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Autore: shinchan_    01/04/2014    4 recensioni
{Fanfiction sulla MidoTaka, la mia otp suprema ~ la visione d'insieme è data soprattutto dal punto di vista di Midorima, ma nei capitoli successivi cercherò di rendere anche Takao ~}
«Brrr, c’è più freddo qui che sotto la pioggia, eheh~» sghignazzò Takao, passandosi una mano fra i capelli con fare talmente disinvolto da dare l’impressione che fosse totalmente a proprio agio.
... cos’è, doveva essere una battuta? Doveva far ridere? Gli stava dando del ghiacciolo ambulante? Si, ora Midorima era assolutamente sicuro di provare dell’autentico odio nei confronti di questo ragazzo, che sembrava non possedere un freno alla lingua nemmeno quando le circostanze più lo richiedevano.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shintarou Midorima, Takao Kazunari, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Saaalve! Okay, sono... quanto? Uno? Due anni, che non pubblico niente? Mi sento arruginitissima ;__;° ... però ho in cantiere questa ff da un sacco di tempo, pensavo che fosse giunta l'ora di metterla nero su bianco. Gh. La forza dell'otp. Spero solo di rendere bene per iscritto ciò che fin'ora ho reso solo nella mia testa, chissà.
Pairing: MidoTaka / TakaMido;
Fandom: Kuroko no Basuke;
Characters: Midorima e Takao, con comparse occasionali di altri personaggi.

mischance.
 
La strada era deserta.
Sotto il tamburellare incessante della pioggia sull’asfalto non c’era nemmeno l’ombra di uno studente, o di un professore, o di una qualsiasi forma di genere umano.
Più le nuvole si facevano scure più la pioggia aumentava d’intensità, in quel suo battere invadente e capriccioso che sembrava voler perforare a tutti i costi il mattonato scuro del cortile d’ingresso.
Forse era arrivato un po’ troppo presto.
La prima campana non sarebbe suonata prima di venti minuti, ma considerando che quello era il primo giorno di scuola per tutti si aspettava uno sciamare di studenti in preda all’eccitazione già dalle prime ore del mattino.
Invece no.
Zero assoluto.
In tutto il complesso scolastico c’erano solo lui ed il proprio ombrello, un’evidente tensione da “prima esperienza da liceale” ed un simpaticissimo portachiavi dalle sembianze di una ranocchia appeso alla zip della cartella, il lucky item della giornata.

Era decisamente arrivato troppo presto, ma dopotutto entrare in scena per ultimo non era nel suo stile, anche se questo fosse significato beccarsi il meglio di quel diluvio universale che sembrava esser cominciato nel momento in cui aveva messo piede fuori casa.
Primo giorno di scuola alla Shuutoku e Oha-Asa non ha predetto per lui nemmeno un briciolo di fortuna, quella mattina. Fantastico.
Non aveva ancora avuto modo di conoscere i propri compagni, avere delle… interazioni sociali, eppure si sentiva terribilmente infastidito già da quel primo faccia a faccia con il cancello principale.

«Yo. Ti sei perso per caso?»

Gli cadde l’ombrello di mano dalla sorpresa – o dallo spavento.
Non tanto perché qualcuno gli aveva rivolto la parola – cosa a cui non era assolutamente abituato, ma più per una questione di contropiede.
Si era incantato a fissare insistentemente l’entrata della scuola immerso nelle proprie riflessioni da eterno cinico, e l’arrivo di un potenziale interlocutore scomodo semplicemente non era stato previsto.
Tra l'altro non l'aveva sentito arrivare, dopotutto non aspettava nessuno. 
Non è che si fosse preso un colpo o cosa.

«Non mi sono perso.» sussurrò con tono assolutamente monocorde che tradiva una certa soggezione, chinandosi gocciolante di pioggia a raccogliere l’ombrello finito a terra.

