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Autore: theons    29/03/2014    0 recensioni
[...] E quindi scriverò.
Scriverò di questi amici, scriverò di Matteo, scriverò del suo modo di amare, che è complicato e sincero e incomprensibile se non si osserva con i proprio occhi.

Dalla storia:
«Sei come il tramonto a est.» Se prima questa frase sembrava una stupidaggine, adesso era scritta con un pennarello indelebile sul muro, proprio sopra la testata del letto.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Si dice che tutte le sensazioni siano soggettive. Anzi, è vero e non si discute.
Se beviamo lo stesso caffè con dentro un cucchiaino di zucchero, tu lo sentirai amaro ma per me sarà il nettare più dolce.
Se facciamo una passeggiata nel mese di Febbraio, mentre io mi sentirò a una buona temperatura con il mio giubbino di pelle, tu mi guarderai sorpreso e ti stringerai nella tua sciarpa.
È così, il mondo è fatto sulla soggettività, poggia su di essa.

Quindi, anche i modi di amare sono diversi. Ah, quelli sono i primi a cambiare da persona a persona.
C'è chi ama come predicavano i primi trovatori, con la genuinità di sguardi dati di sfuggita e uno struggente sentimento di amore che ti divora. Un amore platonico. Non c'è bacio, ma c'è un'occhiata, o se va bene uno sfioramento di mani, che ti riscalda l'anima all'istante.
C'è chi pensa di amare come si ama un giocattolo, finché è nuovo e funzionante “Oh, che bello, non ti lascerò mai!”, quando comincia a rompersi, l'imbottitura fa capolino o la plastica perde rigidità viene buttato via, nella spazzatura. Se quel giorno gira bene finisce in una cassetta chiusa nello scomparto più alto dell'armadio, ma nella maggior parte dei casi dritto nel cestino.
E così via: chi ama come se avesse i giorni contati a causa di una malattia,
chi ama per il successo, chi ama contro corrente,
chi ama affannato, chi ama col fiato sospeso,
anche chi dichiara di non voler amare ma, in realtà, nel buio del suo cuore ama più di noi.
Non avere paura, questo non è un trattato di psicologia e io non sono la nuova Freud, puoi tirare un sospiro di sollievo.
Io sono una che quando sta in silenzio devi averne paura, perché sta pensando profondamente o perché ti sta osservando fin dentro l'anima. E cosa succede se una ragazza del genere decide di mettere su carta tutto, riportandolo con precisione? Risposta esatta: questa storia, una lunga e affascinante storia.
Una storia che sento di dover raccontare perché non può restare nascosta, perché forse ne possiamo imparare qualcosa, tu e io, perché è come se la sentissi mia.
Perché non è su di me. Almeno, lo è solo una minima parte.
Faccio parte di un gruppo di amici, chi più attaccato agli altri e chi meno.
Ne succedono di tante, così tante che se dovessi raccontarle tutte per filo e per segno il racconto finirebbe in contemporanea con l'uscita dell'iPhone 27S platinato.
Tra questi, però, conosco un ragazzo, un amico, un caro amico.
Ci raccontiamo, scopriamo parti di noi che non diremmo facilmente in giro.
E quindi scriverò.
Scriverò di questi amici, scriverò di Matteo, scriverò del suo modo di amare, che è complicato e sincero e incomprensibile se non si osserva con i proprio occhi. Cercherò di portare a te che leggi tutte queste cose, nella maniera più integra e veritiera possibile perché il mio nome è Alice, deriva dal greco e significa “verità”; e il detto “in nomen omen” con me non sbaglia sicuro.
Sarò la bocca della verità di questi stralci di vita, i miei occhi saranno i tuoi, le mie orecchie le tue, perché tutto questo possa lasciarti un segno.

