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Autore: inlovewithdracomalfoy    22/03/2014    5 recensioni
Paring: Percy/Nico
Ambientata dopo House of Hades, ci sono lievi spoiler (non vi rovinano il libro se non l'avete ancora letto). Accenni al pairing Jason/Reyna.
(Dal Testo):
“Quindi tu mi stai dicendo” disse Nico cautamente guardando di sotto “Che se io cado l’acqua mi prenderà?”
“Ti sto dicendo” Percy intrecciò le sue dita a quelle del ragazzo “Che non cadrai. Promesso.”
Nico lo guardò scettico, sorridendo. "E se dovesse succedere?"
“E se dovesse succedere –ma non succederà¬- io ti prenderò prima ancora che tu te ne renda conto.” Continuò Percy sbuffando.
Genere: Fluff, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Importante: Questa fanfiction si svolge dopo House of Hades: nel contesto in cui l'ho scritta Percy e Annabeth sono sopravissuti al Tartaro e sono tornati sull'Argo II con gli altri. Presto Nico e Reyna dovranno separarsi da loro e tornare al Campo Mezzosangue per una missione. (Questa è l'effettiva trama del libro). Jason è l'unico che sa della cotta che Nico ha per Percy.
 Come scritto nella descrizione, ci sono dei lievi spoiler che non vi rovinano il libro se non l'avete ancora letto.

Salve a tutti :) è la mia prima oneshot, ma mi sono sentita obbligata a scrivere qualcosa su questo pairing perchè lo adoro, e in Italia sta cominciando a diffondersi solo ora quindi le fanfiction sono praticamente inesistenti. Un ringraziamento speciale va alla mia fantastica Beta Xloveinthedark :D
 Enjoy!




Quando Percy respirò l’aria pulita e finalmente vide il sole, pensò che sarebbe esploso dalla felicità. Non poteva crederci. Liberò la mano dalla stretta di Annabeth e con le ginocchia molli raggiunse il ruscello che tagliava in due il fianco della collina. Immerse le mani e gli avambracci nell’acqua lucente e si sentì bene come non si sentiva da mesi. Respirò l’aria pulita. Ce l’abbiamo fatta. Ce l’abbiamo fatta.
 Si girò e osservò gli altri che aiutavano Piper a preparare il cibo e stendevano un enorme lenzuolo sul prato per il picnic, ma non aveva voglia di parlare con nessuno in quel momento. Era immensamente grato ad Annabeth che lo aveva sostenuto nel Tartaro ed era sicuro che senza di lei non ce l’avrebbe mai fatta ma voleva solo respirare un po’ e vedere la bellezza del sole e mangiare qualcosa. Senza parlare.
Si era sentito bene abbracciando Jason e Piper, dando una pacca sulla spalla di Leo, facendo un grosso sorriso ad Hazel e complimentandosi con Frank per la sua promozione come Pretore. Ma la mano di Annabeth era pesante nella sua.
Lui era il mare, era incontenibile ed infinito, e una parte dentro di lui sapeva che quella era una sensazione che poteva essere capita solo da chi aveva la possibilità di viverla.
Percy disegnò distrattamente un cerchio con la punta dell’indice e l’acqua limpida obbedì al suo comando. Un raggio di sole s’infranse sulla superficie e creò un piccolo arcobaleno, il ragazzo prese una dracma dalla felpa (che gli aveva prestato Jason) e la lanciò.
Oh Iride, dea dell’arcobaleno, accetta la mia offerta.
 Mostrami Sally Jackson, Upper East Side, New York.
 