Voleva strozzarlo.
Chiunque egli fosse, aveva scelto uno dei momenti più sbagliati in assoluto per tentare una conversazione con lui, il re dell’eterno pessimismo.
Faceva freddo e gli occhiali cominciavano ad appannarsi a causa della pioggia, si era appena lasciato scappare di mano l’ombrello come un idiota e nel piegarsi a raccoglierlo la cartella era finita dritta dritta in una pozza d’acqua, completando il simpatico ritratto che lo avrebbe bollato da allora fino alla fine dei propri giorni come il prototipo della “matricola imbranata”.
Ma lui non era un imbranato.
Era solo nervoso. Un po’ irascibile, decisamente permaloso, ma non stupido.
E più cercava di non dare l’impressione di essere uno sfigato più i suoi movimenti erano impacciati, arruffati, nel tentativo di mascherare il quantitativo spropositato d’imbarazzo che sembrava avergli fatto perdere la sua solita sicurezza.
Il ragazzo sconosciuto si lasciò scappare un ghigno che non era riuscito in nessun modo a trattenere, accentuando l’intolleranza universale che Midorima provava in quel momento nei confronti del mondo intero.

«Ohi ohi, ti serve una mano, amico?» sorrise l’altro, sollevando da terra la cartella di Shintaro.
Midorima alzò gli occhi nella sua direzione, colpito nel vivo, fulminandolo con lo sguardo con tutta l’ostilità di cui era capace nonostante gli occhiali vergognosamente appannati.
Il ragazzo teneva la borsa con la ranocchia porta-chiavi sotto un braccio, mentre la propria ciondolava dall’altra spalla, mantenendo sul viso il vago ricordo di un sorriso.
Era stato appena inchiodato dallo sguardo super-dispregiativo di Midorima, ma non ne sembrava né particolarmente colpito né minimamente intimorito, anzi.
Diede quasi l’impressione che la cosa lo divertisse.

«No. Non ho chiesto il tuo aiuto. E non sono tuo amico.» inveì con una punta di sarcasmo, sistemandosi gli occhiali sul naso in un gesto palesemente irritato.

Gocciolavano entrambi di pioggia, con la differenza che ora lui aveva di nuovo portato l’ombrello a proteggerlo dall’acqua, mentre l’altro sembrava non avercelo proprio, l’ombrello.
Era zuppo da capo a piedi, e nemmeno sembrava importargliene. Nonostante non fosse affar suo, la cosa gli provocò un’ondata di fastidio ben peggiore della precedente.
Midorima odiava le persone sconsiderate, ed un ragazzo che al primo giorno di scuola esce di casa senza ripararsi con un diluvio universale in atto, poteva solo che essere sconsiderato.
Anzi, sconsideratissimo.

«Oh, come siamo irascibili, perdonami. Quindi va bene se questa la lascio cadere di nuovo a terra, giusto?» fu la risposta pronta dello sconosciuto, che tese la borsa di Midorima in modo che se avesse mollato la presa, sarebbe finita nuovamente dentro l’acqua.
Shintaro inorridì.

«No che non va bene!» 

Sul suo volto si dipinse un’espressione di reale disprezzo e disapprovazione, provocando all’altro un’ondata di risate che quasi lo fece piegare in due per lo sforzo.
Facendo finta di asciugarsi le lacrime, gli porse la cartella con la ranocchia ciondolante, ma un secondo prima che il ragazzo dai capelli verdi potesse afferrarla, egli tirò indietro il braccio.
Le orecchie di Midorima presero a fumare come il comignolo di un caminetto, e stringendo le mani a pugno nel tentativo di contenere la rabbia, cercò di strappargli la borsa di mano avanzando verso di lui di qualche passo, ripensandoci subito dopo.
Trattenne un sospiro.

«Hai intenzione di ridarmela?»

«Mmmmh… facciamo così. Io te la restituisco, ma tu mi dai uno strappo sotto l’ombrello fino all’entrata della scuola. Il mio l’ho dimenticato~» disse l’altro facendo spallucce, come se uscire senza protezione sotto la pioggia battente tutte le mattine per lui fosse una cosa normale.

Non gli concesse nemmeno il tempo di formulare una risposta – o un insulto, che l’ancora-sconosciuto-ragazzo scivolò rapidamente al fianco di Midorima, accozzandosi al suo braccio come un bimbo di tre anni in cerca d’attenzioni si appende alla gamba della propria madre noncurante.
Ma che razza di gente c’era in questa scuola?
Il pensiero che potessero essere tutti dei tali maniaci molestatori era allucinante, quasi surreale, eppure ne stava avendo un assaggio proprio in quel momento. Non era ovviamente detto che fossero tutti così… invadenti e irritanti, ma l’idea gli gravava sulle spalle come un macigno, spegnendo tutta la sua già scarsa emozione per il nuovo inizio alla Shuutoku.

