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Autore: Victoria93    31/03/2014    5 recensioni
Tratto dalla storia:
-"Stai dicendo che sono io la tua ossessione, signor detective...?" gli sussurrò, di nuovo vicinissima alle sue labbra.
"Non lo so...ma mi stai impedendo di pensare. E nessuno era mai riuscito a ottenere un simile risultato nei miei confronti. Direi che le probabilità che tu sia diventata la mia ossessione sono intorno al 62%".
"Odio le tue stupide percentuali" replicò lei, senza riuscire a trattenersi dal ridacchiare.
"E io amo te".- Elle è pronto per dedicarsi al caso Kira, e ben presto incontra gli agenti giapponesi e si prepara allo scontro con il colpevole, come da programma, ma stavolta...il coinvolgimento di un nuovo agente dell'FBI nelle indagini lo porterà a cambiare notevolmente le sue prospettive, in un modo che nemmeno la mente più geniale del mondo avrebbe mai potuto calcolare e prevedere. Una storia d'amore, intensa, passionale, contro cui quasi niente sarà in grado di opporsi...
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'SUGAR AND PAIN'
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Capitolo 16- Giochi di ruolo
 
Quando Ruri si risvegliò, un paio d’ore più tardi, si rese conto che Ryuzaki non era più accanto a lei; nella piazza del letto vuota, alla sua sinistra, permaneva ancora il suo odore e la sua impronta leggera, ma di lui non c’era traccia, nella camera da letto. Tirandosi leggermente su a sedere e passandosi una mano di fronte al volto, finì presto per dare una veloce occhiata all’orologio: erano circa le quattro del mattino. Fu in quell’istante che la sua mente iniziò a percepire con più attenzione una leggera melodia, che con tutta probabilità proveniva dalla stanza adiacente; tendendo maggiormente l’orecchio, realizzò che si trattava di un pezzo suonato al pianoforte, e che, verosimilmente, stava proseguendo nel suo essere eseguito da almeno un paio di minuti. Forse si trattava dell’elemento che l’aveva svegliata, non avrebbe saputo dirlo…ma certo era che quella musica non le era affatto nuova. Le era già capitato di udirla, anzi…perfino di suonarla, quel giorno in cui lei ed Elle si erano seduti insieme sul panchetto di quel meraviglioso strumento musicale, quel giorno in cui gli aveva aperto gli aspetti più segreti e nascosti del suo animo, quel giorno in cui la sua vita era cambiata per sempre…quel giorno in cui, infine, aveva capito d’essersene innamorata.
Dopo essersi messa a sedere sul letto, gettò definitivamente le coperte da un lato e infilò la camicetta, dirigendosi in punta di piedi verso la porta della stanza, nel tentativo di non distoglierlo dal suonare quel pezzo splendido. Ma nonostante tutto, non appena ebbe socchiuso l’uscio e si fu introdotta il più silenziosamente possibile nell’ambiente dove lui si trovava, non poté comunque rivelarsi in grado di continuare a tenergli segreta la sua presenza; poco dopo il suo ingresso, infatti, il ragazzo smise di eseguire il brano, per poi voltarsi verso di lei, sorridendole subito nel suo modo consueto e così particolare.
Non appena si fu alzato in piedi, poté constatare con i propri occhi che il suo petto bianco era rimasto scoperto, e che addosso portava soltanto i jeans.
Elle le andò incontro, le mani in tasca e il suo sorriso timido ancora dipinto in volto, le spalle leggermente curve come d’abitudine.
“Mi dispiace, ti ho svegliato” disse, accennando al pianoforte “Scusami, non sono abituato ad avere compagnia…”.
“Non mi hai svegliato” lo contraddisse Ruri, ricambiando il suo sorriso “Scusami tu, anzi…non volevo interromperti. Mi piace molto sentirti suonare il piano…”.
“Ho imparato quando ero piccolo” aggiunse il ragazzo, a mo’ di spiegazione “È stato Watari a insegnarmi…a dire il vero, credo che sia stata la prima cosa che mi ha insegnato…quando sono arrivato all’orfanotrofio”.
All’udire quella parola, Ruri non riuscì a dissimulare un momento d’incertezza, che non mancò d’essere subito colto dal detective.
“Che cosa c’è?” le domandò, in tono tanto dolce quanto penetrante.
“Niente…è solo che…”.
“Cosa?”.
“Non mi avevi mai parlato di un orfanotrofio. Cioè, a dire il vero non avevi mai detto praticamente niente della tua vita, o…della tua infanzia, o cose del genere, e ho solo pensato che fosse strano ritrovarsi a parlarne adesso. Tutto qui. In effetti, non avrei mai immaginato che un giorno avremmo avuto conversazioni del genere” concluse alla fine, ridacchiando appena.
Elle si strinse brevemente nelle spalle, rivolgendole uno dei suoi sorrisi caratteristici, che, ormai lo aveva compreso, da tempo erano riservati soltanto a lei.
“Non vedo cosa ci sia di strano…dopotutto, sei la prima persona dopo Watari a cui abbia mai rivelato il mio vero nome. In effetti, credo che tu sia l’essere umano di cui mi sono sempre fidato di più in assoluto, rispetto a chiunque altro…non nutro alcuna difficoltà nel raccontarti il mio passato”.
Spinta da un moto di tenerezza e di mitigata, orgogliosa soddisfazione, di fronte a quelle parole Ruri non poté fare a meno di abbracciarlo, stringendolo a sé con dolcezza e delicatezza infinite; stupito per quella manifestazione improvvisa, Elle ricambiò molto lentamente l’abbraccio, finendo per tenerla stretta a sua volta contro il petto, il viso affondato nei suoi capelli, intento ad assorbirne l’odore per quanto gli era possibile.
“Sei sicura che non ti abbia svegliato? Farò più attenzione, la prossima volta…” le mormorò lui, subito dopo che l’abbraccio fu sciolto.
Il solo sentirgli pronunciare le parole ‘la prossima volta’ sarebbe comunque stato sufficiente per riempirla di felicità in modo indescrivibile, ma vederlo assumere quell’espressione timida e impacciata fu in assoluto il culmine, che la portò a indirizzargli una carezza quasi impercettibile su una delle sue guance lattee, in grado di fargli alzare gli occhi, dotati della medesima espressione tenera e smarrita.
In quel momento, era sicura che, se non ne avesse avuta la certezza, non avrebbe mai affermato di trovarsi di fronte al primo detective al mondo, all’investigatore privato per eccellenza, al nemico numero uno della criminalità organizzata a livello internazionale.
Quello che le si stava parando di fronte agli occhi era un semplice ragazzo privo della benché minima esperienza nei rapporti umani, assolutamente incapace di confrontarsi con se stesso o con i propri sentimenti…o almeno, certo così era stato fino a quella sera. Forse, in qualche modo, adesso le cose avrebbero potuto essere diverse…forse, era riuscita a far scattare qualcosa in lui, in grado di spingerlo a guardare in faccia i propri sentimenti e la propria irrazionalità.
“Non mi hai svegliato…” gli confermò di nuovo, sussurrando a sua volta, mentre tutti e due si sedevano con circospezione sul divano nelle vicinanze “È solo che non c’eri più…non ti sentivo più accanto a me. Credo che sia stata questa la ragione per cui ho smesso di dormire…”.
“Scusami” disse con semplicità lui, passandosi una mano dietro il collo “Non sono abituato a dormire con qualcuno…a dire il vero, non sono abituato a dormire e basta. Non in un letto, almeno…”.
“L’ho notato” ridacchiò Ruri.
Prima che lui potesse rendersene conto, la ragazza gli aveva già posato la testa sulla spalla, chiudendo gli occhi; impercettibilmente, il suo corpo, rigido di partenza, cominciò con tranquillità a rilassarsi, finendo perfino per concedere al suo braccio destro la possibilità di iniziare a circondarle le spalle, per poi passare a carezzarla delicatamente.
Non seppe mai per quanto tempo rimasero in quella posizione, ma il silenzio e la quiete che condivisero in quegli istanti costituirono per entrambi un benessere a cui nessuno dei due sarebbe mai stato in grado di rinunciare, dopo tutto ciò che era accaduto e che aveva finito per segnare irrevocabilmente i loro corpi e le loro anime.
“Stavi parlando sul serio…?” le domandò lui infine, le labbra molto vicine a sfiorarle la fronte, il capo appoggiato subito sopra il suo.
Ruri si discostò appena per guardarlo negli occhi, sorpresa.
“In merito a cosa?” replicò, un po’ stranita.
“Quando hai detto…beh, quando hai detto che non potevi più rinunciare ad avermi al tuo fianco. Parlavi sul serio?”.
Ruri gli sorrise con nuova dolcezza, baciandolo delicatamente.
“Certo che parlavo sul serio. Avevi dei dubbi, al riguardo?”.
“No, è solo che…”.
Ruri attese che proseguisse, osservando le sfumature delle sua espressione, mentre lui prendeva tempo, in cerca delle parole giuste.
