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Autore: Liy    08/07/2008    7 recensioni
"Ho sognato la fine del mondo... del mio mondo..."
Cosa accade, quando ci si accorge che non è il prioprio mondo a finire ma che siamo noi ad abbandonarlo?
“Promettimi che non mi dirai mai addio…”
[AreRina]
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee | Coppie: Allen/Lenalee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: La storia si svolge a metà fra una missione del passato di Allen e Lenalee, in Finlandia,
mentre l'altra metà durante un presente in cui la ragazza affronta Eishi il pittore, un akuma di livello tre.
Quando ormai Lenalee capisce di star morendo, in qualche modo riesce a raggiungere Allen però...

 

Näkemiin

 

Era una missione come le altre.

Più o meno.

"Perchè non ci è andato il signor Komui?"

"Mio fratello ha detto che era occupato, e che comunque potevamo cavarcela da soli"

"Si... Ma..."

Il ragazzo guardò fuori dal finestrino, lo sguardo perplesso. Il paesaggio scorreva veloce davanti ai suoi occhi; distese verdi intervallate qua e là da qualche macchia d’acqua dominavano il paesaggio Finlandese.

La ragazza davanti a lui notò l'espressione sul suo volto e, sporgendosi leggermente in avanti, gli domando: "Qualcosa ti turba?"

Lui si voltò di colpo, gli occhi puntati in quelli di lei.

"No, cioè... Non lo so"

Il silenzio calò per un attimo fra loro, subito interrotto, però, dalla risata sommessa della ragazza.

Lui, dal canto suo, inarcò un sopraciglio, sbuffando.

"Lo trovi tanto divertente, Lenalee?"

"No, scusa... è che... sei tanto buffo Allen-kun!" le lacrime, appena asciugate, tornarono a bagnarle gli occhi.

"Sai, Allen-kun" iniziò, tornando seria, "stavo pensando che, insomma" fece una pausa, "sei molto cambiato rispetto al giorno in cui sei entrato all'Ordine"

Non glielo aveva detto.

Come al solito.

Voleva raccontargli di Quel sogno, ma non ci era riuscita.

‘Però’, pensò fra sè e sè, mentre Allen iniziava a parlare, ‘prima o poi gli dirò tutto; prima o poi ce la farò’

 

***

 

Aprì leggermente la bocca, inghiottendo un altro po’ d'acqua.

La vista s'annebbiò e smise di lottare.

Scivolò sempre più a fondo, nelle buie profondità del mare.

Sopra di lei sentiva il nemico ridere e disperarsi al tempo stesso. "Probabilmente", pensò, "non può vedermi morire..."

Cercò di sorridere, malinconicamente, ma non ci riuscì.

Un'altra cosa da aggiungere a quella lunga lista.

La lunghissima lista delle cose che si proponeva di fare ma che alla fine non riusciva a realizzare.

Voleva respirare e non riusciva.

Voleva sorridere ma proprio non ce la faceva.

Voleva rivederlo, ma non ne era in grado.

Avrebbe voluto averlo accanto, ma sapeva che non era possibile.

Si era promessa di proteggere il suo mondo, ma non lo stava facendo.

 

***

 

Il treno si fermò, emettendo un fischio acuto.

I passeggeri scesero assonnati con le valige alla mano.

Non appena Allen toccò terra, la pallida luce della luna lo accarezzò in volto. Un'aria leggera e fresca gli scompigliò i capelli argentei, mentre la ragazza che lo accompagnava in quel viaggio stava immobile, a fissarlo.

Allen stava lì, gli occhi chiusi e il sorriso in volto, beandosi di quel momento.

Il volto da bambino risplendeva di gioia.

Lenalee lo aveva visto fare così spesso.

In effetti, quella scena si ripeteva tutte le volte che terminavano un lungo viaggio ma, guardarlo sorridere in quel modo, la rendeva felice in qualche modo. Per un attimo si permise di pensare come la ragazza che era e arrossì leggermente.

"Lenalee, andiamo?"

Trasalì quando si trovò il viso di lui a pochi centimetri dal suo.

"Cos'hai?"

"N-Nulla... Andiamo!"

Si incamminarono, le valige alla mano e gli occhi stanchi.

"Andiamo in hotel ora, Allen-kun?"

"Certo! Ho una fame!"

