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Autore: Ryta Holmes    24/03/2014    6 recensioni
Dopo mille anni di attesa, il re del passato e del futuro dorme ancora tra le acque di Avalon. Merlin ha solo una richiesta per la Dama del Lago.
“Fammi dormire. Consenti anche a me di dormire finché non sarà quel tempo. Ho vissuto tanto a lungo e la mia immortalità è una maledizione se tutto ciò che posso fare è attendere l’altra faccia della mia medaglia. Allora fa dormire anche me, permettimi di svegliarmi quando sarà il momento giusto.”
“Merlin…” la Dama apparve titubante. “Sei sicuro di ciò che mi chiedi? Hai detto bene le tue parole?”
Il mago non capì. “Sì… non saprei in quale altra maniera formulare tale richiesta.”
“Le parole sono importanti, Merlin. Ciò che mi chiedi sarà esaudito ma ci saranno delle conseguenze.”
L’uomo serrò la mandibola e represse ogni paura. “Sono pronto alle conseguenze…”

[Future-fic post 5x13]
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Desclaimer: come sempre scrivo senza scopo di lucro, i personaggi di Merlin non mi appartengono, perché se lo fossero avrei un lavoro!

 

IL MOMENTO GIUSTO


Capitolo 15

Niente

 

Merlin era esausto. Sul serio, da quanto stavano lottando contro quella creatura?

Aveva l’aspetto terrificante di una tarantola… il che già implicava un certo orrore. Ma se poi si aggiungeva che la bestia superava l’altezza di quattro metri… beh.

E poi quando voleva decidersi a morire?

“Merlin, attento!” il richiamo di Arthur lo scosse dalle sue lamentele. Pur essendo stanco, scartò di lato per evitare uno spruzzo di dubbia origine proveniente dalla bocca della creatura. Scivolò sulla sabbia del deserto e premette il grilletto del fucile a fotoni, mirando ad una delle otto zampe che ancora sembrava in buone condizioni. Il colpo andò a segno a la tarantola cedette su un fianco, perché tutte le altre tre zampe erano già abbastanza compromesse.

A quel punto fu facile per Arthur, puntare la sua arma contro il ventre della creatura, il suo punto debole.

Un istante dopo stavano osservando il ragnone contorcersi in maniera inquietante a pancia in su tra stridii che a Merlin fecero accapponare la pelle.

Solo quando smise di muoversi, il mago tornò a respirare. Fino a quel momento non si era reso conto di star trattenendo il respiro. La verità è che quell’assalto lo aveva spaventato, la bestia era davvero orrida ed era comparsa all’improvviso tra le dune di sabbia, quasi rovesciando il loro fuoristrada.

Ora il mezzo giaceva a qualche metro da loro con una ruota forata e chissà cosa fuori posto. Merlin se ne preoccupò subito dopo, quando abbandonando l’attenzione dalla creatura, venne catturato dal brillio dello specchietto che rifletteva il sole.

“Sono esausto…” mormorò Arthur sbuffando e avvicinandosi a lui.

Merlin ricambiò il suo sguardo stanco con un’espressione altrettanto distrutta e annuì brevemente. “L’auto… speriamo sia tutto ok.”

Arthur serrò la mandibola constatando da lontano lo stato della gip. “Accidenti!” probabilmente si era accorto della ruota a terra. Intraprese una corsa e in un attimo fu vicino al fuoristrada che almeno non cacciava fumo da nessuna parte. Merlin osservò il re girare intorno al mezzo per controllarlo, poi si sedette al posto di guida e provò ad accenderlo.

Funzionava. E Merlin di nuovo si era accorto che tratteneva il respiro.

Aveva viaggiato a piedi al confine col deserto per giorni e non era stata un’esperienza piacevole. Di certo rivivere quell’esperienza nel bel mezzo del nulla e senza magia, proprio non era tra i suoi desideri.

Quello che voleva invece era trovare quelle dannate Disir… sempre ammesso che fossero state loro a chiamarlo. La verità è che non ne era più tanto sicuro, nei due giorni in cui avevano viaggiato nel deserto, aveva sentito pochissime volte ancora quel richiamo e in base a quello aveva scelto la sua direzione, guidato da un istinto che lui avrebbe definito “primordiale”.

