Cho
o
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C’era una volta
una farfalla che non poteva volare di giorno. Voleva volare di notte, ma c’era
troppo buio e non vedeva nulla. Allora incontrò una lucciola: “Ascolta lucciolina, illumina il mio cielo, il mio
cammino!” chiese la farfalla. “Sì, io lo farò. Ti accompagnerò nel tuo cielo,
finché potrò.” Ma le lucciole vivono poco, e prima o poi... non potrò più volare insieme a te.
-
“Per me Dio e Delphine sono tutto...”
Tutto il mio
mondo, tutto l’universo è rappresentato da loro.
Da lui.
Io, Lucciola,
sono nato al solo scopo di servirlo.
Sin da quando
venni al mondo, forse dalla prima volta che i miei occhi si aprirono, il mio destino fu deciso.
“Tu sarai lo
schiavo personale del fratello del Maestro.”
Come mio
fratello maggiore Cicada, servo diretto di Delphine.
Mi posero
inizialmente sotto la custodia di mio fratello, che mi impartì
i primi addestramenti e le prime regole.
Imparai ad
obbedire.
Non avevo nome.
Non avevo
identità.
Ero un niente.
Ma c’ero abituato. C’ero abituato e
non avevo mai desiderato altro, perché non avevo mai conosciuto altro.
Altro che
ordini, altro che punizioni corporali.
Forse deriva da
questo il mio sguardo rassegnato.
Quello sguardo
che Sua Eccellenza Dio detesta.
Quello sguardo
che non esprime mai nulla, nulla.
Non mi sono
fatto mai domande. Non mi importa di chiedermi perché
proprio a me debba essere riservato questo. Perché
proprio io debba essere servo, perché non qualcun altro.
Non mi importa di saperlo, è così e basta. Sono nato con questa
missione, la missione di proteggere Dio, stargli al
fianco ed asservirlo in tutto ciò che desidera. Questa è la
mia vita, solo grazie a lui io sono qualcuno.
Un servo vale
meno di zero.
Un servo
sopravvive soltanto finché il padrone ha bisogno di lui. Non possiede alcun
diritto.
Ricordatelo.
Questo è ciò
che mi sono sempre sentito ripetere.
Mi avevano
preparato ad accettare ogni suo capriccio, e che gli sarei appartenuto dal
momento in cui mi avesse dato un nome.
Non ci
sarebbero state differenze fra me ed un animale da compagnia.
Non che questo
mi creasse qualche problema... non me lo crea nemmeno
ora.
È il destino
delle cose. Ogni oggetto ha un valore. Il mio è quello di un animale, forse
meno visto che a un animale da compagnia non viene
chiesto di servire. Lo schiavo è schiavo per natura.
È facile vivere
totalmente in funzione di qualcun altro, quando non hai un’identità.
Ed in questo modo avrei potuto
sopportare ogni cosa, ogni cosa... se fosse stato necessario.
Però... stare con Dio non è mai
stato un peso per me.
Fin dalla prima
volta che lo vidi, scorsi in lui una dolcezza che non mi è mai capitato di osservare in nessun altro essere vivente.
Lui è
particolare.
Non si può
descrivere in altri termini.
Ricordo questo,
del mio rapporto con lui... non me ne resi conto subito, ma poi... mi accorsi che lui mi teneva con sé perché aveva bisogno
effettivamente di me... non come si tiene un oggetto, di cui sbarazzarsi appena
ci si stanca. Lui mi teneva con sé perché mi
voleva bene... non per altro. E per me... questa
era una cosa impensabile. Era impensabile che il mio padrone mi considerasse
addirittura un suo pari, mi volesse bene.
In un certo
senso lo è tuttora.
Mi sembra
ancora impossibile che lui possa volermi bene, ma pare proprio che sia così.
Quanto piansi,
quando mi disse che mi considerava suo amico!
Era arrivato ad
offrirmi addirittura da mangiare, andando contro agli ordini del Maestro...
Lucciola... lui
mi ha chiamato così, e da quel giorno io gli appartengo.
Appartengo a
questa creatura dolce come lo zucchero, talmente fragile da avere bisogno di me
per stare in piedi. Per questo io voglio proteggerlo. Non
soltanto perché è un mio superiore. È grazie a lui che io esisto, grazie
a lui ho un nome, grazie a lui sono qui ora, grazie a lui... ho scoperto qual è
il valore della mia vita.
Io non sono un
insetto.
Come le lucciole, che volano alte nel cielo notturno donando luce
al mondo, io voglio donare luce a questa persona che rappresenta il mio mondo, il mio universo.
Almeno per quel
poco che mi è concesso.