Il contatto con i vestiti zuppi del suo nuovo compagno fece rabbrividire dal freddo Shintaro, che un po’ per colpa della sensazione di gelo e un po’ per puro e autentico disgusto, tentò di scrollarselo immediatamente di dosso, ma l’altro non mollò la presa.

«Ohi, idiota, che pensi di fare?»

“Mi riparo dalla pioggia, è ovvio! Tieni, questa è tua.» disse porgendo nuovamente la borsa a Midorima con il braccio libero, mentre con l’altro continuava a mantenere ferrea la presa in modo che egli non potesse liberarsi. Shintaro l’afferrò senza la minima grazia, strappandogliela letteralmente dalle dita e mettendosela in spalla.

Sentì una miriade di brividi freddi percorrergli tutta la spina dorsale, facendo affiorare la pelle d’oca sotto i vestiti.
Se c’era qualcosa che detestava più della stupidità della gente… era il contatto fisico, di qualsiasi tipo.
Strette di mano, pacche sulle spalle, abbracci. Non li sopportava proprio. Non per una ragione ben precisa, ma più per una sorta d’istinto di conservazione: voleva i suoi spazi, e solo l’idea che qualcuno potesse infrangere le sue barriere mentali in quel modo, lo mandava in netta paranoia.

«Perché devi ripararti con il mio ombrello!? Non potevi portarti il tuo?»

«Andiamo, che perfidia! L’ho solo scordato~ comunque, il mio nome è Kazunari Takao, se te lo stessi chiedendo.» si presentò lui, alzando lo sguardo verso Midorima e rivolgendogli un simpatico sorriso di presentazione, stavolta privo di qualsiasi traccia di derisione.
Midorima se ne accorse, ma preferì fare finta di niente.
Si coprì deliberatamente il viso con la mano mentre andava a sistemarsi nuovamente gli occhiali, cosa che era solito fare quando le circostanze lo mettevano gravemente a disagio.

«... non me lo stavo chiedendo.»
Takao.
Dunque questo molesto ragazzo dai capelli neri e fradici ce l’aveva, un nome.
"Certo che ce l’ha, idiota."
Effettivamente non aveva nemmeno pensato di chiederglielo, sarà che a primo impatto non gli stette affatto simpatico, anzi, probabilmente se avesse potuto lo avrebbe mollato lì sotto la pioggia senza degnarlo nemmeno di uno sguardo, ma per qualche motivo sconosciuto l’altro preferiva azzannargli il braccio piuttosto che fare una corsa fin sotto il portico, e Midorima non si sentiva nelle condizioni d’umore per arrabbiarsi ancora di più. Lasciò perdere.

«Brrr, c’è più freddo qui che sotto la pioggia, eheh~» sghignazzò Takao, passandosi una mano fra i capelli con fare talmente disinvolto da dare l’impressione che fosse totalmente a proprio agio.
… cos’è, doveva essere una battuta? Doveva far ridere? Gli stava dando del ghiacciolo ambulante?
Si, ora Midorima era assolutamente sicuro di provare dell’autentico odio nei confronti di questo ragazzo, che sembrava non possedere un freno alla lingua nemmeno quando le circostanze più lo richiedevano. Decide di ignorare la divertentissima battuta di spirito, limitandosi a grugnire sotto voce.

«Pensi di dirmi anche il tuo, di nome? Frequenteremo la stessa scuola, lo verrei a sapere comunque.»

«Midorima.»

«Midorima come?»

«Shintaro.»

«Oh…» sussurrò fra sé e sé Takao, assumendo un’espressione pensierosa che poco si addiceva alla sua aria da completo deficiente, che attirò involontariamente l’attenzione di Midorima. Ruotò gli occhi in basso, inarcando un sopracciglio in una richiesta muta di spiegazioni a quel suo snervante e insensato “oh”.
Takao aveva gli occhi particolarmente curiosi, di una tonalità indefinita, un mix fra grigio perla e nero fumo, un colore che avrebbe definito “affascinante” se solo fosse stato qualcun altro a possederlo.
Ad eccezione degli occhi, era un ordinario ragazzo di primo liceo: non aveva segni particolari di nessun tipo – almeno non evidenti, altezza nella media, corporatura slanciata, un fisico visibilmente ben allenato – che fosse anche lui uno sportivo?, e un immancabile sorriso furbesco che sembrava discendere direttamente dalla razza felina.
La voce di Takao giunse ovattata e lontana alle orecchie di Midorima, troppo preso da sé stesso e le proprie immancabili congetture sul prossimo da essersi quasi dimenticato di non essere solo, sotto la pioggia, sotto l’ombrello, sotto la soffocante indole della sfortuna.

