E ciò che voglio dire è
semplicemente grazie a chi ha aperto questa storia e ha deciso di darle almeno
un’occhiata. Perché mi fa tanto piacere.
Più scorro storie e storie
all’infinito in questo sito stupendo, più mi accorgo di quante persone
migliori, davvero migliori di me a scrivere ci siano. Non è una bella
sensazione, anche se in fondo ti da sempre una spinta per migliorarti. E spero,
un giorno, di diventare anch’io una di quelle persone eccezionali che sanno
farmi emozionare, piangere e ridere davanti ad un foglio di carta, come una
stupida…
Spero che chi è arrivato fino a
questo punto non abbia pregiudizi su Tiziano Ferro, perché questa storia è
ispirata ad una delle sue più belle canzoni: Già Ti Guarda Alice (non per
niente l’ho scelta, dato che mi chiamo Alice). Tiziano Ferro è per me più di un
cantante, è un poeta e una persona che capisce davvero l’anima della gente e
che è capace di tirar fuori da dentro di noi tutte le cose più belle. Ed è per
me un compagno d’infanzia, perché mi ha sempre cullato con la sua musica. E,
anche se sembra stupido, gli voglio bene, davvero.
Ed ora non vi resta che fare
l’ultimo sforzo e leggere questa storia che è il mio finale alla serie di FMA e
che è dedicato in tutto e per tutto ad Ed, per cui nutro un sincero quanto
irrazionale affetto =)… Se potete, mentre scorrete queste semplici righe,
ascoltate Già Ti Guarda Alice: accompagna e completa ciò che non sono stata
capace di dire con le parole!
Buon viaggio… ^^
°Parlerà il destino°
E parlerà il destino e ciò che dice
È che da poco già ti guarda Alice
E forse ti dirà ciò che non sai ancora
E quello che non sa lo imparerà da ora
Muovo un passo oltre la porta. Non so perché ma provo una specie di rifiuto ad oltrepassare la soglia; c’è qualcosa che mi trattiene dal passare sempre in questo corridoio: se posso, di solito, cambio strada. Sarà forse per il quadro di campagna appeso sopra il vaso di rose, sarà per il tappeto a ricami che ricordano vagamente i cerchi alchemici, sarà forse per il muro bianco percorso dalle piccole crepe tanto simile a quello della casa di Pinako Rockbell. O forse sarà quella foto che mi fissa dal muro di fronte, appoggiata su un patetico centrino bianco, circondata da qualche petalo, anch’esso bianco, entrato per caso dalla finestra aperta sul cielo primaverile. Sarà che in quella foto c’è lui, che mi fissa, che sorride con la gioia e la purezza che ha sempre dimostrato in ogni suo gesto; sarà che quel suo sorriso semplice e sincero mi riporta alla mente tutto ciò che vi è nascosto dietro: la mia storia, la nostra storia, quel viaggio lungo anni che ci ha solo unito di più per poi separarci per sempre.
Sospiro ed entro nel corridoio,
perché non posso restare per sempre sulla porta a chiedermi se ho il coraggio
di andare avanti.
Mentre cammino verso quel
tavolino maledetto, non riesco a non sogguardare il viso che ancora una volta
mi trascina in trappola. Ma questa volta mi ci farò cadere senza opporre
resistenza, perché ne ho bisogno. Perché sento l’immensa pressione al petto di
quando sai che hai sbagliato per un sacco di tempo e la voglia di rimediare non
è più trascurabile.
Guardo negli occhi di vetro mio
fratello. Già, Alphonse. Da quando se n’è andato la mia voglia di vivere in
fondo è diminuita drasticamente.
Quella notte, quando lo vidi
scappare dalla finestra della nostra casa, non fui capace di fermarlo.
- Lo faccio per te, Ed. -
Già, lo faccio per te. Così
giustificò l’avermi abbandonato per sempre, pur sapendo quanto lo amassi. Per
salvare me e per salvare se stesso dalla fine tragica che ci avrebbe
accompagnati in quanto in tutto e per tutto criminali. Criminali perché amavamo
troppo. Criminali perché eravamo qualcosa di più che fratelli.
