Blame
it on the alcohol
Sebastian l’aveva detto mille volte: sua figlia era decisamente troppo intelligente. Tutti geni Smythe ovviamente.
Il suo più grande talento era infatti
quello di riuscire a capire sempre cosa dire per mettere in difficoltà i propri
genitori,cosa in cui,bhé anche se piccolina,era una gran maestra.
<< Papà,come vi siete innamorati
tu e papi? >> se ne uscì infatti quel giorno a pranzo,sorridendo con la
sua miglior aria innocente,gli occhi verde chiaro che brillavano di curiosità.
Sebastian alzò all’istante lo sguardo
a incrociare quello di suo marito,gli occhioni da cerbiatto spalancati per la
sorpresa e le guance rosse d’imbarazzo.
Perché di certo raccontare come loro due
si erano messi insieme era l’ultima cosa che potessero fare.
*Dormitori della Dalton Academy,venerdì
notte,anno scolastico 2012-2013*
Sebastian Smythe,solista degli Usignoli
già da più di un anno,evitava come la peste di passare il tempo con i suoi
folli compagni di coro.
Rare e singole eccezioni erano però i
famosi festini illegali nei dormitori,che,se da una parte erano la cosa più
folle e senza senso che quel gruppo di idioti poteva fare,avevano almeno la
quantità di alcool necessaria perché lui riuscisse a sopportarli tutti insieme
per più di mezz’ora senza ucciderli.
Quel venerdì sera era proprio uno di
quei casi: tutto era partito per “festeggiare tranquillamente” il compleanno
di Richard,ma nel giro di un’oretta (e di una decina di litri di birra) la
stanza si era trasformata nel caos più totale,tra Warblers che ballavano mezzo
nudi sulla scrivania o che cantavano oscene canzoni dei cartoni improvvisando lo
scopettino del water come microfono.
Ormai,però il peggio era passato,e quasi
tutti,più nell’altro mondo che vivi,si erano ritirati a dormire nelle proprie
stanze.
Quasi,però: il padrone della stanza
nonché festeggiato era crollato di traverso sul letto,la testa sul pavimento e
solo un paio di pantaloncini da ginnastica giallo fosforescente e una coroncina
rosa indosso,mentre suo fratello Cameron stava tranquillamente sdraiato sopra il
coinquilino di Richard,Flint,nel suo letto.
Ai piedi dei suddetti letti stava seduta
una piccola ma pericolosissima comitiva formata da alcuni dei più pazzi
Warblers mai entrati alla Dalton: Jeff Sterling,Nick Duvall,Sebastian
Smythe,Thad Harwood,Hunter Clarington e Trent Nixon.
I sei ragazzi,nessuno escluso,erano
decisamente già parecchio brilli,quando all’improvviso a quella Barbie bionda
di Sterling (come amava definirlo Bas con “affetto”) era venuta in mente
l’idea del secolo per la sua mente offuscata e piena soltanto di arcobaleni ed
unicorni e quasi senza che gli altri se ne rendessero conto si erano ritrovati
tutti a giocare al gioco della bottiglia.
Il primo turno era stato ovviamente
dell’ideatore del gioco che,manco a farlo apposta,aveva fatto puntare la
bottiglia dritta verso il suo fidanzato,approfittando ovviamente per dargli un
bel poco dolce e casto bacio.
Poi era stato il turno di Trent. Il
ragazzo aveva timidamente girato la bottiglia,giusto per vederla fermarsi
davanti al nuovo capitano che quella sera aveva dato prova di tutta la sua poca
bicuriosità provandoci proprio con il suo timido compagno di stanza. Nonostante
questo,un po’ perché Clarington non era esattamente in sé,un po’ perché
Nixon stava morendo dall’imbarazzo,il loro bacio fu rapido e leggero,appena
accennato,giusto il tempo di far diventare incandescenti le guance del ragazzo
più grasso e di far apparire un lieve sorrisetto sul viso dell’altro.
<< Sebastian >> biascicò a
quel punto Jeff,strusciando la testa come un gatto contro il petto del suo
ragazzo << Tocca a te >>
Smythe gli lanciò un’occhiata
profondamente disgustata.
Il gioco della bottiglia,lui? Che
cos’era,un ragazzino di seconda media?
Stava quasi per rispondere con la sua
solita acida per dire che lui mai e mai poi avrebbe partecipato a quella cosa
infantile,quando i suoi occhi verdi incontrarono quelli più scuri del suo
migliore amico,Nick,che con un solo sguardo gli comunicò di non rompere i
coglioni e di non rovinare una così bella serata.
Sebastian perciò sbuffò,per nulla
contento di tutto quello,e si apprestò a girare la bottiglia.
Uno,due,tre giri e poi iniziò a
rallentare sempre di più,fino a fermarsi.
Sebastian alzò lo sguardo seguendo la
direzione puntata dalla bottiglia e raggelò.
Dall’altra parte del cerchio Thad
Harwood,il suo petulante,rompiscatole compagno di stanza lo guardava sorpreso e
confuso,gli occhi lucidi per l’alcool ma in cui Sebastian riusciva a
distinguere ancora una scintilla di consapevolezza.
Per un attimo,il francese fu sicuro al
110% che Harwood si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato,rifiutandosi di
prestarsi a quello stupido gioco: dopo tutto,loro due passavano praticamente
tutto il loro tempo a litigare e urlarsi contro e il moro aveva sempre
dimostrato molto chiaramente quanto disprezzasse il suo compagno.
Ma,inaspettatamente,dopo un paio di
secondi rimasti a fissarsi l’uno davanti all’altro,Thad si alzò,si,ma solo
per andare a sedersi accanto a Smythe.
Il ragazzo si ritrovò all’improvviso
quegli occhi scuri,da cerbiatto,a pochi centimetri di distanza,vicini come non
mai,così tanto da potervi scorgere dentro ogni più piccola sfumatura di
nocciola più chiara,mentre il profumo dolce,reso un po’ pungente
dall’alcool,del respiro del più basso si infrangeva sul suo viso.
Fu un attimo solo quello che passarono a
fissarsi negli occhi,cioccolato fondente contro menta fresca,prima che ogni
distanza tra i loro visi si annullasse in un bacio caotico e confuso,fatto di
lingue che si sfiorarono e denti che graffiavano le labbra dell’altro.
Sembrò durare ore e quando si
separarono,soltanto per mancanza di fiato,il silenzio calò nella stanza,mentre
tutti li fissavano.
Poi Sebastian prese Thad per i fianchi e
se lo portò addosso,dando origine a un altro bacio profondo,uno di tanti che
quella sera li portò dritti verso il letto di Harwood.
E così,tutto ebbe inizio.
Ma forse dire alla loro bambina che tutto
era iniziato per una scopata quando erano troppo ubriachi per capire qualcosa
non era esattamente l’idea migliore…