Quella sera Percy non era andato nella cabina di Annabeth, né di nessun altro. L’Argo II era ancora illuminata, ma lui sapeva che quasi tutti stavano già dormendo. Si guardò attorno. La sua stanzetta era azzurra con tutti i comfort che un figlio di Poseidone potesse desiderare - grazie a Leo-, ma gli mancava la Cabina 3, gli mancava casa. Il Campo Mezzosangue.
Decise di andare a bere qualcosa, aveva la gola secca. Si alzò e attraversò il corridoio cercando di fare meno rumore possibile, finchè giunse alla grande cucina della nave, una lieve luce filtrava da sotto la porta.
Entrò, e nella penombra della stanza vide Nico di Angelo seduto al grosso tavolo rettangolare con in mano una tazza di the fumante. Sembrava assorto nei suoi pensieri e sobbalzò quando si accorse di Percy.
“Ciao.” Il figlio di Poseidone prese una lattina di Pepsi dalla credenza e si sedette. “Nemmeno tu riesci a dormire?” chiese.
“Io non dormo molto spesso in realtà.” Rispose l’altro stringendosi nelle spalle.
“Dei… quei sogni… non ce la faccio.” Sospirò Percy tirando la linguetta della lattina. Era stanco da morire, ma non voleva andare a letto, non voleva tornare nel Tartaro. Nico sembrò capire cosa gli passasse per la testa.
“Il Tartaro perseguita anche me. Ormai ci ho fatto… diciamo… l’abitudine.”
“Si può davvero farci l’abitudine?”
Nico sorrise per un attimo, così in fretta che Percy quasi credette di averlo immaginato. “Beh, no. Ma probabilmente a te passerà più in fretta.”
“E perché mai? Sei tu il figlio delle ombre, non io.”
“Io ero solo.” La voce di Nico era poco più che un sibilo, ma Percy impallidì lo stesso.
“Giusto. Scusa.” Disse mordendosi l’interno della guancia. Stupido, stupido, stupido…
Le dita del figlio di Ade si rilassarono attorno al manico della tazza di ceramica. “Okay.”
Da quando erano di nuovo tutti insieme, Percy aveva visto Nico sì e no un paio di volte. Quel ragazzo aveva la tendenza a sparire nell’ombra mentre nessuno guardava, e sembrava andare bene così.
Finì la lattina e sentì le palpebre pesanti. Nico lo guardò, gli occhi neri come la notte. “Ho qualcosa che aiuta a dormire, se vuoi. Niente sogni. Per i primi giorni...” Disse.
“Davvero? Grazie.”
Il Re Fantasma prese una bustina con dei fiorellini rossi essiccati all’interno. Ne porse uno a Percy.
“Acqua calda e un po’ di zucchero se vuoi.”
 
Nico era rimasto quasi due ore a guardare Percy dormire su una poltrona della cucina. Sospirando, aveva finito il suo the e mangiato qualche biscotto, mentre il Figlio di Poseidone abbracciava un cuscinetto come fosse la sua ancora di salvezza e blaterava qualcosa sottovoce. Era se possibile ancora più carino, quando dormiva.
Il Re Fantasma gli sfiorò la fronte con le dita fredde prima di uscire dalla stanza. Certe cose non passano mai.
 
Quando Percy si svegliò, ci mise qualche secondo a capire dove si trovasse. Poi pian piano gli tornarono in mente delle scene della sera prima, e si tirò su a sedere. Non aveva sognato nulla. Niente di niente. Dei, era una sensazione così strana. Meravigliosa. Sbadigliò e si diresse verso la sua cabina per farsi una doccia, era di ottimo umore. Questo finchè la voce del coach Hedge non risuonò imperiosa per i corridoi.
“Pasticcini, vi voglio tutti sul ponte… ADESSO!”
 
“Reyna non sta bene.” Annunciò Jason quando furono tutti seduti vicino all’albero di mezzana. “Prima che lei, Nico e il coach Hedge partano, temo dovremo aspettare che si riprenda.
“Cos’ha?” chiese Nico, facendo sussultare Piper.
“La febbre molto alta. Delira. Può darsi sia stato il veleno di quella Manticora.”
“Oh, dei…” mormorò Hazel preoccupata, stringendo il braccio di Frank. “Sì riprenderà, vero?”
“Certo, pasticcino.” Il satiro suonava decisamente convincente. “Io e Superman, qui” disse indicando Jason “stiamo facendo tutto il possibile. Avrai il tuo Pretore come nuovo in men che non si dica.”
 
Annabeth si avvicinò a Percy e lo prese a braccetto. “Come stai? Dormito bene?”
“Ottimamente” sorrise Percy. “Tu?”
“Soliti incubi. Non mi aspettavo niente di diverso.” Lei sembrava esausta.
 