«Posso chiamarti Shin-chan?» esordì infine Takao, con un’espressione raggiante in viso quasi come se avesse raggiunto l’illuminazione del secolo.

«Cosa? No.»

«E dai! Perché?»

«Perché no.»

«Andiamo, Shin-chan...»

«Ohi, ho detto di n---»

Il trillo della prima campanella risuonò scalpitante prima che Midorima potesse finire di parlare, interrompendolo a metà della frase e aggiudicando così la vittoria a Takao, che sorrise trionfante.
Shin-chan?
Shin-chan?!
Ma è pazzo? Che diavolo di nomignolo sarebbe Shin-chan? Ma poi perché avrebbe dovuto chiamarlo? Quanto ancora si sarebbe prorogato questo inferno?
A Midorima si formò un groppo in gola dall’ansia, dal ribrezzo e da una lieve punta di fastidio. Shin-chan. Ma non esiste né in cielo né in terra, Shin-chan.

«Muoviamoci, Shin-chan. Chissà, magari capiteremo in classe insieme!»

«Spero di no. E non chiamarmi Shin-chan.» bisbigliò Midorima, notando soltanto allora lo sciamare maldestro di ombrelli e studenti che si riversavano all’interno del cortile e che avanzavano rumorosi lungo la strada principale, trascinando le proprie cartelle senza il minimo entusiasmo.
Takao si strinse nelle spalle senza sentirsi minimamente toccato dalla lingua pungente dell’altro, voltandosi verso il cancello ormai spalancato e tirando Shintaro per il braccio, costringendolo controvoglia ad avanzare nel marasma di studenti.
Era una scena… piuttosto insolita.
Poteva quasi immaginarsi le espressioni dei suoi vecchi compagni di squadra alla visione di una cosa simile: sguardi sorpresi, increduli, sarcastici. In tre anni in cui sono stati insieme tutti e cinque avevano compreso quanto Midorima odiasse essere anche solo sfiorato, così da permettere una convivenza non proprio pacifica, ma almeno indifferente. Ed a lui stava bene così.
Cosa avrebbero detto, se lo avessero visto adesso? Con uno sconosciuto di venti centimetri più basso che praticamente lo teneva a braccetto, mentre si avviavano insieme verso la scuola condividendo lo stesso ombrello? Per quanto odiasse pensarci, probabilmente si sarebbero fatti una grande risata.
Non gli sarebbero mancati per niente.

«Ti hanno mai detto che per la tua età sei un vero armadio?»
Takao interruppe il suo flusso di pensieri con una domanda che non era sicuro di aver compreso bene, sia perché era troppo impegnato a rispolverare il suo quasi-odio nei confronti degli ex compagni, sia perché c’era un fastidioso brusio di sottofondo dovuto a masse di studenti che correvano ad abbracciarsi, baciarsi, darsi il pugno ed urlare quanto fossero felici di rivedersi. Scene da voltastomaco.

Per tutto il breve tragitto dal cancello alla porta principale Midorima tenne la bocca ben sigillata e le spalle terribilmente rigide, ignorando le domande che Takao gli poneva ed i suoi tentativi di fare conversazione: a volte alzando gli occhi al cielo, a volte guardando semplicemente dall’altra parte, come se non l’avesse proprio sentito.
Peccato soltanto che Takao non era un Kuroko, che dopo il primo tentativo di interazione andato a finire male non insisteva oltre, o un Murasakibara, che ti poneva le domande ma non era mai abbastanza interattivo da volerne sentire la risposta, così da lasciarti perdere prima ancora di potersi interessare.
Takao continuava a parlare, a domandare, a violentare i suoi spazi, forse per dargli fastidio, forse perché incuriosito sinceramente, ma dopotutto non gliene importava niente, bastava che si stesse zitto.

