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Autore: earlgreytea68    02/04/2014    4 recensioni
Mentre è morto, Sherlock scrive a John altre lettere.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Letters [ traduzione di _opheliac ]'
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Storia by earlgreytea68, originariamente postata su Archive Of Our Own, al link: http://archiveofourown.org/works/618913

Traduzione a cura di:  _opheliac.

Beta: PapySanzo89, sempre grazie a lei e al piccolo aiuto dall’esterno.

 

 

Letters: Redux

 

Caro John,

è uscito fuori che sono ancora non-morto.

--Sherlock

****

Caro John,

Immagino che dovrei chiarire un po’ la cosa, spiegarla meglio, ma

Ti ho inviato tutte le lettere. Tutte le stupide, stupide lettere. Non posso neanche immaginare cosa

Avrei dovuto essere morto. Non capisco come sono riuscito a tirarmi fuori dalla situazione e a ritrovarmi ancora vivo.

--Sherlock

****

Hai letto le lettere? Vorrei poter sapere se hai letto le lettere.

****

Il punto è, ero un disastro quando le ho scritte. Lo capisci? Devi. Sono sicuro, se le hai lette, devi averle fissate e devi esserti chiesto cosa mi sia preso e se abbia perso la ragione. Ho ovviamente perso la ragione. Sono ancora qui  a scriverti delle lettere.

****

Caro John,

l’ultima lettera, poi

****

Intendevo ogni singola parola di quell’ultima lettera, John. Ogni singola parola.

--Sherlock

****

Scommetto che hai ricevuto le lettere e le hai gettate via. È questo che hai fatto, non è vero? Eri furioso con me, quindi le hai gettate via.

****

E dopo sei andato e le hai recuperate, vero? È così da te. Sei andato e le hai recuperate e le hai lette tutte.

E COSA HAI PENSATO?

****

Caro John,

sto per spostarmi in Siberia.

--Sherlock

****

Caro John,

sono arrivato in Siberia.

La verità è che non lo sto facendo per evitare te. Lo sto facendo per evitare tutto.

****

Mi ero ripromesso che avrei messo tutto su carta, una volta arrivato in Siberia, e invece ho scritto tre frasi e mi sono fermato, e non è

Inizierò adesso:

Caro John,

penso che ormai saprai che sono vivo. Non sei stupido, e hai appena ricevuto una pila di lettere chiaramente datate dopo la mia morte. Quindi sai che sono vivo, o lo sospetti. Possibilmente sei andato a parlarne con Mycroft. Non so cosa Mycroft ti abbia detto. Dovrei tenermi in contatto con lui ma non posso

Sono così stanco, John. Sono stanco come non lo sono mai stato prima. Prima il mio problema era sempre stato la troppa energia. Anche i giorni in cui ero letargico, ero comunque irrequieto sotto sotto, cercando disperatamente di non annoiarmi. E ora sono così stanco da non poter pensare lucidamente. Mi è servito ogni residuo di energia che avevo per trasferirmi qui in Siberia.

Voglio che torni tutto com’era prima, tutto. Tutto. Voglio riavvolgerci, tornare indietro al giorno dopo che ti ho incontrato, quando hai ucciso il tassista per me e siamo andati a mangiare cinese e siamo tornati all’appartamento molto tardi. Eri leggermente ubriaco, frastornato dall’adrenalina residua dallo sparo e dal drink che avevi bevuto al ristorante. E l’appartamento era ancora nuovo per te, così non sapevi dov’era l’interruttore della luce. Sei entrato prima di me, e hai cercato a tentoni l’interruttore, e hai ridacchiato al non essere in grado di trovarlo, ed era buio, con solo le luci dalla strada che entravano dalla finestra, e avrei voluto spingerti contro il muro e baciarti, assaggiare la risata sulle tue labbra, bere la tua adrenalina, farti mio. Avrei dovuto farlo. Voglio riportarci indietro e voglio farlo. Avrebbe cambiato tutto. Non so se avresti risposto al bacio come avrei voluto. Ero spaventato che non l’avresti fatto. Ecco perché non l’ho fatto. Averti lì dopotutto, dissi a me stesso, era meglio del non averti affatto.

Perché se non avessi sentito le stesse cose, te ne saresti andato. Non saresti mai rimasto a condividere con me l’appartamento. E forse sarebbe stato meglio per entrambi. Non sentirei così tanto la tua mancanza, come potrei, se non mi fossi abituato alla tua presenza? E non ti avrei rovinato nella maniera in cui so di aver fatto.

Ma se avessi risposto al mio bacio

Avrei dovuto baciarti. Avrei dovuto accettare cosa eravamo. Non l’ho fatto, e ci ho portati a questo punto, e mi dispiace così tanto.

Mi manchi con la disperazione di

Mi manchi.

Quanto è testardo il corpo umano. Il modo in cui il mio cuore continua a battere e i miei polmoni continuano a respirare, anche se io mi sento morto.

Immagino che dovrei essere morto, quindi ha senso che mi senta tale. Mi chiedo se sia una conclusione inevitabile che se uno finge la propria morte allora poi si senta morto, anche se tecnicamente rimane vivo. Una qualche sorta di suggestione mentale psicosomatica, o qualcosa del genere. Come la tua zoppia, forse. Come condurre questo esperimento. Impossibile. Sono un esperimento unico, e il resto del mondo è il gruppo di controllo.

È possibilmente la cosa più giusta che abbia mai scritto nella mia vita. Non ci rifletterò ulteriormente. Ritornerò al punto della lettera:

Mi manchi. Vorrei poter

Se dovessi farlo di nuovo, ti direi ogni giorno che ti amo.

