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Autore: DulceVoz    27/03/2014    5 recensioni
Un compleanno, una festa a sorpresa, un amore infinito: la famiglia Galindo si prepara a festeggiare l’uomo di casa con un party inaspettato. Tra risate, una bella rimpatriata dei vecchi alunni dello Studio 21 e regali molto speciali ce ne sarà uno in particolare che rimanderà la mente indietro, al passato, per la precisione ad una data: il 15 marzo... Cosa avrà di così speciale quello che sembrerebbe essere, agli occhi di chiunque, un giorno come tanti altri? Per i nostri protagonisti, ha un valore inestimabile e tutto da scoprire...
“- Perché il regalo mio più grande siete voi… ed è solo nostro per sempre…”
[Pangie & Leonetta]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Leon, Pablo, Violetta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“- Leon, tu sei alto, aiutami con questi festoni!” Angie, come una trottola impazzita, arrivò nel salone armata di scotch, colla, striscioni d’auguri colorati, palloncini e subito depositò il tutto tra le braccia di Vargas che, pensando quel carico meno pesante, per poco non cadde per terra, barcollando di qualche passo all’indietro. “- Dev’essere tutto perfetto, tutto!” sentenziò la Saramego con il tono di chi non ammettesse repliche, per poi fermarsi sull’ultimo gradino della scalinata che dalla sala da pranzo portava al piano superiore, sentendo un inusuale e alquanto preoccupante silenzio, invadere le mura di quella casa. “- Angie se vieni a darmi una mano, forse, finiremo in tempo per l’arrivo di Pablo, non credi?” Leon, alquanto gentilmente fece capire alla donna, ancora immobile su quello scalino, che la stesse aspettando per proseguire i preparativi per quella festa, seppure lei sembrasse preoccupata di altro. Lucas e Maria, i suoi due bambini, erano di sopra con Violetta, la cugina più grande addetta ad essere la loro babysitter in quel momento di caos totale in casa Galindo, eppure quella mancanza di urla e strepiti quasi inquietava la Saramego... che le piccole pesti si fossero addormentate? Impossibile, non dormivano neppure tutta la notte senza svegliarsi almeno ogni tre ore, figurarsi in pieno giorno! “- Angie, tesoro! Vieni in cucina o brucerò qualcosa! C’è troppo da fare per una sola persona e Pablo e i ragazzi saranno qui prima di quanto immagini!” L’urlo di Angelica fece sobbalzare la Saramego che, finalmente, si diede una mossa, se non per aiutare Vargas, almeno  per assistere la madre in cucina. “- Leon, vado un secondo di là, mi faresti il favore di salire un attimo a vedere come se la passano Violetta e company? Questa tranquillità mi preoccupa!” Esclamò la donna con un sorriso teso e, prima che Vargas potesse replicare che dovessero finire di addobbare la casa, si volatilizzò verso la stanza accanto al salone.
 
 
“- Allora, tu finisci questo così dopo lo puoi regalare a papà, sono sicura che sarà felicissimo!” Violetta, seduta sul grande tappeto colorato che copriva gran parte del parquet nella cameretta dei cuginetti, era intenta, insieme alla piccola Maria, a colorare un disegno, probabilmente realizzato con l’aiuto proprio della ragazza. “- Io ho fatto questo così papà ci mette tutte le penne e non saranno più sparse per casa!” esclamò, tutto fiero, il maggiore dei due Galindo, Lucas, sollevando soddisfatto un portamatite, fatto con un bicchiere di carta e decorato con vari tipi di pasta applicati sopra con della colla. “- Ma che bravo! Ne potresti fare anche un altro, sai? Così ne avrebbe anche uno allo Studio! Dopo li dipingiamo così saranno ancora più belli, che ne dici?” sorrise dolcemente Violetta scompigliandogli i capelli, facendo subito saltellare contento il piccolo. Lucas era la fotocopia della madre: un terremoto di 5 anni, grandi occhi verdi e vispi, un caratterino tutto pepe e un bel sorriso solare… dal padre aveva ereditato solo la chioma corvina, per il resto era identico alla Saramego, sempre tanto allegro e furbetto. “- Io ho finito!” la vocina sottile e melodiosa della sorellina fece voltare tutti verso di lei che, orgogliosa di sé, sollevò il foglio verso la cugina che sgranò gli occhi sorpresa. “- Di già? Fantastico, brava! E hai fatto un ottimo lavoro, complimenti! Ora aiutiamo Lucas con le tempere…” sentenziò la Castillo, mentre Leon, affascinato dalla scena, si appoggiò delicatamente con la schiena allo stipite e le mani nelle tasche dei pantaloni, a spiare… quanto era bella e tenera la sua fidanzata? Erano insieme da molti anni ormai, eppure riusciva sempre a sorprendersi della sua bellezza e della sua dolcezza. “- Vilu c’è Leo!” Maria, l’opposto di suo fratello per carattere e tratti somatici, subito corse verso Leon e si avvinghiò alla sua gamba per abbracciarlo, strofinando la sua testolina all’altezza del ginocchio del giovane che rise allegramente. Era una bambina un po’ timida eppure tanto riflessiva ma, con chi conosceva bene, sapeva essere anche tanto socievole e dolce… rispecchiava molto di più il suo papà e lo ricordava anche per gli occhi scurissimi, sebbene avesse ereditato da Angie i capelli color miele. “- Ciao piccoletta!” salutò Vargas, prendendola prontamente in braccio, facendo sì che lei potesse finalmente gettargli le piccole braccia al collo con affetto, per poi schioccargli un bel bacio sulla guancia. “- Leon!  