Se lui mi vuole al suo fianco ed è
felice, io resterò al suo fianco.
Nonostante tutto.
Nonostante il
fatto che per quanto io voglia aiutarlo, per quanto
voglia stargli vicino, il mio stato è quello che è.
Sono un servo,
tale rimarrò.
Non posso
andare contro il volere di Maestro Delphine.
Il giorno della
cerimonia, il giorno del suo compleanno, io dovrò
essere con Delphine.
Io non lo
vorrei. Vorrei che Sua Eccellenza Dio fosse felice per sempre. Vorrei renderlo
felice.
Ma non posso.
Io non sarò al
suo fianco quando lo porteranno via.
Non ci sarò
più.
E lui vedrà solo tenebre.
Non posso
andare contro il volere del Maestro.
Sono un servo.
E intanto penso
che se la mia vita avesse per gli altri un qualche
valore, la darei al posto della sua.
Lui deve restare
così.
Deve restare un
ragazzo che trova la bellezza nelle cose più semplici, un ragazzo che cerca di
fuggire disperatamente ma che non può sottrarsi al suo destino.
E soffre.
E io soffro con lui.
Con lui e per lui
Lui diventerà
qualcuno che non conosco, qualcuno che non voglio vedere neppure in faccia.
Lui non vuole
perdere se stesso.
Ma non posso oppormi.
Non posso.
Non posso.
Eccellenza,
perdonatemi.
Vi starò ancora
vicino, se mi vorrete.
Lo prometto.
Ma le lucciole vivono poco, e i miei
potrebbero essere solo i desideri di un fantasma, nati per essere schiacciati,
sepolti.
La mia vita
accanto a voi non avrà più senso dopo il giorno del Giuramento.
Io non avrò più senso, perché
sparirà il ragazzo fragile che voglio difendere.
Voi sarete per me un estraneo, io lo sarò per voi.
Anche se mi ordineranno ancora
di restare al vostro fianco.
Ora vi osservo
giocare con le farfalle, voi che ridete allegro e spensierato, voi che mi
guardate con quella vostra inesprimibile dolcezza che non scambierei con
nient’altro al mondo... voi che mi sgridate dicendomi di cambiare espressione
ogni tanto, perché altrimenti non si capisce cosa mi piace e cosa no...
Oh, vi prego
Eccellenza, tentate di capirmi: a nessuno è mai importato ciò che piace o non piace a me... a nessuno interessa ascoltare la voce di una
lucciola.
Forse solo a
voi, e alla delicatezza del vostro cuore che ha imparato ad amarmi.
Vorrei che
vedeste la mia espressione in questo momento, voi che giocate con le farfalle e
siete proprio come loro, tanto bello quanto
delicato... quanto triste, tentate disperatamente di spiccare il volo in un
cielo libero, ma le vostre ali troppo leggere vi tengono sempre troppo vicino
alla terra. Troppo vicino a lei.
Vorrei che
vedeste la mia espressione, mentre vi osservo, perché forse capireste almeno un
po’ del bene che vi voglio. Quel bene che non ho mai espresso, questo bene che
credo indegno di voi.
Io credo di essere
indegno di amare voi, Eccellenza.
Ma vi amo.
Per me voi siete tutto, come io sono tutto per voi.
Che cos’altro conta davvero?
Per me è molto
difficile capire.
Dico sul serio.
C’è quello che
vorrei, e quello che mi ordinano di fare. Ma io non
posso esprimere nulla, perché il mio volere non conta nulla. Non cambierebbe
niente, anche se parlassi.
Credetemi, vorrei potervi
aiutare con tutto il cuore.
Forse mi odierete, forse vi sentirete tradito da me.
E farete bene.
Le lucciole
vivono poco.
E forse per voi io non sarò più un
amico.
FINE
N.d.A. Questa piccola oneshot,
come avrete capito, riguarda la puntata numero 18 di Last Exile, dal titolo “Promotion
Sophia”. Per esteso riguarda la scena finale in cui
Dio viene osservato da Lucciola mentre gioca con delle
farfalle, al tramonto. Trovo che la sua espressione in
quella scena sia una delle cose più dolci che abbia mai visto. Anche le piccole citazioni sono prese da quelle scene,
quando Lucciola assaggia quella specie di frutto datogli dai meccanici della Sylvana, Dio gli chiede se gli è piaciuto e lui esita nel
rispondergli.
L’ho scritta molto di getto, non sono per niente sicura
del risultato, spero comunque che la gradirete. Le
strofe iniziali, la “favola della Lucciola e della Farfalla”, sono di mia
invenzione, e vi pregherei di non utilizzarle altrove.
Grazie.
Vitani