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Autore: S t o n e r    27/03/2014    0 recensioni
Ambientata nell'epoca Vittoriana, la storia ruota attorno a Charlotte Collins, una ragazza che a soli tredici anni venne strappata dalla propria famiglia per servirne un'altra, senza saperne il motivo.
Fin dal suo primo arrivo, la ragazza sembra essersi guadagnata l'odio del Padrone del castello, ma soprattutto quello del figlio, Roderick, un ragazzo affascinante quanto rude.
Charlotte non lo sopporta, lo odia. E' il motivo del suo continuo nervosismo.
Ma è risaputo che Amore e Odio sono le due facce dello stesso sentimento.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Non è la posizione di una persona a determinarne il tipo, ma il modo in cui questa viene ricoperta.
 
 
1878, Inghilterra.
 

05:00 a.m.
 
Era quella l’ora in cui Charlotte era solita svegliarsi tra le mura di Black Fortress, il castello nel quale viveva e serviva la famiglia Price.
Charlotte era una ragazza di ventidue anni, corporatura esile, causa per cui veniva considerata più giovane di quanto non fosse.
I suoi capelli erano di un color castano nocciola, abbastanza lunghi, che però teneva sempre legati in un elegante chignon.
Complicato invece era attribuire un colore ai suoi occhi, che sembravano contenerne molti; verde, azzurro, grigio.
Viveva in quella casa da così tanti anni da non ricordare più il suo vero carattere, che era obbligata a non mostrare ad alcuno.
Era arrivata nel castello a soli tredici anni, obbligata di punto in bianco ad abbandonare la sua famiglia, i suoi amici.
Non sapeva il motivo per il quale venne strappata dalla sua vita, e di certo non le era permesso chiederlo.
Già il primo giorno nella villa le fu chiaro che tipo di vita avrebbe condotto; una non vita.
Il padrone era un vecchio scorbutico che non faceva altro che lamentarsi di lei, anche quando invece avrebbe dovuto lodarla. “Perché non mi cacciate, allora?” Si chiedeva lei, costretta a chinare il capo dinnanzi a quegli occhi pieni di odio, che da tempo avevano smesso di ferirla.
L’unico sollievo era che, fortunatamente, molto spesso veniva trattenuto lontano da casa a lungo per motivi di lavoro.
La servitù non si faceva né vedere né sentire; non aveva mai intrattenuto un discorso con nessuna di loro.
L’unica persona gradita a Charlotte era Lily, la figlia del padrone.
Una graziosa bambina di undici anni che sembrava non essere stata ancora contagiata dalle idee del padre. Era stata Charlotte, per tutti questi anni, ad occuparsi di lei; il legame tra le due era molto forte.
Tutto questo, però, non poteva dirsi del maggiore, il prediletto nonché futuro successore del padrone; Roderick.
Era un ragazzo di ventiquattro anni che sembrava coltivare l’hobby del rendere la vita di Charlotte un incubo.
Fin dal primo giorno, non aveva fatto altro che metterla in cattiva mostra e farle qualche dispetto di certo tutt’altro che amichevole.
La sua espressione perennemente severa faceva scomparire i tratti eleganti di cui godeva e che lo rendevano attraente.
Per questi motivi, ogni giorno, allo scoccare delle cinque, il corpo di Charlotte sembrava non voler alzarsi.
Ma come poteva?
In dieci minuti già era lavata, vestita e pronta a svegliare la villa.
Si diresse in cucina a preparare la colazione, non dovendo più nemmeno sforzarsi di ricordare il modo in cui doveva preparare loro il pasto.
Ancora non le era chiara la posizione che ricopriva in Black Fortress; cucinava, ma non era la cuoca. Badava a Lily, ma non era la bambinaia. Curava i giardini, ma non era la giardinaia. Puliva la villa, ma non era la donna delle pulizie.
