There's a party in my head and no one is invited
Syd amava la bellezza, la bellezza che salverà il mondo. E quella bellezza avrebbe salvato lui? La voleva tutta la bellezza, la voleva tutta per sé. Sentiva di doversi scusare, a volte, perché teneva la bellezza tutta per sé, senza più condividerla con gli altri, come invece aveva sempre fatto, fino a quel momento. La chitarra ora suonava nella sua testa, i pennelli stendevano i colori all’interno dei suoi occhi.
Un bisogno troppo forte, aveva la necessità di custodirla tutta dentro. Una danza di bellezza, una festa solo per lui.
Si strinse la testa tra le mani, serrando al contempo le palpebre. Perché, dannazione, la situazione gli stava sfuggendo di controllo. Cos’era quella confusione incontrollabile che rimbalzava da una tempia all’altra?
Riaprì gli occhi, si asciugò il sudore sulla fronte con il dorso di una mano e con l’altra afferrò la penna, stringendola in modo spasmodico e calcò su un frammento strappato di carta: “Oh, full of scorpions is my mind, dear wife”. Il Macbeth. Un secondo dopo aveva cancellato violentemente la parola scorpions, bucando il foglio, e sotto aveva tracciato cinque lettere: worms.
Con calma, poi, prese un foglio intero, bianco e scrisse un brano in cui chiedeva aiuto, in cui capiva che forse non poteva stare solo, ma in cui non era sicuro che ci potesse essere speranza. “And the worms ate into his brain”.
Appoggiato allo schienale della sedia, si picchiettò la testa con la penna. “Ci sono i vermi che fanno la festa, qua dentro”
And you will never come close to how I feel