Ho fatto il regalo per papi!” sorrise lei, mentre il ragazzo si avvicinava a dove era ancora seduta Violetta, la sua Violetta, intenta a dipingere con Lucas. “- Brava! Me lo fai vedere?” esclamò il ragazzo, mettendola giù e dandole la manina dolcemente. “- Sì!” urlò lei euforica, correndo verso la cugina e i fogli sparsi sul tappeto vicino a lei. “- E tu, amore mio? Stai facendo il mio ritratto per poi regalarmelo?” la prese subito in giro Vargas, sedendosi accanto alla giovane che, con il pennello ancora tra le mani, lo fissò per poi scoppiare in una risata ironica. “- Pensi davvero che ti stia facendo un quadro? Egocentrico!” lo prese in giro Violetta, sporcandogli volutamente la punta del naso con della tempera blu notte. “- Non… osare… CASTILLO SEI FINITA! Considerati già più colorata di un arcobaleno!” l’urlo di Leon fece sobbalzare Maria, ancora intenta a scavare tra i disegni realizzati, per recuperare la sua opera d’arte e Lucas che, per tutta risposta, iniziò anche lui ad agitare il pennello e a sporcare i due fidanzati. “- Leon! Ti faccio nero!” rise, cominciando a punzecchiarlo con la punta morbida su tutta la camicia, rendendola a puntini verdi. “- Casomai verde, nanetto!” lo riprese il ragazzo, sporcandosi una mano nel piattino con i colori e spiaccicandola sulla maglietta della fidanzata che sgranò gli occhi sconvolta. “- Guerra! Guerra! Guerra!” Lucas che cominciava ad annoiarsi di quella tranquillità imposta dalla cugina, cominciò a gasarsi e Maria, facendosi coraggio, prese ad imitare il fratello e si armò anche lei di pennelli per cominciare a battagliare, sporcandosi dalla testa ai piedi. “- Attenti al tappeto, Angie ci ammazza!” tentò di placarli Violetta, sperando di evitare l’attacco di Leon che continuava a imprimerle altre tinte diverse persino sulle braccia, facendola però sghignazzare almeno quanto lui. “- Leon, basta, smettila!” stremata da quegli attacchi, a cui si era aggiunto anche il primogenito della Saramego contro di lei, mentre la sorellina punzecchiava invece Vargas sulle gambe, Violetta si distese, distrutta, al suolo, chiedendo di interrompere la battaglia per sollevamento di bandiera bianca. “- Mi arrendo!” rise con il fiatone, rendendosi conto di essere distesa in una posizione non molto casta: Leon era sopra di lei, ancora “l’arma” in mano puntata al naso della fidanzata. “- Si arrende! Sentito Lucas? La squadra dei maschi vince!” esultò Leon, alzandosi e portando il piccolo in trionfo per tutta la cameretta sulla possente spalla. “- Vinto, vinto, vinto!” urlava euforico il bambino, mentre Maria prese a piangere tra le braccia di Vilu che, sollevatasi sui gomiti, guardava un po’ in cagnesco il fidanzato e il cuginetto. “- Ce la pagherete!” sbottò la Castillo, mettendosi in piedi e tentando, con alcuni fazzolettini che teneva in borsa, di ripulire alla meglio quel disastro che avevano combinato… anche se fu troppo tardi e una voce, di solito pacata, li fece sobbalzare di colpo... “- Cosa diamine è successo qui dentro?” Angie, gli occhi sgranati sulla stanza, deglutì rumorosamente scioccata di trovare lì dentro quel vero e proprio campo di battaglia ma, la cosa che forse la sconvolse anche di più, erano i quattro, bambini compresi, tutti sporchi dalla testa ai piedi di pittura. “- Rimettiamo tutto a posto, perdonaci zietta!” si giustificò Violetta, alzando le braccia a chiazze fucsia e gialle, in segno di resa e usando un tono dolcissimo sperando di calmare le sue ire. “- Lucas, Maria guardatevi! Siete completamente sporchi! Andiamo a fare un bagno, veloce!” la donna, prontamente, prese la piccola per la mano e fece lo stesso con il maschietto, messo finalmente giù da Leon. “- In quanto a te Vilu, cambiati... e Leon… beh, vai a casa a darti una sistemata… tornerai dopo.” Ordinò Angie, facendo annuire prontamente i fidanzatini. “- Scusa, è stata colpa mia, vado, torno e ripulisco anche la camera.”. “- Non è vero, ha cominciato Vilu!” Lucas, indicando la cugina, subito raccontò come fossero andate davvero le cose e indignò la sorellina, sempre pacifica e giusta. “- Pione!” urlò, facendogli la linguaccia. “- Spione, casomai! E comunque ha ragione Mary, sei uno spione traditore!” sbottò la giovane, facendo scoppiare a ridere Vargas. “- Basta! Che non so chi è più bimbo tra i quattro!” rise la Saramego, nonostante fosse ancora leggermente stizzita per quell’accavallarsi di voci e confusione che stavano facendo. “- Voi piccoli, con me… tu, invece…” disse poi, rivolgendosi al ragazzo che risollevò lo sguardo un po’ imbarazzato e lo puntò sulla padrona di casa. “-Tu salutala e poi fila a casa!” si addolcì la bionda, sapendo che il ragazzo volesse prima passare qualche minuto da solo con la nipote per poi dirigersi alla sua abitazione.