“Ehi piccioncini! Ci serve una mano qui!” gridò Leo, che con equilibrio piuttosto precario stava portando dei sacchi di carbone fino alla sala macchine.
“Arrivo io!” Percy ne prese due e seguì l’amico barcollando fino al cuore dell’Argo II.
“Ti dispiacerebbe sistemarli laggiù? Io arrivo e ne porto altri.” Leo indicò un angolo sgombro della stiva.
“Sì capo.”
Il figlio di Poseidone svuotò i sacchi in una cassapanca, ne buttò un po’ nella caldaia e fece per risalire la scala, quando si scontrò violentemente contro qualcuno che veniva dalla direzione opposta portando altro carbone. Il sacco cadde e la polvere ricoprì i due ragazzi. Percy si pulì gli occhi dalla fuliggine.
“Leo, per l’amor del cielo…” esclamò tossendo.
“Se magari facessi attenzione a dove cammini…” Nico di Angelo era ricoperto di carbone dalla testa ai piedi e lo fissava con cipiglio severo.
Percy scoppiò a ridere. “Dovresti… dovresti vederti!” le lacrime iniziarono a scendergli lungo le guance. Il Re Fantasma cercò di rimanere serio, ma vedere l’altro che si rotolava nella fuliggine ululando dalle risate non fu di grande aiuto. Da quant’era che non ridevo? Si chiese, divertito.
“Ripuliamo tutto prima che arrivi Leo, o ci butta fuori bordo.” Disse Percy asciugandosi le lacrime e chinandosi a prendere il sacco di iuta. Lui e Nico raccolsero tutti i panetti neri sparsi intorno e il figlio di Poseidone ordinò all’acqua di un secchio lì vicino di ripulire le assi del pavimento.
Nico amava il silenzio, ma non quando era con Percy. Diventava imbarazzante.
“Ehm… ti è servita la tisana?” mormorò allora.
“In effetti sì. Ho dormito tranquillo come non mi capitava da… beh immagino da quando il veleno delle arai (1) non mi ha messo al tappeto nel Tartaro.”
Nico sorrise amaramente. “Oh… le ho incontrate anche io quelle.”
“Sai, ad essere sincero pensavo che prima o poi una di loro mi avrebbe portato anche una tua maledizione.” Disse Percy lentamente.
Il volto di Nico era in penombra quindi il figlio del mare non riusciva a vedere la sua espressione. “In che senso?”
“Dopo la faccenda di Bianca… pensavo, non lo so. Non ti avrei biasimato.”
“Pensavi che ti avessi maledetto?” Nico era sbalordito.
Percy si strinse nelle spalle. “Saliamo.”
 
Nico era di vedetta in cima all’albero maestro e guardava il tramonto. Quel pomeriggio aveva fatto visita a Reyna. Il Pretore di Nuova Roma aveva la febbre alta e stava dormendo grazie alle erbe del coach Hedge. Nico sperava si rimettesse presto. Stare nella stessa barca di Percy e Annabeth era insopportabilmente pesante per lui, lo sfibrava pensare ogni secondo a come evitare di vederli insieme. Preferiva l’adrenalina dell’azione, non lo stallo. Faceva male trovarsi continuamente davanti agli occhi la conferma che lui non era abbastanza. (Ultimamente non li aveva visti molto insieme, ma era anche vero che lui era sempre in posti isolati e non partecipava mai alle attività di gruppo.)
Jason volò verso di lui e lo distolse dai suoi pensieri, aveva in mano due panini. Gli porse quello senza maionese. “Pensavo avessi fame. Sei lì da ore ormai.”
“Grazie.” Nico prese il panino e lasciò che Jason atterrasse sulla piattaforma vicino a lui.
“Come va laggiù?” chiese il Re Fantasma.
“Stiamo iniziando ad annoiarci. La nave ormai è pronta per partire e tutti si sentono inutili, a parte Leo che sta ritoccando i gadget e i comandi… Piper sta per avere una crisi di nervi perché sono sempre da Reyna. Uno schifo.”
“Non mi hai mai parlato di Reyna.” Osservò Nico.
“Non… non c’è molto da dire. Siamo stati insieme poco.” Jason soppesò con cura le parole.
“E questo cosa vorrebbe dire?”
Dopo il primo periodo imbarazzante appena tornati dalla Croazia, Nico e Jason avevano parlato molto, e ora il Re Fantasma si sentiva a suo agio con lui più che con chiunque altro dei sette. 
“Non lo so… insomma, è stato un bel po’ di tempo fa. Le cose cambiano. Ma a volte mi manca.” Il figlio di Giove scrutò l’orizzonte pensieroso.
Nico aspettò in silenzio.
“Cioè… lei è molto romana. Siamo simili, rispettiamo le regole, abbiamo la fedeltà tipica dei Pretori dell’Impero. Piper è spesso… una sfida. Io penso di aver combattuto abbastanza per due vite. Comunque mi sembra giusto assistere Reyna come lei ha fatto con me innumerevoli volte. Questo è quanto.”
Nico annuì. “Ti manca.”
Jason fece uno sbuffo divertito. “Se lo dici tu.”
 
