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Autore: Mel_mel98    28/03/2014    7 recensioni
Era sempre più pallida.
Sempre più magra.
Sempre più buia e scorbutica.
Qualcosa non andava e lui lo sapeva bene.
Per adesso si limitava ad osservarla da lontano, nascondendosi dietro all’anta dell’armadietto.
Ma doveva fare qualcosa.
Doveva impedirle di buttare via la sua vita.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beck Oliver, Jade West
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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To drown
Affogare
 
Era sempre più pallida.
Sempre più magra.
Sempre più buia e scorbutica.
Qualcosa non andava e lui lo sapeva bene.
Per adesso si limitava ad osservarla da lontano, nascondendosi dietro all’anta dell’armadietto.
Ma doveva fare qualcosa.
Doveva impedirle di buttare via la sua vita.
 
“Non ce la faccio.”
“Sì che ce la fai”
“No, ti ho detto che non ce la faccio…”
“Ascoltami, guardami negli occhi. Mi vedi? Sono qui con te. Potrei essere in Canada adesso, a mangaiare pancakes insieme ai miei cugini, e invece sono qui.”- lui le accarezzò la testa, dolcemente.
Lei taceva, lo guardava attraverso i suoi occhi arrossati e bagnati.
“Sono qui, con te, per te. E sarò qui per sempre. Fidati di me. Cosa risolvi così?”- continuò il ragazzo, con tono più dolce.
“Non lo so. È solo che…”- poi scoppiò- “… che posso fare? Conosci forse un modo per fermare questo dolore?”
“Di certo provocandone altro non migliorerai la situazione”- disse infine, sfilandole la lametta dalle mani- “Vieni qui…”- la prese tra le sue braccia, le baciò la fronte.
Velocemente le mise una benda attorno al polso.
“Passerà, non preoccuparti”
“Ho… ho paura”
“Lo so piccola, lo so. Ma finchè ci sarò io qui, non dovrai avere paura. Sono qui per proteggerti.”
 
 
“Che ti succede?”
“Non sono affari tuoi, mi sembra.”- rispose sussurrando. Cercò di superarlo, di andare avanti per la sua strada. Ma lui la afferrò prepotentemente per i polsi.
“Lasciami Beck.”- fece lei, guardando il pavimento.
“No, voglio sapere che ti sta succedendo!”- strinse ancora di più la presa, riusciva a sentire chiaramente ogni suo osso. “Hai smesso un’altra volta di mangiare, Jade?!”
 
“Non hai toccato cibo neppure oggi”
“Lo so. Lo vedo”
“Perché? Perché fai così?”- gridò arrabbiato.
Lei non alzò neppure la testa. Guardava fisso il piatto di pasta che aveva davanti a sé.
Sentiva il suo stomaco contorcersi e rigirarsi.
Faceva male. Faceva tutto così dannatamente male.
Lasciò passare alcuni secondi.
La sua testa diventava sempre più pesente, la sua schiena sempre più debole, tanto da non riuscire più a sorreggere il suo peso.
“Devi lottare! Capito?! Devi vincere il dolore che ti porti dentro!”
“Perché mi stai dicendo queste cose?”- chiese, confusa.
“Perché ti amo. E sento che ti sto perdendo.”
“Mi ami?”
“Sì”- rispose, stringendole istintivamente la mano.- “Ti prego, combatti per me. Combatti per noi”
E finalmente lei sorrise, con quel suo sorriso dolce, ironico.
“D’accordo. Ci proverò”
 
Suonava tanto come un’accusa.
“Dimmi quand’è stata l’ultima volta che hai messo in bocca qualcosa che non fosse insalata!”- urlò. Tanto chi poteva sentirlo, era troppo tardi, non c’era più nessuno in giro per i corridoi.
“Smettila Beck.”- si limitava a dire lei- “Devo andare, smettila con questa scenata.”
Avrebbe potuto gridargli contro le peggio offese. Che era stato uno stronzo ad abbandonarla, che era un grandissimo bastardo perché nonostante ormai non stessero più insieme da mesi, lui continuava a guardarla da lontano, a giudicare il suo aspetto. Avrbbe potuto dirgli di quanto l’aveva rovinata, di come la uccidesse ogni volta che i loro sguardi si incrociavano. Oppure l’avrebbe volentieri preso a calci, a pugni, per far provare anche a lui almeno una parte del dolore che sentiva dentro.
Ma non fece niente di tutto ciò.
Per il semplice fatto che non ne aveva la forza.
Perché, accidenti a lui, aveva ragione da morire. La conosceva fin troppo bene.
Erano settimane che non mangiava qualcosa di sostanzioso. I vestiti cominciavano a starle larghi, aveva dovuto aggiungere un buco alla sua cintura.
“Rispondimi.”- continuò imperterrito lui.
Non ci poteva credere. Ci stava cadendo un’altra volta, in quel maledetto buco nero che era la depressione. Jade si stava lentamente distruggendo.
Faceva impressione, almeno ai suoi occhi. Ovvio che gli altri non avessero notato niente. Ma lui se ne rendeva conto, perché aveva passato con lei gli ultimi tre anni della sua vita.
“Non hai alcun diritto di trattenermi qui. Devo andare a lavoro.”- disse. Chiamando a raccolta tutte le sue forze, dette uno scossone al braccio, e Beck lasciò che il suo polso scivolasse via dalla sua mano.
Il ragazzo rimase lì, impalato. Tirò un pugno all’armadietto, guardò il sangue uscire rapido dalle sue nocche. Perché questa volta era colpa sua. Era lui che la stava facendo soffrire.
Capiva di aver buttato al vento mesi e mesi di parole dolci, discorsi rassicuranti, notti insonni passate con lei.
Perché aveva tradito la sua fiducia. Aveva dimenticato tutto ciò che le aveva promesso.
 
