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Autore: Mirella__    24/03/2014    4 recensioni
La lama era decisa: colpiva, affondava, eppure ad Olimpia non sembrava abbastanza, per questo iniziò ad insistere e i colpi divennero cruenti e letali.
Storia partecipante al contest: " This is Silly - non prendiamoci sul serio! " Indetto da Chappy.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabrielle, Xena
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al contest: "

This is Silly - non prendiamoci sul serio!

" Indetto da Chappy.



Questione di creatività

 

La lama era decisa: colpiva, affondava, eppure ad Olimpia non sembrava abbastanza, per questo iniziò ad insistere e i colpi divennero cruenti e letali.

Lampi di luce, che scaturivano grazie al sole di quella mattina d’estate, facevano sì che il filo prendesse mille sfumature di colori, dovuti anche grazie al liquido rossastro che ormai schizzava ovunque.

E ancora Olimpia s’impuntava e più violentemente s’incaparbiva su quell’avversario che osava restare immobile; e ciò che era peggio, per la soave fanciulla, era che aveva iniziato a pensare che il suo temibile nemico la fissasse e la giudicasse pure!

“Non riesci a finirmi? Vero? Povera, piccola, fanciulla indifesa”.

Sembrava volesse dirle.

E come a sfidarlo ancora di pensare a sciocchezze del genere, la ragazza sorrise altezzosa e con l’ombra di un cipiglio, che la faceva sembrare fuori almeno quanto Antinea, o peggio… Callisto, e proruppe in una folle risata , dopodiché iniziò a picchiare più forte.

Ecco! Ce l’aveva quasi fatta!

“Urli d’acclamazione si levano dalla folla, adesso tutti innalzano le loro voci al cielo per osannare la grande, la magnifica, nuova eroina di Anfipoli”.

A quel punto Olimpia indietreggiò, era pronta a prendere la rincorsa.

Sì: ce la voleva fare, ce la doveva fare! Stava per fare la sua mossa migliore, quella che avrebbe spaccato il suo avversario, anzi… spappolato! Eh sì! Era proprio il termine migliore.

“Preparati, tu!” Disse ancora, superba come non mai, e puntando l'indice con fare minaccioso verso quell’ammasso informe. “Hai osato metterti contro di me”. Continuò Olimpia, lasciandosi sfuggire un’altra breve risata, che in realtà sembrava quasi isterica. “Non fraintendermi, so che è difficile resistere dal tentare d’uccidermi. In fondo, se riuscissi a farmi fuori, le tue gesta verrebbero decantate da grandi poeti. Per tua sfortuna però, la mia fama di perfida assassina e abile combattente non è esagerata da chissà quale voce messa in giro da una qualunque casalinga. La mia leggenda è realtà”. Finita la sua arringa, Olimpia sorrise beffarda e corse, corse verso il suo avversario con un ardore che avrebbe impaurito il più grande tra gli dei.

Saltò, saltò molto in alto e poco prima di ricadere, in uno slancio che nemmeno lei sospettava di poter fare, affondò la spada nel centro del corpo della sua nemesi e il suo angelico volto si sporcò di gocce cremisi; solo a quel punto lei sorrise soddisfatta.

“Adesso nessuno potrà più dire che non sono in grado di fare qualcosa”. Disse fiera, lasciando cadere la sua terribile arma in terra e posandovi lo sguardo subito dopo.

Non scintillava, andava bene, il legno non faceva luce, eppure ne aveva fatta così tanta prima… nella sua immaginazione.

Beh, c’era da dire che nella sua immaginazione non era un bastone quel che stava brandendo, ma una spada, “e mica una spada qualunque”. Disse tra sé e sé, rimirando il suo operato.

Aveva fatto un bel lavoro, ma sarebbe stato meglio se quel che aveva distrutto fosse stato ancora commestibile al ritorno di Xena…

Sbiancò.