Quella sera Percy era terrorizzato dal buio. Cercò di rimandare il momento di spegnere la luce e andare a dormire facendosi una lunga doccia calda, ma alla fine decise di ingoiare l’orgoglio.
Quando Nico di Angelo sentì bussare alla porta pensò che fosse Hazel venuta a dargli la buonanotte come tutte le sere, e borbottò “Avanti” senza nemmeno alzare la testa dal libro che stava leggendo.
Quando vide Percy per poco non cadde dal letto.
“Ciao.” Il Re Fantasma non poté evitare di guardarlo, era bellissimo. La T-shirt bianca metteva in evidenza la sua pelle ambrata. I capelli nerissimi erano ancora umidi e gli ricadevano sulla fronte. Il ragazzo li spostò con un gesto distratto e lo fissò con i suoi occhi verdissimi: “Ho bisogno di un favore.”
Nico annuì. Parlare in quel momento non era una grande idea, gli sarebbe venuto fuori un pigolio.
“Potresti darmi degli altri fiori per fare quella tisana, per favore?” disse Percy un po’ imbarazzato.
Quello che vuoi. “Oh…Certo.” Nico frugò nella sua sacca e tirò fuori la bustina, ne svuotò metà in un piccolo contenitore di vetro e lo porse al ragazzo.
Il sorriso di Percy si allargò. “Grazie Nico, sei il migliore.”
Il Re Fantasma non poté fare a meno di inarcare un sopracciglio, ma non disse niente.
“Comunque se non riesci a dormire di nuovo bussa alla mia porta e andiamo a berci qualcosa come ieri.” Disse il figlio di Poseidone prima di uscire.
Nico rimase sul letto a gambe incrociate col cuore che gli batteva fortissimo. Prese un respiro profondo. Non l’avrebbe mai fatto. No.
 
Riuscì a controllarsi fino alla sera dopo.
Alle dieci e mezza bussò alla cabina 3.
“Avanti.” Disse Percy affacciandosi dalla porta del bagno con lo spazzolino in bocca. “Due minuti e ci sono. Siediti pure.”
Nico si sedette rigido sul letto e respirò profondamente. Errore. Inalò il profumo di salsedine e di pioggia che permeava l’aria ed era così buono che rimase semplicemente lì a respirare e non si accorse nemmeno che Percy gli stava parlando.
“Eh…?” chiese riscuotendosi.
Percy rise. “Ti ho detto che ti ho visto andare a trovare Reyna anche oggi. Qualcuno ha una cotta?”
Nico sembrava aver perso l’uso della parola ed era violentemente arrossito. “Eh? Reyna? Ma…”
“Ah-ah ti ho beccato!” Percy tirò fuori un sorrisetto ma sentì lo stomaco affondare un po’. Lui aveva sparato la prima cosa che gli era venuta in mente e non si aspettava di prenderci in pieno.
Sono deluso? Si chiese allibito. Scrollò le spalle. “Allora, andiamo?”
Nico era ancora rosso in viso e seguì Percy fino in cucina, si sedettero ai lati opposti del piccolo tavolo.
“Caffè?” chiese il figlio del mare.
“The, grazie. Alla menta.”
In cinque minuti Percy preparò i due the e si risedette.
“Stai tanto tempo di vedetta.” Disse.
“Già.”
“Non ti annoi, lì tutto solo?”
“No. E comunque se scendessi sarei solo tale e quale… l’unico con cui parlo davvero è Jason.” E non ho voglia di vedere te e Annabeth di continuo. Aggiunse nella sua mente.
“E me.” Precisò Percy guardandolo di sottecchi.
“…E te.”  Ammise il Re Fantasma.
“Ti sembra un dettaglio trascurabile?”
“Cosa?”
Io, ti sembro un dettaglio trascurabile?”
“Tu sei tutto tranne che trascurabile.” Si lasciò scappare Nico. Abbassò lo sguardo a fissare la sua tazza.
Percy rise e incrociò le braccia. “Così va meglio. Ma non avere paura di guardarmi negli occhi. Lo fanno solo i deboli, e tu non lo sei.” Gli sollevò il mento con due dita. Quando i loro sguardi si incrociarono, Nico si ritrasse dalla presa dell’altro.
“Ogni tanti vienimi a trovare magari.” Disse velocemente.
Quella sera entrambi andarono a dormire sorridendo.
 
 
Jason sprofondò nella poltrona e sbadigliò sonoramente. Reyna stava leggermente migliorando ma aveva ancora bisogno di qualcuno che le misurasse la febbre e le passasse una pezza sulla fronte di tanto in tanto. E lui era lì da quasi quattro ore. Non gli pesava. Lui e Reyna avevano passato un sacco di tempo separati e i vecchi rancori erano spariti.
“Jason.” Disse lei piano, cercando di tirarsi su. “Potresti portarmi un po’ d’acqua?”
“Sì, ma stai giù. Arrivo.”
Quando gliela porse, Reyna sembrò quasi arrabbiata. “Ma guardami, sembro un’invalida.”
“Capita a tutti di ammalarsi, anche ai Pretori romani.” Sorrise il ragazzo posando la tazza vuota sul comodino accanto al letto.
“E, non c’è che dire, ho un tempismo perfetto.”
“Penso che questa pausa forzata stia aiutando molte persone a ritrovare il loro equilibrio, invece.”
Lei inarcò un sopracciglio. “Cosa intendi?”
“C’è un momento di calma in cui si parla con gli altri e si risolvono questioni sospese e…” pensò a Nico e Percy. “Magari si capisce che è ora di avere il coraggio di cambiare le cose.” Appena chiuse la bocca realizzò che quello che aveva appena detto poteva applicarsi benissimo anche a loro due.
Anche lei sembrò accorgersene, inspirò profondamente e chiuse gli occhi. “Dormo un po’. Svegliami verso le otto e mezza per favore.”
“Sì.” Jason non si accorse della lacrima, che Reyna prontamente asciugò con il lenzuolo.
 