Lo guardo e sotto il suo sorriso
ritrovo lo stesso sorriso che mi rivolgeva sotto le lenzuola la sera, quello
stesso di quando, distrattamente, lo scoprivo fissarmi da dietro la mia spalla.
Lo stesso sorriso che mi rivolse l’ultima volta, davanti alla finestra, quello
stesso sorriso che mi bloccò e m’impedì di fermarlo e di dirgli che, senza di lui,
la mia vita non avrebbe avuto più senso.
Una lacrima scende e scorre sulla
mia guancia. Senza tenerezza, con una mano, la porto via. Non è più tempo per
piangere, ma, sì, ne avevo davvero bisogno.
Bisogno per non dimenticare.
Perché Alphonse è da qualche
parte là fuori. E io lo amerò sempre.
Ed ora che sono in America, ora
che la vita è molto più semplice, ora che dovrei essere molto felice, in realtà
non sono mai stato così male.
Do un’ultima occhiata al viso
infantile che sembra volermi trattenere, poi apro la porta del salotto.
L’aura di felicità e di
entusiasmo che sprizza da questa stanza è davvero impressionante. Una ventina
di persone chiacchierano e si scambiano le ultime esperienze, per condividerle
con gioia. E al centro della stanza l’attrazione principale della giornata
dorme come un angelo tra le braccia della madre.
Sorrido e mi stupisco di quale
amore posso nutrire per quella creatura, un amore così forte che potrebbe
comparare quello che ho e avrò sempre per mio fratello.
Mia figlia.
- Ed, ma dov’eri finito? -
La voce dolce mi riscuote dai
miei pensieri avvolgenti.
- Ero in cucina, Is -
Le sorrido, così come ho fatto
con mia figlia. Con Alice.
Alice perché è il nome della
regina dei mari, perché è il nome del sogno e della passione. Perché voglio che
sia così: che sogni e che sappia andare in là come nessun altro e che, forse,
un giorno, possa trovare la strada di casa che io ho chiuso.
Che riesca a tornare a Shamballa.
Che ritorni a Resembool. Da Winry, da zia Pinako.
Perché loro la prendano in
braccio e riconoscano nel suo sguardo il mio. Che vedano sul suo viso la mia
espressione determinata e il mio affetto.
- Ed, c’è qualcosa che non va? -
- No, niente, Isabel -
Isabel, che mi ama. Che mi ha
amato gratuitamente sin da quel giorno, al porto di New York. Lei, con i suoi
occhi azzurri, con il sorriso gentile e i modi da mamma che ha con me.
Quegli stessi modi che aveva
Winry.
Forse per questo la amo. E forse
è per questo che non saprò mai donargli tutto me stesso: perché mi ricorda troppo
lei, ma non è lei. E tutte le volte che la sfioro, con la dolcezza nello
sguardo e sulle dita, non è lei che sfioro.
Ed è per questo che mi sentirò
sempre in colpa.
Una mano mi raggiunge la coda di
capelli bionda, come lo è stata dal mio primo giorno qui. Quando Al era tornato
avevo cominciato a rifarmi la treccia. Ma ora che non è più con me, beh, questo
mi farebbe solo più male. Questa mano così piccola, mi ricorda tanto la sua,
quella che amavo sentire tra i capelli quando lo abbracciavo.
- Alice, lascia stare papà. -
- No, Is, lasciala fare. -
Ride, ride e gioca con le ciocche
bionde che le fanno il solletico al viso piccolo e paffuto. Ride e sbatte le
palpebre dalle ciglia stranamente lunghe. Quelle ciglia che, quando ha gli
occhi aperti, la fanno sembrare una bambola. Quelle ciglia che contornano gli
occhi dorati. Gli occhi così strani che sconvolsero tutti quando nacque, tranne
me. Così come i suoi capelli biondi che ricordano in tutto e per tutto i miei.
Forse da piccolo ero così.