La guerriera ci aveva messo tanto per portarle qualcosa di commestibile in quella fitta boscaglia! Visto che erano alla ricerca di un luogo pacifico e libero da quelle continue scorribande di furfanti, quel posto faceva per loro, ma per trovare del cibo decente si impiegava millenni.

Sospirò, mentre la sua mente realizzava che Xena non sarebbe stata affatto contenta una volta tornata. La donna, in fondo, le aveva dato un semplice compito: affettare l’anguria giusto in tempo per il suo ritorno.

Ecco… Olimpia aveva distrutto l’anguria, e distrutto mica era il termine più congeniale! Annichilita, quello sì, che era il termine perfetto.

Cosa fare? Cosa fare?

“Maledetta Xena,” disse ad alta voce, rivolta al nulla, “taglia l’anguria, ha detto. Come faccio a tagliare l’anguria senza una spada?” Strillò, gesticolando verso il frutto. “Non mi lascia nemmeno un coltello, quella lì!” Portò dunque le mani alla testa e sbuffò, guardando quel che avrebbe dovuto essere un delizioso spuntino e iniziando a elaborare qualche scusa per l’accaduto, magari addossando la responsabilità a Corilo.

Ignorava la biondina che, poco distante da lì, due occhi cerulei la studiavano attentamente e un sorriso sfumava quelle iridi di ghiaccio.

“Vecchio mio,” disse al suo elegante destriero, sbatacchiando la mano sulla criniera in una carezza decisa e divertita, “dovremmo tornare al mercato mi sa”. Xena sapeva come sarebbe andata a finire fin da subito. C’era da dire che chiunque, se avesse conosciuto un minimo Olimpia, si sarebbe aspettato il finale. “Ma prima…”

La guerriera spronò il cavallo, e in pochi secondi arrivò dalla sua compagna d’avventure, mettendo su un’espressione irosa, che fece balbettare la poetessa mentre cercava inutilmente di ideare il racconto perfetto.

“E così… Corilo avrebbe urtato con un carro la mia anguria,” disse scettica, guardando i resti di quel che sarebbe dovuto essere il pasto, “se mi permetti di contraddirti, mia cara Olimpia, non vedo le impronte del carro”.

La biondina non si perse d’animo a quelle parole e, fiera della sua recita, puntellò le mani sui fianchi e annuì. “Questo è ovvio… ecco, è perché…. Corilo… Corilo ha un carro speciale, non lascia segni del suo passaggio. Ha detto che è stato Apollo a permettergli di fare un giro. Il dio gli doveva un favore e quindi…” concluse la frase con una scrollata di spalle e indicò ancora il frutto.

“E quindi,” continuò Xena con aria accondiscendente, “Corilo è arrivato qui, con un carro divino, non dimentichiamocelo, a distruggere l’anguria e se ne è andato subito dopo”.

Olimpia rise e alzò una mano ad indicare la donna in un cenno di piena approvazione. “Esatto, visto che non è stata colpa mia, in alcun modo, non c’è motivo di arrabbiarsi”.

“Ma no! Certo che no!” Rispose l’altra, apparendo visibilmente scioccata, come se non fosse stato possibile per nulla al mondo arrabbiarsi con Olimpia. “Mi sa che dovrò rivedere di maltrattare un po’ quel buono a nulla, tanto per fargli imparare un’altra lezione”. Disse a denti stretti.

