.
“Subito dopo che noi.. subito dopo che abbiamo rotto.”
Quella frase provocò una risata inaspettata. Piena di un rancore che Blaine non voleva provare.
“Davvero Kurt? Dopo che abbiamo rotto? Perché io ricordo in modo molto diverso quello che accadde quella notte.”
Kurt rimase in silenzio. Gli occhi bassi, fissi sulle sue mani.
“Mi dispiace di averti lasciato solo” sussurrò poi. Con una voce così lieve da essere quasi impercettibile all’interno del rumoroso bar. “Sono stato un codardo. Ho avuto paura di perderti e non ho avuto il coraggio di rimanere con te. Lo so che ti sembrerà stupido, ma ti amavo troppo. Sarei morto anche io con te.”
Per mesi, dopo la rottura, Blaine aveva aspettato di sentire quelle parole. Aveva immaginato Kurt davanti a lui, a chiedere perdono per quello che era successo. A promettere di stargli vicino nonostante tutto. Adesso, dopo tutti quegli anni, quelle parole per lui non avevano alcun senso.
“Ascolta Kurt,” disse con una voce quanto più tranquilla possibile. “Sono contento che tu abbia fatto pace con te stesso, e sia riuscito a chiedere scusa. Ma per me non cambia nulla.” Sorseggiò il suo caffè, tentando di trovare le parole giuste. Nonostante tutto, ferire Kurt non era nei suoi piani. “Sono passati anni da quella sera. Siamo cambiati entrambi. Vorrei poterti dire che ti capisco e che è tutto nel passato. Ma non lo è. Perché io sono ancora qui, ma non grazie al tuo amore. Non eri lì quando i medici mi hanno detto che avevo solo il cinquanta per cento di possibilità di farcela. O quando la chemio mi aveva portato via la voglia di vivere. Dici di avermi amato troppo, ma il vero amore si vede nel momento di difficoltà.”
Vide le lacrime negli occhi di Kurt, in contrasto con i suoi occhi asciutti.
“È quello che hai trovato? Il vero amore?” chiese poi indicando la sua fede.
“Ho trovato molto di più” ammise, ripensando a Colin. A quello che aveva rappresentato per lui. Sospirò. “Kurt, non lo faccio per ferirti. Dio solo sa quanto bisogno ci sia nella mia vita di cose positive, di lasciare da parte il rancore. Ma.. quello che c’è tra me e Colin. Quello che provo per lui. È qualcosa che non ho mai provato prima. È l’amore così come dovrebbe essere. Ma dubito che tu sia qui per chiedermi di mio marito. Sbaglio?”
Kurt sospirò, tremando. C’era ancora una parte di lui che voleva proteggerlo. Una parte di sé che avrebbe sempre provato affetto per lui, che non voleva vederlo soffrire, ma Blaine la ignorò.
“Non lo so” ammise Kurt incapace di guardarlo negli occhi. “Ti ho visto quella sera al bar e.. Sam non mi dava tue notizie da tanto tempo, e non avevo il coraggio di chiederlo ai tuoi e io.. Avevo paura di quello che avrei scoperto. Vederti è stato come tornare a respirare dopo anni di apnea. Volevo solo dirti questo.”
Blaine annuì. Poteva capire, fino a un certo punto.  Era stata in fondo la paura della malattia a separarli. Blaine decise in quel momento di farsi un regalo. Qualcosa che Kurt non meritava, ma che sapeva che lo avrebbe reso definitivamente libero.
“Sto bene” ammise con un mezzo sorriso. “È stata una lotta dura, e interminabile, ma il tumore è scomparso. Dovrò fare controlli regolari perché c’è sempre la possibilità che ritorni. Ma quella è una possibilità a cui preferisco non pensare.”
Soprattutto si disse, perché era stata proprio una ricaduta a portarsi via il suo Colin.
Kurt rimase in silenzio, le lacrime che era riuscito a trattenere fino a quel momento presero a scendere libere. Si asciugò il viso senza dire nulla, quasi imbarazzato da quel momento di debolezza.
“Sto bene” ripeté. “Puoi smettere di preoccuparti e andare avanti con la tua vita.”
Non gli diede tempo di rispondere. Se ne andò lasciandolo lì. Sembrava che ultimamente ogni ricordo della sua vita, fosse incentrato su di lui che voltava le spalle a Kurt.
Era così che doveva essere, si disse.
 