Seduti sul letto del suo camper, aveva dovuto passare un'altra serata asciugando le sue lacrime.
Non era una cosa che lo infastidisse, o che lo scocciasse.
Ma soffriva nel vederla così.
“Dimmi Jade, perché piangi?”
Non aveva mai risposto a questa domanda. Forse perché non ne aveva il coraggio. Non aveva il coraggio di mettersi di fronte alla realtà.
“Cos’è che ti fa stare così male?”
I motivi erano tanti. Forse non sapeva quale scegliere.
“Si è uccisa… si è uccisa davanti ai miei occhi. Mi ha lasciato dicendomi che non voleva più fare parte della nostra famiglia. Mi ha abbandonato. Ha pensato solo a sé stessa, a mettere fine ai suoi problemi, senza curarsi di quelli che ha creato a me.”
Lui la strinse a sé più forte.
“È difficile, sai? Fare finta che vada tutto abbastanza bene. Alzarmi ogni mattina e andare avanti, in modo che nessuno si fermi a guardare.”
“Lo so che è difficile. Ma ne stiamo uscendo, insieme. Tu non sei sola.”
Le accarezzò ancora una volta i capelli.
“Beck…”-disse piano- “Promettimi che non mi abbandonerai come ha fatto lei, per favore.”
“Te lo prometto, piccola. Sarò sempre qui, al tuo fianco.”
 
 
Beck entrò nel locale in cui Jade lavorava, cercandola con gli occhi.
Saranno state più o meno le 23, orario di chiusura.
Infatti nella stanza c’erano solo due uomini, ubriachi fradici, che non se ne volevano andare.
Lei rimaneva a distanza, ripetendo sempre la stessa cantilena.
“Signori, è tardi, devo chiudere. Andate fuori per favore.”
Alla quinta volta, alzò il tono e li afferrò per la camicia. Era pur sempre Jade, in fondo.
Li spinse verso l’uscita, e fu allora che lo vide. Appoggiato contro lo stipite della porta, la guardava con i suoi fantastici occhi marroni, illuminati dalla luce proveniente dai lampioni sulla strada.
Non la stava compatendo, lo sapeva bene.
Lo conosceva quello sguardo. Sapeva perché era venuto fino a lì.
Chiuse finalmente la porta.
Adesso erano davvero soli.
Ma lei non aveva voglia di parlare.
“Perché sei qui?”- disse, conoscendo la risposta.
“Per te”
Alzò la testa, lo guardò dritto negli occhi.
“Tutto questo non ha senso, Beck, e tu lo sai.”
“Sì che ha senso, Jade. Voglio… aiutarti”- esitò sull’ultima parola, si rendeva conto da solo che suonava strano. Dopotutto era lui che aveva voluto che si lasciassero, perché non sopportava più le loro litigate. Ma a pensarci bene, il vuoto che avevano lasciato i loro litigi nella sua vita, era davvero incolmabile.
“Aiutarmi? Dopo che mi hai pugnalato a morte?”- le sue iridi si allargarono, la rabbia stava prendendo il sopravvento. Gettò via il suo orgoglio, il suo ego. Beck doveva sapere come l’aveva fatta sentire- “Non lo voglio il tuo aiuto, non ne ho bisogno!”
“Devo aiutarti, Jade. Ci stai ricadendo…”- cercava di farla ragionare.
“Dove, nella depressione? E se anche fosse? Che ti importa?!”- lei non ci vedeva più dalla rabbia.
“Come ‘che mi importa’? Jade io…”
“Va’ via Beck. Ma come fai a non capire che mi stai uccidendo?”- si faceva schifo da sola. Si faceva pena. Aveva buttato giù tutti i muri che costituivano la sua protezione. Aveva distrutto da sola il guscio che la proteggeva dal mondo esterno. Ma non poteva far a meno di dire quello che pensava, non ce la faceva più.
“Lo so, io… non credevo che sarebbe successo tutto questo, volevo semplicemente smettere di litigare con te, che il nostro fosse un rapporto un po’ più…”- cercò ancora una volta di spiegarsi lui.
“Senso di colpa. È così che si chiama, sai? Perché sei conscio del fatto che è tutta colpa tua se stiamo così. Beh, la vuoi sapere una cosa? Ti lascio affogare ne tuo senso di colpa. Io vado ad affogare nella mia depressione.”
Se ne andò, sbattendo la porta.
Piangeva, in silenzio, stava decisamente piangendo.
Perché sapeva che non avrebbe resistito a lungo, che prima o poi avrebbe ceduto. Già aveva buttato via il suo orgoglio. La sua mente stava cedendo, non capiva più nulla.
La verità è che Beck le mancava tanto. Ma non riusciva a dimenticarsi quel giorno, quel maledettissimo giorno in cui aveva preferito gli amici a lei. In cui aveva lasciato quella porta, la porta di casa Vega, chiusa. Era uscito dal suo mondo. E quel vuoto adesso peseva veramente troppo. Non riusciva a credere di essere sola un’altra volta.
 
 
 
Angolo dell’autrice…
In attesa di pubblicare il prossimo capitolo della mia long, ho deciso di proporvi… questo.
È da un po' che ci lavoro sopra… Che ne pensate? Diciamo che mi sono sempre chiesta per quale motivo Jade fosse sempre così scontrosa, gelosa… ed ecco a voi la mia versione dei fatti.
Mi rendo conto che è improbabile… Ma fa lo stesso! ;)
Non vedo l’ora di sapere la vostra in qualche recensione… Spero davvero che vi sia piaciuta!
Ma se così non fosse non importa, accetto volentieri anche le critiche (purchè costruttive!)
Detto questo,
A presto!
Mel
   
 
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