Fanfic su attori > Jake Gyllenhaal
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Autore: Frytty    01/04/2014    1 recensioni
Pezzi di vita di Jake e Cora, della loro storia d'amore, delle loro giornate no, del loro vivere insieme, della loro famiglia, da ricomporre e scomporre per dar vita al loro essere unici ed insieme.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'All Too Well'
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BuonSalve a tutte! <3

E' passato un mucchio di tempo dal primo capitolo di questa Raccolta, me ne rendo conto, ma i miei impegni da universitaria in procinto di laurearsi sembrano non avere mai fine -.-"

Oggi, però, avevo bisogno di scrivere e ho deciso di completare questo secondo capitolo, iniziato ieri, perché mi sentivo parecchio ispirata a riguardo e sono felice del risultato.

Non ho avuto tempo per rispondere alla sua recensione, perciò la ringrazio qui: Love_in_London_night, che è sempre gentile con me, entusiasta circa i miei progetti e, soprattutto, sempre presente *.* GRAZIE, CRIS!

Nell'occasione, devo segnalare un errore nello scorso capitolo: ho chiamato erroneamente Rebecca la nipote di Jake, quando, in realtà, il suo vero nome è Ramona. Grazie ancora a Cris per avermi segnalato la svista <3 Non ho ancora avuto modo di correggerla, ma lo farò prestissimo, promesso ;)

Prima di lasciarvi al capitolo, ringrazio anche tutte le persone che hanno letto, inserito tra le preferite/seguite/da commentare questa Raccolta <3 GRAZIE anche a voi! <3

Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, vi auguro una buona continuazione di settimana e, come di consueto, una...

 

 

 

 

Buona Lettura! <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


2. Perfect Timing

 

 

 

 

Cora si svegliò di soprassalto, come se gli fosse stato gettato in faccia un secchio di acqua gelida.

Lanciò un'occhiata alla sveglia: le otto e un quarto.

Le otto e un quarto, ripeté tra sé svariate volte, come a convincersene.

Poi nella sua testa scattò qualcosa, una molla e si rese effettivamente conto di quello che aveva appurato leggendo l'ora.

 

LE OTTO E UN QUARTO?!? SONO IN RITARDO!!!

 

Si era data giusto il tempo di sgranare gli occhi per la sorpresa, poi era schizzata fuori dal letto, calciando via in maniera poco gentile le coperte, del tutto dimentica che avrebbe potuto svegliare Jake, ignaro e dormiente, dirigendosi in bagno, aprendo l'anta della doccia e azionando il getto d'acqua; nel frattempo che raggiungesse la temperatura giusta, si sciacquò il viso e, nel tentativo di recuperare il flacone dello shampoo, rovesciò il resto, disseminando il pavimento di mollette per capelli, campioncini di profumi vari, il barattolo della schiuma da barba di Jake e il phon.

< Ma porca... > Imprecò, trattenendosi a stento.

Jake, svegliato dal trambusto, si guardò intorno perplesso, fin quando non realizzò il rumore dell'acqua nella doccia e quello della sua ragazza che stava cercando di demolirgli il bagno, considerato il rumore.

< Cora?!? Che sta succedendo? > Alzò appena la voce per farsi sentire, stropicciandosi i capelli e alzandosi a mezzo busto.

< Stavo cercando di recuperare lo shampoo e ho combinato un disastro, scusa! > Rispose lei, ancora intenta a sistemare al loro posto gli oggetti caduti.

Jake sospirò, gettando anche lui un'occhiata alla sveglia.

< Non sono neanche le otto e mezza, si può sapere cosa ci fai già in piedi? > Ma lei non lo sentì, perché era già entrata sotto la doccia e si stava già insaponando i capelli.

Neanche cinque minuti dopo, aveva infilato svelta l'intimo e, i capelli ancora bagnati, era corsa in camera da letto per cercare qualcosa di decente da mettersi.

Jake rimase imbambolato a fissarla per qualche minuto, incredulo.

Non solo gli aveva quasi demolito il bagno, aveva anche intenzione di sabotargli l'armadio.

Alla ricerca del maglioncino adatto, stava lanciando sul letto e sul pavimento tutti gli altri indumenti ad una velocità con cui avrebbe potuto iscriversi al Guinness World Records, aggiudicandosi la medaglia per minor tempo impiegato per svuotare un armadio.