Era da circa tre anni che Violetta viveva a casa dei Galindo, per la precisione da quando German era di nuovo stato costretto a partire per lavoro per trasferirsi in Canada e la ragazza, finita la sua tournée da cantante famosa che era diventata grazie a “Youmix”, non aveva voluto seguirlo considerati anche i suoi numerosi impegni discografici nel suo Paese. Tra firmacopie, concerti live, la prestigiosa sala registrazione in cui incideva che si trovava proprio a Buenos Aires, lei non aveva voluto né potuto partire con lui. Violetta ora era una donna, aveva una carriera che amava da portare avanti e poi le piaceva vivere dai Galindo, anche se, inizialmente, aveva proposto a suo padre di farla trasferire da Leon, il suo ormai storico fidanzato. Ovviamente, però, German non aveva accettato e addirittura minacciava di lasciare il lavoro pur di non farla restare sola in Sud America o, peggio, secondo lui, a casa di Vargas, il ragazzo che la figlia amava e che mai e poi mai la giovane avrebbe lasciato in città per mettere tra loro chilometri ulteriori chilometri di distanza… per quello bastavano i tour di entrambi. Anche Leon, infatti, era un cantante, leader nella sua band di successo, composta con gli amici che un tempo erano stati i suoi compagni dello Studio e dunque, non era da meno alle partenze e agli spettacoli in tutto il mondo,  riuscendo, purtroppo a vedere già poco la ragazza… chiedere a lei, quindi, di lasciare il suo Paese era decisamente troppo! Per fortuna, quel genio di donna che era sua zia, era intervenuta in suo soccorso ospitandola in quella che già da alcuni anni era casa Galindo. La Saramego, circa sei anni addietro, aveva tentato fortuna come compositrice in Francia ma, la cosa più impensabile, fu che non riuscì a resistere a quella vita, non che non le piacesse ma perché sentiva che le mancasse qualcosa, un pezzo di sé lasciato a Buenos Aires. “- Quell’orologio è stato il mio unico pensiero, Pablo è stato il mio unico pensiero in quei mesi Europei…” quante volte la nipote rimaneva incantata ad ascoltare quel racconto così romantico uscir fuori dalla bocca di Angie? La donna, solo con un Oceano a separarla dalla sua vecchia vita, era riuscita a comprendere che chi davvero le mancasse come l’aria era il direttore dello Studio il quale, per tutto il soggiorno a Parigi, non aveva lasciato neppure per un secondo la sua mente. “- L’amore supera ogni barriera, Vilu. Tu e Leon starete insieme per sempre, lo sento…” sorrideva spesso Angie, in conclusione di quella storia che tanto amava raccontare e che la ragazza si incantava sempre ad ascoltare… pochi mesi dopo dal ritorno della Saramego, lei e Pablo si erano sposati ed era nato il loro primogenito, Lucas la peste al quale, dopo due anni, era seguita la piccola Maria, chiamata così in onore della madre di Violetta, scomparsa tragicamente tempo addietro.
“- Finalmente soli, amore mio!” sogghignò il ragazzo, facendola sobbalzare dal suo flusso di pensieri. “- Caspita Angie era furiosa!” ridacchiò la Castillo, allacciando le braccia al collo di Leon che, sin da subito, si perse nei suoi occhi nocciola come fosse la prima volta, come gli accadeva sempre. Era follemente innamorato della sua Violetta e, da quello show , ormai un ricordo lontano, alla fine del quale si erano anche baciati, non aveva più voluto perderla e lei aveva fatto altrettanto, combattendo con le unghie e con i denti contro quelle maledette distanze che, ormai, tentavano di fare da ostacolo. “- Ed ha anche ragione ad esserlo! Sono certo che ormai non mi sopporta più! Sono anni che invado casa Galindo pur di vederti... non appena abbiamo un secondo libero non perdiamo mai occasione per stare insieme qui!” il sorriso luminoso di Leon accecò Violetta che ne rimase incantata per alcuni secondi. “- Ma dai, Angie ti adora! E Pablo poi… se sei rimasto qui a dormire tante volte è grazie a loro e alle loro mentalità molto più aperte rispetto a quella di mio padre!” lo corresse la ragazza, mentre lui l’attirò ancor di più a sé, facendo aderire i loro corpi, ancora appiccicosi di pittura. “- Ti amo Violetta Castillo… e presto o tardi anche noi avremo la nostra meravigliosa famiglia.” soffiò ad un centimetro dalle sue labbra, osservandole desideroso di accorciare le distanze. “- Ti amo anch’io Leon Vargas… e sappi che non vedo l’ora di diventare tua moglie...” mormorò lei, tremante come fosse la prima volta che si trovasse così vicina a lui, per poi farsi travolgere dalle emozioni di quel passionale bacio che li avvolse entrambi prima che Leon, controvoglia, si staccasse per mancanza di fiato e si dirigesse verso la porta per andar via. “- A dopo, principessa…” la salutò sull’uscio, lanciandole ancora un bacio con la mano, gesto che la intenerì e la lasciò sorpresa allo stesso tempo… ma quanto amava il suo Vargas? Come il primo giorno o anche di più.