“Non lo so…” rispose alla fine “Forse il punto è che non sono abituato a tutto questo. Ho sempre pensato che non valesse la pena occuparsi di simili cose…non avevo nemmeno…beh, non avevo mai…”.
Il giovane arrossì violentemente, nello stesso momento in cui Ruri tornava a posargli la testa sulla spalla, stringendosi meglio contro il suo petto; di fronte a quella scelta, le braccia di Elle presero a stringerla in modo più significativo.
“Lo so…” gli mormorò poco dopo “Spero solo che per te sia stato bello quanto lo è stato per me…”.
“Non…non mi ero mai sentito così in vita mia. Non avevo mai contemplato l’idea che un essere umano potesse stare bene semplicemente rinunciando ad adoperare la sua logica, anche soltanto per qualche momento. Non avrei mai creduto che legarmi a una persona mi avrebbe dato l’occasione di avvertire un tale senso di completezza. Ruri…adesso posso dirtelo. Credo…” prima di proseguire, le fece alzare di nuovo lo sguardo, sorridendole con complicità “…credo che tu sia in assoluto la prima forma di dipendenza al mondo che possa rivelarsi assolutamente e del tutto benefica”.
Ruri rise in modo complice, baciandolo delicatamente ma con energia vitale.
“Ho la sensazione che tu stia parlando di quel fenomeno che la gente comune chiama ‘innamorarsi’, Elle…mai sentito dire?”.
“Diciamo solo che sperimentare un fenomeno simile in pratica è ben diverso dallo studiarne le componenti chimiche in teoria” affermò il detective, baciandola ancora.
Ruri ridacchiò di fronte a quella diagnosi e non disse niente, lasciando che lui giocherellasse con i suoi capelli, mentre lei gli si sdraiava con la testa in grembo, permettendo semplicemente al tempo di scorrerle addosso, incurante di ogni cosa.
“Cos’hai intenzione di fare con Yagami?” gli chiese dopo un’ulteriore pausa, gli occhi intenti a osservare le sfumature del piano del tavolino di legno di fronte a lei.
“Beh, il mio progetto è quello di tenerlo attentamente d’occhio. Fingerò d’essere un comune studente universitario…almeno all’inizio. In realtà, ho in animo di uscire allo scoperto il prima possibile; voglio che lui sia consapevole della mia identità al più presto. È un passaggio molto importante, nell’ambito dell’analisi comportamentale che dovrò fare riguardo al suo profilo psicologico. Immagino che la cosa migliore sia cercare di stringere un qualche rapporto di amicizia, anche se la mia intenzione è quella di mettere subito in chiaro quali siano le carte in tavola” rispose l’investigatore.
“Stai dicendo che pensi di dirgli che sospetti che lui sia Kira?” replicò Ruri.
“Esattamente. Anche la reazione che manifesterà di fronte a un’affermazione simile sarà un’importante elemento di riflessione per giungere a conclusioni concrete sul caso. Non sei d’accordo?”.
“Beh, in effetti il tuo ragionamento non fa una piega. E in ogni caso, che il nostro sospetto creda o meno che tu sia Elle, nel caso fosse Kira non potrebbe comunque muovere un muscolo…i miei complimenti, sicuramente avresti le spalle parate. Un’ottima strategia”.
“Il merito è gran parte tuo, ricordi? Sei tu che mi hai proposto un piano d’azione del genere…volendo essere onesto, l’idea di mostrarmi a lui mi aveva lasciato perplesso, all’inizio, ma riflettendoci ho concluso che era la soluzione migliore. Di questo devo ringraziare solo te”.
“Non giocherai mica a fare il modesto, ora? Guarda che non ne hai bisogno per fare colpo, mi pare che tu abbia già avuto successo nell’impresa” ridacchiò Ruri, facendogli pigramente il solletico a una gamba.
“Suppongo che tu abbia ragione. Non ho motivo di cercare di conquistare la mia ragazza, giusto?”.
Al sentirlo parlare in quel modo, Ruri alzò il capo di scatto, guardandolo dritto negli occhi; notando la strana espressione che vi era appena comparsa, Elle li scrutò preoccupato, cercando di capire se andasse o meno tutto bene.
“Qualcosa non va…?” non riuscì a fare a meno di chiederle, subito dopo.
Ruri allargò il suo sorriso.
“Hai detto ‘la tua ragazza’?” gli chiese conferma.
“Beh…sì. Ho…ho immaginato che…insomma…ho frainteso?”.
Ruri si sollevò appena, posandogli una mano sul collo e catturando le sue labbra in un lungo bacio, in seguito al quale, a causa della sorpresa e dell’imbarazzo, Ryuzaki riuscì a chiudere gli occhi solo dopo qualche istante.
Quando infine si staccarono nuovamente, Ruri gli donò un altro sorriso sbarazzino, tornando a sistemarsi comodamente con la testa nel suo grembo, senza più curarsi della sua espressione attonita e un po’ frastornata.
“Ruri…”.
“Per rispondere alla tua domanda” lo interruppe lei, con un nuovo sorriso molto ampio, che però lui non poteva vedere “No, non hai motivo di cercare di conquistare la tua ragazza, Elle. Non preoccuparti”.
Subito dopo, la giovane avvertì le sue dita eleganti ed affusolate, connotate da un tocco leggermente tiepido, iniziare a sfiorarle dolcemente i capelli, perdendosi in mezzo alle sue lunghe ciocche scure.
“Posso farti una domanda?” le chiese poco dopo, il tono adesso segnato da una nota strana.
“Certo” rispose Ruri, senza alzare la testa, giocherellando appena con un filo dei suoi pantaloni.
“Quand’è che hai stabilito di fare quel test d’ammissione?”.
Al sentirlo parlare in quel modo, la giovane alzò di nuovo la testa, rivolgendogli uno sguardo molto penetrante.
“A dire il vero…ho preso quella decisione subito dopo aver saputo che avevi intenzione di avvicinare Yagami in quel modo. Devo ammettere che non mi aspettavo una richiesta del genere, da parte tua…sul serio non lo immaginavi?”.
Elle sorrise in modo quasi impercettibile, scuotendo appena la testa.
“Diciamo solo che volevo esserne sicuro al 100%, tutto qui. Devo ammettere che è stato degno di te”.
“Sul serio?”.
Il ragazzo le fece sollevare appena la testa, posando un bacio lieve sulle sue labbra.
“Sul serio…” confermò, muovendo appena la bocca.
La giovane tornò a sedersi di fianco a lui sul divano, continuando a baciarlo per poi stringerlo a sé con calma e delicatezza infinite, affondando il volto nei suoi capelli.
“Quindi…hai cambiato idea?” gli domandò dopo un lungo silenzio, tornando a guardarlo negli occhi.
“In merito a cosa?”.
“Dicevi che non avresti più potuto essere la giustizia, se avessi accettato l’idea di stare con me. Ti senti ancora come se avessi rinunciato a qualcosa?”.
Elle si strinse nelle spalle, porgendole un cioccolatino e iniziando a scartarne un altro.
“Beh, veramente non lo so…è possibile. Ma se adesso sono qui…è evidente che, in un modo o nell’altro…non c’era alcuna possibilità che potessi rinunciare a te”.
Quella frase, pronunciata in modo così diretto e semplice, la portò ad abbassare lo sguardo, sorridendo impercettibilmente.
“Non ho mai voluto niente, nella mia vita…” proseguì il detective, facendole alzare di nuovo gli occhi “Perché non volevo confrontarmi con la perdita che ne sarebbe derivata. Come può la logica umana reagire di fronte a quello che un essere umano può provare, quando la cosa che più è per lui preziosa gli viene strappata dalle mani? Come si può andare avanti con la propria vita senza avere la possibilità di ottenere giustizia, di riprenderci ciò che ci è stato rubato? Ho cominciato a pormi domande del genere fin da quella notte…”.
“Quella notte…?”.
“La notte in cui sono morti i miei genitori”.
Ruri lo fissò in silenzio, incapace di replicare; le sue iridi azzurro ghiaccio lo videro fissare gli occhi a terra, le mani strette sulle ginocchia che, tuttavia, non teneva rannicchiate contro il petto, lasciandole ancora una volta penzolare fuori dal divano. Non le aveva mai parlato di niente che riguardasse il suo passato, se non quando le aveva rivelato il suo vero nome, e ascoltarlo parlare in quel modo le stava provocando dei lunghissimi brividi lungo la schiena, che non sembravano trovare fine in nessun modo.
“Elle…”.
“Avevo otto anni”.
“Mi dispiace, io…”.
“Sono passati tanti anni” scrollò le spalle il giovane, rivolgendole un sorriso stiracchiato “È stato prima di Natale, credo…non ricordo un granché, ma sono sicuro che stesse nevicando. Ero a casa con l’ennesima babysitter, una sera come tante. Quando giunse la notte…al loro posto, venne da me Watari…immagino che li conoscesse piuttosto bene, ma io non lo avevo mai incontrato prima di allora. Mi disse semplicemente che non sarebbero tornati più. Che non dovevo preoccuparmene, che non era colpa mia. Ma che…da quel momento in poi, non li avrei visti mai più”.