< Cora, si può sapere cosa stai cercando di fare? > Le domandò, mettendosi in piedi e cominciando a recuperare gli indumenti sparsi a terra.

< Sono in ritardo! Sono le otto e mezza e a quest'ora sarei dovuta essere in ufficio! Suppongo di non aver sentito la sveglia e... > Ma Jake la interruppe, fermandole le braccia, il maglioncino che aveva scelto infilato a metà.

< Vuoi fermarti un attimo? > Quasi la strattonò per farla rinsavire.

< Cosa? > Stava continuando ad accumulare minuti di ritardo e di quel passo avrebbe ricevuto una lavata di capo numero uno dal suo superiore.

< Oggi è domenica, Cora. Non devi andare a lavoro. > Jake la vide sgonfiarsi come un palloncino, abbassare lo sguardo e corrugare le sopracciglia, riflettendo sulla verità appena comunicatale.

Aveva ragione, era domenica, ecco perché non aveva sentito la sveglia, perché il sabato sera, prima di andare a letto, non la impostava mai.

Scoppiò a ridere come una scema, pensando a come dovesse essere sembrata agli occhi esterni di lui: una pazza, come minimo.

Jake rise con lei, attirandola in un abbraccio.

< Mi spiace averti svegliato. > Si rannicchiò contro di lui, baciandogli una guancia a mo' di perdono.

< Non importa. > La rassicurò. < Ma ora ce ne torniamo a letto. > Le sfilò il maglione e la sollevò tra le braccia, facendo cadere entrambi sul materasso.

< Non sei quello che definirei un peso piuma, sai? > Articolò con difficoltà, schiacciata dal suo peso.

Jake si sollevò facendo leva sulle mani, sorridendo furbescamente, di quel sorriso storto che Cora aveva avuto modo di notare in qualche intervista e che le aveva fatto riconsiderare la debolezza di Bella Swan di fronte ad un sorriso del genere.

Adesso che ne aveva visto uno dal vivo, anche se appartenente non certo ad un vampiro di nome Edward Cullen, la capiva.

Se solo si fosse trovata in piedi, anche a lei le gambe sarebbero diventate di gelatina.

Arrossì violentemente, cominciando a sentire un gran caldo, fin quando Jake non scosse la testa, cominciando a ridere divertito e intenerito.

< Cosa c'è di così divertente? > Gli domandò indispettita.

< Sei arrossita. Ancora. > Sottolineò, accarezzandole una guancia bollente.

< E allora? > Sbuffò, fintamente risentita.

< E allora, assomigli ad una bambina quando lo fai e mi stupisce che tu possa ancora arrossire a sei mesi dall'inizio della nostra relazione. > Le spiegò, pratico, scostandole i capelli dalla fronte.

< Sai com'è, non mi sono ancora abituata al fatto che un attore di fama internazionale, bello da togliere il fiato, abbia deciso di scegliere me, una semplice impiegata d'ufficio con un mucchio di paranoie in testa. > Ecco, l'aveva detto.

E non era stato nemmeno così difficile. Quando si sentiva toccata in quella che era la sua sfera sentimentale, diventava disinibita, avrebbe potuto ribattere anche al Presidente Obama in persona. In una situazione civile, invece, con i vestiti tutti addosso e, soprattutto, senza un uomo come Jake Gyllenhaal addosso, avrebbe solo farfugliato qualcosa di indistinto, cercando di giustificarsi.

Lui fece spallucce, lasciandole un bacio all'altezza della gola, spostandosi da lei e ricadendo nella sua metà di letto, recuperando le coperte.

Cora sentì improvvisamente freddo senza lui addosso e, quasi involontariamente, si abbarbicò a lui come un piccolo koala, sospirando di sollievo.

Aveva chiuso gli occhi, ma li riaprì dopo qualche istante, sollevandoli verso il viso di lui, rilassato ma sveglio.

< A cosa stai pensando? > Gli domandò in un sussurro.

< Per te sono davvero bello da togliere il fiato? > Puntò i suoi meravigliosi occhi color zaffiro nei suoi, accarezzandole i capelli ancora umidi.

< Scherzi? Hai sentito Michelle l'altra sera, mi prende ancora in giro per le tue foto nell'armadio e per la mia collezione di tuoi film; per non parlare di tutte le foto che ho salvato nel computer e delle riviste e dei poster e... > Prese ad elencare.

