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Autore: Lady_Angel    27/03/2014    1 recensioni
"Gli bastava osservare quegli occhi verdi per rivedere quelle scene dolorose e per notare il terrore che ormai si era impossessato del suo sguardo."
Piccola Flashfic sul caro Makoto
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutti nascono con delle doti: la scrittura, il disegno, il canto, l'atletica, il calcio..
Makoto aveva un pregio: era acquatico; goffo sulla terra, ma elegante dentro l'acqua.
Come tutti i nuotatori, anche lui aveva uno stile preferito e questo era il dorso. I rumori ovattati, il suono delle braccia che accarezzavano la superficie azzurra, l'odore del salino e del cloro, l'aria che si infrangeva sul viso, questo stile poteva permettergli di assaporare tutto e Makoto non poteva farne a meno perché lui si sentiva a pieno contatto con l'acqua, la sua amica.
Quella piscina era diventata la sua casa, un rifugio che gli permetteva di nascondersi dalla realtà e il dorso lo aiutava a sentirsi libero.
Nuotava per l'amicizia, per cacciare via i pensieri e per nascondere un segreto, un orrore avvenuto molti anni prima e che i suoi occhi difficilmente potevano cancellare: una fila di gente pronta a dare l'ultimo saluto a quello che, il piccolo, considerava un uomo da ammirare. Vittima di quello che, il giovane Tachibana , considerava "amico": il mare.
Era strano, ciò che più amava era riuscito a ferirlo, a lacerare non solo il suo cuore, ma anche quello di un famiglia che non poteva più rivedere il proprio caro.
Era bambino e già aveva imparato che l'acqua era come un gatto: elegante e dolce, ma, allo stesso tempo, cattiva e letale; bastava un niente per trasformare quello spettacolo così maestoso, in uno scenario straziante.
Makoto tremava, stringendo la mano del suo migliore amico e nel mentre la paura prendeva il sopravvento. Non era spaventato dall'acqua addomesticata, quella rinchiusa in una piscina, ma era terrorizzato da quella selvaggia, libera e senza protezioni. Nessuno, lì, l'avrebbe mai salvato perché le onde, senza lasciare traccia, potevano inghiottire decidendo, così, il destino degli sventurati.
Makoto, aveva il terrore del mare aperto, ma non lo diceva. Non se ne vergognava, ma la reputava una cosa futile, non degna di essere considerata. Così, davanti all'affermazione "alleniamoci in mare", titubante, sorrideva falsamente; nessuno se ne rendeva conto, nessuno eccetto il suo migliore amico. Lo stesso compagno che, durante quella logorante processione, gli aveva tenuto la mano; Haru lo sapeva, sapeva che quel sorriso non era vero. Gli bastava osservare quegli occhi verdi per rivedere quelle scene dolorose e per notare il terrore che ormai si era impossessato del suo sguardo.
La bocca poteva mentire, ma solo un vero amico era capace di vedere quella verità impressa in quegli occhi verdeggianti; Haru, poteva svelare il segreto ed il terrore che perseguitavano il nuotatore da anni, ma non lo faceva. Aveva paura che, parlandone, Makoto avrebbe rivisto quell'orribile processione ed avrebbe ricominciato tremare davanti al mare;chi lo sa, forse, un giorno, Tachibana, sarebbe riuscito a sconfiggere quell'incubo raccontandolo, finalmente, con un vero sorriso sul volto.

   
 
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