Elle si voltò verso di lei, indirizzandole un altro sguardo penetrante, accompagnato da un sorriso triste.
“Immagino che sia stata questa la ragione per cui ero così arrabbiato con te…”.
Ruri ricambiò la sua stretta, per poi abbracciarlo brevemente di nuovo.
“Mi dispiace davvero tanto…”.
“Non te l’ho detto perché mi chiedessi scusa di nuovo. Suppongo di averlo fatto per lo stesso motivo per cui tu mi hai raccontato del tuo passato…perché era la cosa più giusta da fare. Ecco tutto” replicò l’investigatore.
Prima che lei potesse allontanarsi troppo da lui, Elle la fermò, stringendo di nuovo le sue dita in modo deciso e delicato al tempo stesso.
“Con te è stato diverso. Ero…furioso alla sola idea di non poterti rivedere mai più. Ero frustrato, ero arrabbiato, ero teso, confuso, spaesato…ma per la prima volta in vita mia, ho avuto la netta sensazione di non essere più in grado di sopravvivere. Come se…come se fossi stato circondato da una valanga d’acqua che impedisse all’aria di entrarmi nei polmoni…come se capire che eri morta mi stesse impedendo di respirare. Il punto non è quello che obiettivamente sei…” proseguì, scostandole con dolcezza una ciocca di capelli dal volto “Non mi sono innamorato di te perché sei bella, intelligente, geniale e straordinaria…è successo perché mi hai permesso di comprendere che posso fare a meno di pensare, che non devo attaccarmi alla logica e alla razionalità per ogni minima, piccola cosa. Perché mi hai dato l’opportunità di capire che esiste altro, nella mia vita…che esistono cose che non posso ignorare e che avevo sottovalutato. Cose che non posso comprendere utilizzando soltanto la mia mente…cose che ho bisogno di capire con l’aiuto di qualcuno. Quando il caso Kira ha avuto inizio, ho pensato che non potevo farcela da solo. Che avevo bisogno della migliore collaborazione che potessi trovare, e sapevo che solo tu saresti stata in grado di fornirmela. Ma credevo che tutto ciò dipendesse semplicemente dalla genialità connessa a questa serie di omicidi…in effetti, l’elemento paranormale che connotava l’operato di questo serial killer mi aveva portato a pensare che non avrei potuto servirmi soltanto degli strumenti di cui avevo sempre disposto, per smascherarlo…incontrarti mi ha fatto capire, in maniera definitiva, che ciò che mi aveva spinto a chiederti di raggiungermi in Giappone non poteva essere collegato semplicemente alla stima e al profondo rispetto che avevo nutrito fin dall’inizio nei confronti delle tue eccellenti capacità. La verità, Ruri…è che tu sei stata l’eccezione più incredibile di tutta la mia vita. E dal primo momento in cui sei entrata in quella stanza d’albergo, hai cominciato a salvarmi. Credi che avrei mai potuto perdonarti, se avessi deciso di non salvare te stessa?”.
Ruri gli carezzò gentilmente il volto, perdendosi nelle sfumature dei suoi occhi d’ebano, che lentamente si stavano andando a fondere, ancora una volta, con le sue, cerulee e splendenti come ghiaccio al sole.
“Immagino che sarei stata in primo luogo io stessa…a non riuscire a perdonarmi mai più” replicò, con un sorriso mesto “Ti prometto che non permetterò più che accada. Ma devo confessarti che un’eventualità del genere non è la cosa che più mi spaventa…”.
“Ti riferisci a Kira? Che cosa temi?”.
“La stessa cosa che temi tu. Ho paura di perdere la partita. Ho paura di perdere te. Se perdessi te…”.
“Ruri…”.
“Se io perdessi te” ripeté la ragazza, con decisione “Sono convinta che non avrei più alcun mezzo per continuare ad agire e per fare ciò che è giusto”.
“Non voglio che tu permetta che questo accada, Ruri. Parlo seriamente. Non puoi permetterlo” le ricordò Elle, con serietà “Ho accettato quello che provo per te e non ho più intenzione di rinnegarlo, ma non puoi lasciare che una cosa del genere prenda il sopravvento su di te. Ne va del caso, lo sai meglio di me”.
“Pensi davvero che mi importerebbe ancora delle indagini, se tu…”.
“Basta” la bloccò Elle, adesso freddo “Non voglio sentire sciocchezze del genere. Nemmeno per un istante”.
“Elle…”.
“Se dovessi morire, non voglio che questo cambi le cose, Ruri. In nessun modo. Anzi, in effetti…se dovesse accadermi qualcosa, avrò bisogno che tu prenda il mio posto”.
Sentirlo parlare in quel modo le gelò il sangue nelle vene, e al contempo la riempì di un caloroso senso d’orgoglio, mai provato in vita sua. Possibile che stesse parlando sul serio?
“Non dire assurdità. Lo sai che non potrei mai fare una cosa del genere, e in ogni caso…non ce ne sarà alcun bisogno. Ne sono più che sicura” affermò Ruri, mentre lui si alzava in piedi, volgendole le spalle e dirigendosi verso la finestra, contro la cui superficie finì per appoggiare la mano destra, gli occhi persi nel panorama di fronte a sé.
“Non so ancora esattamente di cosa possa essere capace la persona che stiamo cercando di identificare; dispone di un potere che nessuno di noi avrebbe mai potuto anche soltanto concepire. È impossibile prevedere con esattezza quali saranno le prossime mosse di un individuo simile, e soprattutto è estremamente complicato poter arrivare a comprendere quali siano i mezzi a sua disposizione, che gli consentano o meno di agire in un determinato senso. Sono sicuro che sarò io a vincere questa sfida, ma…non posso essere certo che la cosa vada esattamente nella maniera che ho previsto. Per quello che ne so…”.
“Smettila, non parlare così” lo interruppe Ruri, raggiungendolo e posandogli una mano sulla schiena, facendolo così voltare di nuovo “Lo hai detto tu stesso, no? Vincerai. Sarai tu a vincere. Questo implica che non perderai la vita…”.
“Beh, non necessariamente…”.
“Elle, ti prego…”.
“No, sono io che ti prego, Ruri. Devi promettermi che non perderai la testa. Devi promettermi che non ti arrenderai, qualunque cosa accada”.
“Hai detto tu stesso che la sola idea che io potessi morire…”.
“Ho detto che la sola idea che tu potessi morire mi stava uccidendo. Non ho detto che le avrei permesso di uccidermi” la bloccò il detective, rivolgendole uno sguardo molto chiaro e diretto.
“Perché mi stai dicendo tutto questo?”.
“Perché voglio che tu sia pronta a prendere il mio posto, nel caso in cui ciò si rivelasse necessario”.
“Stai farneticando…prendere il posto di Elle…sai che non potrei mai essere all’altezza!!”.
“Non pretenderei che tu lo facessi per il resto della vita, ma questo caso non può rimanere insoluto. Non possiamo permettere che Kira vinca. Una volta che le cose fossero state sistemate, torneresti alla tua vita normale. È una promessa”.
“Parli come se pensassi di dover morire domani mattina. È la cosa più assurda che ti abbia mai sentito dire, Elle…” obiettò Ruri, con la voce incrinata “E comunque, non capisco quale sia il punto. Se prendessi il tuo posto e poi abbandonassi l’incarico, chi ti succederebbe nella carica?”.
Elle le fece cenno di tornare a sedersi accanto a lei, accendendo il computer portatile che si trovava sul tavolino e iniziando a mostrarle una serie di fotografie di un bell’edificio elegante, circondato da quella che, con ogni probabilità, era campagna inglese.
“La ‘Wammy’s House’” spiegò il ragazzo, notando la sua occhiata interrogativa.
“La che cosa?” ribatté Ruri, alzando un sopracciglio.
“È uno degli orfanotrofi di maggior prestigio fondati da Watari. Se n’è occupato parecchio, dopo essere diventato ricco grazie ai brevetti che le sue invenzioni gli hanno fornito, nel corso degli anni. A dire il vero, credo che sia in assoluto il più autorevole: immagino che sia per questo che porta il suo nome. È lì che sono cresciuto”.
“Sei cresciuto in Inghilterra?” domandò la giovane, con un sorriso complice.
Elle la ricambiò, con espressione leggermente stranita.
“Sì, in effetti…avevi già sentito parlare dell’istituto?”.
“No, ho riconosciuto il panorama che circonda la struttura. Vegetazione del genere si trova soltanto a sud della Gran Bretagna. E volendo essere puntigliosa, devo confessarti che il tuo accento non è poi così indistinguibile”.
Elle ridacchiò brevemente, chiudendo di nuovo il portatile.
“Beh, suppongo che l’influenza di Watari non sia poi così benefica come vorrebbe far sembrare…”.
“In ogni caso, qual è il collegamento fra la Wammy’s House e la nostra conversazione?” insistette la mora, protendendosi verso di lui.