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“Sembra che ultimamente il destino abbia deciso di metterti sulla mia strada.”
Blaine sospirò alzando gli occhi dal cocktail che stava preparando. Era passato quasi un mese da quando aveva incontrato Kurt l’ultima volta. Aveva pensato, ingenuamente, che quella conversazione sarebbe stata abbastanza a quietare la curiosità dell’uomo.
“Io lavoro qui sei giorni su sette, Kurt. Questo incontro non ha niente a che vedere col destino.”
Kurt sorrise, sedendosi di fronte a lui.
“Beh” rispose incrociando le mani sul bancone. “È destino che la mia collega abbia deciso di festeggiare qui il suo compleanno. Ti trovo bene” osservò poi. Come se fossero due vecchi amici che non si vedevano da tanto tempo. Blaine si chiese cosa gli passasse per la testa.
“Cosa bevi?” chiese cambiando discorso.
“Un cocktail analcolico. Uno qualunque. Tocca a me guidare stasera.”
Blaine annuì mettendosi a lavoro.  Diede le spalle a Kurt nel tentativo di bloccare la conversazione, ma Kurt non sembrava della stessa opinione.
“Non avrei mai pensato di trovarti qui” ammise. “Tra tutte le immagini che avevo di te nella mia mente, quella del barman decisamente è una che non ho mai neanche pensato possibile.”
Blaine non rispose. Perché l’ istinto era stato di chiedere se al primo posto ci fosse un’immagine di lui dentro una bara e Blaine non voleva essere quel tipo di persona. Blaine non voleva vivere la sua vita seppellito dall’amarezza di un passato così lontano.
“Questo lavoro è capitato per caso” rispose versando il cocktail in un bicchiere e servendolo a Kurt. “Mi permette di mantenermi e di continuare i controlli medici durante il giorno. Non posso bere, è vero, ma è un piccolo sacrificio che sono disposto ad affrontare” concluse con un mezzo sorriso.
“E il cappello?” chiese con un gesto della mano. Il sorriso morì sulle labbra di Blaine a quella domanda. Si toccò il berretto in un gesto imbarazzato.
“La gente fissa” ammise. “Non mi va che la prima cosa che vedano di me sia la mia malattia.”
Si chiese il perché di quella confidenza. Kurt era in fondo, l’ultima persona con cui si sarebbe dovuto confidare. Eppure la frase era stata automatica, era venuta fuori naturalmente.
“Oh..”
L’imbarazzo sul volto di Kurt era talmente evidente che Blaine si sentì a disagio per lui. Cosa gli era venuto in mente di dire una cosa del genere?
“Dimentica quello che ho detto” disse poi.
“No Blaine aspetta” lo richiamò Kurt, in preda al panico.
“Lascia stare Kurt” esclamò tornando a lavoro. “Passa una buona serata.”
Kurt rimase seduto in silenzio per qualche istante, poi tornò dai suoi amici. Blaine non gli rivolse un altro sguardo.
 
