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Autore: Ruta    25/03/2014    2 recensioni
Per chi ha occhi con cui osservarlo, il cambiamento è nell'aria, leggero e impalpabile.
John Watson comincia a rendersene conto.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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La differenza era sottile, ma tangibile e una volta che se ne accorse, per John Watson fu impossibile tornare indietro. (“Acceso il cervello non lo si può spegnere”, ricordava di aver detto un inverno di molti anni prima a Sherlock. Dapprima lui era parso indifferente, poi aveva aggrottato la fronte. Era in uno dei suoi momenti meno collerici e scontrosi, avevano appena risolto un caso.  
John aveva scosso la testa, impedendogli di esprimere ad alta voce l’opinione sferzante che si profilava all’orizzonte. “Una frase fatta, lascia stare.”
Ricordava che Sherlock avesse borbottato durante l’intero tragitto, di ritorno dalla scena del crimine a Baker Street. “Innescato un processo è doveroso portarlo a termine”, aveva dichiarato con aria compiaciuta mentre scendevano dal taxi. “Un’espressione linguistica più calzante. Spero che te ne ricorderai in circostanze future, John.”)
John se ne ricordò adesso. 
Osservò con sguardo clinico il quadretto che aveva di fronte: obitorio del Bart’s, Molly Hooper e una tazza di caffè. Una scena ricorrente sennonché. Sennonché non era stata Molly a porgerlo, ma Sherlock. Sherlock. Sherlock che non faceva mai niente senza aspettarsi qualcosa in cambio. Do ut des, John. Tienilo a mente.
John non aveva dimenticato l’ultima, unica volta in cui gliene avesse offerto uno. I disastrosi effetti collaterali di un atto di gentilezza artificiosa. Doveva avvertire Molly? Pareva doveroso. La voce della coscienza – di Mary - lo trattenne: non essere paranoico.
John tacitò l’istinto e attese quindi. Attese con impazienza, dando mostra di esaminare il cadavere del John Doe steso sul tavolo operatorio e seguendo il procedere della conversazione con la coda dell’occhio. Molly che accettava il caffè con un sorriso, che ringraziava senza balbettii nervosi. Padrona della situazione, di se stessa. Come se fosse normale amministrazione che –
John sussultò. Suonava incredibile, quasi impossibile, ma doveva aver visto giusto. Non era la prima volta che capitava. Valutò le opzioni. Per ben disporla? Come mero risarcimento per averla strappata alle sue cartelle cliniche in arretrato? O per aver prolungato il suo turno oltre l’orario?
Soltanto Dio poteva saperlo. E Sherlock.
John, sovrappensiero e tutto preso dalle sue congetture, non si accorse del sorriso soddisfatto di Sherlock né dello sguardo di rimprovero di Molly.

 

 

Ci si aspetta di tutto, ma non si è mai preparati a nulla.
M. Swetchine

 

 

 

 

 

 

Metamorfosi

 

 

 

 