“Da quando ho lasciato la scuola e sono diventato, beh…’ELLE’ nel senso più proprio della parola” spiegò il detective, con un sorrisetto strano “L’orfanotrofio si è posto il fine di diventare una sorta di scuola per giovani dotati; in realtà, con il tempo i criteri d’ammissione sono diventati piuttosto selettivi. Naturalmente, alla struttura d’accoglienza agli orfani erano gratuitamente ammessi tutti, ma a determinate lezioni e a corsi di formazione di carattere segreto e alquanto speciale hanno iniziato ad essere ammesse soltanto le menti più brillanti. Una formazione del genere è volta a…” fece una breve pausa, per poi tornare a fissarla in volto, dandole un’altra occhiata molto concisa e seria “…scegliere un futuro erede di Elle”.
Sorpresa da quella rivelazione, Ruri continuò ad osservarlo in silenzio, come nel tentativo di cogliere a pieno il profondo significato di quelle parole.
“In questo momento, ci sono due soggetti particolarmente dotati che si sono posti in cima alla graduatoria; a dire il vero, non sono esattamente alla pari, ma non sono ancora giunto a una conclusione relativa alla decisione che devo prendere. Il fatto è che entrambi sono dotati di splendide qualità…ma ciò di cui è dotato uno, inevitabilmente manca all’altro. Ci sono momenti in cui mi convinco che sarebbero invincibili soltanto se uniti, piuttosto che separati. Peccato che chiedere loro di collaborare sia quasi impossibile. Pare che il clima di pressione psicologica della Wammy’s non faciliti la cooperazione, o perfino la simpatia, fra i suoi membri…beh, direi che è comprensibile, considerando quanta competizione sia presente al suo interno. Non c’è da meravigliarsi eccessivamente per quanto è avvenuto a Los Angeles, in effetti…Beyond Birthday è stato uno studente della Wammy’s House”.
“Stai scherzando?!?” sbottò Ruri, strabuzzando gli occhi “Quel pazzo omicida era un membro dello stesso orfanotrofio in cui sei cresciuto? Non mi avevi mai detto niente del genere…”.
“Beh, all’epoca non potevo fidarmi di te al punto tale da rivelarti così tanti dettagli sul mio passato. Avresti persino potuto condurre delle indagini per giungere a scoprire la mia vera identità, e comunque avresti finito per avere accesso a informazioni di carattere eccessivamente riservato. Scusami, ma…diciamo che non era ancora il momento”.
“Non preoccuparti” scosse il capo Ruri, stringendosi nelle spalle e rialzandosi in piedi, imitata da lui “Credo solo d’essere piuttosto scioccata…non ti sembra che questo sia un gioco un tantino pericoloso?”.
“Beh, in effetti…tutto quello che compone la mia vita è pericoloso, Ruri. A cominciare da te, oserei dire”.
Prima che potesse replicare, Elle aveva già ripreso a baciarla, stringendola ai fianchi in modo possessivo e lasciando che lei gli circondasse il collo con le braccia.
“Non voglio perderti…” gli sussurrò la giovane al termine del bacio, mantenendo il proprio profilo vicino a quello di lui.
“Farò tutto il possibile perché non accada” replicò il detective, senza interrompere il loro abbraccio.
“Devi promettermelo. Devi promettermi che non morirai”.
“Ruri…”.
“Ti prometto che non perderò la testa. Ti prometto che, nel caso in cui dovesse succedere, farò tutto quanto sarà in mio potere per rimanere lucida, per restare in vita e per fermare Kira, per consegnarlo alla giustizia. Ma tu devi promettermi che non dovrò fare niente di tutto ciò…almeno, non da sola. Me lo devi promettere. O non sarò in grado di fare altrettanto”.
Elle le rivolse un altro sorriso, a metà fra l’enigmatico e il delicatamente comprensivo.
“Sei una contraddizione vivente…lo sai, vero?”.
“Ha parlato la coerenza fatta persona” scherzò Ruri, scostandogli una ciocca ribelle di capelli dal viso.
“Tu meglio di chiunque altro dovresti capire. Quando hai deciso di rimanere in Giappone, hai fatto un giuramento rivolto più a te stessa di quanto non fosse rivolto a me. Credo che sia stata la cosa che più ha avuto il potere di colpirmi, in tutta la mia vita…”.
“Mi dispiace, ma a questo non posso credere. Il grande Elle, il migliore detective del mondo…che si fa mettere fuori gioco da una cosa così piccola? Spiacente, ma stento davvero a ritenere che possa essere possibile…”.
“Beh, se consideri che non ho smesso di pensare a te fin dal primo momento in cui ho sentito la tua voce, ancor prima di vederti di persona, non è poi così difficile da credere, non ti pare?”.
Ruri arrossì impercettibilmente di fronte a quelle parole, evitando di poco il suo sguardo.
“Questo tuo modo d’essere diretto e privo di mezzi termini…lo hai imparato da solo, o è contenuto nel tuo codice genetico?” ridacchiò la mora, abbozzando un sorriso complice.
“Non saprei. Forse ho soltanto perfezionato qualcosa che già mi era proprio” replicò Elle, scostandole appena una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro.
Prima di proseguire, i suoi occhi d’ebano s’incrociarono per l’ennesima volta con quelli di ghiaccio della ragazza, fondendo le proprie sfumature con quelle di lei.
“Tu moriresti per catturare Kira…?” le domandò ancora, il respiro intento a intrecciarsi con il suo.
Ruri gli sorrise delicatamente, preparandosi a rispondergli.
“Tu moriresti nel tentativo d’impedirmelo…?” replicò come di consueto.
Arrivata a un punto del genere, tutto si sarebbe aspettata, meno che lui completasse ulteriormente quel dialogo già così intriso di significato.
“Sì…” le rispose Elle, sussurrando con una leggerezza che aveva dell’evanescente.
Senza potersi più trattenere, Ruri tornò a baciarlo con passione, lasciando che le mani del detective si perdessero nei suoi capelli e sulla sua schiena, mentre le sue passavano dall’accarezzargli il collo allo sfiorargli il petto e i bicipiti.
In modo leggerissimo, Elle la sollevò di nuovo fra le braccia, riprendendo a condurla verso la camera da letto, lasciando che il loro bacio proseguisse e che le sue dita affusolate tornassero a slacciarle le camicetta.
Prima di lasciarsi andare ancora una volta all’oblio della loro unione e del profondo sentimento che stava imparando a conoscere, permise alle sue labbra di sussurrarle un’ultima frase.
“Non ti permetterò mai più di allontanarti da me…”.
Senza darle possibilità di replica, Elle continuò a baciarla, permettendo finalmente al suo cuore d’infrangere del tutto il muro di ghiaccio che, per così tanto tempo, ne aveva circondato i confini…
 
I giorni successivi trascorsero in maniera piacevolmente leggera; malgrado la consapevolezza dell’incombente incontro con il presunto Kira, né Elle né Ruri apparivano eccessivamente turbati dalla cosa. Il loro lavoro procedeva come di consueto, e la loro conclamata relazione, che ben presto divenne di dominio pubblico, si rivelò in grado di non metterli a disagio e di non distrarli dal loro compito. Le condizioni di salute di Ruri migliorarono con il passare dei giorni, grazie alle attente e amorevoli cure di Watari, Elle e Robin, che nel frattempo aveva deciso di rimanere in Giappone fin quando anche Ruri non avesse deciso di andarsene; infatti, malgrado le proteste e le ragionevoli argomentazioni della sua migliore amica, la rossina non aveva voluto sentire storie, e aveva subito avvisato l’ospedale di Washington per prendersi un periodo di lunga aspettativa. Sapeva che avrebbe potuto costarle il posto di lavoro, e che probabilmente avrebbe compromesso in modo irreparabile la sua carriera, ma nel profondo si rendeva conto che rendersi utile per Ruri era l’unica cosa che davvero la condizionasse e la interessasse completamente. L’aver rischiato di perdere la sorella di una vita l’aveva resa ancora più emotiva e ansiosa del solito, e questo aveva contribuito in maniera determinante a farle prendere quella grave decisione. Dal canto proprio, Ruri non faceva che ripeterle quanto fosse grande l’errore che stava commettendo, ma Robin non voleva sentire ragioni. Inoltre, considerando che Elle si era dichiarato disponibile a pagarle la permanenza in Asia per tutto il tempo che avesse ritenuto opportuno, anche la questione economica aveva finito per mettersi da parte; naturalmente, dopo un’accesa discussione, Robin lo aveva impegnato a prometterle che le avrebbe lasciato restituire fino all’ultimo centesimo della somma impiegata, ma, nel suo intimo, Ruri era comunque convinta che il detective non avrebbe mai accettato un singolo yen della cifra che Robin insisteva così tanto per ripagargli.
Nei momenti liberi dal lavoro e dalle costanti riunioni a cui Elle li sottoponeva, le due si sentivano spesso, raccontandosi le reciproche novità e gioendo del felice epilogo che quella storia stava prendendo per entrambe; circa alla metà di Marzo, infatti, Matsuda aveva invitato Robin a cena, e lei, con gran sorpresa del diretto interessato, aveva accettato con piacere. La loro frequentazione era andata avanti, e sembrava che stesse procedendo a gonfie vele. Pareva proprio che le cose non potessero andare meglio di così; l’ennesima conferma di tutto ciò giunse il 15 di Marzo, quando, durante il corso di una riunione nell’ennesima camera d’albergo in cui Ruri ed Elle si erano trasferiti, Watari entrò nella suite con un gran sorriso, stringendo nella mano destra due buste dall’aria ufficiale.