Ma a momenti quell’istinto non gli sembrava poi tanto certo, a volte aveva temuto si fosse trattato solo di un alito di vento, altre volte della sua immaginazione. E se si fosse sbagliato? Se non erano le Disir a chiamarlo? In cosa si stavano cacciando?

Arthur lo aveva seguito senza altre domande. Si era fidato lui, finalmente e questo aveva reso molto contento Merlin, perché anche quella era stata una dimostrazione che ogni cosa era tornata come era un tempo.

E anche se in quei due giorni avevano viaggiato quasi alla cieca, guidati da qualche vocina che Merlin sentiva nella testa, Arthur non aveva opposto obiezioni particolari. Si era limitato a prenderlo un po’ in giro ma poi lo aveva seguito e basta e si era prodigato per sopravvivere a quel viaggio.

Erano già stati attaccati per ben tre volte in soli due giorni e Arthur aveva sempre combattuto al suo fianco e con coraggio, senza pentirsi mai della scelta di seguirlo. SI era lamentato, certo e anche piuttosto spesso.

Ma d’altronde Arthur era pur sempre Arthur e Merlin sapeva benissimo quando il re si lamentava solo per il gusto di farlo e quando invece era coscienzioso. In quei giorni il suo unico scopo era stato quello di punzecchiarlo e sfotterlo e nient’altro. Per cui il mago aveva sopportato tutte quelle lamentele, rispondendo a tono e senza prenderlo sul serio.

Era soltanto lui che non si prendeva sul serio.

“Funziona!” il sovrano aveva un sorriso contento e soddisfatto, nonostante la fatica fosse ben visibile sul suo viso imperlato di sudore e sporco di sabbia. Gli occhi brillavano sempre, come se in tutto quel caos, lui riuscisse a trovare l’unico fattore positivo e ad esserne felice.

Merlin invidiava quel lato di Arthur, quello che lui diceva fosse dovuto alla sua asineria ma che poi in fondo gli dava una gran carica.

“Ora dobbiamo solo cambiare la ruota. Voi sapete come si fa vero?” domandò e Arthur per un attimo perse il sorriso. No, decisamente non lo sapeva.

“L’ho visto fare a Claude una volta. Non è difficile.” Sentenziò con forza, incrociando le braccia come era solito fare quando voleva apparire sicuro di sé. In realtà Merlin sapeva perfettamente che quell’idiota di un re non aveva la minima idea di dove mettere le mani.

“Figuriamoci, con la vostra attenzione non vi sarete nemmeno accorto che avrà usato la magia. Faremmo prima a cercare un libretto di istruzioni nel bagagliaio.”

Arthur fece schioccare la lingua indispettito. “Io so benissimo come si fa.” Replicò imperterrito e Merlin sollevò le sopracciglia per rivolgergli un’occhiata molto significativa. Davvero sperava che lui ci credesse?

Fece quindi per aprire la bocca per l’ennesima risposta a tono, quando si interruppe di colpo.

“Merlin!”

Le parole si bloccarono in gola senza più uscire e Merlin le inghiottì voltandosi di spalle e lasciando vagare lo sguardo tra le dune.

“Cos’è stato?”

“Le ho sentite.”

“Merlin!”

“Dove?”

Si voltò del tutto e fece qualche passo in avanti. “Sono vicine! Lo sento!” ed era vero (“Dove?!”). Qualcosa di diverso stava succedendo in lui, era come se fremesse, come se qualcosa di primordiale – come l’istinto – e profondamente antico, si fosse attivato in lui e nell’aria che respirava.

Tutto intorno, poteva sentirla. La magia.

“Vieni da noi, Merlin!”

“Sono qui.” Bisbigliò. Arthur dietro di lui continuava a ripetere “Dove?” e Merlin sollevò un braccio per zittirlo. Non era il momento quello per una replica, anche se dovette ammettere che le domande stupide avrebbero potuto scatenare tutta la sua fantasia.