Ma ormai non domandava più.
Dopo aver aperto tutte le finestre della villa per farvi entrare il sole, si diresse nella camera di Lily, con in mano un vassoio.
Vi entrò silenziosamente, spostando lentamente le tende per illuminare la stanza.
Poi si sedette sul letto dove vi era una Lily beatamente addormentata.
Era una tortura per lei dover svegliare la piccina, doverla ricondurre nel mondo reale, facendole lasciare quello dei sogni.
“Ehi, Lily… E’ mattino.” Sussurrò Charlotte, poggiando delicatamente le labbra sulla sua nuca, scostandole i capelli da davanti al viso.
Ed ecco che due occhioni dorati si aprirono dinnanzi a lei, le labbra curvate in una smorfia, e poi in un sorriso.
“Papà…?” Furono le prime parole di Lily.
“Ieri sera il padrone è dovuto partire…” Le comunicò Charlotte, stringendole una mano.
Ed ecco la tristezza comparire negli occhi della bambina.
“…ma ci teneva che voi ricordaste che il suo primo pensiero è sempre rivolto a voi.” Disse Charlotte tutto d’un fiato. Di certo non era la verità, ma non poteva permettere che in quegli occhi stupendi vi regnasse la tristezza.
“Mi racconti una storia?” Lily riprese a sorridere.
“No signorina, questa volta non riuscirete a prendermi in giro.” Poggiò un dito sul naso della bambina, per poi alzarsi e riprendere il vassoio.
“Ti prego resta qui!” La implorò Lily.
“Devo andare a svegliare vostro fratello, signorina… Voi intanto fate colazione, a breve arriverà qualcuno a lavarvi e a vestirvi. ” Le rivolse un ultimo sorriso, poi chiuse la porta, diventando d’un tratto intimorita.
Era sempre un piacere andare a svegliare Lily, ma il signor Roderick…
Venne percorsa da un brivido, ma cominciò subito a camminare.
Dopo circa due minuti si ritrovò dinnanzi alla sua camera, e vi entrò.
Il capo di lui era poggiato su un cuscino, la bocca lievemente aperta.
Aveva un aspetto così innocente in quel momento, quando non erano la rabbia, l’orgoglio e il cognome a parlare.
Improvvisamente i suoi occhi si aprirono, poggiandosi su di lei.
Charlotte distolse lo sguardo in fretta, poggiando il vassoio sul comodino più vicino al letto.
“Mi perdoni.” Disse lei, dirigendosi verso la porta.
“Attendete che finisca di fare colazione, non voglio avere la noia di richiamarvi più tardi.” Si lamentò, spostando le lenzuola del letto a baldacchino per riuscire a poggiare i piedi a terra.
“Certo, mi scusi signorino.” Sussurrò sempre volta alle sue spalle, fissando il pavimento, in attesa che finisse di fare colazione.
“Al mio ritorno la camera deve essere impeccabile, sono stato chiaro?” Ed ecco la giornata battezzata con il suo tono rude.
“Sarà fatto.” Rispose Charlotte, socchiudendo gli occhi.
Roderick si alzò dal letto, e le fece capire di aver finito sbattendo la tazzina sul vassoio.
Così Charlotte si girò per riprendere il vassoio, ma vide il ragazzo con indosso solo i pantaloni, il petto nudo, il sorriso beffardo.
La ragazza sentì le proprie guance riscaldarsi, così si fiondò in fretta verso il vassoio ed uscì dalla camera; prima chiedendo perdono, poi chiudendo la porta.
Si incamminò verso il corridoio, velocemente, poi si fermò di scatto, poggiando la schiena contro un muro. Solo in quel momento si rese conto di aver trattenuto il respiro.
Portò un dito su una guancia, ma non si stupì nel sentirla accaldata.
Lo odiava. Lui, il suo atteggiamento… Tutto.
Socchiuse gli occhi e sospirò, e subito dopo riprese a camminare; avrebbe avuto molto da fare, quel giorno.
Questa –non prendendo in considerazione ciò che aveva visto in camera del signorino Roderick- era la solita mattinata in villa Black Fortress.
  
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