“Che cosa c’è, Watari?” gli domandò Elle, alzando un sopracciglio con aria perplessa.
“I risultati del test d’ammissione all’Università di Tokyo. Le mie congratulazioni ad entrambi” replicò l’uomo, sorridendo in modo smagliante.
Subito dopo aver letto il contenuto delle lettere, Ruri ed Elle compresero subito che cosa intendeva: i due si erano classificati rispettivamente seconda e primo in graduatoria.
“Complimenti, genio!” ridacchiò Ruri “Mi hai battuto per un pelo! La prossima volta, saprò essere meno clemente!”.
“Raccontalo a qualcun altro” la rimbeccò Elle, sorridendo a sua volta “Devo supporre che toccherà perciò a me, fra qualche giorno, tenere il discorso di presentazione delle matricole alla Cerimonia d’inizio anno dell’Università…dico bene, Watari?”.
“Beh, in effetti sì…ma se leggi con più attenzione la lettera, scoprirai che in merito c’è una sorpresa interessante…” aggiunse Watari, con uno strano sguardo.
Lanciandogli un’occhiata sorpresa, Elle continuò a scorrere il documento fin quando non trovò l’informazione che cercava; subito dopo, sul suo volto comparve un sorrisetto soddisfatto, e le sue mani eleganti non esitarono un secondo di più nel passare alla ragazza il foglio che aveva tenuto fino a quel momento.
Ruri lesse a sua volta, per poi sorridere a sua volta in modo beffardo e compiaciuto.
“Ah beh, questa sì che è una bella coincidenza…”.
“Di cosa state parlando?” s’intromise Yagami, perplesso.
“Faccia i complimenti a suo figlio, sovrintendente. Deve andarne molto fiero” rispose Ruri, porgendogli la lettera.
Non appena gli occhi castani del poliziotto ebbero scorto la novità, il suo volto si divise fra l’orgoglio e la preoccupazione.
“Light è arrivato in cima alla graduatoria, come Ryuzaki…”.
“Già. Questo ci permetterà di tenerlo d’occhio ancora meglio di quanto avremmo potuto pianificare. Un bel colpo di fortuna” commentò Ruri.
Notando l’espressione contrita del genitore, Ruri gli posò una mano sulla spalla, per poi alzarsi in piedi e dirigersi verso un grosso proiettore.
“Non deve crucciarsi in questo modo, sovrintendente, glielo assicuro; se Light non ha niente a che vedere con questa storia e non è Kira, sicuramente prima o poi lo capiremo, e qualunque sospetto nei suoi confronti potrà essere dissipato. Le assicuro che incastreremo Kira con prove del tutto schiaccianti, in di per cui, nel caso in cui lui effettivamente non fosse Kira, non ci sarebbe alcun effettivo margine d’errore che potrebbe condurci a una conclusione così radicalmente sbagliata. Non ho ragione, Ryuzaki?”.
Aveva mantenuto l’abitudine di chiamarlo in quel modo davanti agli altri, riservando di utilizzare il suo vero nome solo nei momenti d’intimità e quando erano soli; sentendosi chiamato in causa, il ragazzo le rivolse un breve sorriso e annuì.
“Signori, credo che sia arrivato il momento di fare il punto della situazione” proseguì l’investigatore, rivolgendo un altro cenno benevolo alla giovane “Prosegui pure, Ruri”.
“Ti ringrazio” replicò la ragazza, accendendo il marchingegno e cominciando a proiettare una numerosa quantità di slides, sotto gli occhi concentrati e attenti dei loro collaboratori.
“Bene, come abbiamo appena appreso dalle informazioni che Watari ci ha fornito, la cerimonia d’inizio anno dell’Università di Tokyo si terrà fra quattro giorni, il 19 Marzo. Quella sarà la prima occasione in cui io e Ryuzaki avvicineremo un concreto sospetto, nel tentativo di stabilirne un corretto profilo psicologico e di comprendere se esso possa in qualche modo corrispondere con quello del killer. Devo ricordarvi che, al momento, contro il sospetto Light Yagami non esistono prove concrete, ma che le indagini conducono comunque a lui, considerando che il suo abituale aspetto comportamentale presenta dei punti in comune con quello che riteniamo potrebbe essere quello di Kira. Adesso ricapitoleremo quanto abbiamo appreso finora del nostro uomo, ossia la base sicura da cui potremo ripartire non appena avremo nuovi elementi. L’unica cosa che raccomando a tutti voi è di non avvicinare il soggetto indagato in nessun modo possibile, finché non potremo escluderlo dalla lista degli indiziati. È tutto chiaro?”.
L’intero gruppo d’indagine annuì, compreso il sovrintendente, che però teneva lo sguardo fisso a terra.
“Ovviamente” proseguì Ruri, rivolgendogli uno sguardo di circostanza “L’unica cosa che le chiedo, sovrintendente, è di evitare di parlare in alcun modo con Light delle indagini e del caso Kira…mi sembra superfluo dirle tutto questo, ma devo farlo per una questione di protocollo. Spero che la cosa non le crei troppi problemi”.
“Sto benissimo” la rassicurò Soichiro, un po’ secco “Continua pure con l’esposizione, Ruri: stai solo facendo il tuo lavoro”.
“Bene” seguitò Ruri, facendo scorrere le slides sullo schermo e portando alla loro attenzione numerose foto di cadaveri di criminali “L’assassino è giapponese, o quantomeno residente in Giappone, anche se protenderei per la prima ipotesi; in effetti, dimostra un particolare senso di attaccamento verso le vittime appartenenti a questa nazionalità, e col tempo mi sono convinta che questo non sia legato soltanto a una sfida nei confronti di Elle, quanto a una particolare necessità di vendetta nei confronti di criminali che conosce particolarmente bene. Ricordate i test che ha effettuato prima d’uccidere gli agenti dell’FBI inviati in Giappone? Sono stati omicidi di carattere strumentale, è vero, ma non dimenticate che sono stati caratterizzati da una brutalità che non gli era stata propria, fino a quel momento…uno di loro si è persino tagliato un dito, ed è stato costretto dal killer a tracciare sul muro della propria cella il disegno di quella stella a cinque punte. Non so cosa ne pensiate voi, ma ci vedo un discreto sadismo. Ho la sensazione che il nostro uomo soffra di una forma d’aggressività repressa tipica di un individuo abituato a reprimere le proprie emozioni, probabilmente impegnato ad apparire perfetto in ogni cosa che fa. È sicuramente instabile, ancora molto giovane, piuttosto sicuro di sé e ancora impegnato a costruirsi un futuro e un’identità, ed è possibile che individui nel suo potere omicida una potenziale strada da percorrere in questo senso. Ha manie di protagonismo, è infantile, manipolatore, solo in apparenza modesto…non ho dubbi nel ritenere che potrebbe presentarsi come la persona più mite e inoffensiva del mondo, malgrado il suo potenziale omicida. E qui sta il punto…” s’interruppe Ruri, fissandoli tutti a uno a uno e soffermandosi su Elle, il cui sguardo era magneticamente incatenato al suo “Il modus operandi. L’elemento più difficile da risolvere all’interno di questo caso. Vi confesso che mi ci sono scervellata per un bel po’, ma ancora non ho trovato una soluzione. Ho persino pensato che quegli arresti cardiaci potessero essere provocati da una sorta di droga inalata o ingerita dalle vittime, ma le analisi del coroner non hanno portato alla luce nessuna sostanza che potesse presentare caratteristiche del genere, all’interno dei cadaveri. E in effetti, pensare che possa esistere un killer in grado di uccidere in simultanea persone che si trovino in parti diverse del globo…è piuttosto sorprendente”.
“Qual è la prossima mossa?” domandò Aizawa.
“Io e Ruri ci occuperemo di Light Yagami, e cercheremo di trovare qualche eventuale collegamento fra lui e questa serie di omicidi, cercando di coinvolgerlo direttamente nelle indagini e analizzando il suo punto di vista sulla vicenda. Nel caso in cui emergesse qualcosa, procederemo in tal senso. Per il momento, la cosa migliore da fare sarà rendere noto ai media che la nostra attenzione si sta spostando fuori dall’area nipponica, e che riteniamo che il nostro sospetto stia fuggendo in direzione dell’Europa. In questo modo, depisteremo l’attenzione dei mezzi d’informazione e faremo credere al killer d’essere al sicuro…sempre che il nostro uomo non sia effettivamente il giovane Yagami. In tal caso, Kira scoprirebbe immediatamente che le indagini di Elle sono ancora concentrate nel Kanto, e che la sua posizione è tutt’altro che sicura. In base a un espediente del genere, avremo nuovi mezzi per poter comprendere se effettivamente Light sia o meno la persona che stiamo cercando” rispose Elle, alzandosi in piedi e affiancandosi alla sua collaboratrice “Ci sono domande?”.
