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Autore: Winchester_Morgenstern    27/03/2014    1 recensioni
[Spinn-off di Città di Marmo, indispensabile da leggere prima di leggere questa storia]
Tratto dalla storia:
Ian. Allora è così che mi chiamo, pensò il bambino, ripetendo quel suono nella mente.
[…]
Poggiata su un delicato panno bianco […] lo fissava una testa mozzata.
[…]
Gli occhi […] del bambino incominciarono a scurirsi fino a divenire neri e a non far più distinguere la pupilla dall'iride.
[…]
Chiuse gli occhi ancora neri come l'odio, e sogghignò all'Incubus. – No, non mi fai paula, mostlo. –
[…]
– Oh, no, il mostlo non sono io, ma tu. – Sussurrò […] il bambino, beandosi del nulla dentro di sè.
No, quella notte non avrebbe avuto paura degli incubi, e nemmeno quella dopo o quella dopo ancora. Ian non avrebbe mai più avuto paura degli incubi.
Spinn-off Città di Marmo | Ian | Nessuna coppia | One-shot molto molto corta |
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Veritas filia temporis'
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Nightmare

Ian strinse convulsamente le lenzuola fra le dita, terrorizzato.
Perché doveva farlo ancora? Melchizedeck non era già contento? Non c'era stato un istante, un solo istante in tutta la sua giovane vita che non aveva vissuto con il terrore di morire da un momento all'altro.
Oh, sì, perché lui conosceva le torture di quel mostro come nessun altro, le aveva sperimentate in prima persona e sapeva che non erano per niente piacevoli.
Pensava, però, che fosse troppo anche per lui fargli visita tre volte in un giorni, ogni volta con una tortura diversa.
La prima volta lo aveva legato al palo come tutte le altre volte, lo aveva frustato per quelle che erano sembrate ore e poi l'aveva lasciato lì, legato e sanguinante, fino a quando non era svenuto. Si era risvegliato sulla sua sudicia branda con la schiena fasciata, perché Melchizedeck amava giocare con i suoi giocattoli per un tempo davvero molto, molto lungo, forse anche grazie al suo essere immortale. Era poi tornato poche ore dopo, forse due o tre, Ian non avrebbe saputo dirlo, non poteva misurare lo scorrere del tempo e non poteva nemmeno capirlo, ma di una cosa era certo : Melchizedeck non si sarebbe mai fermato, la sua tortura sarebbe stata infinita, perché lui non si stancava mai di giocare con i suoi giocattoli, no. Quella volta il mostro aveva tra le mani una catena, e la strattonava, come se trascinasse qualcosa con essa, ed in effetti era vero. Legato agli anelli metallici c'era un grosso demone, o incubo, come lo definiva il bambino, dalla forma vagamente simile a quella di un cane e con la stessa coda del migliore amico dell'uomo. Ma la somiglianza finiva lì. Il demone era verde e sembrava di consistenza vagamente fangosa, aveva due occhi sporgenti più rossi dei tizzoni ardenti dell'inferno e le zampe munite di lunghissimi artigli violacei. Dalla sua schiena spuntavano molteplici aculei gialli come il veleno che sgocciolava dalle sue zanne sporgenti, cadendo con dei leggerissimi tonfi sul pavimento.
Plic plic plic. 
– Lo sai cos'è questo, piccolo mostro? Questo è un Incubus notturno, diretta progenie di Abbadon, signore di tutte le paure. Un solo contatto con un Incubus, e i tuoi sogni saranno infestati per anni e anni delle tue più profonde paure, senza lasciarti un attimo di tregua. Che ne dici, non vuoi venire a carezzare questo cucciolone? – Il sorriso storto in cui si era esibito Melchizedeck e il modo in cui l'aveva strattonato e gli aveva fatto poggiare la mano sul fianco del cane erano marchiati a fuoco nella mente di Ian, un ricordo indelebile che non avrebbe potuto cancellare nemmeno con la Runa più potente creata da Raziel.