< So che sei una mia fan, ma... sai, a volte sognare su delle foto, o collezionare tutti i film di un attore preferito, non significa trovarlo bello, attraente e interessante, specialmente se poi hai anche la possibilità di conoscerlo nella realtà e non solo attraverso interviste e articoli. Quello che sto cercando di dire è che tu non hai minimamente cambiato opinione su di me? > Era stato il suo turno di arrossire appena e Cora capì perfettamente come dovesse essere osservare lei arrossire per qualcosa che faceva o le diceva: anche lui ispirava tenerezza e a lei venne voglia di abbracciarlo, di stringerlo e di rassicurarlo su qualsiasi cosa avesse potuto turbarlo, su qualsiasi pensiero negativo avesse potuto attraversargli la mente.

< Se avessi cambiato opinione su di te, a quest'ora non sarei qui. > Gli rispose con un sorriso.

< Davvero sono come mi immaginavi? > Aggrottò le sopracciglia, divertito e imbarazzato dalla piega che stava prendendo la situazione.

Cora annuì soltanto, continuando a sorridere.

< Non sai i pensieri che ho fatto su di te... > Si voltò a pancia in su, osservando il soffitto, cercando di non incrociare i suoi occhi per evitare di arrossire ancora e pentirsi di quello che aveva appena confessato.

< Oh-oh, qui le cose si stanno facendo... interessanti. Ora sono curioso. > Ancora quel sorriso furbo e malizioso.

< Ho già detto troppo, non posso svendermi così, specialmente a te. > Borbottò sulla difensiva.

< Ma sono sicuro che Michelle sarebbe disposta a raccontarmi tutto. > La provocò, conscio di star giocando sporco.

< Non sono scesa nei dettagli con lei. > Si schiarì la voce, fingendo una superiorità che non aveva.

< Stiamo parlando di pensieri sconci? > Sussurrò l'ultima parola, guardandosi attorno, neanche ci fosse qualcuno pronto a sentirli.

< Stiamo parlando di pensieri privati, pervertito che non sei altro! > Arrossì e lo colpì con un cuscino.

< Ehi, non vale! Ti sto dando l'opportunità di mettere in pratica le tue fantasie! > Si difese.

Cora si coprì il viso con le mani, scuotendo la testa disperata.

Da quando avevano avuto quella specie di discussione sul sesso, ogni momento sembrava propizio per tirarlo fuori e per farle decisamente pesare il fatto di non essersi ancora concessa. 

Neanche lui aveva tentato qualsivoglia tipo di approccio, ma Cora lo conosceva abbastanza da sapere che non l'avrebbe mai forzata, né avrebbe mai preso l'iniziativa, temendo di metterla a disagio e di farla chiudere a riccio.

Il loro rapporto funzionava benissimo anche senza sesso.

No, doveva essere onesta, almeno con se stessa: si sentiva una suora e le sue amiche non erano di aiuto, perlomeno, non quelle fidanzate, che sembrava non facessero altro che raccontare le loro avventure sessuali.

In verità, neanche le sue amiche single sembravano capirla, se ci pensava bene; continuavano a tediarla con la storia che gli uomini non erano certo come le donne, che avevano bisogno di inzuppare il biscotto molto più di loro, dando vita in lei a sensi di colpa giganteschi che, puntualmente, dirottavano i suoi pensieri sul fatto che, forse, c'era davvero qualcosa che non andava in lei.

Di occasioni sprecate e di momenti giusti aveva ormai perso il conto.

< Cora? > Sentì Jake chiamarla, ma si rifiutò di scoprire il viso, scuotendo la testa per l'ennesima volta.

< Cora, non fare la bambina. > La rimproverò, cercando di forzarle le mani senza successo. Era come se fossero diventate un tutt'uno con il suo viso.

< Coraline, è una cosa seria questa, dai, guardami. > Cercò di convincerla.

Per tutta risposta, lei separò solo due dita, lo spazio necessario per sbirciarlo appena con sguardo spento.

< Non devi nasconderti e non devi vergognarti; siamo adulti e possiamo affrontare la cosa come tali. > 

 

Parla bene lui! E' tutto così semplice per gli uomini!

O no?

 

La sua coscienza le inviò le immagini di un Jake impegnato in una sessione di fai-da-te estrema e a lei quasi venne da piangere. Era un disastro, non era capace di dargli quello che voleva.