Un silenzio tombale invase l’ambiente, mentre gli sguardi dei poliziotti saettavano in direzione del sovrintendente, per poi tornare a volgersi, a disagio, verso Ruri ed Elle.
“Bene, allora immagino che sia tutto, per oggi. Watari, domani comunica ai media quanto abbiamo stabilito finora. Io e Ruri ci recheremo alla cerimonia fra quattro giorni. Il resto della squadra investigativa rimarrà al quartier generale e seguirà i nostri movimenti attraverso alcune microspie che io e Ruri ci premuniremo di indossare. Il collegamento audio sarà perciò costante, e ognuno di voi verrà costantemente tenuto informato sui nostri progressi relativi all’indagine sul sospetto. Potete andare”.
Non appena tutti quanti, incluso Watari, ebbero tolto il disturbo, Ruri rivolse al giovane un sorriso delicato, carezzandogli appena la guancia e cominciando a tagliargli una fetta di torta.
“Hai dei sospetti concreti contro Light Yagami?”.
“Se non ne avessi, credi che farei tutto questo?” replicò Elle, tornando a sedersi.
“Lo sai quello che voglio dire” ribatté Ruri, regalandogli uno sguardo penetrante.
“Beh…le probabilità che sia Kira sono al di sotto del 5%, ma tra tutti gli indagati è quello che più mi ha colpito, perché…beh” seguitò, guardandola dritto negli occhi “Tu lo sai il perché”.
Ruri annuì, sorseggiando un po’ del suo caffè.
“È fin troppo perfetto” mormorò la ragazza, per poi addentare la fragola che Elle le stava porgendo.
“Esatto” annuì Elle “E se lui fosse davvero Kira, non ci sarebbe modo migliore per farlo sentire con il fiato sul collo”.
“Sono d’accordo” convenne Ruri “Non ti ho ancora fatto una domanda importante”.
“Sarebbe a dire?”.
“Preferisci occupartene da solo, o vuoi che partecipi attivamente all’esame del soggetto indagato?”.
Quella richiesta parve sorprenderlo oltremisura, portandolo ad alzare un sopracciglio in modo molto più evidente di quanto non avesse mai fatto fino a quel momento.
“Credevo che questo fosse ovvio…hai partecipato al test d’ammissione perché volevi indagare in prima persona con me nei confronti di Yagami…ho frainteso le tue intenzioni?”.
“Beh, a dire il vero volevo anche accertarmi che non corressi alcun pericolo significativo…” ammise Ruri, arrossendo lievemente e portandolo a sorridere “Ma comunque sì, certo che sì…ma non è importante soltanto quello che penso e che voglio io. Pensi che la mia presenza al tuo fianco potrebbe…non so, distoglierti dal caso o mettere il nostro sospetto in una posizione tale da compromettere il profilo che desideri trarre dalle conversazioni che instaurerai con lui? Se fossi presente, e se anche la mia identità gli venisse resa nota, allora, forse…”.
“Non vedo quale sia il problema, almeno finché non gli comunichiamo che sei in realtà uno degli agenti dell’FBI che Kira ritiene d’aver ucciso. Sarà sufficiente che ti presenti a lui come Ruri Dakota…e poi, non vedo che cosa ci sia di male o di strano, se un ricco, brillante studente universitario ha una fidanzata altrettanto brillante e spaventosamente attraente…”.
Ruri si pronunciò in un sorriso malizioso, andando a sedersi accanto a lui sul divano.
“Stai cercando di dirmi qualcosa, signor detective?”.
“Vedo che sei in grado di leggere fra le righe, agente Yasuba…”.
“In sostanza, devo perciò dedurne che vuoi che sia presente durante i vostri incontri amichevoli del terzo tipo, ho ragione?”.
“Esattamente. Ho bisogno della tua opinione professionale al riguardo. Vedilo come un gioco di ruoli; non dovrebbe essere così difficile, per te, interpretare la parte della mia ragazza”.
“Interpretare la parte, eh? Immagino che potrebbe essere divertente…” ridacchiò Ruri “Ma ti avverto che avrò bisogno di un compenso speciale, per questo lavoro…non puoi certo pretendere che lo faccia gratis!”.
“E hai qualche idea sul tuo corrispettivo?” replicò Elle, lanciandole uno sguardo intenso.
Prima che potesse aprire di nuovo bocca, Ruri unì le proprie labbra alle sue, coinvolgendolo in un bacio lungo e appassionato; ma quando le braccia dell’investigatore fecero per cingerla di nuovo, Ruri si sottrasse al suo tocco, dirigendosi verso il bagno e facendogli una smorfia dispettosa.
“Fammi avere una torta di panna con le fragole ogni giorno, e potrei pensare alla tua offerta…prendere o lasciare, signor detective”.
 
Quattro giorni dopo, Ruri indossò il suo completo tailleur migliore, un capo color panna dotato di tacchi alti abbinati e formato da una gonna non troppo lunga e da una giacca elegante, il tutto coordinato da una camicetta di seta e da un filo di perle; l’ideatrice di tutto era stata immancabilmente Robin, che l’aveva trascinata, nei panni del suo travestimento composto da parrucca e lenti a contatto, in giro per Tokyo per trovare l’abito migliore per il suo primo, nuovo giorno d’università. I tentativi di Ruri di farle comprendere quanto quello non fosse, in realtà, un giorno poi così emozionante, considerando che disponeva già di una laurea ottenuta nel migliore college del mondo, si erano rivelati del tutto vani, ma la ragazza aveva compreso che, per la sua amica, quel pomeriggio rappresentava semplicemente una scusa e una buona occasione per stare un po’ insieme, e così aveva finito per cedere.
Quando, alla fine, uscì dalla sua stanza, dopo essersi sistemata i capelli, appuntati sulla testa, sotto la parrucca bionda che già detestava, i suoi occhi si posarono sulla figura di Elle, che l’attendeva in piedi, vicino alla porta.
“Sei bellissima” constatò il detective, con un sorriso.
“E tu sei immancabilmente sorprendente” ridacchiò Ruri, accennando al suo abbigliamento, che era identico rispetto a quello che sfoggiava tutti i giorni, salvo per il paio di vecchie scarpe da ginnastica consunte che portava ai piedi.
“Sono inopportuno?” le domandò Elle, con aria incerta.
Ruri gli posò le braccia intorno al collo e lo baciò a lungo, per poi strofinare il naso contro il suo.
“Sei semplicemente tu, e stai benissimo. Andiamo, faremo tardi; Watari ci sta aspettando”.
 
Dopo un breve tragitto in limousine, al termine del quale Watari aprì lo sportello ad entrambi per farli degnamente scendere dall’auto, Ruri ed Elle si diressero verso l’ingresso della facoltà, il cui viale era decorato da una quantità infinita di ciliegi e di peschi in fiore; ben presto, Ruri iniziò ad avvertire una discreta quantità di sguardi su di loro, intenti a squadrare l’abbigliamento di Ryuzaki e a mormorare su quanto fosse strano vederli insieme. Prima che altre sciocchezze potessero giungerle alle orecchie, la giovane afferrò la mano del ragazzo e cominciò a tenerla ben stretta, provocando in lui una reazione stralunata e imbarazzata a un tempo; di fronte a quel gesto, il mormorio si acutizzò, ma nessuno dei due ci fece più caso nel momento in cui entrambi entrarono nel gigantesco atrio dell’ateneo, per poi spostarsi nella vastissima aula magna, dove centinaia di persone si stavano sedendo, chiacchierando con i rispettivi vicini. In fondo alla sala, sormontato da un lungo striscione decorato, c’era il palco d’onore, dove il rettore dell’Università e i docenti più autorevoli stavano prendendo posizione, sistemando i rispettivi microfoni.
“Pronto?” domandò Ruri, sedendosi di fianco a lui e sistemando meglio la ricetrasmittente che portava addosso.
“Assolutamente” rispose Elle, mentre i suoi occhi diventavano due fessure.
Seguendo la direzione del suo sguardo, Ruri capì il perché di quell’espressione; Ryuzaki aveva appena individuato il lindo e ordinato profilo di Light Yagami, splendido nel suo completo firmato in giacca e cravatta, l’aria seria e compita.
Prima che nessuno di loro potesse aggiungere altro, il rettore dell’Università li invitò tutti al silenzio e a prendere posto, accendendo il microfono e cominciando a rivolgersi alla platea.
“Benvenuti alla Cerimonia d’inizio anno dell’Università di Tokyo. Confido che tutti voi prenderete seriamente il vostro dovere e le vostre responsabilità: il nostro ateneo si assume il compito di formare le generazioni più promettenti della nostra nazione, che ben presto saranno alla guida del Paese e forse persino della comunità internazionale. Adesso, il momento del discorso: invito a salire sul palco Light Yagami”.
“Sono qui”.
Centinaia di teste si voltarono verso il giovane studente dai capelli castani, che si era appena alzato in piedi, dirigendosi verso le scale del podio.