Una volta arrivati sotto al portico, Midorima chiuse di scatto l’ombrello e si scompigliò i capelli verdi per liberarsi degli ultimi rimasugli d’acqua, approfittando dell’occasione per lucidare gli occhiali sul bordo della camicia nera. Quei tre minuti d’inferno erano finalmente finiti, adesso sarebbero andati a vedere alla bacheca degli studenti la disposizione delle classi e avrebbero scoperto di essere in sezioni diverse, così da non doversi vedere mai più e ognuno per la propria strada.
… almeno, era quello in cui sperava.

«Occasionalmente. Alle medie ero nella squadra di basket.» gli rispose Midorima, varcando la soglia d’entrata senza nemmeno assicurarsi che lo avesse sentito. Quell’ultima frase per lui era significata un po’ come un addio, un “ora che ho delucidato i tuoi dubbi, a mai più risentirci”, eppure sentiva che non era finita lì. Oha-Asa era stata piuttosto chiara: fattori negativi per tutta la giornata di oggi, e per chissà quale ragione Shintaro stava cominciando a convincersi che quel fattore negativo di nome Kazunari Takao era proprio ciò di cui parlava l’oroscopo. Brutta sensazione. Brutta brutta.

La calca era asfissiante.
Centinaia di studenti in divisa si scontravano e si urtavano come se niente fosse, mentre lui tentava in tutti i modi di ridurre al minimo il continuo andazzo di spallate e spintonate.
Per sua fortuna Midorima sapeva esattamente dove si trovasse la bacheca degli studenti: certo, bastava seguire la direzione della folla, ma aveva comunque un’idea ben precisa della direzione da prendere poiché aveva avuto il tempo di studiarsi la mappa del complesso a casa, durante l’estate.
E se Takao gli fosse stato ancora alle calcagna, una volta letto in che sezione fosse stato smistato avrebbe approfittato della confusione per schizzare verso la propria classe alla velocità della luce, così da non farsi trovare mai più.
Ma proprio più.

"Perché ci sto pensando così tanto?" 

«WUOH! Davvero? Ohi, non scappare!» urlò Takao facendosi spazio in mezzo alla folla a suon di spinte e gomitate, riuscendo a pararsi di fronte a Midorima quasi per miracolo, in modo da bloccargli la strada.
Nei suoi occhi si era illuminato qualcosa che a Shintaro non piacque affatto, un barlume lampeggiante di nuovo interesse che prima non aveva, una scintilla color fumo che rendeva il suo sguardo luminoso come una pietra d’onice.

"Che diavolo ha da guardarmi così?"

Avrebbe voluto rispondere a tono, magari facendo una battuta pungente sul fatto che forse in futuro avrebbe avuto un promettente futuro da stalker, ma in un primo momento non rispose.
Si limitò semplicemente a fare un cenno impercettibile con la testa, sorpassandolo senza dire altro.
Shintaro non pensava che il basket fosse uno sport così interessante, dunque perché tanto fermento? Era un’attività come tante.
E’ possibile che avesse avuto un abbaglio e nello sguardo di Takao non c’era altro che la lampante demenza, ma era pronto a giurare che nei suoi occhi fosse bruciato un sentimento diverso dal semplice interesse, ma non sapeva proprio spiegarsi quale. Ne gli interessava. Forse.
Decise di non pensarci più, tornando al piano originale: ignorarlo finché non se lo fosse tolto dai piedi.

Takao gli camminava a fianco senza più spicciar nemmeno una parola, lo sguardo vacuo, perso in chissà quale pensiero. Midorima gli lanciò uno sguardo di sottecchi, e fu sufficiente a raggelargli il sangue nelle vene: non lo conosceva ancora a sufficienza da poter dire cosa gli stesse passando per la testa, ma quello era lo sguardo di qualcuno che stava macchinando qualcosa, poteva sentire i congegni del suo cervello cigolare come le rotelle di un enorme orologio. Ed era inquietante. Oh se lo era.

"Chissà di che segno zodiacale è."

Si sarebbe giocato una scarpa che fosse dell’ariete.
Quei fastidiosi, stupidi dell’ariete. O un gemelli. Tutto il contrario di sé stesso, che era un cancro.
Nell’ultimo periodo era raro che nella tabella delle compatibilità ci fosse un segno con 5/5 stelle di affinità con il proprio. Erano tutti sulle due stelle, un paio sul tre, ariete e gemelli avevano solo una stellina insulsa ed insignificante, mentre lo scorpione ed il leone a volte quattro stelle a volte cinque.
E l’unico leone che conosceva era sua madre.