Scosse il capo per non distrarsi e si fece più avanti, finché non poté vederla. Una piccola insenatura, una fessura nera che squarciava insolitamente una duna di sabbia. Da lontano e senza farci caso non avrebbero potuto notarla ma nel momento in cui si era sprigionata la magia, Merlin non si sarebbe potuto sbagliare.

Si voltò a sorridere al sovrano, mentre sentiva la magia pizzicargli la pelle e stuzzicarlo e la cosa lo eccitava. “Le abbiamo trovate.”

Arthur lo stava fissando, serissimo in volto e vagamente preoccupato. Merlin poté notare una gocciolina di sudore scivolargli dalla fronte lungo tutta la guancia e poi ciondolare per alcuni istanti sul mento. Non ebbe il tempo di chiedersi perché si fosse incantato in quel modo a vederla, scosse la testa mentre Arthur parlava con voce non del tutto ferma.

“Dobbiamo… entrare?”

“Non necessariamente.” Il tono del mago era inspiegabilmente calmo, la magia lo rassicurava al punto che non sentiva più la fatica né l’agitazione per l’attacco di prima. Eppure la tarantola era ancora lì vicino, anche se ormai esanime.

“Posso andare soltanto io. Voi restate qui a cambiare la ruota.”

Arthur lo studiò aggrottando la fronte e annuì lentamente. Doveva aver notato quel cambiamento in lui, perché continuò a fissarlo stranito per lungo tempo, anche quando lui gli diede le spalle e cominciò ad avviarsi verso la fenditura.

Con quel gesto si buttò alle spalle anche tutti i pensieri. Adesso aveva solo una domanda da porre alle Disir e voleva tutta la verità.

*

Ce l’aveva fatta… aveva mai avuto dei dubbi?

Arthur osservò compiaciuto il suo perfetto lavoro di cambio di ruota. C’erano voluti una buona dose di imprecazioni e diversi lividi sulle braccia, però alla fine ce l’aveva fatta. Ok, forse c’era anche voluta un’ora e ad un certo punto s’era pure perso un bullone ed era stato un quarto d’ora a cercarlo… però, diamine! Ce l’aveva fatta!

In barba a tutte le battutacce di Merlin che non si fidava del suo istinto di sopravvivenza. Lui, dopotutto era enormemente bravo quando doveva fare qualcosa che non aveva mai fatto, tipo cambiare una gomma del fuoristrada. Di fatti ora la gip era perfettamente funzionante e con una ruota nuova di zecca al suo posto.

“Bene… ora manca solo…”

Arthur fece vagare lo sguardo verso la duna in cui era svanito Merlin diverso tempo prima. Fino a quel momento le fatiche con la ruota di scorta lo avevano tenuto impegnato ma adesso che si era fermato, un pensiero preoccupato lo aveva assalito.

Merlin dov’era finito?

Era da un bel pezzo che era entrato dalle Disir e poi non ne era più uscito. Che fosse stato in pericolo?

Di colpo si sentì un profondo idiota: e se fosse stato tutta una trappola?! Se a chiamare Merlin non fossero state le Disir ma qualcuno che voleva fargli del male?

“Accidenti!” imprecò a denti stretti, affrettando il passo verso la duna e scorgendo quella piccola linea scura che pareva un passaggio. Stava quasi per addentrarsi, quando lo vide.

Una macchia allampanata che usciva all’aria aperta, i capelli neri e scarmigliati, lo sguardo basso e impensierito. Bastò una rapida occhiata per accorgersi che non aveva ferite addosso e la cosa lo tranquillizzò.

“Merlin!” gli andò incontro gridando. L’altro dapprima non reagì, continuò a camminare lentamente con l’aria assorta in chissà quali pensieri. Quando però fu a pochi metri da lui, all’ennesimo richiamo, il mago parve riscuotersi.

“Merlin! Stai bene?!”

Lo stregone gli rivolse uno sguardo stralunato, cosa che preoccupò un altro poco Arthur che si chiese cosa fosse accaduto in quella grotta.

“Hai incontrato le Disir?” provò allora, sperando che Merlin rispondesse una buona volta. Il mago finalmente annuì e Arthur cacciò un sospiro sollevato. “E… cosa ti hanno detto?”