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“Sono un’idiota” esclamò Kurt sedendosi di fronte a lui.
Blaine si guardò attorno, confuso. Poi tornò a guardare Kurt.
“Come mi hai trovato?” chiese sospettoso. Aveva cambiato caffetteria per la terza volta in un mese e l’uomo continuava a comparirgli davanti come se nulla fosse.
“Ti ho visto mentre andavo a lavoro. È difficile non notarti” rispose Kurt con un sorriso imbarazzato.
Blaine sospirò. Quella scena sembrava un dejavù. Sembravano aver vissuto quel momento una dozzina di volte nelle ultime settimane. Fece un gesto con la mano, perché continuasse, senza bisogno di chiedere il motivo della sua presenza.
Kurt sospirò.
“È un ricordo dell’errore più grosso che abbia mai fatto in tutta la mia vita” spiegò indicando il berretto sotto il quale Blaine nascondeva i suoi capelli. “Quando ne hai parlato” continuò. “Ho sentito il bisogno di chiederti scusa cento volte. Di mettermi in ginocchio e di pregare per il tuo perdono. E so di non averne il diritto.”
Blaine annuì ma non rispose. Il suo silenzio spronò Kurt a continuare.
“Lo so che non lo merito. So che sei sposato e che ho distrutto quanto di buono c’era tra di noi. Ma adesso che ti ho re-incontrato non riesco a immaginare di non averti ancora nella mia vita.”
“Non è così facile, Kurt” rispose irritato. “Non basta volere essere mio amico solo perché mi hai rivisto dopo quasi quattro anni. E se non mi avessi rivisto? Se fossero passati altri dieci anni prima che ci incontrassimo di nuovo? Se fossi morto?” scosse la testa, sfregandosi la nuca in gesto frustrato. “C’è troppo dolore dentro di me, per quello che è successo. Io non credo di essere in grado di dimenticare il passato” terminò tirandosi indietro sulla sedia e mettendosi in piedi.
Per l’ennesima volta, Blaine si allontanò lasciandosi Kurt alle spalle.
Ma il pensiero dell’uomo per la prima volta in tutti quegli anni non lo abbandonò.
 
******
 
“No, sul serio. Mi stai seguendo” esordì Blaine sedendosi al bancone della caffetteria.
Kurt lo guardò sorpreso, incerto su come reagire. Per la prima volta era stato lui ad avvicinarsi, a iniziare la conversazione.
Non era ancora sicuro del perché lo avesse fatto. Stava passeggiando su e giù per quella strada senza una meta. Era importante, a quanto gli avevano detto, che si mantenesse attivo, in salute. E Blaine non era così sciocco dal non accettare un consiglio riguardante la sua salute.
Aveva visto Kurt attraverso la vetrina del locale. Inconfondibile, nel suo modo di vestire e di presentarsi al mondo. Nel modo in cui teneva la schiena dritta, anche mentre faceva colazione. Come a voler dire al mondo che con lui non c’era da scherzare.
Attese che dicesse qualcosa, ma Kurt sembrava paralizzato dalla sorpresa.
“Vuoi che ti lasci stare?” chiese a quel punto, incerto sul da farsi.
“No!” esclamò Kurt, la sua voce alta abbastanza da attirare l’attenzione dei clienti attorno a loro. “No, rimani” continuò poi a voce più bassa. “Mi hai solo sorpreso. Non mi aspettavo che venissi a parlarmi di tua spontanea volontà.”
“Beh, ti ho visto dalla strada. Ho pensato fosse il caso di restituire il favore” spiegò. Poi si rivolse alla cameriera di fronte a lui. “Un decaffeinato. E un muffin integrale.” Tornò a guardare Kurt. Aveva un’espressione sorpresa, come se lo stesse studiando. “Cosa?” chiese incuriosito.
Kurt rimase in silenzio per qualche istante.
“È solo che..” disse indicando con la mano la colazione di fronte a lui. “Ricordavo colazioni molto più disgustose. Sei cambiato davvero.”
Blaine sorrise.
“È una questione di salute. Sono costretto a mangiare sano. Saresti orgoglioso del mio regime alimentare adesso.”
“Niente più pancakes sommersi di sciroppo o uova e bacon ogni mattina a colazione?”
“Niente più bacon, punto” rispose con un inclinazione abbastanza drammatica, da far capire a Kurt che la sua disperazione non era reale. Avrebbe rinunciato in realtà a molto di più senza pensarci una seconda volta.
Rimasero in silenzio, a consumare il loro pasto. Era una cosa nuova, pensò Blaine. Fatta eccezione per Sam, non era più in contatto che nessuno dei suoi amici pre-malattia. E l’ultima persona con la quale avrebbe pensato di parlare di nuovo, era quella che gli aveva spezzato il cuore.
Eppure poco alla volta in quelle settimane, la rabbia e il rancore si erano affievoliti fino a diventare  semplicemente il ricordo di ciò che era stato. Sam era stato felice di vedere il cambiamento nel suo migliore amico. Non che facesse il tifo per loro, ma conosceva il suo migliore amico abbastanza da sapere che era fondamentale per Blaine perdonare e andare avanti.
Che era tempo di vivere a pieno la sua vita, senza rimanere bloccato nel passato.
Quando l’orologio sul muro scoccò le dieci Blaine si rese conto che la caffetteria si era svuotata. Era in fondo tempo di lavorare per la maggior parte delle persone normali, ma Kurt non si era mosso da lì.
“Non devi andare a lavoro?” chiese incuriosito.
Kurt scosse la testa, e la sua espressione si trasformò in una di rammarico.
“Non ho più un lavoro da qualche settimana” ammise. “Non faceva per me. Ho lavorato per anni per una stilista che mi aveva promesso un futuro radioso. Ma dopo anni di sacrifici ero ancora al punto di partenza. Non era quello che mi ero immaginato.”
“Mi dispiace” mormorò. Ed era vero. Perché per tutto quello che c’era stato nel loro passato, Blaine voleva veramente che l’altro uomo fosse felice. Guardò il sorriso di Kurt. Un sorriso che nonostante gli anni passati, conosceva bene. Un sorriso falso. Fatto per proteggersi.
“Suppongo sia quello che mi merito. Non è così che si dice? È una questione di Karma.”
Il suo tono di voce era così rassegnato, che Blaine sentì l’impellente bisogno di confortarlo.
“Kurt..”
“No, Blaine. Dimentica quello che ho detto” continuò posando delle banconote sul bancone. “Adesso devo andare.”
Per la prima volta, da quando si erano re-incontrati, Blaine rimase immobile a guardare Kurt scappare via.
 