Avevo anch’io quello sguardo
corrucciato e pensieroso che scruta le persone e le cose, cercando già di
capirle, nonostante abbia pochi mesi. Avevo anch’io le mani che toccavano da
tutte le parti e odiavo sicuramente anch’io il latte, come lo odio ora.
- Pa-papà -
Mi scappa una risatina. – Brava,
Alice, brava. –
Mi sorride felice, forse ha
capito che le ho fatto un complimento.
Quando è nata ho pensato che
sarei stato per sempre felice, che avrei sostituito quel vuoto nel cuore che ha
lasciato Al. Ma sembra che quello non sia un vuoto, ma una bolla d’aria. E così
la gioia per la nascita di mia figlia ha occupato ancora spazio ed ora il mio
cuore è troppo pieno. Di gioia e di quella bolla d’aria che ha il nome di
Alphonse e che, ora ho capito, non se ne andrà mai.
- Ed, dammela un momento. -
- Certo, Noah. -
La zingara mi sorride. Lei è
l’unico legame che mi resta con il mio passato e la mia terra. Perché lei sola
la conosce, lei sola comprende la tristezza e il vuoto presenti nella mia vita.
Lei sola sa quanto dolore sento ogni notte, accanto a Isabel, nonostante io
l’ami immensamente. Dolore per il senso di colpa verso Alphonse e Winry. Quel
senso di colpa che non se ne andrà mai. Quel debito che solo Alice, se il mio
desiderio sarà ascoltato e se un giorno tornerà nella mia casa, potrà allora
estinguere.
Noah mi fissa un momento strana,
quando le passo mia figlia. So che ha capito a cosa sto pensando.
- Non preoccuparti, Ed, ce la
farà. -
Lo spero anch’io, Noah. Anch’io
spero che riesca a tornare a casa.
Perché, lo so, qui non si sentirà
mai a casa, proprio come mi sento io adesso.
Le sorrido. – Grazie, Noah. –
Isabel non dice niente, mi guarda
in silenzio. Ormai è abituata alla capacità di Noah di scrutare dentro di me
come lei non potrà mai fare, nemmeno se mi stesse accanto per altri cent’anni.
Noah si allontana con Alice in
braccio, mentre la piccola le arrotola i capelli con un dito e ride, ancora.
Fisso per un momento il punto in cui è sparita, inghiottita dalle altre
persone.
- Ed, vieni con me. -
Isabel mi prende per mano e mi
trascina verso la porta, senza incontrare opposizione. Mi lascio scivolare tra
le persone, proprio come quando Winry voleva parlarmi di Al e non voleva farlo
davanti a zia Pinako. Allora mi prendeva per mano e mi portava in camera sua.
Isabel mi guida invece in cucina
e, quando passa davanti alla foto in mezzo al corridoio, le lancia un’occhiata
triste.
Si siede sul tavolo e mi spinge
su una sedia.
- Ed, ora ascoltami. -
La guardo un momento. Abbiamo
entrambi venticinque anni, ma lei ne dimostra molti di più nel suo sguardo. Ha
la capacità di sprizzare saggezza e delicatezza in ogni suo movimento.
Dondola un momento le gambe e
alza la testa, come a pesare le parole che sta per mettermi davanti. Ora torna
a fissarmi, con lo sguardo corrugato e dolce allo stesso tempo, che solo Winry
sa fare meglio. Un groppo malinconico mi sale pericolosamente in gola.
- Ed… Ci conosciamo da cinque
anni. E siamo sposati. E abbiamo una figlia. – sospira, come se non avesse mai
voluto arrivare a questo punto – E, anche se so che tu non lo credi, ti conosco
molto bene. – Mi sorride, con le lacrime agli occhi – E, lo so, oggi hai
pensato tutto il tempo a tuo fratello e al tuo passato. -
Deglutisco, mentre gli occhi si
inumidiscono. Proprio come Winry, che sapeva sempre stupirmi per la sua
capacità di conoscere di me ogni piccola parte.