 
 
Annabeth aveva notato che con Percy c’era qualcosa che non andava, ma non aveva voglia né tempo per cercare di chiarire le cose: aveva appena passato due settimane nel Tartaro e già doveva lavorare a piani, mappe e ipotesi per il trasporto della Atena Parthenos e per la contrattazione coi romani. Era stanchissima e gli incubi non la lasciavano dormire da quando era passata attraverso le porte della morte.  Percy invece sembrava fresco come una rosa ogni mattina. Come facesse, per lei era un mistero. Si massaggiò le tempie e inspirò profondamente. Così non potevano continuare.
 
Percy stava osservando la prua in controluce cercando di capire se Nico fosse lì, quando Jason gli batté una pacca sulla spalla.
“Posso parlarti un attimo?” chiese il figlio di Giove.
“Certo.”
“Ho… notato che tu e Nico, uh… passate tanto tempo insieme ultimamente.” Jason sembrava in difficoltà.
“Sì.”
“È… uh… è tutto a posto, vero?”
“In che senso?” chiese Percy confuso.
“Cioè, è bello che siate amici.” Jason calcò un po’ il tono sull’ultima parola. “Ti ha… ti ha per caso accennato a qualcosa in particolare?”
“Jason, mi stai spaventando. Cos’è che vuoi sapere?”
Il Pretore era ormai paonazzo. “Volevo sapere se ti ha detto della sua… uh… cotta.” Disse tutto d’un fiato.
Percy si batté una mano sulla fronte. Allora era vero!
“Ahh, sì! Ma se era solo questo non potevi dirlo subito?” Era deluso.
Jason spalancò gli occhi. “Te l’ha detto?? E come… l’hai, uh… presa?”
“Io…? Piuttosto, tu, come l’hai presa? Cioè, voi…” In fondo Reyna è sempre una sua ex, pensò Percy. Poi ultimamente sembrano aver legato di nuovo…
“Io?” Jason arrossì. Mi sta dando del gay? Sembro davvero gay?
“Beh sì, sai, con tutto quello che c’è stato tra di voi…”
“Tra noi non c’è stato un bel niente!!” Sbottò Jason. Percy era davvero geloso di Nico?
“Ma come no?! A Nuova Roma non stavate insieme?” Il figlio di Poseidone non ci capiva più nulla.
“Ma di chi accidenti stai parlando?”  Il biondo cominciava a pensare che l’altro avesse qualche problema.
“Scusa, ma a Nico non piace Reyna?” chiese Percy esasperato. “Tu di chi stai parlando?!”
Ci fu un attimo di silenzio. Jason fissò il moro, poi scoppiò a ridere come non aveva mai riso in tutta la sua vita.
Reyna?!” disse tra le lacrime battendo il pugno contro la balaustra. “Reyna?!”
“Ma… io pensavo…” Balbettò Percy.
“Quel ragazzo è cotto di te, razza di idiota.” Disse il biondo tenendosi lo stomaco senza smettere di ridere. “Reyna… questa è buona! Ehi ma dove vai?” chiese ancora ridacchiando mentre Percy si allontanava velocemente diretto alla sua stanza.
 
Forse è arrivato il momento di ammetterlo a me stesso. Pensò il figlio di Poseidone. Lui voleva che Nico gli volesse bene e si fidasse di lui. Lo aveva rassicurato e gli aveva fatto compagnia negli ultimi giorni perché gli andava, e con lui si trovava bene, non doveva dare spiegazioni su niente, lui non lo forzava a parlare. Si era chiesto un paio di volte se fosse un comportamento normale per due amici, e si era risposto di sì. Certo.
Ma quando Jason gliel’aveva detto, la prima cosa che aveva pensato era stata: è vero? Davvero?
Il cuore gli batteva all’impazzata, e si sentiva assurdamente felice. Normale per due amici, certo. Disse una vocina nella sua testa.
Ma io amo Annabeth.  Protestò debolmente. Suonava falso persino alle sue stesse orecchie. Le voleva bene, e questo era verissimo, ma si erano resi conto entrambi che così non andava. Questa pausa inaspettata dopotutto è servita. Pensò tamburellando nervosamente sul comodino.
Ok, basta. Doveva farsi un bel bagno.
In quei giorni l’Argo II si era nascosta dietro un promontorio per evitare che i romani la visualizzassero troppo facilmente. C’era una piccola spiaggetta, l’acqua era limpida e quel giorno faceva caldo, per essere solo in primavera; Percy si mise un vecchio costume e si sporse da prua per verificare che l’acqua fosse abbastanza profonda per un tuffo. Affermativo.
Prese la rincorsa e si lanciò, superò cadendo la testa di Festus, vide l’acqua chiara avvicinarsi e si sentì felice come non lo era da tempo. Infranse la superficie e volteggiò tra le bolle andando sempre più giù, fino a sfiorare la sabbia del fondale. Lasciò che l’acqua lo bagnasse, poi si spinse verso la superficie, verso il sole. Rimase a galleggiare con la sensazione che tutto sarebbe andato bene.
 