 
 
“- Ok, tutti pronti… sta per arrivare!” Angie, nel salone principale, invitò tutti i presenti a nascondersi e loro, divertiti e sghignazzando così fecero, abbassandosi dietro all’enorme sofà che troneggiava al centro della stanza: non mancava nessuno: la band dei ragazzi, gli “Studios21” proprio in onore dell’accademia che li aveva uniti, era al gran completo. Diego, Federico, Andres, Maxi e Leon, da poco rientrato, non avevano fatto altro che chiacchierare durante tutta l’attesa dell’arrivo del festeggiato, unendosi a Luca, loro amico storico con le loro fidanzate. Lo spagnolo faceva coppia fissa con la Ferro che, invece di dedicarsi alla musica, aveva preferito improvvisamente cambiare strada per puntare al mondo alla moda, sua seconda passione ed era divenuta una stilista di successo. Ponte, invece, stava con Nata e dopo vari alti e bassi, avevano ricostruito  da poco il loro rapporto, come anche Calixto e Libi, rientrata a Buenos Aires per restarci da alcuni anni, e il proprietario del vecchio Restò Band e Camilla, storica amica che, dopo la partenza di Broadway per il Brasile con una sua compaesana, era stata per molto tempo sola: in un certo senso il Cauviglia era stata la sua ancora di salvezza, il suo primo amore che, in effetti, nemmeno il suo ex era riuscito a toglierle del tutto dalla mente. E poi c’erano Francesca e  Federico, lui scaricato da Ludmilla per il livello troppo elevato delle loro divergenze, essendo di più il tempo che passavano a litigare che quello in cui erano felici, aveva anche rinunciato alla sua carriera da solista, venendo subito preso dagli amici nel loro gruppo come chitarrista, generando qualche tensione con Dominguez, scopertosi un Casal. Ludmilla infatti, lo aveva rimpiazzato nel suo cuore preferendogli Diego e Bianchi era stato consolato dalla sua amica Francesca, con cui poi era nata una storia d’amore che, ormai, durava da un po’, per la precisione da quando la storia a distanza di lei con Marco non aveva più funzionato, dopo il trasferimento di Tavelli in Messico… insomma, nonostante le loro ingarbugliate vite che avevano anche seriamente compromesso quella della band, tutti avevano voluto prendere parte alla festa a sorpresa di Pablo, il loro primo mentore che li amava come fossero figli suoi, uno per uno. Il buio calò sulla stanza quando la Saramego si avvicinò alla porta per aprire al marito che, avendo dimenticato le chiavi come al solito, aveva preso a bussare incessantemente al campanello.
“- Come mai le luci spente? Non dirmi che i bimbi già dormono perché non ci credo!” Pablo, preoccupato sin dall’esterno della villetta per tutta quell’oscurità nella casa, subito si avvicinò alla moglie, sotto al portico, per schioccarle un rapido bacio a fior di labbra. “- Un blackout, niente di grave…” inventò la donna, sull’uscio, non riuscendo a resistergli e allacciandogli le braccia al collo per salutarlo come di dovere. “- Ah, e non è che, invece, Lucas e Maria sono da Angelica perché tu…?” una vena maliziosa e particolarmente inusuale per il direttore, sorprese un po’ la moglie che, però, subito si ricordò della festa e del fatto che probabilmente anche gli invitati all’interno della casa avessero sentito e fece sfiorare di nuovo le loro labbra per farlo tacere, baciandolo ancora. Per tutto il giorno, sin dall’alba, aveva finto di essersi completamente dimenticata di quel compleanno per non fargli sospettare nulla ed era sicurissima che lui ci fosse rimasto fin troppo male… quindi non vedeva l’ora di farsi perdonare con quella sorpresa.
“- Zitto e seguimi!” lo redarguì poi, poggiandogli prontamente, prima che potesse fare altri danni, un indice sulla bocca. Gli strinse una mano, facendo combaciare e intrecciare le loro dita alla perfezione, e lui fu subito convinto che i suoi sospetti sulle intenzioni della moglie, fossero fondati.
