It’s you
I’m fighting for
«Sono
così fiero di te, Mick.»
L’altro
annuì, col sangue secco che gli tirava la pelle e una
nota di orgoglio che gli tirava il cuore, più forte che mai.
Gli ultimi sprazzi
di adrenalina crepitavano ancora nel sangue, le membra indolenzite
erano solo la
realizzazione di una vittoria guadagnata.
«Vuoi
che ti aiuti?» si offrì Ian, reggendo un panno
umido e
allungando la mano verso il viso del suo ragazzo.
«No,
è…» Mickey scosse la testa senza
riuscire a smettere di
fissare il proprio riflesso nello specchio di casa Gallagher. Ian era
al suo
fianco; due maschere di sangue che, sotto il violento impatto di quel
rosso,
mostravano occhi brillanti di una nuova speranza, nuova vita.
«Sì,
ok.» disse alla fine perché, cazzo, voleva
lasciarsi
cullare da quelle mani e adesso non c’era un singolo e remoto
motivo che glielo
impedisse. Non aggiunse “fa’ piano” o
“sta’ attento” o niente del genere,
perché sapeva che Ian l’avrebbe pulito con cura e
delicatezza. Si fidava di
lui, del suo tocco. L’aveva sempre fatto, in fondo. Era solo
stato un coglione
a volerlo nascondere.
Ian
strinse il panno nel palmo solo per poi scagliarlo nel
lavandino. «Ho un’idea migliore.»
sorrise, accarezzando i capelli di Mickey,
ciocche scarmigliate impastate di neve sporca e sangue.
«Spogliati.»
Le
gambe dell’altro furono scosse da un tremito di familiare
aspettativa.
Lasciò cadere i vestiti ai propri piedi, osservando Ian fare
lo stesso. Il
bruno entrò per primo nella vasca e fu lui ad aprire
l’acqua non appena il
rosso ebbe richiuso la tenda di plastica dietro di sé. Ian
gli prese il viso fra
le mani, tracciando con le dita carezze gentili per aiutare il getto
dell’acqua
a cancellare i segni di quella battaglia. Mickey si sentì
dannatamente felice,
dannatamente giusto e dannatamente pulito; sentiva tutti gli errori che
aveva
commesso con Ian scivolare via nello scarico, insieme al sangue,
insieme alla
paura. Riaprì gli occhi quando gli mancò sulla
pelle il contatto di quei
polpastrelli e «No, lasciami fare.» disse,
impedendo a Ian di pulirsi da solo.
Toccò la sua faccia, vide le labbra del rosso socchiudersi,
l’acqua palpitare
lungo quel viso che tanto amava. Palpitava l’acqua,
sì, ma non quanto il suo
cuore. Mickey chiuse il getto, osservò come le gocce
impigliate nelle ciglia di
Ian gli ricadessero sul petto non appena lui sbatteva le palpebre. Era
una
sequenza quasi ipnotica. Di sicuro, una delle cose più belle
avesse mai visto.
Erano
ebbrezza, sconsiderato senso di trionfo, felicità tanto
densa da far male nei polmoni. Le loro labbra si incontrarono a
metà di un
groviglio sciolto di pensieri. La presa di uno salda sul corpo
dell’altro, i
piedi che s’incastravano nello spazio di un bacio stretto,
petto contro petto,
schiena al muro. Mickey percepiva il freddo delle piastrelle fra le
scapole ed il
contrasto netto con il calore che si schiudeva nella sua bocca, il
respiro che
tremava quando si trattava di sollevare lo sguardo. Non
perché si sentiva
smarrito incontrando quello di Ian, semplicemente perché
quegli occhi erano
troppo, soltanto troppo, troppo tutto insieme. Lo sapeva, lo amava.
Sentiva quei
sentimenti adagiarsi morbidamente su ogni sua angoscia, ogni suo
rimorso. Lasciò
scivolare le dita fra quei capelli rossi mentre faceva leva contro di
lui,
invertendo le posizioni. Si mosse forte nelle spalle, assalendo il
mento di Ian
e il collo e qualsiasi cosa l’altro gli offrisse.
Sfiorò il tatuaggio con le
dita, attento a non schiacciargli le costole.
Niente gli era
mai sembrato più reale. Niente più perfetto.
Avevano
l’intera nottata per leccarsi le ferite. E
un’intera vita per dimenticarle.
Poche righe, purtroppo
niente che
possa esprimere come vorrei la mia felicità nel vedere i
nostri bambini
arrivare così lontano. Spero tuttavia di avervi strappato un
sorriso e che
queste parole siano state un piccolo “di
più” alla gioia collettiva.
♡