Nico si sedette a prua lasciando penzolare le gambe nel vuoto e guardò Percy rincorrere un branco di pesci colorati, per poi riemergere in una cascata di spruzzi. Rideva.
Nico si sentì fluttuare dalla felicità che gli dava vederlo così spensierato e allegro. Si sentiva bene, dopo tanto tempo in cui si era nascosto ed era scappato. Adesso rideva anche lui, sollevato, sarebbe andato tutto a posto, lo sentiva. Una vita in cui esisteva Percy che nuotava in cerchio e raccoglieva conchiglie dalla sabbia felice come un bambino, meritava di essere vissuta.
Se solo avessi il coraggio.
 
A cena Annabeth non aveva detto una parola, ma quando Percy aveva fatto per alzarsi l’aveva trattenuto.
“Posso parlarti un attimo?”
“Certo.”
“Sai… stavo pensando che da quando… siamo tornati, le cose tra di noi sono cambiate.”
“Hai ragione. Io-“ iniziò lui.
“Quindi pensavo che… magari potremmo prenderci un periodo di riflessione personale. Giusto per capire cosa vogliamo.” Continuò Annabeth.
“Completamente d’accordo.” Percy era quasi sollevato.
“Siamo cambiati così tanto…” sospirò lei. “E tutto questo stava davvero iniziando a pesare.”
“Insomma, non hai perso la capacità di dire sempre la cosa giusta.” Scherzò lui.
Lei rise, e si alzò. “Ci vediamo Testa d’Alghe.”
 
 
Percy bussò alla porta della Cabina di Nico ma nessuno rispose.
Dove mai potrebbe esser… oh.
Salì la scala che portava al ponte e guardò verso la postazione di vedetta, schermandosi gli occhi dal sole. Il Re Fantasma era lì, che guardava l’orizzonte, pensieroso e impassibile come sempre.
 
Salì per la scala di corda col cuore in gola.
“Nico.”
Il Re Fantasma sobbalzò. “Per gli Dei, Jackson, mi hai fatto venire un colpo!”
“Come stai?” chiese sedendosi vicino a lui.
Adesso bene. “Bene.”
Devo dirglielo. Pensò. Lo guardò dritto negli occhi. “Hai presente il simbolo dello Yin e dello Yang?”
“Uh… è tipo quel cerchio mezzo bianco e mezzo nero?”
“Non è solo questo, Yin e Yang dipendono l'uno dall’altro, si definiscono a vicenda: Yin è qualcosa solo se Yang lo è. Yin è tenebra, Yang è luce. Yang è la tranquillità. Yin… Yin è la furia ma è anche colui da dove scaturisce la vita.
Tu sei come Yin. Sei la parte nera ma anche quella da cui tutto ha inizio. Essere figlio di Ade non deve per forza significare vivere al buio per sempre.”
Nico non credeva alle sue orecchie. Era una specie di scherzo? “Io… io non mi nascondo. Non sono una persona di compagnia e basta.” Riuscì a dire.
“Potresti esserlo se volessi.”
“Forse no.” Ribattè Nico.
“Forse sì.” Insistette l’altro.
“Ma a te cosa importa?”
“A me importi tu.”
Silenzio. Il sole iniziava a calare, lasciando tracce di arancione per tutto il cielo.
Nico guardò Percy col cuore in gola. “Quando…” deglutì. “Quando prendi il sole ti vengono un po’ di lentiggini.”
Il figlio di Poseidone fece un largo sorriso. Poi si chinò sul ragazzo e posò piano le labbra sulle sue.
Il primo istinto di Nico fu di ritrarsi, non era abituato a contatti fisici così intimi. Poi sentì il calore della mano di Percy sul collo, i suoi capelli che gli solleticavano la guancia, e pensò di essere morto e andato nell’Elisio.
No, si corresse, nemmeno l’Esilio potrebbe essere così bello.
Percy si allontanò dopo una manciata di secondi. “Okay. Io scendo. Ci vediamo stasera, se ti va.” Disse piano, con un piccolo sorriso.
 