Alla domanda seguì una reazione che Arthur non si sarebbe mai aspettato: vide gli occhi di Merlin sgranarsi al punto che tutta la fronte si riempì di pieghe; sollevò anche le spalle e le braccia che scosse con vigore, per potersi allontanarsi da lui.

“Niente! Non mi hanno detto niente!!” esclamò di getto, la voce che risultava più stridula di quanto Arthur ricordasse.

“Come sarebbe a dire niente, scusa? Non ti hanno detto come riavere la tua magia?” replicò il sovrano sorpreso, andando incontro a Merlin che faceva altri passi indietro. Le parole risuonarono nel cervello – probabilmente vuoto – del suo interlocutore per alcuni istanti e lui parve ponderarvi sopra, prima di riprendere il controllo e di cacciare un lungo sospiro.

Arthur poté osservare le spalle chiuse in se stesse e l’aria affranta che sfuggiva dal volto di Merlin.

“No.” Ammise infine il mago. “Non me lo hanno detto.”

Il silenzio fu tutto ciò che seguì quell’ammissione. Arthur fissò con insistenza ogni suo movimento ma Merlin non fece nulla, tranne sospirare ancora e ad un certo punto, scostarsi di lato per poter tornare al fuoristrada.

“Torniamo indietro.”

Il re non fiatò, si limitò a seguirlo e a rimettersi alla guida. Eppure dentro di lui qualcosa non quadrava. Era convinto che Merlin gli stesse mentendo.

Perché ormai lo conosceva fin troppo bene e aveva capito che il mago era il tipo di persona da anteporre a se stesso gli altri e soprattutto lui, ogni volta che c’era un pericolo. E poi quelle reazioni… una volta lo avrebbe dato per stupido e avrebbe fatto spallucce, ora invece era diverso. Ora sapeva che dietro i suoi comportamenti strambi c’era sempre qualcosa.

E sarebbe riuscito a cavare quel dannato ragno dal buco, di questo era certo.

 

 

Il fuoristrada camminava spedito già da diverse ore. Arthur alla guida aveva fatto finta di niente per tutto il tempo e aveva anche evitato di parlare con Merlin, nonostante quel silenzio quasi gli opprimeva le orecchie tanto era pressante.

Eppure se n’era accorto: Merlin di tanto in tanto lo guardava di sottecchi. Era come se lo stesse studiando, puntava gli occhi blu sul suo profilo per un po’ e poi di nuovo tornava a guardare la strada.

Arthur si chiese il perché, quando queste azioni si erano ripetute per la quindicesima volta. Che cosa passava per la testa di quell’idiota, era invece la domanda che frullava nella sua di capoccia.

All’ennesima occhiata, Arthur decise di torcere il collo verso di lui e di intercettare quello sguardo. Merlin se ne accorse e sgranò gli occhi, poi distolse subito l’attenzione lasciandosi sfuggire un’espressione imbarazzata.

Arthur si trattenne dall’arricciare le labbra e tornò anche lui a seguire la strada, non sapendo cosa pensare.

Che diamine gli avevano detto le dannate Disir?

“Merlin…”

“Torniamo a Camelot.” Il mago lo interruppe prima che potesse dirgli qualsiasi cosa. Non che Arthur avesse idea su come intavolare il discorso, visto che il mago era schivo e taciturno ma trovò comunque irritante quella presa di posizione.

“Che fai, li dai tu ora gli ordini?” chiese pungente, lanciandogli un’occhiata di sbieco. Lo vide stringere le labbra ed evitare accuratamente il suo sguardo.

“Sto solo proponendo di andare a Camelot.” Si corresse ma Arthur non poté non accorgersi dell’inflessione particolare con cui iniziò la frase. Era come se volesse replicare con il suo solito modo irriverente ma quello che ne uscì fuori fu solo una pallida copia.

“Ma senza la tua magia, come faremo?”

“Troveremo un modo.” Merlin adesso era risoluto. A quel punto però, Arthur già era arrabbiato ma cercò di trattenersi, perché sapeva che se gli avesse urlato contro, il mago non avrebbe scucito una parola.