****

Caro John,

avendo riletto la lettera precedente, non sono sicuro di esserne felice. Non sono sicuro che comunichi quello che volevo comunicare, cioè quanto ti amo e mi manchi e quanto abbia reso tutto un disastro. Ho promesso che avrei scritto tutto su carta, ma non so come fare. Posso dirti che ti amo, posso dirti quando è iniziato, ma dire il resto, usare parole per dire il resto, è impossibile. E non è una parola che uso con leggerezza.

Ho rovinato ogni cosa. Ogni cosa. Se sapessi in che stato mi trovo al momento, mi uccideresti tu stesso. Sto cercando di ricordare l’ultima cosa che ho mangiato. Penso di aver mangiato un cracker l’altro giorno. O qualcosa. Hmm, devo aver mangiato più di quello, per necessità biologica, visto che sono apparentemente ancora vivo, ma non riesco a ricordare. Ne saresti sconvolto.

E avevo tutto. Tutto quello che avrei mai voluto. Avevo te, che è più di quanto avevo mai realizzato di volere e più di quello che avrei mai pensato di poter avere. Avevo te, ogni notte e ogni mattina e ogni momento in mezzo. So che eri solito essere esasperatamente confuso dalla mia tendenza a parlare con te anche quando non eri nell’appartamento, ma non penso tu abbia mai capito: non lo facevo perché non mi rendevo conto che non eri lì, lo facevo perché, per me, tu eri sempre lì, eri ovunque, ti portavo con me, un punto fermo come il cuore nel mio petto. Quei momenti in cui non eri accanto a me erano dati non importanti, irrilevanti, eliminati non appena accadevano. Mi hai accusato di essere una macchina, l’ultima volta che abbiamo parlato faccia a faccia, ed avevi davvero ragione letteralmente parlando, perché ero come una macchina, che prendeva vita soltanto in tua presenza. Il resto della mia vita non esisteva, per me.

E lo sapevo – lo sapevo – prima di buttarmi da quel tetto. Sapevo ogni briciola di quello che ti sto dicendo. Le emozioni non sono una cosa così estranea da non riconoscere che ero innamorato di te, così disperatamente, in maniera così devastante, tutti quei cliché poetici che si sono rivelati essere accurati. Quello che non sapevo è quanto mi saresti mancato, quanto la tua perdita avrebbe

Se chiedi a Lestrade o a Mycroft di me, ti diranno qualcosa di sorprendentemente simile, cioè che faccio sempre un passo di troppo.

****

Caro John, scrisse Sherlock, sul pezzo di carta di fronte a lui. Aveva appena finito di rileggere l’ultima lettera che aveva scritto, e ne era insoddisfatto esattamente com’era stato con la lettera precedente. Non ci stava riuscendo, come aveva fallito miseramente in molte cose nel passato recente, e il suo braccio stava dolendo e il suo fianco faceva male e il vento ruggiva al di fuori e scuoteva i muri della baita.

Sherlock si accigliò e batté la penna sulla scrivania e guardò le lettere del nome di John, la curva della J, il taglio della coda della n. Il nome più comune, semplice e stupido del mondo. Praticamente una presa in giro, così comune, semplice e stupido. E Sherlock l’aveva detto così tante volte al giorno, detto con affetto e irritazione e paura e lusinghe e senza pensarci, e non aveva smesso di pensare a come il non dirlo più avrebbe causato che il nome gli sarebbe rimasto bloccato in gola, soffocandolo, come accatastato in una fila disordinata.

Il bussare alla porta fu così inaspettato che per un attimo pensò fosse il vento che faceva sbattere qualcosa, fuori. E dopo successe di nuovo. Sherlock guardò la porta e prese la pistola dalla scrivania vicino alla lettera che non stava riuscendo a scrivere. Non sembrava probabile che un assassino avrebbe prima bussato, ma sembrava improbabile che chiunque bussasse alla sua porta. Era andato contro diversi dolori per essere morto, meticolosamente e in maniera assoluta, stavolta. Supponeva di aver chiuso con ogni contatto umano.

Bussarono di nuovo, e la curiosità ebbe la meglio, come accadeva sempre. Sherlock non era incline a vestire i panni del Buon Samaritano, ma doveva sapere chi stava girovagando per la Siberia nel bel mezzo di una bufera infernale. Quindi tenne la pistola carica e pronta a sparare e si mosse per aprire la porta.

Della neve entrò vorticando, insieme ad una sferzata d’aria fredda, e Sherlock dovette strizzare gli occhi resistendo a quella forza, mozzandogli il respiro, e quando riuscì a vedere attraverso il candore che gli stava davanti, vedere la scura e solida figura di un uomo, seppe chi fosse quasi immediatamente e si rifiutò di crederci, perché era impossibile, perché doveva star avendo le allucinazioni, perché….

Il nome nacque nella sua gola e traboccò dalla sua bocca e lo soffocò mentre usciva. Per la prima volta in sei mesi e nove giorni, Sherlock Holmes disse ad alta voce, “John.”

 

 

 

 

Note della traduttrice:

Ecco qui la terza parte di letters, breve e straziante come mai. Chiedo scusa per il piccolo ritardo nella pubblicazione, la vita reale mi reclama sempre più prepotentemente e difficilmente riesco a resisterle! Questo capitolo ha portato un paio di problemi per l’utilizzo di un paio di metafore particolari ( sono sicura che riuscirete a capire quali sono! ) e ho richiesto una breve spiegazione ad earlgreytea68 al riguardo..E’ tanto contenta che la storia piaccia anche al fandom italiano, e porgo qui i suoi ringraziamenti per le recensioni!

La quarta ( e penultima, ma fino ad un certo punto ) parte arriverà tra al massimo una decina di giorni. A presto!

_opheliac

   
 
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