******
 
“Ti prego, Sam” mormorò nascondendo la testa sotto il cuscino. “Lasciami in pace.”
Sam incrociò le braccia al petto, guardando il suo migliore amico.
“Blaine.. non pensare che non sappia che giorno sia. Va bene ricordare e rimpiangere. Va bene soffrire. Ma hai saltato l’appuntamento dal medico due giorni fa. I tuoi controlli sono importanti.”
“Qualche giorno di ritardo non mi ucciderà” mormorò chiudendo gli occhi. Non voleva affrontare la giornata. Non voleva uscire da quel letto e dover pensare. Perché quel giorno ricorreva il primo anniversario della morte di Colin, e Blaine non sapeva come affrontare quel dolore.
Non sapeva come reagire. Quale fosse il modo giusto per ricordare. Soprattutto, non voleva ricordare.
Perché ricordare significava dover affrontare la realtà.
Che Blaine era vedovo da un anno ormai, ed era stato sposato per meno di sei mesi.
No, Blaine non voleva ricordare. Voleva solo che quel giorno scorresse via. Domani avrebbe fatto finta di essere forte. Domani avrebbe ripreso a vivere normalmente.
Ma quel giorno.. quel giorno era solo per Colin. Perché Blaine aveva il diritto di star male, aveva il diritto di essere arrabbiato con il mondo intero.
“Ti prego Sam..” supplicò. Le lacrime gli avevano ormai annebbiato completamente la vista. “Ti prego.. lascia che io ricordi.”
Sentì un sospiro nel silenzio, poi la porta della sua stanza chiudersi.
Strinse la fede di Colin nel palmo della sua mano, chiuse gli occhi e si lasciò andare ai ricordi.
 