Alice
 

La mattina è un momento traumatico per tutti, è scientificamente provato.
Aggiungiamo qualche minuto di troppo sotto le coperte, mettiamoci anche un'ossessione per i capelli sempre ben sistemati, un pizzico di gusto estetico che ti fa perdere un sacco di tempo a scegliere i vestiti, mescoliamo bene ed ecco qui il risveglio infernale di Matteo.
Scaraventa il telefono sotto il letto per non sentirlo più suonare con quel fastidioso trillo predefinito della Samsung e mette i piedi a terra così velocemente che per un momento gli gira la testa.
Prende la camicia di qua, i pantaloni di là, le calze sulla sedia, le mutande tra i libri di scuola -come ci sono finite là?-, saltella da una parte all'altra per fare più cose contemporaneamente e cercare, in tutto ciò, di non cadere faccia a terra.
Si ritaglia un minuto e trenta secondi di calma per rimirarsi allo specchio e controllare se qualcosa è fuori posto.
Ecco a voi Matteo, sedici anni, un ciuffo che è il suo orgoglio e una grande voglia di mandare a fanculo i messaggi a tarda notte.
Visto nel suo impeccabile modo di vestire, nella meticolosità con cui accosta i colori, sembra un ragazzo che dà peso alla sua immagine e al giudizio degli altri. Effettivamente è così, ma non solo così. C'è molto di più in Matteo, da quello che mi dice e da quello che vedo con i miei occhi - che sono anche i tuoi, ricordi, lettore? Imparerai presto a conoscerlo. -.
Dopo un minuto e trenta secondi scaduti si precipita dalle scale ed esce, raggiunge la fermata dell'autobus ormai con il fiatone, sale sul mezzo per un pelo.
Questo imprevisto non gli ha permesso di scambiare quattro chiacchiere alla fermata, e se anche volesse farlo ora sull'autobus i suoi amici stanno tutti sonnecchiando.
Qui c'è Giacomo che dorme di gusto, le lunghe gambe intralciano il passaggio; lì Andrea litiga con Ilaria per farsi dare una cuffia così che la musica gli possa tenere compagnia durante il viaggio, Deborah guarda persa fuori dal finestrino, tra poco crollerà anche lei.
Il suo posto vicino a Lucia lo aspetta, lei con il sedile reclinato al massimo, come al solito, cerca di recuperare il sonno perso a truccarsi.
«Oh, pensavo stessi per perdere l'autobus anche oggi!» Esclama la ragazza, tira indietro il ciuffo lunghissimo.
«Mia madre non me l'avrebbe minimamente perdonato questa volta.» Risponde lui facendo una smorfia, si butta sul sedile e lo abbassa, causando le proteste di Elia e delle sue ginocchia.
«Ma alza 'sto coso, Matteo!» Il tono irritato di Elia non scuote minimamente l'altro, che non solo fa spallucce e lo ignora, ma fa il gesto di sistemarsi più comodamente. Un piccolo ghigno indecifrabile si fa spazio sulle sue labbra, senza che passi inosservato alla sua mente e allo sguardo indagatore di Lucia.


I viaggi sono una cosa ingegnosa, un'invenzione a dir poco geniale.
A meno che tu non stia guidando, devi ingannare il tempo mentre sei seduto a non fare nulla fino a destinazione. Così inizi a pensare e fare ragionamenti, e finisce che mentre sei in viaggio ti vengono le migliori idee che il tuo cervello abbia mai partorito. A te non succede mai, caro lettore? A me sì, ecco perché ho sempre un foglio e una penna a portata di mano. Non sia mai che io scopra la cura per la stupidità e la dimentichi!
Magari, la voglia di appuntare le cose farebbe bene a Matteo. Scorda sempre dei dettagli così importanti...


Io e Matteo veniamo da posti diversi, così ci incontriamo nel paese dove c'è il nostro liceo. Spesso, quando il suo autobus arriva a destinazione, io sono già al bar ad incontrare il mio unico e vero amore: il caffè macchiato con una Chesterfield Blue subito dopo al piano superiore. Non si potrebbe fumare ma, ehi, il barista è un amico e io gli amici li scelgo bene; altrimenti non avrei mai incontrato Matteo.
Mi affaccio dalla porta e lo trovo lì, a chiacchierare con gli altri seduti sulla panchina e a lanciare occhiate furtive in una direzione che ormai per me non è più così strana. Alla fine, incrocia anche il mio sguardo, intenta a fissarlo con la testa piegata di lato e un'espressione stupida sul viso. Lui ride e gli vado incontro, lo abbraccio.
«Buongiorno, Alice!» Mi saluta pieno di entusiasmo, e già mi chiedo il perché.
«Matteo, quale buona notizia ti sta rendendo così felice?» Domando, con un sorrisino consapevole.
«Ne parleremo dopo-- Anna, come hai detto che si chiamava l'imperatore?» Cambia strategicamente argomento rivolgendosi al gruppo che ripete storia, mi rendo conto che gli altri ci stanno osservando.
Guardo altrove per evitare gli sguardi e lo scorgo; il mio carnefice, come preferisco chiamarlo.
Una veloce fitta al cuore, come uno strappo, ed è finita. Faccio come se non avessi visto nulla e intavolo un discorso sulle scarpe più comode con Ilaria.
Questa storia non è mia, non è importante ciò che provo io.
 