Sorride ancora, mentre le lacrime
scendono. – E so che ora non stai piangendo per me… -
Scoppio a piangere, proprio come
lei, proprio come facevo da piccolo con Winry, quando mi diceva che dovevo
andare da Al. Isabel sa che il vuoto dentro di me non è solo quello lasciato da
mio fratello.
- Isabel, io… Mi dispiace. -
Abbracciato a lei, sul suo petto
caldo, la sento ridere debolmente. – E di cosa, Ed? –
I singhiozzi mi troncano ad ogni
parola, ma ho bisogno di dirle quello che provo.
- Non riesco ad amarti come
vorrei… Il mio passato, tutto quello che ho vissuto, mi tormenta ogni giorno di
più. Il mio rimorso verso ciò che ho abbandonato è troppo grande da sopportare
in silenzio… Mi spiace, perché non so essere un buon marito e forse non
riuscirò nemmeno ad essere un buon padre… -
Piangiamo entrambi, ma lei mi
stringe di più.
- Ti amo, Ed. Lo sai, vero? -
- Sì, Isabel… -
- E allora lascia da parte il tuo
senso di colpa, perché il mio amore può superare tutto. -
Spalanco gli occhi, sorpreso. E
poi riprendo a piangere, perché so di non meritare tanto amore.
- Lascia da parte tutto. L’unica
cosa che desidero è che tu mi racconti. Dimmi, Ed, dimmi cosa hai passato.
Parlami di quando eri piccolo, di tuo fratello, di dove sei nato… Ti prego, Ed,
è tutto ciò che voglio in cambio del mio amore. -
Piango più forte, perché il
passato che ritorna fa sempre troppo male.
E le dico tutto, fra i
singhiozzi. Le dico del mio mondo, dell’alchimia, di mia madre, del mio
sbaglio, di mio fratello, dei miei cinque anni di viaggio, della pietra
filosofale, di Envy e degli altri homunculus, della mia insegnante, del
colonnello, della scampata guerra tra Shamballa e questo mondo, di Noah,
dell’amore proibito tra me e mio fratello nella Germania nazista, della sua
decisione di abbandonarmi, della mia fuga in America e del mio arrivo.
So che mi crede. So che lo farà
sempre.
- Ed… -
Piange in silenzio, ma non perché
il mio totale amore è per qualcun altro. Piange perché sente il dolore immenso
che provo alla nostalgia del mio mondo, del passato e di mio fratello.
- Ed, tu… Ti sei tenuto tutto
questo dentro per cinque anni? Per tutta la tua vita? -
Continuo a singhiozzare, perché
il passato non perdona. E i rimpianti scavano dentro.
All’improvviso mi abbraccia
forte, quasi con la paura che io scappi via o sparisca da un momento all’altro.
- Ed, io… Ti amo, tanto, più di
prima. -
Ricambio l’abbraccio e stiamo,
così, uniti, a scambiarci il dolore e la promessa di rimanere insieme, perché
ora sappiamo tutto l’uno dell’altra.
Li vedo piangere e
abbracciarsi, dondolarsi e coccolarsi.
Forse non sarà come Winry, ma
sono sicura che Isabel saprà amare Ed con tutta se stessa e lui, prima o poi,
farà la stessa cosa con lei. Anche se non lo sfioro nemmeno con un dito, sento
persino da questa distanza che Ed ora sta meglio. Isabel è ciò che gli serve
per cambiare, finalmente, la sua vita.
E questo cambiamento è segnato e
sigillato ormai, in una promessa che vive. Una promessa che ha un nome ed un
cognome.
Alice Elric.
Che qui, tra le mie braccia,
guarda suo padre e sua madre piangere e non riesce a sorridere. Ma vedo la sua
determinazione negli occhi. La stessa che vidi in quelli di Edward la prima
volta che lo incontrai. La determinazione che segue la decisione di salvare
qualcuno.
Lei salverà Edward. Avrà la forza di vincere dove lui ha perso. Aprirà la strada per quella terra che è la casa di entrambi e dove lui vuole tornare con tutto se stesso. Camminerà e lotterà con la stessa violenza e resistenza che ha accompagnato la decisione di Ed di salvare suo fratello.