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La prima volta in cui riuscì a togliersi la fede, Blaine pianse per due ore.
Erano passati due mesi ormai dall’anniversario della morte di Colin e Blaine aveva sentito per la prima volta, la necessità di andare avanti. Non di dimenticare, ma di accettare finalmente la sua situazione.
Comprendere non aveva reso il gesto meno facile, ma alla fine ce l’aveva fatta.
Sam era stato accanto a lui. Lo aveva osservato in silenzio, senza parlare. Offrendo semplicemente la sua presenza come unico conforto.
Passata la crisi di pianto, erano usciti a fare una passeggiata, prima che Blaine dovesse andare a lavoro.
La primavera era ormai quasi finita. Le giornate erano calde, e Blaine sapeva che presto sarebbero diventate afose e irrespirabili.
Fu a Central Park che Blaine intravide per la prima volta Kurt dopo due mesi di lontananza. Dopo quella fatidica giornata, Blaine aveva fatto di tutto per non incrociare il cammino dell’altro uomo.
Piangere suo marito, e tornare a parlare con il suo ex, non erano due cose che Blaine pensava di poter fare contemporaneamente.
Aveva avuto bisogno di tempo.. e forse ne aveva ancora.
“Vuoi andare a salutarlo?” chiese Sam indicando Kurt, che in quel momento stava leggendo il giornale seduto su una panchina.
Scosse la testa. Non riusciva neanche a immaginare cosa potesse dirgli. Non mentre il suo dito nudo, bruciava per la mancanza di uno stupido anello.
“Non sono pronto” sussurrò, prima di voltarsi e tornare a casa.
 
******
 
“Mi dispiace” esordì una settimana dopo sedendosi di fronte a Kurt, nella caffetteria che Kurt spesso frequentava.
Sembrava che tutta la loro relazione ultimamente, consistesse in quello. Frazioni di momenti rubati in locali affollati. Piccole conversazioni senza capo né coda, che in qualche modo li avevano avvicinati.
“Di cosa?” chiese Kurt distogliendo lo sguardo da lui. Quel giorno, Blaine notò, il suo ex era vestito in maniera piuttosto sciatta per quelli che erano gli standard di Kurt Hummel.
Come se non avesse speso neanche un secondo a ragionare su cosa mettersi. Un’idea assurda, per il Kurt che Blaine aveva conosciuto. Ma iniziava a rendersi conto che forse non era stato l’unico a cambiare.
“Mi dispiace di essere sparito” continuò a quel punto. “So che non hai modo di rintracciarmi. Non sarei dovuto sparire da un momento all’altro.”
Non aveva alcun obbligo nei confronti dell’altro uomo, questo lo sapeva. Ma poteva immaginare i pensieri che avevano attraversato la mente di Kurt in quei mesi.
“Credevo ti fosse successo qualcosa” ammise come se gli avesse letto nel pensiero. “Sei sparito per due mesi e io… credevo ti fosse successo qualcosa” concluse, senza guardarlo negli occhi.
“Kurt” iniziò ma non ebbe modo di finire. Kurt lo interruppe.
“Lo so che non mi devi niente. So che quello che ti ho fatto è stato orribile, e non merito neanche di rivolgerti la parola. Ma ci ho provato” sussurrò e Blaine intravide la disperazione nei suoi occhi pieni di lacrime. “Ho provato in questi mesi a riavvicinarmi senza spingere, senza invadere la tua vita. Sapevo che sarebbe stato difficile. Ma fino a questo momento, non avevo nemmeno lontanamente immaginato quanto.”
Si rese conto in quel momento, che tutti gli incontri che aveva creduto casuali, forse non erano stati poi così inaspettati. Che Kurt si era prodigato in quei mesi, per incrociarlo il più spesso possibile, senza che Blaine sentisse la necessità di perdonarlo. O la pressione di riallacciare i rapporti tra di loro.
Aveva una decisione da prendere, e finalmente riuscì a trovare il coraggio che gli serviva.
“Due mesi fa è ricorso l’anniversario della morte di mio marito” annunciò con un filo di voce.
Gli occhi di Kurt incrociarono i suoi in uno sguardo sorpreso e pieno di dolore. Sorrise, sfregandosi la fronte. “Eravamo sposati da cinque mesi e tredici giorni quando il tumore è tornato portandoselo via. È svanito davanti ai miei stessi occhi in meno di una settimana.”
Kurt rimase in silenzio. Una mano a coprire le labbra, che Blaine sapeva, in quel momento stavano tremando. Le lacrime impossibili da frenare.
E Blaine gli raccontò tutto. Del loro incontro in ospedale, del loro amore. Della sua incapacità di amarlo fino in fondo fino a quando non fosse guarito. Del fatto che Colin avesse atteso con pazienza, tenendogli la mano mentre stava male. Aiutandolo ad affrontare l’ultimo ciclo di chemio.
Quando terminò la storia, la sua voce era ormai roca, e il colore sul volto di Kurt era completamente sparito.
“È stata questa la mia vita fino ad ora, Kurt” concluse. “E so che tu vuoi tornare ad essere mio amico. So che ce la stai mettendo tutta. Ma sei convinto di farcela?” chiese. Perché Blaine aveva bisogno di certezze nella sua vita. E non avrebbe sopportato un altro abbandono. “Sei convinto del fatto che non scapperai quando ti troverai davanti ai miei controlli medici? Alla paura che il tumore ritorni? Sei sicuro di riuscire a convivere con il ricordo che ho io di te? Con quella che è stata la nostra storia?”
Kurt non rispose. Sapeva che non era una decisione facile da prendere. Sapeva che Kurt non aveva ragionato oltre alla volontà di riprendere i rapporti. Che non aveva messo in conto, che la sua malattia, sarebbe potuta tornare da un momento all’altro.
“Pensaci” disse poi prima di andarsene. “Io sarò qui ad attendere una tua risposta.”
 
