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Autore: Heart_ShapedBox    22/03/2014    0 recensioni
Dal testo:
"Quel ragazzo che era diventato uomo troppo presto, che andava avanti con il pessimismo costante di chi non ha mai ricevuto soddisfazioni dalla vita, ma soltanto delusioni; scorbutico, acido, stronzo [..] Ma senza di lui non potevo vivere; no, lui era il mio antidoto e il mio veleno. [..] E non lo avrei più lasciato fuggire, non avrei rischiato di perderlo. Non di nuovo."
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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*Breve annotazione - si prega cortesemente di leggere il seguente brano con il sottofondo di “The Sharpest Lives” dei My Chemical Romance e con volume piuttosto alto, perché per me la musica è sempre una parte fondamentale della sceneggiatura. Ringrazio per l’attenzione e auguro a tutti una buona lettura :)
 
- L’Autrice

 
eXpugno
Tempesta del cuore
 
 

Trattenni le lacrime, consapevole del fatto che il mio futuro ragazzo, Vito, era proprio lì, accanto a me; Ryan invece, era a un metro dal mio corpo, e non potevo neanche piangere per lui.
Quando si avvicinò, il suo sguardo era fermo; gli occhi, non trasmettevano alcuna emozione, impassibili. Come lui. Come lo era sempre stato.
Non esitai e mi aggrappai alla sola ragione che mi aveva resa felice in quei mesi di solitudine; lo abbracciai, lo tenni stretto, e non mollai la presa finché non fu lui a farlo.
<< Devo andare adesso >>. Si allontanò e uscì dalla stanza. Dalla mia vita.
Colui che mi avrebbe accompagnata per il resto dei miei giorni mi cinse la vita, baciandomi delicatamente sul collo e ricominciando a toccare qualunque cosa gli capitasse sotto mano. Ed io glielo lasciavo fare. Gli lasciavo fare tutto quello. Glielo avevo lasciato fare per mesi. Avevo permesso a lui di rovinare la mia esistenza; me stessa, mi ero uccisa da sola. Io. Lui. Vito. Ryan. Io! Io, io e solo io! Loro non centravano. Io, dovevo cambiare le cose. Se fossi andata via avrei fatto sicuramente la figura della troia, ma se fossi rimasta, probabilmente sarei morta, dentro, in fondo, per un amore che non ero riuscita a raggiungere; un amore che avevo trovato ed io stessa avevo poi allontanato. Come avevo potuto lasciare che ciò accadesse?
I mesi precedenti mi passarono davanti in un forte e violento flashback: un film in bianco e nero dalla fine tragica. Le strane conversazioni con Ryan, i suoi sguardi gelidi pieni di rancore verso il mondo e le persone che conosceva; i suoi ricordi raccapriccianti, le sue parole fredde e il suo modo di fare così noncurante. Quel ragazzo che era diventato uomo troppo presto, che andava avanti con il pessimismo costante di chi non ha mai ricevuto soddisfazioni dalla vita ma soltanto delusioni; scorbutico, acido, stronzo, puttaniere, ma mai violento.
Vito: il tipico bellone del gruppo, il dolce palestrato che fa strage di cuori e si innamora dell’unica ragazza capace di tenergli testa; abbronzato, forte, affettuoso e fedele. Quello che tutte le donne con un po’ di buon senso cercherebbero di conquistare. Già, quelle con il buon senso..
Emisi un gemito, ma Vito lo scambiò per voglia passionale ed iniziò a spogliarmi. Fu allora che mi risvegliai. Ryan non c’era più. Ryan se n’era andato. Stava partendo. Avrebbe vissuto la sua vita. Io no. Perché la mia vita senza di lui non esisteva. Ryan era la mia metà, non Vito! Ryan, che nonostante la sua oscurità, era riuscito a rendere positivo ogni mio giorno in quella maledetta desolazione!
Senza di lui non potevo vivere.. lui, era il mio ossigeno; il mio antidoto e il mio veleno.
Allontanai Vito con uno scatto improvviso, ma lui mi riprese e mi scaraventò sul pavimento, piombando sopra di me. Lo spinsi ancora, più forte, urlai.
<< Ahia! Ma che diavolo ti prende! >> sbraitò, quando diedi un morso feroce al suo braccio. E a quel punto mi alzai in piedi e corsi via. Da Ryan.
La mia stanza si trovava al piano di sotto e forse sarei riuscita a raggiungerla prima che Vito mi trovasse. Sapevo di essere perlopiù mezza nuda, ma in quel momento l’unica cosa di cui m’importava davvero era tornare da Ryan. Frugai in fretta nelle tasche dei pantaloni abbassati e ne tirai fuori la chiave elettronica che apriva l’ingresso della mia suite. Chiusi la porta alle mie spalle appena in tempo per vedere Vito che scendeva le scale come una furia, urlando rabbiosamente il mio nome credendo di spaventarmi e di convincermi a riaprire la porta. Non aveva speranze. Provò allora con le solite smancerie amorose che mi avevano intenerita in passato, si scusò per aver affrettato troppo la cosa e ripeté per la milionesima volta che mi amava e che non avrebbe voluto nessun altra al di fuori di me nella sua vita.
Ma niente; tutto quello che avevo provato nei mesi precedenti per lui sembrava svanito. Per lui non c’era rimasto niente in me, non una singola parte; non avevo più niente da offrirgli ormai. Il mio cuore apparteneva ad uno e uno soltanto. E non lo avrei più lasciato fuggire, non avrei rischiato di perderlo, di nuovo.
Sbatacchiai la valigia sul letto e ci infilai gli unici vestiti rimasti fuori nei giorni passati, poi afferrai le chiavi dell’alloggio e la mancia da lasciare in reception. Uscii in terrazza, ero quasi al piano terra e quindi il salto sarebbe stato di due metri circa, non tanto. Calai il bagaglio per quanto possibile attutendo la caduta, poi mi misi a cavalcioni sul davanzale, e saltai.
Sentii solo una leggera vibrazione alle gambe, ma nessun dolore era paragonabile a quello che provavo al pensiero di Ryan che saliva sul treno diretto in Texas, per l’ultima volta; si voltava indietro per controllare se ci fossi, per caso, per sbaglio o per errore.. ma non ero lì. L’avrei deluso di nuovo, l’avrei lasciato scappare perché non avevo avuto il coraggio di confessarglielo, perché ero stata solo una stupida codarda! E ora, per una stupida frase non detta, tutto stava andando a rotoli.
Mi rialzai improvvisamente e ripresi a correre, con una forza che non credevo di avere in corpo. Arrivata al cancello diedi la mancia e la chiave ad una delle sentinelle, poi continuai, verso la stazione. Non mi fermai, mai, neanche per riflettere sulle conseguenze che quello che stavo per fare avrebbe potuto avere. Non c’era più tempo per pensare. Ryan se ne andava. Ryan partiva.  Ryan, lo stavo perdendo! “Veloce. Veloce. Veloce.” questo mi ripetevo. Questo mi motivava, nient’altro.
Per quello che ricordo mi sembrò un viaggio infinito. Continuavo a cadere e ricadere, a rialzarmi e ricadere, spinta da una forza talmente potente e capace di superare qualsiasi ostacolo, da farmi andare avanti, correre, cadere, piangere, urlare per il dolore, per le fitte lancinanti che mandavano ormai le gambe, poi alzarsi, ricominciare, e correre, correre, correre e correre ancora.
E arrivai.
Il rumore dei treni che viaggiavano era assordante. Lo cercai, con le lacrime agli occhi, terrorizzata al solo pensiero di non incontrarlo mai più; avevo paura che se ne fosse andato, per sempre.
Affanno, disperazione, urla, grida, << Ryan! >>, gli sguardi della gente, << Ryan! Ryan, ti prego, dimmi dove sei! >>, i passanti accaniti, persone che chiamavano la sicurezza.. Ryan, Ryan, Ryan!
Poi finalmente lo vidi, lui, si: il mio stronzo, acido, bastardo e orribile Ryan!
Aveva appena comprato una scatola di cioccolatini francesi da portare a sua mamma, le piacevano così tanto..
Si voltò. Il sacchetto gli cadde di mano, si adagiò con delicatezza sull’asfalto.
Tra noi non c’era niente, adesso. Nessuno avrebbe potuto separarci quella volta.
Ricominciai a correre, verso di lui, più veloce, più veloce che potei e mi gettai fra le sue braccia. Piansi, piansi finché ne ebbi le lacrime e finché non sfogai tutto quello che avevo dentro. << Tu lo sapevi! >> continuavo a ripetere; in mezzo alla disperazione, in mezzo alla calca di gente che si affannava intorno a noi, lì, tra le sue braccia, al mio posto finalmente, fu quello che riuscii a sussurrare.
Quando rialzai gli occhi per incrociarli con i suoi, scoprii che erano rigati di lacrime. Piangeva. Ryan piangeva! Ryan piangeva per me! Provai a lasciare la presa ma lui mi tenne a sé, ancora, bagnando la mia spalla di lacrime e di ciò che era riuscito a reprimere per settimane.
<< Ti prego, non andare >> disse; e io non lo feci. Non me ne andai, non lo lasciai, non di nuovo. Lui, il mio unico vero amore, non lo avrei mai più abbandonato. Chiesi solo: << perché? >>.
Ma non ricevetti risposta. Sentii solo le sue labbra sulle mie. Quelle labbra che tanto avevo desiderato, quelle labbra fredde, pungenti e attraenti che avevo da sempre bramato. Che avevano toccato centinaia di ragazze e che, alla fine, aspettavano soltanto me.
 
