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Autore: neoeli91    27/03/2014    1 recensioni
[...] - Ti hanno quasi scoperta?! - enfatizzò mio fratello allarmato, che probabilmente da quella frase non mi aveva più dato retta - Ti rendi conto che quelli sono mafiosi? - continuò fissandomi agitato - Ancora non capisco come Kibum abbia potuto affidarti una missione del genere - terminò mentre si portava una mano alla fronte scompigliandosi i capelli. [...]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due settimane prima mi ero ferita al braccio e quella sera sarei finalmente tornata all’ospedale per togliere la fasciatura. Come avevo concordato con Kibum, nelle due settimane precedenti avevo lavorato per lui alla sede e non era stato per niente facile!

- Devi archiviarmi questi file per domani mattina - mi ordinò Kibum posando sulla scrivania un pila infinita di fogli - Sono i resoconti delle missioni portate a termine il mese scorso.
- Così tanti? - ribattei prospettando una lunga e noiosa giornata di lavoro.
Kibum mi sporse verso di me - Non hai detto tu di volere lavorare in ogni modo? - replicò - Allora fallo!
Io sbuffai - Come vuole lei! - lo presi in giro per poi iniziare a controllare i fogli. Lavorando con una mano sola c’impiegai il doppio del tempo che solitamente avrei speso, ma non avendo altro da fare non ne feci un dramma.
Lavorai senza sosta dalle 8.00 alle 14.00 quando Kibum si rifece vivo - È ora di pranzo - esordì - Vieni! - continuò facendomi alzare e dicendomi di seguirlo.
- Dove stiamo andando? - chiesi quando notai che ci stavamo dirigendo fuori dalla sede.
- Al ristorante - proferì lui come se fosse la cosa più naturale del mondo - La maggior parte degli agenti mangia lì. In sede, come sai, è vietato. - concluse.
Camminammo per un paio di minuti, finché arrivammo davanti ad un piccolo ristorante in stile tradizionale. Kibum si fermò e mi disse che eravamo arrivati, dopodichè entrammo.
Ordinato il cibo aspettammo che ci venisse servito. Il locale era praticamente vuoto, e come poteva non esserlo? Erano le 14.00 del pomeriggio! Il periodo di attesa fu infinito e il silenzio che continuava a persistere non aiutava di certo. Poi finalmente Kibum parlò - A che punto sei con i documenti? - mi chiese più per parlare che per reale interesse.
- Sono a più di metà - rivelai soddisfatta - Per stasera sarà tutto pronto! - assicurai.
Il volto di Kibum si rilassò - Perfetto! - proferì per poi spostarsi e far passare il cameriere che posò il cibo sul nostro tavolo. A quel punto iniziamo a mangiare e calò nuovamente il silenzio. Sperai che da un momento all’altro entrasse qualcuno dei miei colleghi da quella porta, ma purtroppo non fu così.
Avevamo quasi finito di mangiare e stavo poggiando le bacchette sulla ciotola più grande, quando urtai una di quelle piccole facendola cadere dal tavolo. Notato ciò mi girai immediatamente per prenderla ed evitare che cadesse a terra quando Kibum mi anticipò prendendola al mio posto. Fu in quel momento che mi ritrovai a pochi millimetri dal suo viso: lui mi guardava con i suoi grandi occhi neri senza dire nulla. Quando mi resi conto di ciò che stava accadendo, mi spostai immediatamente girandomi verso il lato opposto del locale per poi bere un sorso d’acqua, non che avessi sete, ma mi venne spontaneo. Ero agitata e pensavo che bevendo mi sarei tranquillizzata ma ci volle un po’ prima che tornassi calma come prima. D’altro canto, lui si limitò a riposare la ciotola sul tavolo e riprendere a mangiare.
Terminato il pranzo tornammo in sede dove lavorai fino a notte fonda, molto probabilmente mi addormentai perché, quando alle 3.00 mi risvegliai mi ritrovai china sul computer con una coperta, posata sulle spalle. Ignoravo come ci fosse arrivata ma non ci diedi peso. La posai, spensi il computer e dirigendomi all’uscita mi ricordai che non potevo guidare così telefonai a mio fratello nella speranza che fosse ancora sveglio. Lo era ma stava lavorando così decisi di andare a piedi (ci avrei impiegato venti minuti ma non avevo altra scelta) quando qualcuno mi urtò e girandomi notai che era Kibum. Stava uscendo anche lui e mostrandomi le chiavi dell’auto mi disse - Ti accompagno a casa - sembrava più un’affermazione che una domanda, ma non avendo altra scelta lo assecondai.
- Hai finito ora? - mi domandò una volta in auto
- Sì - mentii. Se gli avessi detto che mi ero addormentata di sicuro se la sarebbe presa con me.
- Pensavo ti fossi appena svegliata - proseguì lui - Un paio d’ore fa sono passato e ho visto che stavi dormendo - rivelò
- Sì, ecco - iniziai per poi essere interrotta - L’importante è che tu abbia finito - proferì calmo - Dato l’orario posso anche concederti un pisolino, sei in piedi dalle 7.00 - concluse fermando l’auto. Ero arrivata a casa.