Quando la calca si fece improvvisamente più pressante, Midorima intuì di essere arrivato nel corridoio in cui era esposto l’albo con le classi. Poteva sentire gli occhi di Takao puntati su di sé accompagnati da un terrificante mezzo sorriso, ma decise di ignorarlo. Alto com’era non gli fu difficile spiccare in mezzo a tutti gli altri studenti, sporgendosi in avanti alla ricerca del proprio nome.

Shintaro Midorima ----- 1-C”

Sezione C, secondo piano.
Si voltò in direzione della rampa di scale più vicina senza pensarci due volte, approfittando del fatto che Takao fosse stato probabilmente inghiottito dalla folla.
Non appena riuscì ad afferrare con il palmo della mano il corrimano conducente al secondo piano, si concesse quattro secondi per voltarsi ed assicurarsi che non l’avesse inavvertitamente seguito, terrorizzato dall’idea che potesse comparire dal nulla come aveva fatto mezz’ora prima.
Era pieno di teste nere e basse, ma nessuna che avesse gli occhi color metallo fuso.
Rilassò leggermente le spalle, sciogliendo i nervi in un piccolo e contenuto sospiro: riusciva ancora a confidare che quella non sarebbe stata una giornata così tremenda, si era liberato dello scocciatore ed ora mancava solo andare a sedersi al proprio nuovo banco, presentarsi, isolarsi, e seguire le lezioni.
Tutto normale.
Niente più incontri del terzo tipo.

«Ahh, è stato orribile, credevo mi avrebbero ucciso. E’ facile per te che sei un gigante, eh Shin-chan? Comunque… in che classe ti hanno smistato?»

E’ stato come avere un orribile dejà-vù.
Era di nuovo comparso lì dove un momento prima non c’era nessuno, rischiando di fargli scappare di nuovo l’ombrello in un simpatico riadattamento della scena di qualche minuto prima.
Si sentiva esattamente come in prima media, durante i primi incontri con la squadra e con Kuroko, che riusciva a passare così inosservato da far saltare tutti dallo spavento ogni volta che dava fiato ai polmoni.
In un certo senso la somiglianza cominciava a turbarlo.
Era possibile che effettivamente possedesse una sorta di inconscia misdirection anche Takao? O forse ne era consapevole e non era poi così inconscia? Lo faceva di proposito oppure era solamente un ragazzo particolarmente silenzioso?
Qualsiasi fosse la risposta, a Shintaro non piaceva. Per niente.

«Smettila di apparire dal nulla, è irritante. … Sono in C.» sbottò Midorima sistemandosi gli occhiali sul naso, mentre con la mano fasciata andò a sfiorare il lucky item a forma di ranocchio appeso alla borsa, quasi come se fosse alla ricerca di un barlume di fortuna.

«Ahn, peccato. Io sono finito in B.» si lamentò Takao passandosi una mano sul collo, rassegnato.

Il respiro di sollievo che invase i polmoni di Midorima fu forse un po’ troppo palese, ma in quel momento l’idea di sembrare perfido o addirittura scortese non lo tangeva minimamente.
Si sentiva più leggero di due chili, ma anni di assidua frequenza nel blog di Oha-Asa gli avevano insegnato a sbirciare dietro agli angoli, non solo a limitarsi a guardarli. E qualcosa gli diceva che dietro a quell’angolo avrebbe trovato una sorpresa tutt’altro che fortunata.
Chiamiamolo presentimento.

Non ebbe il tempo di esultare, stappare una bottiglia di champagne, o semplicemente ringraziare la sua lettrice dell’oroscopo preferita per il proprio taciturno supporto, che lo sconforto di Takao si trasformò in meno di un secondo in una smorfia di autentica e palpabile malizia, un ghigno appena accennato che andava accompagnandosi assieme ad un paio d’occhi leonini affatto sconfortati. … anzi, se possibile erano tutto il contrario.
Midorima deglutì.

«…ti prendevo in giro, sono in C anche io~ ecco, adesso hai un’espressione impagabile, Shin-chan.»

«Non… non chiamarmi Shin-chan.»

«Shin-chan.»

«Smettila.»

«Saremo in classe insieme, non sei contento?»

«No.»

«Cambierai idea.»

«Non credo.»

«Andiamo in classe?»

«Takao.»

«Si?»

«Di che segno sei?»

«Scorpione, perché?”
   
 
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