Nico rimase lì in cima a vedere il tramonto finchè il sole non scomparì totalmente dietro l’orizzonte. Poi respirò profondamente e fece un veloce Viaggio Ombra per arrivare nella sua stanza. Fece una doccia e mangiò mezzo pacco di biscotti al cioccolato. Si lavò i denti. Il cuore gli batteva in petto come un uccellino spaventato. Lui stesso si sentiva un uccellino spaventato. Non provò nemmeno a pettinarsi i capelli, guardò ancora una volta la statuetta di Ade che sua sorella aveva preso per lui dalla discarica degli Dei, e uscì. Ormai erano le dieci. Bussò alla porta della Cabina 3 e aspettò, ma nessuno rispose. Bussò di nuovo. Silenzio. Iniziava ad innervosirsi.
Ok, forse è andato da Jason. Per… uhm… discutere della logica d’attacco. Già. Oppure è andato sul ponte a prendere un po’ d’aria… o magari ha deciso di fare il bagno di mezzanotte. Continuava a pensare rabbiosamente, camminando per il corridoio. Ma cosa gli costava dirm-… oh.
Aveva aperto frustrato la porta della cucina ed eccolo lì. Seduto con in mano una lattina di pepsi e vicino una tazza di the. Alla menta. Nico sentiva l’odore fin da lì.
Percy alzò lo sguardo con un sorriso. “C’è qualcosa che non va?”
“Non… non ti trovavo.”
“Ti ho preparato il the. Ho anche i biscotti al cioccolato.”
“Sembra perfetto.”
 
Percy lo guardò di sottecchi. “Ho pensato che forse ho esagerato, prima. Però Jason mi ha detto oggi che Reyna sta già molto meglio, e tra un paio di giorni tu dovrai andare a portare l’Atena Parthenos ai romani, mentre io dovrò andare dall’altra parte… quindi carpe diem. “
Nico lo fermò con un gesto. “È okay. Veramente.”
“Veramente?”
“Sì.” Nico gli prese la mano e intrecciò le dita alle sue. La carnagione di Percy era di almeno tre tonalità più scura della sua.
L’altro era evidentemente sorpreso dal contatto e abbassò lo sguardo. “È davvero strano.”
“Cosa?” Chiese il Re Fantasma senza capire.
“Potrei davvero fare l’abitudine a te nella mia vita. Ci metterò senz’altro un po’, ma tu hai questa specie di capacità di rendermi felice. Come se mi facessi credere che tutto andrà per il verso giusto. Il Tartaro mi ha spezzato… ma quando siamo insieme sto così bene.”
Nico rise. “Mi sa che sei il solo a cui faccio questo effetto.”
“Me l’hai fatto venire in mente quando mi hai detto che hai superato il viaggio fino alle porte della Morte da solo. Mi sono reso conto che ci sono così tante cose che non so di te.” Percy prese la mano del ragazzo tra le sue. “Sei qui che mi sorridi dopo aver attraversato da solo l’inferno. Sei incredibile.”
“Parla lui.” Nico era arrossito, ma sorrideva.
Il figlio di Poseidone si sporse sul tavolo e gli baciò il naso. “Domani ti va se ci facciamo un bagno?”
“Uhh… intendi al mare?” Devo piantarla di arrossire. Smettila. Smettila.
“Ovviamente” rise Percy. “Hai un costume o qualcosa del genere?”
“Non è mia abitudine partire per le imprese con un costume in valigia, in effetti.”
“Fa niente, te lo presto io, se ti va.”
“Dieci a uno che mi cade.” Scherzò Nico.
“Te ne troverò uno col cordino.” Lo rassicurò l’altro. “Domani vengo a prenderti alla dieci.”
 