Il mostro l'aveva poi lasciato solo, solo con le sue paure e i suoi incubi, ma prima di uscire dalla squallida cella in cui il bambino era rinchiuso l'aveva minacciato, anzi no, gli aveva fatto una promessa. – Ogni ora che resisterai al sonno decreterà la morte di un prigioniero. –
Ian aveva capito poco o niente di tutte quelle parole altisonanti, ma sapeva che quando Melchizedeck parlava non era mai per dire qualcosa di buono.
E proprio in quel momento, proprio in quel momento quel mostro spietato era rientrato nella stanza, reggendo un pacco rassomigliante ad una scatola da scarpe con una mano.
– Cosa ti avevo detto, Ian? Ogni ora che avresti resistito al sonno, sarebbe stata la morte di un altro. – 
Ian. Allora è così che mi chiamo, pensò il bambino, ripetendo quel suono nella mente. Ma cosa volevano dire tutte le altre parole del mostro? Lui non capiva, non capiva ciò che diceva.
Melchizedeck gli tese il pacco. – È per te, ti ho portato un regalo. – Sogghignò, ficcando la scatola tra le braccia del fanciullo quando vide che quest'ultimo non accennava a prenderlo.
Un regalo? Si chiese Ian. Possibile che mi abbia fatto un regalo? A me? Perché? Forse… forse ha cambiato idea… rimuginò, speranzoso.
Sorridendo, sciolse il fiocco rosso che adornava la scatola e con mani tremanti alzò il coperchio, sentendosi mozzare il respiro in gola.
Le sue mani presero a tremare e gli occhi si riempirono di lacrime, acuti singhiozzi incominciarono ad uscire dalle belle labbra del bambino. Dalla scatola, poggiata su un delicato panno bianco macchiato di rosso, lo fissava una testa mozzata.
Era la testa di una donna da cui colava ancora il sangue, aveva mossi capelli biondi e grandi occhi azzurri persi a fissare il vuoto, freddi e senza vita. Le labbra carnose erano arricciate, come prima di singhiozzare, e il volto era già pallido e freddo.
Un urlo strozzato risuonò nella piccola cella mentre Ian lasciava cadere la scatola sul letto e si portava le mani alla bocca, terrorizzato. La testa, intanto, era rotolata sul materasso spoglio tracciando su di esso una scia di sangue ed era caduta a terra, con gli occhi spalancati dall'orrore rivolti verso il bambino.
È tutto un incubo, è tutto un incubo… cercò di convincersi Ian, ma poi comprese che era del tutto inutile. Sentì montare dentro di sé un sentimento che non sapeva ben qualificare, dopotutto aveva conosciuto soltanto dolore e paura, ma quella non era paura, era rabbia. Semplice rabbia.
Inconsciamente, gli occhi grigi del bambino incominciarono a scurirsi fino a divenire neri e a non far più distinguere la pupilla dall'iride, e con un piccolo gemito avvertì la pelle sulle scapole tendersi sempre di più fino a lacerarsi, e dalla sua schiena spuntarono due splendide ali piumate di nero.
Ian si sentiva benissimo. Anzi, non sentiva proprio niente, solo un grande vuoto. Il vuoto era tutto ciò che aveva sempre desiderato in soli due anni di vita, semplicemente non avvertiva nulla, né la paura né il dolore interiore, e non ebbe alcun rimorso quando si lanciò su Melchizedeck, piantandogli le unghie delle mani sul viso, lasciandogli profondi solchi rossi e sanguinanti.
– Piccolo bastardo! – Latrò lui, assottigliando gli occhi. – Fate entrare l'Incubus! – Urlò poi a qualcuno fuori la porta che fece entrare di nuovo il demone-cane-o-quel-che-diavolo-era.
– Ti terrà compagnia per tutta la notte! Buona notte, quindi, anzi no… buoni incubi! Saranno talmente tremendi da farti dimenticare anche il tuo nome. – Rise il mostro, prima di richiudersi la porta della cella alle spalle, senza neanche curarsi di recuperare la testa che incominciava ad emanare un odore nauseabondo.