******
 
Blaine non si era aspettato una risposta immediata.
Si era immaginato grandi dilemmi. Settimane di meditazione in un’alternanza di dubbi e incertezze. Quello che non aveva creduto possibile era di sentire il suo nome urlato in mezzo alla strada, pochi secondi dopo la sua uscita dalla caffetteria. E quando si era voltato, il viso di Kurt, rosso per la corsa appena fatta ma aperto e onesto come forse non lo aveva mai visto.
“Non ho bisogno di tempo” annunciò Kurt senza fiato. “Blaine io non so se riesci a immaginare anche lontanamente quello che significa per me il fatto che tu mi abbia perdonato abbastanza da darmi un’altra possibilità di starti vicino. Perché io non sarò mai in grado di perdonare me stesso.” I suoi occhi azzurri brillarono per l’emozione. “Ma non ho intenzione di lasciarti andare ancora una volta. Voglio essere tuo amico, se me ne darai l’opportunità. E Blaine ti prometto,” disse ormai senza fiato. “Ti prometto che non sbaglierò una ancora.”
 
Erano passati quasi quattro anni.
Quattro lunghi anni da quella fatidica notte in cui Blaine era rimasto solo a lottare contro una malattia che lo terrorizzava. Quattro lunghi anni di lotte, di cure, di dolori, di amori persi e di vita ritrovata.
Quattro anni in cui Blaine aveva imparato a rimettersi in piedi e a contare solo su sé stesso. Quattro anni in cui Blaine era diventato un uomo. Quattro anni da quando aveva perso Kurt.
E se c’era una cosa che Blaine aveva imparato da quella terribile malattia, era l’importanza del perdono. E l’importanza di essere egoisti di tanto in tanto. E Blaine, egoisticamente, voleva riavere Kurt nella sua vita.
Sorrise. Il cuore che accelerava i battiti solo al pensiero di quanto stava accadendo.
Tese un mano verso Kurt, senza staccare gli occhi dai suoi.
Sorrise.
“Andiamo?” chiese finalmente libero da ogni restrizione e da ogni rancore.
Kurt prese la sua mano.

An: e questo è quanto, per il momento. (Non si sa mai ;) )
Spero che questa mia piccola storia vi sia piaciuta.
Tempo di tornare a “Come le stelle”.
Hugs
Mary.
   
 
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