E ci riuscirà, ce la farà.
Mi guarda ora e sembra chiedermi
di aiutarla.
Lo farò, Alice. Ti aiuterò a
salvare tuo padre.
Ma tu abbi la forza che ha avuto
lui.
E parlerà il destino, già lo dice
che basta poco e già sarà felice
e quello che tu non le hai detto già risuona
nel suo futuro perché non è tempo ancora
----
E forse non sarà come credevi
perché sarà anche meglio di ciò che speravi
- Papà! Sono tornata! -
Eccola di nuovo qua, tra le mie
braccia. E non vorrei lasciarla mai.
Perché grazie a lei ho ritrovato
tutto ciò che è la mia vita.
- Papà, dai, lasciami! Non ho più
due anni. -
Rido.
Vero. Non è più piccola, la mia
bambina. Ma è una splendida diciassettenne dagli occhi e i capelli dorati.
Qualche volta mi scopro ad essere orgoglioso che abbia ereditato tutti i miei
tratti.
- E’ uguale a te quando avevi la
sua età. – mi sussurra Winry all’orecchio, mentre Alice si è voltata per andare
a salutare lo zio.
Già, ci sono entrambi.
Perché sono tornato finalmente a
casa.
Al la abbraccia affettuosamente,
quando lei gli schiocca un bacio sulla guancia. Vanno d’amore e d’accordo quei
due. Sarà perché lei è uguale a me.
- Hai ragione, Winry… -
Lei sorride e mi abbraccia. Da
quanto tempo desiderava farlo non lo so. Ma percepisco il bisogno che ne ha
attraverso i suoi timidi gesti. Lascio che mi stringa e ricambio la stretta. Mi
è davvero mancata, tanto. E so di esserle mancato io.
Quando le ho detto che Alice era
mia figlia, la sua reazione è stata quella che meno mi sarei aspettato. E’
saltata in aria, gridando felice che era una notizia meravigliosa. Questo
dimostra come Winry non smetterà mai di stupirmi…
Al ha semplicemente sorriso. Mi
ha preso per mano e siamo andati nella stanza che condividevamo quando eravamo
piccoli. Mi ha appoggiato le mani sulle spalle e la sua fronte contro la mia.
Ha respirato, mentre le lacrime scendevano ad entrambi.
- Congratulazioni, Ed – mi ha
detto.
Ma so quanto tempo gli ci vorrà
per accettare che esiste una persona che amo quanto lui. Ma non di più, no,
mai.
Dopo avermi lasciato, Al ha
vissuto per la strada finché un giorno non è svenuto e si è ritrovato a casa.
Non scopriremo mai come sia arrivato fin qui. Resterà un mistero, ma questo non
conta.
Isabel ora mi guarda felice
dall’altra parte della stanza, con la sua pancia gonfia. Avrò un secondo
bambino, ma questa volta sento che sarà un maschio. Penso che lo chiamerò Roy.
Il colonnello è morto poco dopo
il mio ritorno.
Ha semplicemente sussurrato: -
Bentornato, Acciaio. –
E poi ha chiuso gli occhi tra le
mie braccia.
Mi mancherà, tanto.
Quanto a Noah, ora è qui con noi
e continua a cantarmi quella strana canzone che solo ora ho compreso. Era
rivolta proprio a me. Parlava di me. E di Alice, quando era una bambina.
E parlerà il destino e ciò che dice
È che da poco già ti guarda Alice
E forse ti dirà ciò che non sai ancora
E quello che non sa lo imparerà da ora
E parlerà il destino, già lo dice
che basta poco e già sarà felice
e quello che tu non le hai detto già risuona
nel suo futuro perché non è tempo ancora
Proprio così. Il tempo è arrivato
e lei mi ha salvato. Mi ha riportato a casa.