< Mi sento inutile. > Piagnucolò, nascondendo il viso nel cuscino.

< E' per quello che ho detto circa il soddisfare le tue fantasie? Mi spiace, sono stato indelicato... > Ma lei lo interruppe, voltandosi verso di lui e fissandolo con rassegnazione.

< No, non devi scusarti, hai ragione. Sono sei mesi che stiamo insieme e non abbiamo mai fatto sesso. Per colpa mia. > Dichiarò concisa e determinata.

< Non dire sciocchezze! Pensi che io non faccia altro che pensare al sesso? Stiamo insieme in tanti modi diversi, io e te e parlarti, fare la doccia insieme, aiutarti a preparare la colazione la mattina, vederti sorridere e saperti felice, sono meglio del sesso, per me. > La tranquillizzò, facendo spallucce.

< No, non è vero. > Scosse la testa lei. < Stai solo cercando di non farmi sentire in colpa, ma sai che non è così. Voi uomini non siete come noi donne, avete bisogno di certe cose in misura maggiore. > Jake per un soffio non le scoppiò a ridere in faccia.

< Sappiamo dominare i nostri istinti quando ne vale la pena, sai? > Rispose invece.

La osservò sospirare e spostare lo sguardo al soffitto.

< Se mi lasciassi, lo capirei. Davvero, non sto scherzando. Accetterei la cosa e me ne farei una ragione. > Mormorò, così piano che, per un istante, Jake credette di aver capito male.

< Ora capisco quando mi parlavi delle tue paranoie infinite. Direi che questa è anche bella grossa. > Rise appena, sistemandosi alle sue spalle e abbracciandole la vita, baciandole una spalla scoperta.

< Non è una paranoia, è accettazione della realtà. > Non si scompose, né cambiò posizione per fronteggiarlo.

< A me va bene così, Cora. Non pretendo nulla di più di ciò che mi dai già. > Potevano sembrare frasi scontate, ma era quello che pensava. In fondo, Cora gli piaceva anche per questo: non scendeva mai a compromessi e lui l'amava troppo per forzarla.

Forse esagerava un po' troppo con le battute a riguardo, ma, fino a quel momento, era stata lei la prima a riderci su, come sempre.

< Ovvero il nulla. > Tirò su col naso.

< Ti mangerei quando fai così, ne sei cosciente? Potrei trasformarmi in un lupo mannaro e azzannarti. > Le morse il collo per gioco, facendola sorridere.

< E' che... > Sbuffò, voltandosi verso di lui. < Voglio davvero fare l'amore con te. > Continuò.

Jake le sorrise, avvicinandosi per baciarle le labbra, impossessandosi della sua bocca con ingordigia, come un nomade del deserto che abbia appena scoperto un'oasi dove ristorarsi, rendendosi altresì conto che non è un miraggio.

Cora gli circondò il collo con le braccia, spingendolo verso di sé, accarezzandogli le spalle e indugiando sull'elastico dei boxer chiari che indossava.

Forse era solo paranoia la sua, aveva ragione Jake.

Doveva lasciarsi andare, vivere il momento così come le si presentava, senza troppi se o ma.

Si capivano con uno sguardo, erano complici e compatibili e si desideravano; non poteva chiedere di più da una relazione con l'uomo dei suoi sogni, erotici e non.

Cora lo sovrastò, continuando a baciarlo, lasciando che fosse lui ad occuparsi del reggiseno.

Sospirarono insieme quando Jake le accarezzò il seno, raggiungendolo con le labbra e con la lingua.

Cora credette di venire semplicemente osservandolo suggere un suo capezzolo con attenzione, guardandola negli occhi come a rassicurarla, come a invitarla a fermarlo se c'era qualcosa che non andava.

Non fecero neanche in tempo a spogliarsi degli ultimi indumenti rimasti ad ostacolare la loro unione completa, che sentirono suonare il campanello di casa.

Jake grugnì in disapprovazione, baciandole un'ultima volta l'ombelico prima di scostarsi dallo spazio che si era creato tra le sue gambe schiuse.

< Dovresti andare ad aprire tu, sono un tantino in imbarazzo, in questo momento... > Arrossì, accennando al rigonfiamento nei boxer.

Cora rise, intrappolandogli il viso tra le mani prima di baciargli le labbra e allontanarsi definitivamente da quel letto per recuperare una camicia a quadri rossa e gli shorts che utilizzava solitamente in casa.