 
 
 
Non rividi mai più Ryan. Nonostante le mie suppliche lui dovette partire per il Texas, sua madre e suo fratello avevano bisogno di lui, molto più di me. Ci amavamo, molto più di quanto i giovani di oggi credono di sapere.
Adesso sono sposata, una vecchia e racchia pensionata che racconta ai suoi nipoti storie di guerra, di lealtà, di amore e di amicizia. Di quei sentimenti veri che oggi si trovano solo nelle fiabe, ma che esisteranno sempre; da qualche parte, nel mondo.
 
E anche tu, mio caro Ryan, da qualche parte in giro per il mondo e ovunque tu sia, sappi che mai, MAI, ho amato nessuno più di te.
E so che un giorno ci rivedremo: ci riprenderemo il tempo che è nostro debitore, e faremo crescere il nostro amore in alto con gli angeli. Perché niente è infinito, ma noi ce lo faremo bastare. Te lo prometto.
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 

 
 
 
 

The Sharpest Lives – My Chemical Romance
 
<< Give me a shot to remember
And you can take all the pain away from me
A kiss and I will surrender
The sharpest lives are the deadliest to lead
A light to burn all the empires
So bright the sun is ashamed to rise and be
In love with all of these vampires
So you can leave like the sane abandoned me >>
  
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