La guardo saltellare per la stanza e mi sembra di rivedermi a diciassette anni, pieno di entusiasmo, mentre vivevo insieme ad Al. Quella parte della mia vita resterà un segreto mio e di Al, di nessun altro. E anche di Isabel, da quel giorno. Ci siamo amati tanto in quei tre anni. Ed ora ci amiamo ancora, ma diversamente. Ci amiamo come fratelli. O forse di più.
Alice mi guarda e mi sorride,
vedendomi pensieroso. Le sorrido di rimando, mentre una sensazione sconosciuta
mi pervade dentro. Quella che provi quando capisci che se di notte ti svegli
non sarai solo, ma ci sarà comunque qualcuno pronto a consolarti, nel pieno
delle tue paure. Qualcuno come Winry o come Al o come lei. Come Alice.
Nessuno è solo finché di notte
anche lontano a chi non dorme
per pensare a lui e penserai a lei ancora
rimani e pensa a questa notte
a quelle cose dette e fatte
a tutto il tempo ancora
senza rimpianti
che avrai davanti insieme a lei
La guardo ancora, così
felice, così giovane.
Finalmente potrò davvero
vivere. Ed insegnarle a vivere come sono sicuro di saper fare.
Senza rimpianti e senza
dolore potrò starle vicino e amarla davvero come un padre.
Qualcuno stringe la mia
mano.
Mi volto: è Al, che
appoggia la testa sulla mia spalla.
Sì, ce la farò.
Perché, finalmente, non
sono più solo.
E forse non sarà come credevi
perché sarà anche meglio di ciò che speravi
Spero con tutto il cuore
che vi sia piaciuta! A me ha fatto piangere mentre la scrivevo, ma solo perché
è il mio finale personale a Fullmetal Alchemist (anime). E mi è venuta molta
nostalgia a scriverlo! Capitemi…
Come Alice sia riuscita a
riportare a casa Ed è volutamente lasciato in ombra: è un mistero anche per me…
=)
Il finale mi sembrava
necessario scriverlo dal punto di vista di Ed, perché è il protagonista e
perché è il personaggio più approfondito nell’anime e inoltre perché è tutto
dedicato a lui! L’alternativa sarebbe stata lasciare la parola ad Alice, ma non
mi sembrava giusto nei confronti degli altri personaggi (soprattutto di Al)…
Fate una buona azione:
lasciate un commentino! Critiche e complimenti sono ben accetti! ^^
Alla prossima…
Aki
Risposta alle recensoni:
·
beautiful_disaster: Ti
ringrazio per aver recensito e soprattutto perchè le tue righe mi hanno molto
colpita! Non avevo capito quanto i miei sentimenti fossero penetrati nella
storia: la mia confusione sentimentale ne è la prova! Volevo solo dirti che Ed
è maturato (questo volevo comunicare e forse non ci sono riuscita), perciò
riesce ad avvicinare il suo amore per Isabel (che comunque è la madre di sua
figlia) a quello che ha per Winry, Al e tutto ciò che è il suo passato e che,
ora, finalmente, sarà anche il suo futuro! Ecco perché, apparentemente, egli è
un po’ confuso! In realtà, ora, ama molte persone, perché tutte fanno parte
della sua vita! Le ama semplicemente in modo diverso l’una dal’altra! Ora spero
di essermi un po’ chiarita! Grazie anche per l’incoraggiamento, ne terrò conto
e ne farò tesoro!
·
bLoody queeN: Grazie
mille per la recensione, non credo la scorderò, perché dalle tue parole capisco
di essere riuscita nel mio intento: creare un dolce, quanto nostalgico finale
ad FMA! Sono davvero contenta che Isabel abbia fatto breccia nelle tue difese,
perché temevo che diventasse un surrogato di Winry! Invece ciò che doveva
essere era, appunto, una presenza sicura accanto ad Edward che lo sorreggesse
nella sua vita: il suo cambiamento, il suo scoglio. Il tuo cuore che batte di
speranza fa battere all’unisono il mio, perché, finalmente, sento di aver dato
ad FMA quel finale che speravo sarebbe stato l’originale: un finale di felicità
e ricordi delicati… Grazie ancora!