La ragazza le si avvicinò, agitando le braccia al vento, e disse poco convinta. “In fondo Corilo si stava soltanto divertendo, insomma, spiaccicare un’anguria è roba di tutti i giorni. Pensa che una volta una mia amica… anzi, no, non una mia amica, la cugina della zia della madre della mia amica spaccò un melone mentre si accingeva a portare la biancheria al fiume. Per l’amor di Dio, non mi chiedere come fece, nessuno lo seppe mai in realtà…” Olimpia continuò a blaterare per un quarto d’ora buono e Xena iniziava a fare davvero fatica per mantenere il filo del discorso. Fu con un sollievo enorme che ascoltò l’inizio di quel che le sembrò essere l’ultima frase, “insomma, quel che voglio dire è che spaccare i meloni, spappolare le angurie e frutti vari, può accadere a tutti e Corilo non l’ha fatto mica apposta, voleva soltanto farmi salire col carro assieme a lui. Povero,” disse ancora, alzando la voce che toccò punte stridule, “pensa ancora che io mi possa innamorare di lui. Ma ci pensi?” Rise scuotendo la testa per sottintendere l’assurdità dell’evenienza.

Xena scese da cavallo e mostrò ad Olimpia cos’era andata a fare, stringendo tra le mani un cappio al quale erano appese due lepri a testa in giù, già pronte per essere messe al fuoco.

“Forse hai ragione”. Disse, buttando vicino al focolaio il suo bottino, “vorrà dire che sarò clemente con lui quando lo rivedrò, ma adesso…” prese il bastone della ragazza e glielo lanciò. “Che ne dici di un po’ d’esercizio prima del pranzo?”

Olimpia guardò con aria soddisfatta la sua arma, avrebbe mostrato a Xena quanti erano stati i suoi progressi negli ultimi mesi.

“D’accordo,” gli occhi verdi di lei si posarono per un po’ sul bastone, come a distrarre l’avversario, ma ecco che un affondo partì dritto alla testa della compagna che lo schivò come se fosse nulla.

Olimpia si morse le labbra e analizzò la situazione prima di lanciarsi nuovamente all’attacco, Xena le aveva detto che non doveva mai agire d’istinto, ma quando notò quel sorriso canzonatorio su quel volto spavaldo non ci vide più.

Si lanciò contro la donna, cercando di colpire prima il fianco, poi il ventre, ora la spalla, ma nessun colpo andò a segno e la cocciutaggine intrinseca nella testa della biondina non le faceva cambiare tattica, diventando in quel modo fin troppo prevedibile per i gusti della guerriera.

“Devi imparare osservando ciò che fanno gli altri, ancora non lo stai facendo. Non riuscirai mai ad affondare un colpo così: risulterai monotona con questo stile di combattimento e quindi prevedibile”.

Xena non aveva ancora sguainato la spada e non aveva la benché minima intenzione di farlo, dunque si abbassò a toccare il terreno con i palmi delle mani e con un calcio al fianco atterrò la ragazza, che imperterrita si rialzò e corse ancora contro di lei.

Xena adorava la determinazione dell’altra: come il mare che furente si abbatteva sugli scogli per accoglierli tra le sue acque, sbriciolandoli e distruggendoli, Olimpia disintegrava ciò che di oscuro c’era nel prossimo, assimilando, purtroppo, parte stessa di quell’oscurità, ma riusciva nel suo intento solo dopo molti tentativi e in ognuno di essi mostrava una forza di volontà unica.

Lo sguardo di Xena si fece per un attimo distante e Olimpia ne approfittò, mentre in un momento di pura euforia urlò, “non vincerai! Neanche la più dura delle angurie ha resistito contro di me!” Affondò il colpo, stava per colpire lo stomaco, un centimetro e ce l’aveva quasi fat…

“Ahhh!” Così si ritrovò a terra, con Xena a cavalcioni su di lei che la osservava vittoriosa, la cosa assurda era che non aveva capito come tutto fosse accaduto!

“Adesso devo pensare a come vendicarmi per la tua bugia, anche se credo d’avere già un’idea…”

Fu così che un paio di giorni dopo Olimpia si ritrovò a dover cavalcare Argo… al contrario, mentre Xena spronava il cavallo e lei doveva restare in equilibrio, reggendo un’enorme anguria.

Di tutto si poteva dire della guerriera, aveva varie abilità d’altronde, ma quando si trattava di punizioni era proprio… creativa.

  
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