“Tu va’ a casa. Io rimarrò un altro po’. Sto conducendo un esperimento su-”
Non fu necessario proseguire. Senza una parola di saluto, John marciò fuori dall’obitorio con l’andatura di un sonnambulo, come se avesse assistito a qualcosa di sconcertante, che lo aveva sconvolto.
Molly provò un subitaneo moto di pena. Si voltò verso Sherlock con le mani sui fianchi. “Sei un pessimo amico.”
“La tazza che mi hai regalato lo scorso Natale dice il contrario.”
“Oh, tu!” sbottò Molly.
“Molly.” Sherlock si curvò, le braccia incrociate dietro la schiena. Aveva l’espressione affascinante di quando aveva intenzione di abbagliarla, un sorriso da adolescente. “Non provare a dirmi che non ti sei divertita anche tu. Ti mordevi le guance.”
Non aggiunse: Lo so. L’ho visto. Il suo sguardo lo fece per lui.
“E va bene”, concesse Molly con un sospiro esasperato. “Ma non è stato carino quello che hai, d’accordo abbiamo fatto. John sembrava – uhm, sembrava sottosopra.”
“John se la caverà”, decretò Sherlock, arricciando le labbra in modo sospetto. “E no, non è stato carino. È stato esilarante.”
Molly non riuscì a trattenersi oltre. Incrociò gli occhi di Sherlock – di un blu elettrico che brillava d’ilarità. Scoppiò a ridere. “Dio, hai visto come ci guardava?” domandò tra una risata e l’altra. “Sembrava preoccupato, come se… come se temesse che volessi drogarmi o che so io!”
Sorprendentemente Sherlock non rise.
Molly si accigliò. “Cosa?” Ci mise un istante a mettere insieme la nuova prospettiva. “Mi hai drogato? No, non me”, si corresse subito. “Avrei riconosciuto il sapore o l’odore. Inoltre sarebbe controproducente. C’è ben poco di quello che potresti chiedermi che non farei. Quindi chi? La signora Hudson? John?” tentò di nuovo.
Sherlock schioccò le labbra. Tacque, irrigidito, scandagliandole il volto alla ricerca di chissà quali segni. Quando non sembrò trovare quello che stava cercando, qualunque cosa fosse, la tensione si affievolì e prese un’aria rilassata, aperta alle confidenze. “John, durante il caso a Baskerville. Devi averne letto sul suo blog.”
Molly fece mente locale. “Sì, ora ricordo. Il gas allucinogeno, giusto?”
Sherlock annuì. “Se ti interessa saperlo anche i miei genitori, Mycroft e Mary questo Natale, ma si trattava di un potente narcotico ed è stato Wiggins a prepararlo e a somministrarglielo.”
“Perché tu gli hai detto di farlo.”   
Sherlock ebbe un breve moto di noia. Cadde il silenzio, non imbarazzante e spinoso, piuttosto una pausa piacevole.
Molly ne approfittò per trascrivere le informazioni del John Doe, ora riconosciuto Will Minchin. Per la famiglia il ritrovamento avrebbe mitigato la tragedia.  
“Hai detto che John sembrava sconcertato.”
Molly non alzò lo sguardo, continuando a ricopiare gli appunti. “Sì, l’ho detto.”
“Mi sfugge il perché.”
“Ti sfugge perché John sembrava confuso?” Molly quasi non credeva alle parole che aveva appena pronunciato. Non era quello l’effetto che Sherlock intendeva ottenere dal teatrino che aveva messo in piedi? Lo guardò e nella trama di pensieri che gli aveva adombrato il viso scorse le prime avvisaglie di disappunto.
C’era contrarietà nella sua voce, malcontento. “Non trovi anche tu che abbia avuto una reazione esagerata?”
“No?” azzardò Molly.
Sherlock inspirò rumorosamente, le narici allargate. “Molly Hooper, cosa abbiamo detto del rispondere a una domanda con un’altra?”
Ecco. Quando Sherlock usava quel tono, Molly avrebbe avuto voglia di prenderlo a schiaffi. O di baciarlo, in alternativa.
Abbassò la testa in fretta, tormentata dall’idea che dopo tutto questo tempo ancora si perdesse in fantasticherie del genere. “Sherlock Holmes, non ho qui quel tuo dannato manuale per controllare,” replicò in tono sarcastico, “ma sono sicura che fosse qualcosa di altamente illuminante.”
Forse aveva esagerato. Non le importava. Lo stesso arrischiò un’occhiata per constatare fino a che punto la sua risposta lo avesse infastidito. Quel che vide le tolse il fiato. C’era un’intensità nel viso di Sherlock, qualcosa di molto diverso dall’euforia che lo animava durante la risoluzione di un mistero o dal compiacimento che compariva alla fine di un esperimento che aveva mostrato gli esiti prospettati. Uno sguardo che gli aveva visto rivolgere solo a John, in una circostanza particolare.
“Sherlock? Cosa c’è? Ho detto – fatto qualcosa che…”
“Molly.” Sherlock fece un passo avanti, la distanza tra loro era ridotta tutta a una quantità esecrabile di aria. “Credevo avessimo superato da tempo la fase dei tartagliamenti.”
Molly fu fiera di non essere ancora arrossita.
“Lo stesso”, proseguì Sherlock, serio e pensoso, allungando una mano verso il suo viso e poggiandogliela sulla guancia – Molly rabbrividì al contatto della pelle di lui con la sua e non per il freddo, sgranò gli occhi -, “non posso dire che non mi sia mancata questa parte di te.”
“Sherlock”, disse lei, intendendo molto altro. Cosa diavolo stai facendo? Se è uno dei tuoi giochi ho uno scalpello e una mano in grado di usarlo e –
Sherlock riempì lo spazio che li divideva con la sua presenza ingombrante e la baciò. E Molly non smise di pensare. Non sentì i fuochi d’artificio o altre amene chincaglierie romantiche. Aveva piena coscienza della bocca di Sherlock che si muoveva sulla sua, delle sue mani tra i capelli. Le aveva strattonato l’elastico e ora le ricadevano sulle spalle. Alla fine si sarebbe ritrovata un nido di rondine al posto della testa, altroché. Non che si stesse lamentando.
“Molly. Smettila di pensare. Per quanto pertinenti possano essere, trovo che i tuoi pensieri intralcino l’atmosfera.”
Molly gli sorrise e lui rispose a quel suo con uno così luminoso - pulito da ogni riflessione esterna o secondo fine - che si chiese se fosse tutto un sogno. Forse l’aveva davvero drogata.
“Ipotesi inverosimile”, fu il commento di Sherlock.
“Sherlock”, Molly prese un respiro profondo, “mi hai appena baciata e ad oggi posso assicurarti che questa è la cosa più incredibile e strana che mi sia mai successa.”
“Devo ricordarti della volta in cui quel cadavere che stavi per dissezionare si è alzato a sedere o quell’altra-”
“Per l’amor del cielo, taci!”
L’ultimo suo desiderio era che lui disturbasse l’armonia del momento. Un momento valso un’attesa di sei anni.
Sherlock dovette fraintendere positivamente quel ‘taci’ con un ‘baciami’ perché fu per l'appunto quel che fece.
Ancora e ancora.

 

 

 

E tutto tacque. Eppure in quel tacere s'avanzò nuovo inizio, cenno e mutamento. 
Rainer Maria Rilke

 

 


 

N/a:

C’è poco da dire. In effetti nulla. Solo la speranza, come al solito, di averne cavato qualcosa di almeno decente e una lettura tutto sommato gradevole.
Un abbraccio e buona primavera a tutti :)

  
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