 

***

 

Un dolore lancinante lo attraversò da parte a parte, destandolo dal sonno.

Si mise a sedere, issandosi sul braccio, con la mano premuta sull'occhio maledetto.

"Ma che...?"

Lo raggiunse una voce, chiara, inconfondibile.

Allen-kun

"Lenalee...?"

Alzò lo sguardo al soffitto, come se avesse potuto trovarla lì.

Allen-kun

Ecco. Era ancora lei.

Una sensazione strana si impadronì di lui mentre lo sfarfallio allo stomaco aumentava.

"Lenalee..."

 

***

 

TOC TOC

Qualcuno bussò alla porta, interrompendo i suoi pensieri.

Si voltò di scatto verso la fonte del rumore e, di mala voglia, si alzò dal letto per andare ad aprire.

"Chi è?" domandò, prima di girare la chiave e abbassare la maniglia.

"Sono io, Lenalee!"

Il ragazzo la lasciò entrare e lei andò a sedersi sul letto.

Avevano appena finito di mangiare ed erano saliti subito nelle loro camere, dopo che alla reception avevano consegnato loro le chiavi.

Allen prese la sedia della scrivania di fianco al letto e vi si sedette sopra, osservando attentamente la ragazza. Lei non parlava, si limitava a stropicciarsi l'orlo dell'abito, nervosa. I capelli sciolti le ricadevano sulle spalle e la lunga frangia le copriva in parte il volto, nascondendolo agli occhi attenti del ragazzo.

"E' successo qualcosa?"

Nessuna risposta.

"Lenalee... E' tutto ok?"

Ancora nulla, solo una stretta più salda da parte di lei sull'abito.

Allen si mise in ginocchio, davanti a lei, cercando di scorgerle gli occhi sotto i folti capelli neri.

"Ti prego, dimmelo... dimmi, cos'è successo. Se c'è qualcosa che non va puoi dirmelo"

"Io..." iniziò lei, chiudendo gli occhi, "Io... devo dirti una cosa"

Il ragazzo rimase in attesa, silenzioso, ancora davanti a lei.

"Io... qualche giorno fa ho fatto un incubo e vo-volevo dirtelo..."

Allen non capiva il motivo di quel gesto, ma attese ancora. L'avrebbe lasciata sfogare, così sarebbe stata meglio.

"Ho sognato la fine del mondo... del mio mondo..." iniziarono a caderle qualche lacrima dagli occhi e Allen sorrise lievemente. Quello era un gesto così tipico da parte della ragazza. Quelle lacrime avevano qualcosa di diverso da quelle di tutte le altre persone che conosceva; racchiudevano in loro amore, odio, felicità e sofferenza, tutte emozioni che lei provava da una vita e che combattevano per avere la meglio l'una sull'altra.

"Non c'era nessuno... era tutto silenzioso, non sentivo nulla... c'erano le rovine dell'Ordine e poi..."

Ormai il piccolo sfogo da parte della ragazza era divenuto un vero e proprio pianto a dirotto. Lei, le mani sugli occhi e il corpo scosso dai brividi, non lo guardava.

"Allen-kun, io..." si bloccò, fissandolo con gli occhi lucidi, "... ho visto te... c'eri anche tu in quel sogno..."

Il ragazzo le si sedette accanto, tenendole la mano, sorridendole.

"Lenalee... era solo un sogno..."

"Ma tu... tu eri morto!"

 

***

 

Non se lo sarebbe mai aspettato, ma erano lì, uno di fronte all'altro.

Allen-kun

Il ragazzo rimase immobile.

Era sicuramente lei, ma aveva un qualcosa di strano, inconsueto. Più che la vera Lenalee, sembrava un pensiero, un fantasma dal passato, così lontano eppure così vicino.

Nonostante questo lei era lì, inginocchiata sul letto, accanto a lui.

Gli occhi fissi l'uno in quelli dell'altra.

Allen-kun... Scusa

La figura davanti al ragazzo non aprì bocca, ma la voce riecheggiò nella sua testa, forte e chiara.

"Lenalee... come?"

Io... ho sbagliato Allen-kun. Ho sbagliato ad abbandonarti al tuo destino...

L'espressione della ragazza mutò, divenne malinconica, supplichevole.

Scusami...