“Cosa ti hanno detto le Disir?” provò allora, incalzante, i respiri erano lunghi per cercare di calmarsi.

“Niente.”

“Non è vero.”

La risposta fu così secca che Arthur poté vedere facilmente Merlin vacillare e tentennare nella risposta. “Niente di utile comunque.”

“Non posso crederci! Se ti stavano chiamando e ti hanno fatto fare un viaggio così lungo nel deserto non sarà stato certo per un saluto di cortesia!” esclamò Arthur, sentendosi profondamente intuitivo in tutta quella faccenda. “Avanti, cosa ti hanno detto… veramente?”

Merlin non rispose. Continuava a guardare ostinatamente fuori dal finestrino, le braccia incrociate e l’aria contrariata come di chi è costretto a fare qualcosa che non si vuole in nessun modo.

Merlin…” il suo tono, quello minaccioso. Ancora nessuna risposta.

Merlin…

Avrebbe continuato a chiamarlo per tutto il giorno se fosse stato necessario. Lo avrebbe convinto per sfinimento! Stava per pronunciare ancora una volta il suo nome, quando il mago adocchiò la strada davanti a loro – che lui al momento non vedeva – e sgranò gli occhi.

“Attento!”

Un grido, le mani del mago sul volante sopra le sue e poi un’ombra nera a coprire la visuale. Poi tutto divenne un turbine di lamiere e di immagini capovolte e furono rumori strani e dolore. Tanto dolore.

*

Merlin tossì con forza, avvertendo nuovamente l’aria prepotente dentro i polmoni. Per un lungo terribile momento era stato persino incapace di respirare ma poi tutto era tornato alla vita e il respiro, il battito del cuore, i pensieri. Tutto era tornato. E nell’abitacolo era solo.

Tossì ancora e ancora, cercando di muoversi e rendendosi conto di essere bloccato soltanto dalla cintura di sicurezza. Tutto il mondo era capovolto ma quando riuscì a staccare la cinghia, la forza di gravità fece il suo dovere e il corpo cadde di peso al suolo.

Non sentiva dolore da nessuna parte ma era ancora troppo scosso anche per emettere suoni dalla bocca. Con uno sforzo strisciò fuori dal fuoristrada e subito cercò di guardarsi intorno.

Aveva visto in un attimo cosa li aveva attaccati. Era stato uno di quei vermi giganti che già aveva avuto la fortuna di incontrare tempo addietro e che lo avevano lanciato contro il tronco di un albero. E in quel momento poteva avvertire di nuovo la stessa paura di quel giorno, i suoi sensi all’erta e nel naso quel puzzo terribile di rancido che ricordava provenire dalle fauci della bestia.

Prima di allontanarsi dalla gip, agguantò un fucile a fotoni riverso sul tettuccio ormai capovolto del mezzo e poi cercò a fatica di alzarsi in piedi. Il suo primo pensiero ovviamente, era stato individuare Arthur e con una muta preghiera a tutti gli dei dell’Antica Religione sperò che fosse ancora vivo e che l’incidente non lo avesse ucciso.

La sola idea lo fece tremare per cui strinse i denti e cercò con lo sguardo sia il verme che Arthur. Fu sconcertato nel constatare che non gli riuscì di vedere né l’uno né l’altro e per un momento il feroce pensiero che quella bestia avesse potuto mangiarselo, aumentò con un’impennata il suo terrore.

Non si azzardò a gridare, perché sapeva bene che quelle bestie venivano attirate dalle onde sonore che si propagavano nel terreno. Provò tuttavia a fare qualche passo in avanti, il cuore in gola e la bocca secca al punto da non riuscire nemmeno a deglutire.

Ancora alcuni passi in avanti, prima di scorgerlo. Arthur era riverso al suolo, immobile e con gli occhi chiusi, esattamente dall’altro lato del fuoristrada. Probabilmente quando il mezzo si era ribaltato, lui era stato sbalzato fuori e aveva perso conoscenza.

“Ti prego, fa che sia così… fa che sia così…” la sua flebile preghiera continuò, mentre con passi lenti e misurati cercava di raggiungerlo. Raggiunse il muso della gip a fatica, perché avrebbe voluto correre ma sapeva che il pericolo non poteva essere cessato.