“- Che giornata, oggi! Il fatto che tu non ci fossi mi ha distrutto ancora di più! Si puo’ sapere perché hai chiesto quel permesso?” sbottò Pablo, accasciandosi sul divano con aria stanca mentre Angie, con un ghigno astuto, si avvicinò all’interruttore della luce, venendo seguita per tutto il tragitto dallo sguardo attento di Galindo. “- Per tanti motivi, ero stanca, avevo bisogno di un giorno per recuperare… ma, soprattutto… PER QUESTO!” urlò quelle ultime due parole, facendo sì che tutti saltassero fuori dalle  spalle del moro che fece un balzo in avanti per lo spavento. “- SORPRESA!” quel grido, finalmente il salone illuminato… Pablo per poco non scoppiò a piangere per l’emozione nel notare la stanza tutta addobbata di festoni e palloncini, con tutti i ragazzi lì, i suoi bambini, sua suocera, sua moglie… possibile che persino la Saramego si fosse dimenticata quella data così importante? Possibile che ad una donna fantastica come Angie potesse passare di mente il suo compleanno? Ecco perché aveva chiesto quel giorno libero! Tutto tornava ed era così felice che si sarebbe messo a saltare di gioia: aveva tutto ciò di cui aveva bisogno, non poteva chiedere di meglio… la sua famiglia, il lavoro che tanto amava e tanti amici, tra cui i suoi adorati ex alunni lì, a festeggiarlo. Cosa poteva desiderare ancora? “- Grazie  io non… non so cosa dire! Siete… fantastici!” balbettò, rosso in viso un po’ per lo spavento e un po’ per la gioia. Tutti i ragazzi, nipote compresa, corsero subito ad abbracciarlo, mentre i figli rimasero un po’ in disparte, aspettando di avere un po’ di spazio per fare gli auguri al moro come di dovere. “- Papà! Papà! Buon compleanno!” finalmente, Lucas e Maria riuscirono ad avvicinarlo e  lui, prontamente, li sollevò in aria, uno tenendolo con il braccio destro e l’altra con il sinistro… peccato che la sua resistenza durò poco, tanto che poi fu costretto a risedersi sul grande sofà con i due sulle gambe. “- Papi abbiamo fatto i regalini!” sentenziò, tutto fiero, Lucas, facendo annuire la sorellina che subito estrasse il proprio disegno dalla tasca del suo elegantissimo abitino. “- Ma che bello, grazie principessa!” sorrise il bruno, ammirando l’opera d’arte che subito realizzò avesse fatto o con Angie o, forse, con Violetta. “- Il mio è più bello!” sbottò subito Lucas, scendendo di dosso all’uomo e avvicinandosi al tavolino di fronte al divano. “- Non è vero! Il mio bello!” sentenziò la piccola, piccata. “- Non essere prepotente, Lucas!” lo redarguì ridendo il padre, afferrando il pacchettino dalle mani del piccolo che, per tutta risposta, fece la linguaccia alla sorellina. “- Che bravo, lo hai fatto tu?” domandò l’uomo, stracciando la carta da regalo e studiando l’oggetto con aria tenera. “- Sì e con Vilu l’ho colorato!” ammise il bimbo, indicando la cugina che sorrise soddisfatta. “- Sì, in compenso hanno anche ridipinto camera loro con l’aiuto di Leon, ma non fa nulla…” mormorò però la Saramego, facendo sghignazzare tutti i ragazzi presenti e arrossire un divertito Vargas. “- Pablo anche noi abbiamo un regalo per te, un regalo collettivo in realtà!” Violetta, facendo da portavoce di tutti i ragazzi presenti, si avvicinò al festeggiato con fare misterioso e uno pacco di dimensioni medie tra le mani che aveva una grande coccarda rossa sopra, in tinta con la carta che lo foderava tutto. “- Auguri, al migliore insegnante e zio che si possa desiderare!” sentenziò la Castillo, schioccandogli un bacio sulla guancia e consegnandogli il regalo. “- No ma che meraviglia siete… geniali!” Un album dalla copertina in cartoncino ricoperta di porporina blu sulla quale troneggiava la scritta “STUDIO 21” fece commuovere il moro che, con un grande sorriso stampato in viso, cominciò a girare tra quelle pagine... fu come fare un viaggio nel tempo: foto, racconti scritti di proprio pugno da ognuno dei ragazzi, dediche con firme era… era un regalo fantastico. Pablo non era amante dei regali costosi, anzi! Preferiva decisamente quelli simbolici, tanto farne quanto riceverne e, tra quelli dei suoi piccoli e quello dei suoi ragazzi, ormai divenuti donne e uomini in carriera, non poteva essere più felice. La serata proseguì tranquilla, tra musica, canti, cibo eccezionale e racconti sul passato e sul presente che li riavvicinò notevolmente, tutti. Angie, d’un tratto, si alzò per avviarsi verso le scale e salire di sopra facendo cenno al marito di seguirla e lui, prontamente, scattò in piedi per andarle dietro, mentre i ragazzi giocavano con i bimbi e parlottavano ancora amichevolmente tra loro, rimembrando i bei tempi andati.
 
 
“- Non ti sei accorto che manca il mio di regalo?” Angie, seduta alla specchiera della loro camera da letto, vide il marito arrivare sull’uscio dal riflesso dello specchio di fronte a lei ed esclamò con un velo di ironia quella domanda: sapeva bene che l’uomo non si aspettasse altro dopo quella grande sorpresa organizzatagli, lui non si aspettava mai nulla di materiale se non amore, affetto e fiducia reciproca dalla sua amata… eccezionale com’era, stava bene così e non aveva bisogno d’altro. “- Pensavo che la festa fosse anche troppo per me!” sorrise infatti umilmente Pablo, avvicinandosi a passo lento verso di lei che, scavando in un cassetto del mobile al quale si era messa comoda, estrasse uno scatolino che lui conosceva già bene. “- Nulla è mai abbastanza per l’uomo che, anche se dopo molti errori, ho capito di amare come nessun altro.” soffiò quasi in un mormorio, la Saramego, alzandosi e avvicinandolo lentamente. “- …E’ solo che volevo dartelo in disparte… è troppo importante per me e volevo che lo aprissi in privato.” Sentenziò la bionda, arrivando ad una spanna da lui e allungandogli il piccolo pacchetto con un fiocchettino blu in cima.