 

***

 

Al mattino, dopo una sostanziosa colazione, i due ragazzi si avviarono per le strade intricate di quella cittadina.

Si trovavano lì per fare una cosa del tutto idiota, non consona ad i compiti di un esorcista: ritirare un'invenzione a nome di Komui che, da quanto avevano capito, sarebbe stata subito confiscata da Reever e compagni.

Dovevano solo trovare il negozio di quell'inventore ma, a quanto pareva, nessuno sembrava conoscerlo o anche solo aver sentito il suo nome.

Allen aveva delle grosse borse sotto gli occhi e in volto aveva dipinta l'aria di una persona che ha passato tutta la notte in bianco.

Non aveva chiuso occhio, neanche per un attimo.

"Per ieri sera, Allen-kun... Scusa..."

"Non importa... Col maestro ho sopportato di peggio."

La ragazza fece una smorfia con le labbra; un mezzo sorriso un po’ contrariato dalle parole del compagno. A causa sua Allen non aveva dormito e, almeno un po’, se ne pentiva.

Dopo averla consolata, Lenalee si era addormentata fra le sue braccia, le lacrime ancora agli occhi. Lui non si era mosso, timoroso di poterla svegliare.

Era rimasto così, per tutta la notte, immobile, gli occhi spalancati per controllare la ragazza e per assicurarsi che stesse dormendo tranquilla.

"Beh, l'importante è che non hai avuto incubi, vero, Lenalee?"

"Vero!" alzò il volto, sorridente, "è la prima volta da mesi che succede..."

Nessun incubo quella notte aveva bussato alla porta del suo sonno, aveva dormito beata, immersa in sogni che neanche ricordava.

Giunsero davanti un bivio.

Si guardarono un attimo negli occhi e, in tacito accordo, svoltarono a destra. Superarono un lampione che aveva qualcosa di conosciuto e si ritrovarono nella stazione della notte prima.

“Ma questa…”

Lenalee lasciò cadere a terra la valigetta con le carte di suo fratello.

“E’ la stazione di ieri!”

 

***

 

La forma evanescente della ragazza parve per un attimo più debole.

Solitamente era lui, Allen, a chiedere scusa e sentire quelle parole pronunciate dalla voce della ragazza gli procurò una stretta al cuore.

Era una situazione strana, inusuale,

E se in quel momento fosse spuntato qualcuno da dietro la porta?

Che cosa avrebbero detto?

Allen-kun

Il ragazzo la guardò, un po’ timoroso, spaventato da ciò che stava accadendo. Credeva che non avrebbe più rivisto i suoi amici, che non avrebbe più rivisto lei, Lenalee.

“Lenalee, io…”

Sh…

La ragazza gli posò un dito sulle labbra e gli si avvicinò, i capelli sciolti che le incorniciavano il volto.

Allen-kun, io…

Si avvicinò un altro po’, finendo a pochi centimetri da lui.

Lo osservò a lungo, come se volesse fissare la sua immagine in mente. Si soffermò per qualche secondo di troppo sul braccio sinistro che, per la prima volta da quando era nato, mancava.

Allungò la pallida mano fino a sfiorare ciò che rimaneva di quel braccio che avevano odiato tanto entrambi. Quel dannato braccio infestato d’innocence che però aveva permesso che loro due si incontrassero quel giorno all’Ordine, dopo la lunga scalata del ragazzo lungo la parete di roccia che portava al castello.

Il tuo braccio…

Non sapeva di preciso cosa dire; le parole le venivano a fatica.

… Ha fatto male?

‘Che domanda stupida!’ pensò subito Lenalee, ‘non avevo di meglio da chiedere?’

Pensieri spiacevoli affiorarono alla mente di Allen e subito le lacrime iniziarono a solcare il suo volto. Prese la mano della ragazza fra la sua, soffocando una risata amara.

Anche lei iniziò a piangere, di una gioia repressa. Finalmente era lì, con lui!

 

***

 

“Questa città è un labirinto…” sbuffò Allen, mentre mettevano piede per l’ennesima volta nella stessa piazza.

Lenalee, accanto a lui, sorrise debolmente, dandogli delle pacche sulla spalla.

“Sono sicura che lo troveremo”

“Ma è già mezzogiorno passato e non ho ancora mangiato…” Si lasciò cadere a terra, un’espressione abbattuta in volto. “Dici che i ciottoli sono commestibili?”