“E insieme a lui, invito sul palco Ryuga Hideki” proseguì il professore.
“Sì, eccomi”.
Elle si alzò in piedi, provocando il sollevarsi di un mormorio ancora più confuso e partecipe; prima che si allontanasse da lei, Ruri gli aveva sorriso un’ultima volta, per poi mantenere l’attenzione costantemente attaccata a lui quanto a Light Yagami. Nella fila di fronte a lei, udì ben presto un acceso confronto fra due studenti, intenti a commentare la strana coppia che avrebbe tenuto il discorso d’inaugurazione, con particolare accento sull’elemento più bizzarro.
“Cosa? Ryuga Hideki? Ma chi, il cantante?” domandò il primo.
“È possibile? Lo credi così in gamba da frequentare l’Università di Tokyo?” ribatté il secondo, perplesso.
“Hai ragione…quel tipo laggiù non gli somiglia per niente, guarda quant’è buffo, però!”.
Scuotendo il capo, Ruri vide entrambi i ragazzi salire sul palco, Light dritto e composto come sempre, Ryuzaki con la schiena leggermente curva come suo solito, le mani in tasca e il passo strascicato; la ragazza notò che gli occhi del detective non si stavano staccando un istante dalla schiena di Yagami.
Mentre Light iniziava il suo sproloquio, i due alunni seduti di fronte a Ruri continuarono a blaterare.
“Ma fare il discorso non spetta solo allo studente migliore?”.
“Forse quest’anno si sono classificati primi in due…ho sentito dire che entrambi hanno ottenuto il massimo dei voti!”.
“Sul serio?! Ma allora esiste davvero qualcuno così bravo…”.
Ruri sorrise compiaciuta, spostando appena lo sguardo da Light, che stava leggendo con garbo il proprio discorso, a Elle, che nel frattempo stava attendendo il suo turno con le mani in tasca e con un’espressione ingenua dipinta sul volto; prima che potesse fare ulteriori considerazioni, un’ulteriore voce le giunse alle orecchie, distogliendola dai suoi pensieri e infastidendola notevolmente. Stavolta proveniva da una studentessa, seduta a poca distanza da quelli che aveva udito parlare fino a quell’istante; guardandola di profilo, riuscì a distinguerne la figura occhialuta, dotata di un caschetto scuro e di due piccoli occhietti acquosi.
“Io preferisco decisamente quello di destra” disse, accennando a Ryuzaki.
La sua compagna, una giovane dai lunghi capelli castani e dalla voce chioccia, le si rivolse con tono disgustato.
“Ma non dire sciocchezze, Ryoko! Chiunque preferirebbe quello a sinistra!!”.
In quello stesso istante, Yagami finì il proprio discorso, facendo partire un applauso educato dalla platea, mentre sul volto di Ruri si dipingeva un’espressione oltremodo indispettita, e quasi furiosa: subito dopo, finì per darsi della stupida. Possibile che in una situazione del genere pensasse ad essere gelosa?
L’istante successivo, la voce di Elle le invase piacevolmente le orecchie, mentre il suo proprietario iniziava a pronunciare il suo eloquio.
“Però, secondo me…” riprese uno dei due ragazzi di fronte a Ruri “Sono l’uno l’opposto dell’altro…”.
“Già…uno ha l’aria d’essere un tipo brillante, sembra il classico figlio di papà…mentre l’altro…sembra trasandato e stanco”.
“Quel che si dice ‘genio e sregolatezza’”.
“Hai visto come si è vestito per la cerimonia?”.
“Per di più, legge il discorso…o ci prende in giro, o è un cretino”.
Ruri non poté trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo; d’accordo, nessuno di loro poteva sapere chi fosse, ma soltanto il fatto che il suo punteggio fosse più alto di tutti quelli dei presenti messi insieme avrebbe dovuto dir loro qualcosa, che diamine…
“…diamo il meglio di noi. Ryuga Hideki” concluse Elle, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi su un foglio bianco spiegazzato, retto con due dita di ciascuna mano, che Ruri sapeva perfettamente essere vuoto di contenuti.
Mentre lui e Light si accingevano a scendere dal palco, Elle la individuò con lo sguardo fra la folla, facendole un segno d’intesa e portandola a comprendere che sarebbe andato a sedersi accanto a Light, nel tentativo di attaccare bottone con lui. Ruri annuì brevemente, ma subito dopo la sua attenzione venne di nuovo distolta dagli idioti che aveva avuto la sfortuna di trovarsi seduta di fronte.
“Beh, sarà pure un cretino come dici tu, ma di sicuro è un tipo fortunato. Hai visto con che razza di macchina è arrivato stamattina?!”.
“Ma sì, è vero, hai ragione! Per non parlare del resto…hai notato con che pezzo di ragazza va in giro? Mai visto niente del genere!”.
“Già, capisco quello che vuoi dire…mi chiedo cosa ci trovi una bomba sexy come quella in un tipo così strambo e fuori di testa!”.
“Beh, se consideri la limousine e tutto quello che deve avergli permesso di comprarla, la risposta è desumibile facilmente…”.
“Avete finito di fare gli idioti o volete che vi dia un valido motivo per lasciare questo auditorium?” li interruppe Ruri, facendoli voltare di scatto e portandoli ad arrossire molto vistosamente.
“Ehm…t-tu sei…” balbettò uno dei due.
“La fidanzata del genio sregolato fuori di testa e strambo con la limousine e l’autista personale. Bene, ora volete chiudere la bocca da soli o preferite che ci pensi io?”.
Entrambi si voltarono di scatto, zittendosi di colpo ed evitando di comunicare più fra loro per tutto il corso della cerimonia; subito dopo, Ruri udì Elle schiarirsi la voce dentro la ricetrasmittente.
“Ruri, devo chiederti di concentrarti”.
“Sì, scusami. Non succederà più, procedi” sussurrò a sua volta la ragazza, tornando ad ascoltare con attenzione; l’istante successivo, udì Elle rivolgersi a voce alta a Light.
“Yagami…allora tu sei il figlio del sovrintendente Soichiro Yagami della polizia di Tokyo. Ho sentito dire che il tuo senso della giustizia non è da meno…”.
La risposta di Light non giunse alle sue orecchie, mentre i suoi occhi attenti poterono notare che entrambi erano tornati a sedersi, stavolta l’uno vicino all’altro.
“Per questo, anche tu sei determinato a diventare un ufficiale di polizia…” proseguì Elle “Ho saputo che, in passato, hai addirittura aiutato a risolvere un paio di casi e che, ora…ti stai interessando molto al caso Kira. Ho fiducia nel tuo talento e senso della giustizia; se mi prometti di non farne parola con nessuno…vorrei parlarti di una cosa molto importante, a proposito di quel caso…”.
Dopo un’altra estenuante pausa, Light finalmente gli rispose.
“Manterrò il segreto, parla pure”.
Ci fu un ulteriore silenzio, in cui Ruri trattenne visibilmente il respiro, in attesa che qualcosa accadesse; alla fine Elle tornò a rivolgersi al ragazzo, con la voce estremamente simile a un sussurro.
“Io sono Elle…”.
Ecco, finalmente erano arrivati al punto di rottura, allo scacco al re; di fronte a un’affermazione del genere, Kira non avrebbe potuto evitare di reagire in qualche modo. Se solo lo avesse avuto di fronte in quell’istante…avrebbe pagato per poter scorgere la sua espressione in quel frangente, soprattutto considerando che il tono di voce che scelse di adottare, quando riprese il discorso, sembrava tutto fuorché scosso.
“Se quello che mi stai dicendo è vero, ci tengo molto ad esprimerti tutta la mia ammirazione”.
“Ti ringrazio” rispose Elle, con voce atona “Se oggi mi sono fatto avanti, è perché avrei una proposta per te. Vorrei chiederti di aiutarci a risolvere il caso Kira…”.
Sapeva che la risposta che avrebbe fornito a quella domanda avrebbe costituito un aspetto determinante nel tracciare il profilo definitivo della psicologia di quell’individuo, e una consapevolezza del genere rendeva ancora più snervante l’attesa che era costretta a subire ogni volta, nei lunghi silenzi che precedevano le risposte del giovane Yagami.
Prima che una di queste potesse giungere, tuttavia, il rettore della facoltà li congedò, dichiarando terminata la Cerimonia d’inizio anno. Subito dopo, l’auditorium fu invaso dal trapestio delle persone che si alzavano in piedi; in mezzo a quella confusione, gli occhi di Ruri scorsero la figura di Light dirigersi compostamente, ma con passo più frettoloso del solito, verso l’uscita. A distanza di poco tempo, la giovane riuscì a raggiungere nuovamente il detective, che la stava aspettando a poca distanza dal palco, le mani in tasca.
“Beh, direi che è stato un risultato promettente, per essere solo il primo giorno” commentò a bassa voce la mora, affiancandosi a lui mentre entrambi uscivano dall’ateneo.
“Cosa te ne pare?”.