“- Buon compleanno, amore mio.” Sussurrò appena, mentre lui, aprendo quell’astuccio, subito riconobbe il suo orologio, quel famoso oggetto che aveva donato alla donna anni addietro, prima di andare a Parigi e che, ricordava ancora, lei gli aveva restituito una volta tornata…
 
Domenica, 15 marzo. Un temporale improvviso si era abbattuto sulla capitale Argentina e tra tuoni e fulmini la città era già buia nonostante fosse appena primo pomeriggio. Pablo se ne stava comodamente seduto sul divano facendo zapping tra una partita di calcio di cui non gli importava granché e un documentario: era distrutto dalla settimana di lavoro intensissima e non vedeva l’ora di starsene un po’ a casa per riuscire a riposare tanto che, doveva ammetterlo, per quanto sembrasse noiosa la prospettiva della serata che sarebbe seguita, a lui non dispiaceva affatto. In quel periodo, il lavoro allo Studio lo spompava maggiormente considerando che il saggio di fine anno era ormai prossimo e non aveva mai un minuto di pausa… e poi… e poi mancava lei, Angie, la migliore insegnante dell’accademia, la sua grande amica, il suo unico vero amore. Si ritrovò a pensare alla donna come ogni volta, quasi involontariamente: tutto lo rimandava a lei, alla sua meravigliosa risata, alla sua dolcezza, alla sua bellezza. Sbuffò sonoramente al ricordo di cosa, o meglio, di chi fosse stata la causa del suo allontanamento da tutto e tutti e in quel momento fu colto da un raptus di rabbia incontrollabile, tanto che, se fosse stato meno esausto, era certo che avrebbe distrutto casa. German Castillo. Quello era il motivo della partenza della Saramego e non gliel’avrebbe mai perdonata. Pablo avrebbe accettato tutto, che lei fosse stato felice anche con quell’uomo che tanto odiava... prima o poi, seppur con dolore nell’animo, se ne sarebbe fatto una ragione… ma quello no, non riusciva a credere che fosse accaduto davvero. La donna, a causa del suo star male vicino al cognato, aveva preferito andare a chilometri di distanza con la scusa di investire sulla sua carriera mentre lui sapeva bene che il movente di quel trasferimento in Francia era il padre della sua nipotina. Quante ne aveva combinate quell’uomo? La farsa di Jeremias, le bugie a sua figlia, alla Saramego… tante, troppe da sopportare per la povera e, innamorata, Angie. Il pensiero che German la facesse soffrire tanto e non ricambiasse il suo amore lo mandava in bestia ancor di più e, come per allontanare quei pensieri dalla mente spense il televisore con stizza, alzandosi poi per dirigersi alla finestra: la pioggia battente stava venendo giù a più non posso, un lampo irradiò di luce in tutto il salotto dell’uomo e seguì un forte tuono che fece vibrare anche le pareti e i quadri appesi ad esse. “- Che tempo…” borbottò tra sé e sé, riaccostando la tendina alla finestra e andandosi a riaccomodare sul sofà. Uno squillo, due squilli. Il cellulare, di domenica pomeriggio con quel temporale fuori che trillava? Chi diamine poteva disturbarlo a quell’ora? Antonio con qualche revisione alla scaletta dello show? Gregorio con qualche protesta da fare? Beto che aveva perso qualche spartito?
“- Perché diavolo non lo spengo mai quell’affare!” sbottò quasi ad alta voce lui, rialzandosi per andare a prendere il telefono sullo schermo del quale, lampeggiava la bustina da lettere, indice che aveva ricevuto un sms.

 
“5 minuti e sono da te... Angie.”
 
Sgranò gli occhi pensando subito ad un errore… era di sicuro così, non poteva essere lei… ricontrollò più volte il mittente del sms che non lasciava dubbi: era la donna, la sua amata che, probabilmente, non voleva inviare quel messaggio a lui e, forse, aveva sbagliato numero.
 
“Ehi mi sa che hai sbagliato destinatario! A meno che i francesi non abbiano inventato il teletrasporto dubito che potresti raggiungermi in così poco tempo… in caso contrario, potrei darti ragione. Un bacio. Pablo.”
 
Non avrebbe potuto dirle altro… per quanto desiderasse  vederla era umanamente impossibile raggiungerlo in Sud America, lei era in Europa e ci stava fino al venerdì, ultimo giorno in cui l’aveva sentita per telefono… fissò lo schermo in attesa di quella risposta di conferma da parte della Saramego, che sicuramente si sarebbe scusata per la sua distrazione...
 
“Se non mi credi vienimi incontro! Sto arrivando… malfidato di un Galindo!”