No, il mio nome non lo dimenticherò, non adesso che l'ho scoperto, pensò Ian in risposta, seppellendo il volto sotto la scollatura rotonda della maglietta sbrindellata che indossava, per cercare di attutire la puzza. 
Chiuse gli occhi ancora neri come l'odio, e sogghignò all'Incubus. – No, non mi fai paula, mostlo. – 
Il mostro, per tutta risposta, ringhiò.
– Oh, no, il mostlo non sono io, ma tu. – Sussurrò infine il bambino, beandosi del nulla dentro di sè.
No, quella notte non avrebbe avuto paura degli incubi, e nemmeno quella dopo o quella dopo ancora. Ian non avrebbe mai più avuto paura degli incubi.

Author's Corner :
Come promesso, ecco pubblicato lo spinn-off di COM, che alla fine come avete visto ho deciso di chiamare Nightmare, cioè Incubo Notturno.
Non mi sembra che la storia sia venuta male, ma non
 e sono pienamente soddisfatta, però l'ho già cancellata e riscritta tre volte, non mi pare il caso di farlo ancora, anche perché sono così perfezionista che, se avessi cestinato di nuovo la storia, l'avreste letta più o meno nel 2050. Purtroppo, i capitoli scritti perfettamente che mi compiacciono dal primo all'ultimo punto sono più unici che rari (pensate che il capitolo migliore che ho scritto, a mio dire, è il primo in tre anni di scrittura di fanfiction…) quindi, visto che non voglio farvi crescere la barba nell'attesa, ecco qui lo spinn-off.
Inizialmente volevo scriverlo dal punto di vista di Ian, ma essendo lui un bambino non avrei potuto utilizzare nemmeno un'espressione un po' più articolata - anche perché Ian conosce solo poche parole che ha sentito dire ai carcerieri o a Melchizedeck stesso - e la storia sarebbe risultata una brevissima drabble senza né capo né coda.
La mia vena tragica voleva esagerare molto di più, lo ammetto, ma comunque mi sono data un limite perché Ian è pur sempre un bambino, e dato che sono assolutamente contro la violenza su un bambino - ma in generale su chiunque, in realtà - non ho proprio potuto scrivere qualcosa di "peggiore" - dal punto di vista delle torture, non della grammatica, eh! - e poi, dopo la prima tortura che era la frusta, come avete letto, ho preferito dedicarmi a una strategia molto più sottile che vedo molto in stile Melchizedeck, la tortura psicologica. Basta pensare all'Incubus e alla testa mozzata, e si chiarisce di che tipo di metodi sto parlando. 
Ok, sono sadica, lo so. Ma dico a tutti coloro - compresa anch'io - che sono indignati per quello che quel povero bambino deve patire che… be', si rifarà. E Melchizedeck morirà in modo talmente atroce da lasciarvi soddisfatti/e tutti/e, promesso!
Il prossimo spinn-off… be', per ora ho solo qualche vaga idea, ma posso già spoilerarvi qualcosa :
  • Sarà un POV Alec.
  • Generi : triste, fluff, sentimentale.
  • Come co-protagonista avremo Magnus.
  • No, non sfascerò la Malec, perché la adoro e perché mi ritroverei contro una folla inferocita di fan.
  • Il genere non è triste per un loro litigio o chissà cos'altro, semplicemente perché la storia è ambientata nel periodo di prigionia di Izzy e quindi Alec è terrorizzato da quel che Melchizedeck potrebbe farle.
  • Non ho altro da dire, ma mi piace concludere gli elenchi con un numero pari, quindi non potevo scrivere solo cinque punti!
Ok, non credo di avere altro da dire, se non… ci vediamo sabato prossimo con il capitolo, e forse con lo spinn-off!
Baci, D.
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Sì, ho cambiato di nuovo firma. Sono in una profonda crisi, da questo punto di vista - XD - perché davvero non so come firmarmi! ^.^




 
   
 
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