Eppure si spaventò ugualmente quando il vermone comparve dal suolo all’improvviso, sbucando proprio davanti a lui. Cacciò un gemito strozzato e istintivamente strinse l’arma a sé e colpì in direzione della testa dell’animale.

Fu un colpo di fortuna certamente. Altrimenti come avrebbe potuto centrare in quel modo la sua bocca? La creatura colpita nel suo punto debole, venne sbalzata all’indietro e poco dopo morì contorcendosi sulla sabbia.

Merlin ebbe appena il tempo per riprendere il fiato, poi tornò a dedicare attenzione al suo re, che giaceva inerme sulla sabbia. Si inginocchiò accanto a lui, preoccupatissimo e con delicatezza lo voltò supino e gli prese il volto tra le mani.

“Arthur! Arthur!” la voce finalmente gli era tornata ma fuoriuscì bassa e gracchiante e dovette schiarirla prima di poter richiamare il sovrano.

Provò a scuoterlo ancora, prendendolo per le spalle per sollevarlo e con l’altra mano lo schiaffeggiò delicatamente. Per un attimo il ricordo indelebile di Arthur senza vita gli attraversò il cervello ma lui lo scacciò con forza e si tirò indietro anche quelle stupide lacrime che volevano uscire.

“Arthur, ti prego, svegliati!”

Il suo cuore batteva ancora, lo sentiva! Non doveva disperare. Il sovrano infatti, a poco a poco aprì gli occhi e per un lungo momento, si guardarono silenziosi: Merlin con il suo sorriso ebete e felice e Arthur semplicemente grato e sereno.

“Siete un idiota! Mi avete fatto prendere un colpo…” gli fece notare il mago, le braccia ancora intorno a lui e per niente intenzionate a mollarlo. Arthur si portò una mano alla testa che evidentemente girava fin troppo.

“Sono già morto, Merlin, non poteva succedere di nuovo così…”

“Resta che siete un asino testa dura! Potevate mettere la cintura di sicurezza!”

“Mi stai di nuovo dando ordini?”

“Certo che sì!” esclamò risoluto il mago e Arthur ridacchiò brevemente. Così come Merlin non si muoveva, nemmeno lui diede cenno di volersi sollevare da quella posizione.

Dopo un istante di silenzio, Arthur parlò ancora e il tono si fece grave. “Merlin… cosa ti hanno detto le Disir?”

E il mago si adombrò, ormai troppo stanco e provato per poter sollevare ancora le sua difese. Perciò non poté fare altro che dirgli i suoi pensieri. Non tutto ovviamente… perché Arthur non avrebbe potuto comprendere la verità senza compromettere ogni cosa. Di questo Merlin ne era convinto e poi le Disir erano state chiare a riguardo.

“Hanno detto…” tentennò leggermente. Arthur lo fissava in attesa e lui infine si decise.

“…che non sarà possibile. La mia magia non si risveglierà mai.”

 

Continua….

 

Ehilàààà!! Faccio ancora in tempo a pubblicare, tecnicamente è ancora lunedì per qualche minuto u_u

Allora! Ovviamente avevo tutta l’intenzione di tenervi sul filo del rasoio e non farvi sapere cosa hanno detto le Disir… secondo voi che cosa è successo là dentro? ^__^ hahaha

Avanti con le teorie! =P sappiate che son curiosa! Perciò COMMENTATEEEE!! Su su che lo so che ci siete u_u siete un sacco che leggete silenziosamente e di questo vi ringrazio ma se ogni tanto mi lasciate anche un commentino sarei più contenta :P

Detto ciò ringrazio anche tutti quelli che continuano ad inserire la storie tra le seguite e le preferite (e pure le ricordate ma ancora devo capire a che serve quella raccolta -.-) e soprattutto a chi prende un po’ del suo tempo per commentare!!

Un grazie sincero a Lucylu, Lunaris, brin leah, chibisaru81, Pandora86 e Pandina99! Vi adoro! *-*

Al prossimo capitolo! Che promesso stavolta si intitolerà sul serio “Io vorrei non vorrei” XD

Baci!


   
 
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