Quando Percy il giorno dopo bussò alla cabina di Nico ed entrò, il cuore iniziò a battergli decisamente più forte del normale. Il figlio di Ade dormiva ancora, abbracciando il cuscino. Aveva scalciato via il lenzuolo, i suoi capelli neri erano tutti scompigliati e aveva solo una maglietta larga e i boxer.
Era bellissimo. Era tutto rannicchiato su se stesso, e sorrideva nel sonno.
Percy si sentì quasi in colpa quando lo scosse leggermente per la spalla. “Ehi Nico.”
Lui mugugnò qualcosa nel cuscino e si girò dall’altra parte.
Il figlio di Poseidone rise. “Nico, sono io, Percy. Devi svegliarti. Io e te dobbiamo andare al mare.”
L’altro scattò a sedere, portandosi le mani nei capelli. “Oh Zeus! Che ore sono? Mi sono dimenticato di mettere la sveglia…” poi alzò lo sguardo sul ragazzo in piedi ai piedi del suo letto e arrossì un po’. “Russavo?” chiese.
“No, eri molto carino.” Rise Percy chinandosi su di lei e baciandolo lievemente sulle labbra.
Nico pensava che da un momento all’altro sarebbe scoppiato dalla felicità.
Il figlio di Poseidone gli lanciò un costume nero. “Questo dovrebbe starti, provalo. Lo mettevo tre anni fa.”
“Stai dicendo che a sedici anni porto il tuo costume di quando ne avevi quattordici?” Ribattè Nico alzandosi dal letto e misurandoselo sopra i boxer.
“Sono sicuro che starai benissimo.” Sorrise Percy alzando gli occhi al cielo.
Mentre aspettava che Nico si preparasse, il ragazzo si sdraiò sul suo letto e affondò il viso nel cuscino, abbracciandolo. Sapeva di Nico. Sapeva di felicità.
Si mise in ginocchio sul materasso e aprì la piccola finestra che stava a capo del letto, inspirò l’aria salmastra e sorrise.
Quando Nico uscì dal bagno in costume, ciabatte e asciugamano, la stanza era vuota e la finestra aperta.
“Uh… Percy?” chiamò.
“Qua fuori!” rise la voce del ragazzo.
Quando Nico si affacciò vide Percy appena oltre il davanzale seduto su una specie di scala d’acqua che sciabordava dalla baia di sotto fino al davanzale.
“Ho pensato… perché dobbiamo camminare?” disse con un sorriso tendendogli la mano.
“Quindi tu mi stai dicendo” disse Nico cautamente guardando di sotto “Che se io cado l’acqua mi prenderà?”
“Ti sto dicendo” Percy intrecciò le sue dita a quelle del ragazzo “Che non cadrai. Promesso.”
Nico lo guardò scettico, sorridendo.
“E se dovessi cadere –ma non succederà­- io ti prenderò prima ancora che tu te ne renda conto.” Continuò Percy sbuffando.
“Così va meglio. Allora salto?”
“Non devi per forza sal-…”
Il figlio di Ade salì sul davanzale, e si lasciò cadere verso le onde cristalline.
Percy sorrise e ordinò all’acqua salata di avvolgerlo in una bolla, che poi fece rallentare e atterrare dolcemente sulla superficie.
“Tu non vieni?” gli gridò Nico da sotto.
Percy scivolò lungo la cresta della sua onda personale e atterrò schizzando vicino al ragazzo, che scoppiò a ridere.
“Ma non vale, tu sei ancora asciutto! E tra l’altro il tuo costume mi sta largo. A momenti mi cadeva prima.” Disse Nico arricciando il naso.
“Peccato, me lo sono perso.”
Il figlio di Ade si avvicinò e lo baciò piano, stringendolo a sé. Percy gli mise una mano dietro il collo e sentì le morbide labbra di Nico modellarsi sulle sue. Dei, avrebbe voluto baciarlo per sempre.
Quando si staccarono il figlio di Poseidone rimase a guardarlo sorridendo come un ebete. Osservò il suo viso fino nei minimi dettagli, il piccolo naso appuntito, le labbra sottili, i grandi occhi neri, le lentiggini che il sole gli aveva creato sul naso.
“Voglio ricordarti come fossi una foto. Per quando saremo lontani.” Disse.
 
 
Jason si affacciò dalla finestra della camera di Reyna e sorrise guardando i due ragazzi schizzarsi nell’acqua chiara.
“Perché ridi?” chiese la ragazza tirandosi su a sedere e appoggiandosi contro lo schienale del letto.
Il ragazzo non rispose e si sedette vicino a lei.
“Mi dispiace… per tutto.”
Reyna non disse niente, lo strinse e basta, accarezzandogli i capelli.
 
Nico e Percy avevano passato la notte prima della partenza seduti sulla piattaforma di vedetta avvolti in una coperta, a guardare le stelle.
Nessuno diceva niente, perché entrambi speravano che quella non fosse l’ultima sera. Che ce ne sarebbero state molte altre in posti diversi, ma altrettanto belle, speravano che ci sarebbe stato un ‘noi’ nel futuro.
Era quasi giunta l’alba quando Nico finalmente parlò, piano.
“Non andare via.”
L’altro gli sollevò il mento con due dita. “Noi due torneremo insieme alla fine.”
Lo baciò forte, dolcemente, ripetendosi che non era l’ultima volta. Non lo sarebbe stata. Quando si staccarono Nico lo guardò negli occhi e sorrise così dolcemente che a Percy venne da piangere.
“Lo giuro sullo Stige.”



(1) Le Arai sono dei mostri del Tartaro simili alle arpie, che portano 
maledizionia chi le colpisce .

Brevissima nota: se vi è piaciuta la fanfiction e siete nel fandom di Harry Potter, date un'occhiata alle altre due long che sto scrivendo: una sul pairing Teddy/Victoire e l'altra Scorpius/Lily.
A presto :D

 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
  
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