“È senz’altro un tipo che presta molta attenzione a ogni singola sillaba che pronuncia. Non sarà facile strappargli un passo falso; ma immagino che la tua iniziativa lo abbia lasciato sbigottito”.
“Sono d’accordo” convenne Elle “Allora…” proseguì poi, con uno strano sorriso dipinto in volto “Cos’è questa storia della fidanzata del genio sregolato, fuori di testa e strambo con la limousine e l’autista personale?”.
“Piantala” lo zittì Ruri, infastidita.
“Sei qui da un paio d’ore e stai già attirando l’attenzione?”.
“Volendo essere puntigliosi, a dire il vero mi pare che sia tu quello che attira maggiormente gli sguardi. E comunque, ti ho detto piantala!”.
“Se continui di questo passo, sarà meglio che tu ti faccia vedere in giro il meno possibile, o la nostra indagine potrebbe risultare un po’ troppo vistosa”.
“Ho una grossa voglia di tirarti un pugno nello stomaco. Vuoi che lo faccia adesso o subito?”.
In quello stesso istante, i due superarono un gruppetto di studenti, la cui attenzione cominciò ad incollarsi freneticamente alla figura aggraziata di Ruri e al suo profilo elegante; nel notare tutto ciò, Elle le afferrò prontamente la mano e l’attirò fra le braccia, catturandole subito dopo le labbra in un bacio lungo e privo di pause, portando gli spettatori a spalancare sia gli occhi che la bocca per lo stupore.
“Te lo dicevo che non era sua sorella!!” sbottò uno di loro, rifilando una gomitata all’amico di fianco a lui.
“Beh, che ne sapevo?! Sicuramente, non mi sarei mai aspettato nulla del genere…”.
Non appena il loro bacio fu concluso, Ryuzaki le assestò un affettuoso buffetto sul naso e riprese a camminare come se nulla fosse, le mani in tasca, mentre lei si affrettava a seguirlo, rifilandogli una dolorosa gomitata nelle costole, di fronte alla quale, però, lui non batté ciglio.
“Ti giuro che questa me la paghi…”.
“Aspetto con ansia il momento in cui dovrò adempiere all’obbligazione” replicò Ryuzaki, con un sorriso furbo.
Dopo pochi secondi, entrambi arrivarono alla limousine, dove Watari li stava aspettando; in quel medesimo frangente, gli occhi scuri di Elle individuarono nuovamente una presenza interessante.
“Yagami” chiamò, facendo voltare il diretto interessato, che stava passando vicino a loro “È stato un vero piacere”.
“Sì…” replicò Light, secco “Lo è stato anche per me”.
Mentre Watari apriva la portiera della macchina, gli occhi castani di Light si posarono su Ruri, rivolgendole uno sguardo attento quanto freddo e calcolatore.
“Light Yagami, devo supporre. Bel discorso. E bel vestito, i miei complimenti” lo anticipò Ruri, ricambiandolo con un’occhiata dotata delle stesse caratteristiche.
“Ti ringrazio” proseguì Yagami, stringendole la mano “Posso sapere come…”.
“Ruri. Ruri Dakota. Piacere di conoscerti”.
“Il piacere è tutto mio. Quindi tu sei…”.
“La mia fidanzata” lo precedette Elle, ponendole inaspettatamente un braccio intorno alla vita.
“Oh, capisco…non lo avrei mai detto, devo ammetterlo” commentò Light, sarcasticamente.
“Quindi, tu sei primo in graduatoria, non è vero? Al pari di Hideki? Non lo avrei mai detto…in effetti, è piuttosto difficile da credere. Forse c’è stato un errore nel calcolo del punteggio…hai impiegato molto per preparare questo esame? Io e Hideki abbiamo studiato soltanto l’ultima settimana…dicono che, per entrare in questa università, gli studenti si preparino per circa tre anni, prima di sostenere il test. Piuttosto buffo, non trovi? Non l’avrei mai detto…”.
Light assunse un’espressione indispettita e gelida, mentre Elle nascondeva un sorrisetto soddisfatto e cedeva il passo a Ruri, per farla salire in macchina.
“Caspita, che auto!! È una limousine!” commentarono per l’ultima volta alcuni dei presenti.
“Dev’essere il figlio di qualche riccone…ed è pure in cima alla graduatoria! Che nervi…”.
“Per non parlare della fidanzata…ah diamine, non è giusto che un singolo essere umano abbia tanta fortuna tutta insieme!!”.
“Allora, ci vediamo presto in facoltà” si congedò Elle, prima di salire al fianco di Ruri.
“Ma certo…” replicò Light, subito prima che la portiera si chiudesse.
Mentre la macchina ripartiva, Ruri ed Elle si tolsero di dosso i rispettivi microfoni.
“Direi niente male, come primo giorno” commentò Ruri, poggiando la testa sulla sua spalla.
“Sarà, ma ho la sensazione che il nostro sospetto non abbia la tua approvazione. Non è che per caso nutri una qualche antipatia nei suoi confronti?” domandò Elle, con aria divertita.
“Oh, è così evidente? A dire il vero, lo trovo gradevole e piuttosto di bella presenza…personalmente, i miei sospetti nei suoi confronti sono già saliti al 10%”.
“Mi precedi in modo così spudorato ed evidente? Dovrò rivedere il tuo ruolo all’interno delle indagini, se continui così…”.
“Beh, se mi stai criticando in merito al non passare inosservata, ti confesso che il tuo modo d’agire si sta rivelando un po’ troppo intraprendente, signor detective…a proposito di poco fa, è stata una mia impressione o mi è sembrato di scorgere una punta di gelosia nel tuo modo di porti?”.
“Sei del tutto fuori strada” la zittì Elle, circondandole le spalle con un braccio e facendole posare meglio la testa sul proprio petto “Mi stavo solo calando nella parte nel modo più adeguato…si chiama ‘essere professionali’, dottoressa Dakota. Non gliel’ha mai insegnato nessuno?”.
Alzando appena lo sguardo, Ruri incrociò lo sguardo con quello di lui, per poi unire di nuovo le loro labbra in un bacio molto casto.
“Diciamo che sto avendo un buon maestro, detective…”.
In quello stesso istante, mentre la limousine si allontanava in direzione del loro albergo, gli occhi di Light Yagami continuarono a seguirli, mentre il loro proprietario meditava sulla prossima mossa da eseguire e sul modo più rapido e pulito per togliere entrambi di mezzo…una volta per tutte.
 
Continua…
 
Nota dell’Autrice: ECCOMIIIIIIIII!!!!! Sono tornataaaaa!!! Ahahahaha, non ci credete, vero?! Pensavate di esservi finalmente liberati di me, non è così?!? Muahahahahh, così imparate a confidare nella speranza, stolti!!!! XDXD Scherzi a parte, mi siete mancati tantoooooo!!! Sono così contenta d’essere riuscita a postare il sedicesimo capitolo, gente, stavolta è passato un mese esatto!! Non ci avevo mai impiegato tutto ‘sto tempo per aggiornare questa fanfiction!! Lo so, lo so, avete voglia di picchiarmi, soprattutto perché dopo tutta questa attesa sicuramente vi aspettavate di meglio, ma vi prego di avere pietà di me!! Che ve ne pare del capitolo?? Orribile? Nefasto, vero? Non uccidetemi T__T Chiedo di nuovo scusa per la lunga attesa, ma appena tornata in facoltà ho appreso la lieta notizia relativa al fatto che, a distanza di tre settimane, avrei già dovuto sostenere un esame intermedio, chiaramente di Diritto Privato, e quindi mi sono buttata a foco a studiare e non ho quasi più avuto tempo per scrivere, mi dispiace molto : ((( Spero che in futuro non si ripresenti più un’eventualità criminosa del genere XD Bene, ora passiamo ai ringraziamenti!! Ringrazio TANTISSIMO Annabeth_Ravenclaw, PotterHeart_394, hatake_kakashi, Zakurio, gloomy_soul, Cost Black, Pinkamena Diane Pie e AnonimaKim (di cui festeggio il gran ritorno, BENTORNATA!!! Mi sei mancata tanto!!! :DDD) per aver commentato il quindicesimo capitolo, grazie infinite!!! Grazie di nuovo anche a Cost Black per aver commentato anche il capitolo 11 e il capitolo 12, grazie a tutti coloro che hanno commentato finora e che spero continueranno a farlo, grazie a fabyd e a mignolina94 per aver inserito la storia fra le preferite e grazie a TheLadyVampire97 per aver inserito la storia fra le seguite, spero che commenterete anche voi questo schifo che sto scrivendo, ci tengo molto a sapere anche la vostra opinione!! Bene, come avrete notato questo capitolo non era accompagnato da nessuna canzone, ma non crediate che la parentesi song fic sia finita, poveri stolti!! XD Presto si ricomincia con la colonna sonora! Oook, credo d’avervi rotto abbastanza e d’aver detto tutto, di nuovo, scusate se il capitolo non è esattamente all’altezza delle vostre aspettative, prometto che tornerò prestissimo con il capitolo 17, questa volta!! O almeno, farò del mio meglio!! :DDD Tantissimi bacioni, la vostra Victoria 
   
 
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