Sapete come sono le giornate di scuola, no?
Professori che spiegano, professori che interrogano, quei venti minuti di redenzione-ricreazione, e ancora studio e studio.
Gente che parlotta sottovoce, compagni che lanciano palline di carta, si scherza e ci si prende in giro amichevolmente, anche se ogni tanto lo scappellotto scappa.
Un'attività interessante che amo fare è osservare gli altri durante la spiegazione, quando siamo tutti tramortiti. Si scoprono comportamenti che sono come abitudini inconsce.
Personalmente io controllo e maltratto le mie doppie punte, la mia compagna di banco Giorgia tamburella con le unghie sullo schermo del cellulare ad un ritmo che è sempre, sempre lo stesso.
Quando le abitudini cambiano mi prodigo a scoprire il motivo, come per esempio quei certi scambi di sguardi tra Giacomo e Cinzia che ho visto, mi sono fatta un appunto mentale per indagarci. Purtroppo, scopro raramente qualcosa.
Capita che io e Matteo a scuola non parliamo tanto, perché siamo presi da varie cose e poi perché dobbiamo correre per non perdere l'autobus.
In questo caso, la chiamata pomeridiana sopperisce a tutti quei momenti in cui non ci siamo rivolti la parola.


Mi sdraio sul letto, con il cellulare in mano pronta ad accettare la chiamata, che infatti arriva di lì a poco.
La voce risulta un po' attutita all'altro capo del telefono «Stronza, come stai?»
«Bene, dai, testa di cazzo. Tu? Cosa stai facendo?» Abbiamo un modo affettuoso per chiamarci tra noi, di sicuro. Ed è nostro, non accetto critiche.
«Bene. Mi sto mettendo una camicia, tra poco esco e vado al bar.» Risponde, lontano dal cellulare.
«Mh... quel bar?»
«Esatto, potrebbe essere altrimenti?» Percepisco un picco di eccitazione nella sua voce, più che altro perché stavolta mi urla nell'orecchio.
«E io che mi aspettavo un'altra risposta. Mi raccomando, sii discreto almeno: non violentare e non saltare addosso a gente a caso.»
Uno sbuffo di disapprovazione. «Gente a caso? Macché, io cerco solo il meglio.»
«Mi ricorda una di quelle pubblicità di scatolette per gatti.»
Continuiamo a parlare un po' di argomenti vari e vaghi senza arrivare a una conclusione.
«Matteo, ma stamattina? Come mai così esuberante?»
«Ci siamo scritti fino all'una di notte. Okay, abbiamo parlato di quale telefono è migliore tra l'IPhone e l'S4, ma siamo stati svegli assieme fino a tardi. Capisci Alice, capisci?»
Sorrido inevitabilmente perché il suo trasporto contagia anche me, e in maniera violenta. Capisco cosa intende, e sento di provare la stessa felicità sua.
«Capisco, capisco. Ora vai, e spacca i culi in quel bar, va bene? Spacca i culi con discrezione però, come sempre.»
Sento la sua risata. «Non preoccuparti Alice, a stasera.»
«A stasera.» e riagganciamo. Io vado a farmi una doccia calda e poi sono pronta per scrivere, come quasi tutti i pomeriggi.

La sera un unico messaggio, che leggo velocemente: “È stata davvero una bella giornata. Dio, Alice, se solo potessi dire quanto lo amo lo farei all'istante.”
Rispondo prima di mettermi a letto: “Dai tempo al tempo, il momento per dirlo non è ancora giunto. Buonanotte.” Ci aggiungo anche un cuore verde acido.
“Buonanotte, domani ti racconto. È così... così, non ho parole per descriverlo.”
Sorrido e lascio il telefono sul comodino a caricare.
 

Matteo è sempre stato così: si dimostra un po' snob, con la profondità di una pozzanghera. Invece, poi scoppia in questo tripudio di sentimenti intensi che ti sorprende da uno come lui.
Te l'ho detto, caro -se mi dai il permesso di definirti “caro”-, non si sa cosa ci si deve aspettare da lui, è incomprensibile.
Per adesso ti lascio ma siamo all'inizio, ancora non puoi capire perché sto scrivendo e perché ti sto facendo leggere.
Con il tempo lo scoprirai. Sto lavorando per te.

Alice

 

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Note Dell' Autrice:
Bene, penso che questo storia sia stata un mini-parto: ero partita tutta carica a farla, poi ho avuto un po' di incertezza sul mio modo di scrivere, se non fosse che un "diavoletto" mi ha dato voglia, alla fine, di pubblicarla. Nata due anni e qualche settimana dopo la oneshot che viene ripresa, come si vede dai nomi, è un ampliamento ed una descrizione più dettagliata di quello che potrebbe succedere. Prendete la OS come un capitolo bonus, ecco.
Lo stile che ho adottato mi è piaciuto appena mi è venuto in mente, il mio non è Alice e non sono figa come immagino sia lei, e quindi è come se la storia non la stessi scrivendo io effettivamente ma lei, con il suo spirito critico e le sue osservazioni (che potete notare in corsivo) che si rivolge non alla massa dei lettori ma proprio a quello che sta leggendo in quel momento, a creare un'intesa particolare. Devo ancora ambientarmi con questo modo di scrivere e quindi questo capitolo è un po' il riscaldamento per le patate bollenti che arriveranno e che spero sarò all'altezza di scrivere.

E niente, penso di aver finito. Ci vediamo al prossimo aggiornamento!

   
 
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