 
Ok, non si era sbagliata. Era incredibile eppure, senza capirci molto, Pablo si ritrovò ad afferrare il suo cappotto e a precipitarsi fuori, senza neanche l’ombrello,  senza nemmeno fermarsi… era lì! Lei era a Buenos Aires… ma dove? “Vienimi incontro…” si ripeté mentalmente, uscendo nel vialetto della villetta. “5 minuti e sono da te…” la sua mente volò addirittura al messaggio prima… 5 minuti da casa sua… allora era proprio vicina! Si ritrovò in mezzo alla strada e corse verso quella principale, mentre la pioggia continuava a scorrergli addosso, come volesse mettersi anche lei ad ostacolarlo. “- Non mi fermerai maledetto temporale!” sentenziò quasi ad alta voce, mentre le gocce, ormai, lo avevano già inzuppato dalla testa ai piedi. Un taxi in direzione opposta per poco non lo mise sotto e il rumore della frenata sull’asfalto sarebbe risuonato per tutti gli isolati vicini, se solo un altro forte tuono non avesse squarciato il silenzio. “- MA E’ PAZZO?” la voce del conducente lo riscosse dai suoi pensieri e si ritrovò pietrificato all’incrocio poco fuori dal viale in cui abitava. “- PABLO!” la voce, quella voce, l’unica che avrebbe voluto udire in tutta la sua esistenza, lo aveva chiamato. “- Si fermi, siamo arrivati!” ordinò quello stesso tono euforico all’autista che, confuso, annuì e spense il motore. “- Angie…” balbettò il moro, andando verso la portiera che si aprì di colpo. “- Non ci posso credere!” esclamò Galindo ancora sottovoce, mentre lei, fregandosene della pioggia che continuava a cadere incessantemente, gli buttò le braccia al collo, sentendo subito i capelli diventare bagnati fino alle punte e non solo quelli: in qualche secondo era zuppa anche lei e il tassista, ignorandoli e armato di ombrello, aggirò l’auto per scaricare le valige della passeggera dal cofano dell’automobile. “- Cosa ci fai qui?!” le domandò scioccata lui, con un sorriso stampato in viso che non riusciva ad andare via alla vista di quegli occhi verdi così luminosi che gli erano tanto mancati… per un momento temette quella risposta: e se fosse tornata per German? Se non ce l’avesse fatta a stare ancora altri mesi lontana da Castillo? “- Non ce la facevo più, non potevo restare lontana da tutti, in particolare da Violetta e... beh, anche da un’altra persona…”. Pablo non seppe dire se quei due smeraldi che aveva incastonati nello sguardo fossero lucidi o dipendesse solo dalla pioggia… fatto stava che a quelle parole lui abbassò il volto, già convinto che, come nei peggiori dei suoi incubi, lei fosse lì per suo cognato… eppure, in quel momento non gli importava, Angie era tornata e, anche se solo come amica, avrebbe potuto ancora passare del tempo con lei e questo gli scaldava il cuore di felicità. “- Mi sei mancata da morire!” esclamò l’uomo, mentre la pioggia, a poco a poco, si faceva meno forte seppure non smettesse di cadere. “- Non vuoi sapere per chi sono tornata?” Quella domanda… perché la Saramego si divertiva a farlo stare male? Era lì per Castillo, non aveva dubbi e allora perché rigirare il coltello nella piaga? “- Angie…” balbettò Pablo, abbassando gli occhi sull’asfalto bagnata… non riuscì a guardarla dopo quella frase, si sentiva ferito anche se, nonostante tutto, non riusciva a credere ancora che lei fosse lì e ancora ne era felice. “- Questo è tuo…” la donna, scavando nella tasca del cappotto, estrasse un orologio, l’orologio che non aveva fatto altro che stringere a sé per tutto il suo soggiorno in Francia, l’oggetto che le aveva fatto capire quanto fosse Pablo l’uomo che davvero le mancasse, lui che l’aveva sempre amata senza riserve, profondamente e che sempre le era stata accanto sinceramente, donandole tutto il suo cuore senza aspettarsi nulla in cambio, accontentandosi anche solo della sua amicizia, per quanto lei lo sapesse profondamente innamorato… ma Pablo si sarebbe anche sacrificato per la sua felicità, lui avrebbe fatto di tutto per lei, qualunque cosa, e questo le era bastato per capire chi contasse e meritasse, realmente, di vivere per sempre al suo fianco.