Nel frattempo, chiunque fosse alla porta, aveva continuato a suonare un altro paio di volte con insistenza.

< D'accordo, arrivo! > Annunciò lei, cercando di sistemarsi i capelli allo specchio dell'ingresso.

Quando aprì la porta, sorridente e radiosa, come se chiunque le si fosse parato davanti non avesse rovinato un momento che, nel fondo della sua coscienza e del suo cuore (e delle sue parti intime, perché no), aveva atteso per sei mesi, si scontrò con il sorriso imbarazzato e vagamente colpevole di Maggie, la sorella di Jake, che reggeva in braccio Gloria e con quello educato e divertito di Peter, suo marito, che sembrava essere appena uscito da una caffetteria, vista la mole di caffè, brioche e dolci vari che sventolò davanti al naso di Cora come a tentarla con il delizioso profumo.

< Zia! > Ramona le abbracciò le gambe e fu l'ultima della famiglia che notò, scompigliandole i capelli l'istante successivo.

< Ci spiace essere piombati qui all'improvviso, ma Ramona ha insistito... vuole fare colazione con voi e a poco sono serviti i nostri tentativi di spiegarle che è domenica e che, probabilmente, volevate stare da soli. > Cora fece loro spazio per lasciarli accomodare nell'ingresso e poi direttamente in cucina.

< Non volete stare soli, vero zia Cora? > Chiese la bambina per conferma.

< Certo che no! Non abbiamo ancora fatto colazione. > Le rispose, rassicurandola.

< Vado a chiamare Jake. > Continuò, sorridendo e scomparendo in corridoio, diretta in camera da letto.

In fondo, era contenta che fossero lì, specialmente le bambine, perché si era affezionata a loro in un modo che credeva impossibile, soprattutto per lei, che non aveva mai provato attrazione per i bambini, di qualsiasi età essi fossero.

Jake si era rintanato in bagno e, quando Cora vi entrò, intravedendo la sua figura attraverso la tenda della doccia, finse indifferenza, nonostante fosse arrossita al pensiero di quello che sarebbe potuto succedere se Maggie avesse posticipato la sua visita di un'ora.

< Tua sorella e le bambine sono qui. > Annunciò, afferrando lo spazzolino per lavarsi i denti.

< Ho riconosciuto la sua voce. > Lo sentì rispondere.

Dopo qualche istante, il flusso d'acqua nella doccia si interruppe e Jake ne uscì già vestito dell'accappatoio.

Cora lo guardò attraverso lo specchio di fronte a lei che ne rifletteva l'immagine, continuando a spazzolarsi i denti con cura.

Lo vide strofinarsi i capelli con un asciugamano e dirigersi verso di lei, abbracciandola da dietro e posandole un bacio sul collo.

< Sai che sei estremamente sexy anche quando ti lavi i denti? > Le mormorò, facendola rabbrividire.

Cora rise, rischiando di affogarsi con il dentifricio, spingendolo verso la porta l'istante successivo.

< Va' a vestirti. > Gli fece una linguaccia.

< Altrimenti? > La prese in giro lui, lanciandole un'occhiata maliziosa.

< Altrimenti ti salto addosso e faccio pentire tua sorella di essere stata così gentile da portarci la colazione. > Rispose, sciacquandosi la bocca con non-chalance. 

< Ricevuto, capo. > La salutò alla maniera militare, facendole scuotere la testa esasperata, ma prima di congedarsi definitivamente, la raggiunse per rubarle un altro bacio sulla bocca.

< Adesso vai. > Aprì la porta, lo spinse fuori dal bagno e ne uscì anche lei, scontrandosi con Ramona che, a giudicare dalla bocca impiastricciata di cioccolata, non ci aveva messo molto a decidere con quale dolce inaugurare la giornata.

Cora la sollevò in braccio, pulendola alla meglio con il tovagliolo che la bambina reggeva in mano, inutilizzato, riportandola in cucina, dove Maggie e Peter avevano già apparecchiato per tutti.

E lei che, nata e vissuta fino agli anni del college a San Francisco, aveva creduto che a New York non si sarebbe mai trovata bene.

Confortata da quell'atmosfera familiare vivace e calda che solo le mattine della domenica portavano con sé, Cora si sentì a casa, completamente a suo agio, completamente accettata e amata.

 

 

 

 


 

 



   
 
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