Erano le 20.00 in punto e accompagnata da Tae mi stavo recando all’ospedale per rimuovere la bendatura. Non vedevo l’ora, odiavo stare ferma e quelle due settimane erano state eterne. Io amavo essere attiva, la vita sedentaria non faceva per me!
- Ti aspetto qui fuori - mi avvertì Tae quando fummo davanti all’ambulatorio del dottore.
Io annuii. - Farò presto… spero! - affermai per poi entrare, per fortuna era già il mio turno.
Una volta tolta la benda, il dottore si raccomandò di riprendere con calma le attività pesanti, proibendomi di lavorare ancora per una settimana, in compenso potevo iniziare ad usare il braccio.
Uscita vidi Tae che giocava con il cellulare e quando mi vide, sorridendomi mi venne in contro - Tutto ok? - mi chiese
Gli mostrai il braccio finalmente libero - Sì! Devo solo riprendermi con calma e questo vuole dire che…
- Non lavorerai per un altro po’, esatto? - intervenne anticipando le mie parole.
- Già - risposi triste e arrabbiata - Io volevo ricominciare…
Mentre Tae cercava di tirarmi su di morale, uscimmo. Orami era buio pesto ma le luci esterne dell’ospedale illuminavano il vialetto che portava al parcheggio.
Stavamo parlando e scherzando quando accadde l’impensabile!
Eravamo quasi arrivati alla nostra auto quando venimmo attaccati: tre uomini incappucciati ci colsero di sorpresa. Uno di loro colpì Tae alla testa facendolo svenire, mentre un altro mi prese da dietro coprendomi la bocca.
- Bene, bene guarda chi abbiamo qui! - esordì quello davanti a noi, si levò il cappuccio era Minho, lo riconobbi subito. Cercai di parlare ma l’altro mi bloccava la bocca impedendomi quasi di respirare. - Jonghyun non ucciderla subito - riprese Minho rivolgendosi a quello che mi teneva ferma - Voglio prima farla soffrire! E quale modo migliore se non torturare il suo amato fratello? - continuò avvicinandomi a Tae e prendendogli il viso ridendo. Io tentai di agitarmi ma senza successo, le forti braccia di Jonghyun erano troppo anche per un agente allenato come me.
- Portalo via! - riprese rivolgendosi a colui che aveva colpito mio fratello - Ci occuperemo di lui più tardi. - capii che la situazione si stava mettendo male così, senza farmi vedere attivai l’allarme che mi aveva dato Kibum qualche tempo prima, per fargli capire che eravamo nei guai.
- Come vuoi morire? - riprese Jonghyun divertito - Conosco tanti modi, hai solo l’imbarazzo della scelta!
- Come vorrei morire? - risposi arrogante, avevo appena elaborato un piano infallibile - Così! - gridai per poi colpire con la mia testa quella di Jonghyun; lui indietreggiò immediatamente per il dolore lanciandomi andare. Ne approfittai immediatamente per scappare, non era certo il modo con cui avrei voluto vedermela con loro, ma in quel momento non ero nelle condizioni di affrontare uno scontro fisico, ero ancora troppo debole.
Jonghyun e Minho cercarono di seguirmi ma per fortuna riuscii a sfuggirgli arrampicandomi sul tetto dell’ospedale usando il filo metallico che avevo nel braccialetto, il buio inoltre mi fu d’aiuto. Mi cercarono per un po’, poi imprecando se ne andarono entrambi risalendo su un auto e portando con loro Tae. Ero nel panico, dovevo trovare mio fratello al più presto ma non sapevo come fare, non potevo ancora guidare, inoltre loro erano già sfrecciati via lasciandomi sul tetto dello stabile.
Fu poco dopo che ricevetti una telefonata - Dove diavolo ti sei cacciata? - gridò Kibum dall’altro capo del telefono. Era all’ospedale, sentivo la sua voce direttamente.
- Sono sul tetto - chiarii per poi scendere e raccontargli tutto. Quando gli dissi di Tae poi, scoppiai a piangere, era la prima volta che mi succedeva da anni e soprattutto davanti a lui. Di certo non avrei mai voluto che mi vedesse in quello stato ma ero preoccupata a morte per mio fratello. Conoscevo abbastanza bene quei due e sapevo che potevano diventare davvero pericolosi.
Mentre uno degli agenti portava a casa la mia macchina, io venivo riaccompagnata da Kibum. Passai tutto il tragitto singhiozzando e piangendo, non riuscivo a perdonarmi il fatto di aver lasciato mio fratello nelle mani di quei criminali e mi accusai più volte di essere stata una codarda. Kibum cercò di farmi calmare ma vedendo che non riusciva lasciò perdere.

Quella notte non dormii molto anche per la preoccupazione che molto probabilmente prima o poi mi avrebbero trovata, era me che volevano, lo sapevo per questo tutta la notte rimasi sull’attenti in attesa di un probabile attacco da parte loro. Per fortuna non successe nulla e appena mi svegliai, verso le 7.10, mi diressi alla sede per parlare con Kibum.
- Voglio salvare mio fratello! - esordii senza nemmeno salutarlo
- E come credi di fare? - mi attaccò lui nervoso quanto me, aveva perso un suo grande amico.
Scossi la testa - Non lo so, ma voglio che torni a casa! Li conosco quei due e sono pericolosi!
- Certo che lo sono - ribatté lui - Sono mafiosi! In ogni caso nelle tue condizioni non puoi fare un bel niente!
- Sono guarita! - ribattei - Posso riprendere a lavorare! - dissi mentendo su ciò che mi aveva detto il dottore.
- Non credo proprio che tu possa! Sei appena uscita da un periodo di riposo assoluto, dovrai riposarti ancora! - concluse tassativo.
- E dovrei restare con le mani in man mentre uccidono mio fratello?! - gridai quasi ricominciando a piangere.
Stavamo ancora discutendo quando la porta dell’ufficio si aprì spaventandoci entrambi. Rimasi scioccata quando vidi due persone a me familiari oltrepassarla - Tu tornerai immediatamente a Daegu con noi! - gridò la voce di mia madre, il suo viso non ammetteva repliche.

   
 
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