“- Non c’è più bisogno che io lo tenga.” Balbettò, ora visibilmente commossa la donna, accarezzandogli timidamente il volto con la mano tremante, quasi avesse paura di sfiorarlo. Galindo la guardò sorpreso e si riprese l’ oggetto, prezioso per lui non tanto per il valore economico quanto per quello morale. “- Quando me lo hai regalato mi hai detto che saresti stato ad aspettarmi per un tempo fermo, infinito, come quelle lancette, ricordi?” a quelle parole, come se avesse perso l’uso della parola, l’uomo annuì, mesto al solo ricordo di quel doloroso addio. “- Bene, ora non ne ho più bisogno, né io, né tu. Sono qui per te, Pablo e ho intenzione di restare… non ci saranno più tempi ad aspettare che tengano, nulla… ti amo e se tu vorrai e mi perdonerai… beh, sappi che stavolta non ho alcun dubbio e la distanza mi ha aiutato a rendermene conto.” La donna, ormai in lacrime, singhiozzò quella frase con aria triste e quasi colpevole. “- Scusami ti prego, Pablo… se puoi scusami.” La donna, titubante fino all’ultimo, decise di abbracciare ancora l’uomo, stringendolo nuovamente a sé, lasciandolo incredulo. Era lì per lui? Non riusciva a realizzare, aveva l’istinto di pizzicarsi un braccio per capire se stesse sognando, ne sentiva davvero il bisogno. “- Di cosa ti dovrei scusare?” ebbe finalmente la forza di balbettare lui tra i suoi capelli ormai fradici ma che avevano sempre quell’aroma di miele… quanto gli era mancato tenerla tra le sue braccia, assaporare quel profumo… tanto, troppo. “- Di tutto! Ti ho fatto tanto soffrire e… non me lo perdonerò mai nemmeno io…” la bionda, sciogliendo quell’abbraccio, lo tirò per la mano verso il marciapiede dove il tassista aveva lasciato le sue valige. “- Angie io non ti accuso di nulla, sul serio…” a quelle parole, Galindo le prese il viso tra le mani e a quel contatto con la sua morbida pelle pensò di impazzire.“- Ti amo infinitamente e lo sai… non hai niente di cui farti perdonare.” Balbettò, beandosi di quegli occhi che, ora, lo fissavano dolcemente e meno tristi nel sentire quelle parole. “- Sei un uomo straordinario…” sussurrò la Saramego, prima che, l’uomo, finalmente, accorciasse le distanze e assaporasse quelle labbra, morbide e calde proprio come le ricordava… erano stati insieme eppure sentendosi costantemente in conflitto con Castillo, non si era mai goduto appieno un bacio con lei come in quel momento: le loro lingue si rincorrevano appassionatamente e i due furono costretti a staccarsi solo per mancanza di fiato. Il 15 marzo… una data che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato finché avesse avuto vita… “- Ti amo Pablo.” mormorò la bionda, ancora con le braccia allacciate al suo collo. 15 marzo, un temporale, un amore, una giornata che poteva sembrare come tante ma che era speciale, in cui il sogno della vita del direttore dello Studio On Beat, aveva iniziato a diventare realtà.
 
“- Giralo.” I ricordi di Pablo vennero scossi dalla voce della moglie che, di fronte a lui, lo invitava a guardare il dietro del regalo. Il retro dell’orologio, prima immacolato, ora portava delle cifre molto significative e che per poco non fecero scoppiare a piangere l’uomo: “15 marzo, P&A” e, al di sotto, un piccolo segno, un otto in orizzontale, il simbolo dell’infinito. “- Hai fatto incidere sopra la data ufficiale della nascita del nostro amore… che meraviglia!” gli occhi dell’uomo luccicavano e, rigirandosi l’oggetto tra le dita si rese conto che ora, le lancette, camminavano e quella dei secondi percorreva rapida il quadrante, inutilizzato per molto tempo.
“- Ora funziona… ora andrà avanti, come il nostro amore, infinito.” Sussurrò Angie, indicando l’orologio che Pablo fissava ancora rapito, anche dalle parole di lei. “- E se si scaricano le batterie?” rise, sapendo che lei avrebbe comunque trovato una soluzione. “- Beh, le cambieremo, insieme… all’infinito!” Sorrise astutamente, riferendosi metaforicamente al loro matrimonio: qualunque ostacolo lo potevano superare, tutto sarebbe potuto essere affrontato con la loro unione, con il loro amore. “- Juntos somos más, ricorda direttore?” lo provocò Angie, aggiustandogli il nodo alla cravatta con aria furba, ad un centimetro dalla sua bocca. “- Sei eccezionale, amore mio!” sorrise il moro, accorciando le distanze per baciarla appassionatamente.
“- Mamma, papà! La torta, venite!” Lucas e Maria, fermi sull’uscio, richiamarono subito la loro attenzione e il più grande si incaricò di avvisarli, facendoli staccare di colpo. “- Andiamo, andiamo, famiglia!” esclamò Pablo euforico, avviandosi alla porta, prendendo la manina di Lucas mentre, tra le braccia sollevò Maria che subito lo strinse forte, ancorandosi a lui. “- Sì, dai tanto papà ora ha aperto tutti i regali, anche il mio!” esclamò Angie, cingendogli la vita con un braccio. “- Io i miei regali più preziosi però li ho tutti qui, e non potrei chiedere di meglio. Il regalo mio più grande siete voi, ed è solo nostro, per sempre.”. Galindo, fermo sotto l’arco della porta della camera da letto, si guardò intorno e sorrise: i due piccoli lo fissavano allegramente, la donna che più amava al mondo poggiò dolcemente la testa sulla sua spalla… era felice, aveva la famiglia più bella del mondo ed era sicuro che quel 15 marzo di 6 anni prima non l’avrebbe mai e poi mai dimenticato… sarà che, forse, in quella stessa data ci era anche nato.
 
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Ok, la leader Pangista (nomignolo gentilmente assegnatomi da Sweet Trilly! xD) finalmente ha scritto la OS Pangie e Leonetta, le due coppie che amo di più, basandomi su una canzone di Tiziano Ferro che suppongo tutti conosciate e che io amo alla follia, ovvero: “Il regalo più grande”. Che dire? Pablo è assoluto protagonista e chi legge le mie storie sa quanto lo ami, dunque, visto che nella serie me lo fanno sempre e solo soffrire, volevo renderlo finalmente felice! :3 I nomi dei bimbi sono tratti dai figli Pangiosi di alcune mie ff… xD Insomma, non commento io, lascio a voi la parola! :D Dedico questa storia ai gentilissimi Sweet Trilly e a Syontai che mi seguono sempre con tanto affetto! :3 Alla prossima, grazie a tutti coloro che leggeranno e recensiranno! Ciao! :D 
  
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