Lenalee rise genuinamente, facendo sobbalzare alcuni piccioni che stavano beccando a terra, sulla piazza.

“Oh, Allen-kun…!” Si inginocchio accanto a lui, il volto ancora sorridente, “su, dai, prima lo troviamo prima mangerai!”

Allen si alzò, di mala voglia, una mano sullo stomaco.

“Ok…”

Si rincamminarono ancora una volta in quella città, insieme, l’uno accanto all’altra.

Le case apatiche chiudevano le vie acciottolate in una morsa inquietante, rendendo tutto cupo, nonostante fosse giorno inoltrato. Il sole giocava continuamente a nascondino con le nuvole, facendo apparire tutto ancora più inquietante.

Quella sembra una città fuori dal mondo, abbandonata e disgustata pure dai suoi cittadini.

Le case erano tutte uguali, le finestre spalancate e i muri grigi come l’umore degli abitanti del luogo.

“Allen-kun… non trovi che sia strano?”

Il ragazzo alzò la testa di scattò, ancora un po’ depresso.

“Che cosa?”

“Non l’hai notato?” chiese, indicando alcune persone sedute ad un Pub. Stavano là, il boccale di birra in mano a quell’ora, la testa appoggiata al bancone e grosse borse sotto gli occhi.

“Ma quelli sono solo degli ubriaconi…” disse ancora più depresso. ‘Come il maestro…’

Lenalee scosse il capo, la lunga frangia che sfiorava le ciglia.

“Sono tutti così, anche quelli non seduti al bar. Ricordi quei tizi a cui prima abbiamo chiesto se conoscessero l’inventore?”

Un lampo attraversò gli occhi del ragazzo, facendolo tornare serio e composto.

“E’ vero!” batté il pugno sul palmo della mano, “che ci sia di mezzo l’innocence?”

“Non lo so… mio fratello non mi ha mai parlato di innocence quando mi ha descritto questo posto…”

Ad Allen ormai si erano illuminati gli occhi; aveva (quasi) dimenticato di aver fame.

“Lenalee, forza! Mettiamoci ad indagare!”

Il ragazzo partì alla volta del Pub, la divisa dell’Ordine ben sistemata sulle spalle ora, la spilla in risalto.

“Allen-kun! Aspetta!”

 

***

 

Lenalee si asciugò le lacrime col dorso della mano.

Il sorriso, che stonava tanto con gli occhi gonfi di pianto, affiorava ancora sulle sue labbra.

Ed ora, che sapeva di star sprofondando nel mare, non riusciva a reprimere quella felicità tanto travolgente.

Si protese verso Allen e lo abbracciò stretto, temendo di perderlo ancora, e sapeva che non lo avrebbe sopportato un’ulteriore volta.

Aveva bisogno di lui, così come lui ne aveva di lei.

“Lenalee…”

Il ragazzo singhiozzò, affondando il volto nella divisa della ragazza. Sentì subito sentì un forte odore di salsedine.

“Lenalee… tu…”

Fece per alzare la testa, ma lei prontamente lo bloccò, tenendolo vicino.

Ti prego, aspetta. Aspetta ancora un altro po’.

 

***

 

Con il capo abbassato e l’aria stanca, Allen uscì dal locale.

“Nulla?”

“Nulla”

A quella risposta anche il sorriso di Lenalee scomparve. Erano passate ore da quando avevano iniziato quella ‘caccia alle informazioni’, ma non avevano ancora cavato un ragno dal buco.

L’idea di cercare l’inventore l’avevano abbandonata ormai. Ogni tanto, però, provavano a chiedere così di sfuggita se qualcuno lo conoscesse ma la risposta, purtroppo per loro, era sempre negativa.

“Ah…”

Allen appoggiò la schiena al muro di una casa, il volto in su, verso il cielo. “Io ho fameee….”

Lo stomaco seguì le sue parole, brontolando rumorosamente. “Se non mangio credo che morirò…”

Lenalee si sedette a terra, accanto a lui. “L’hotel non si trova… e qui nessun pub o simile vende qualcosa che sia almeno commestibile…”

L’ennesima nuvola si fermò davanti al sole, facendo ripiombare la città nel buio.

Una nebbiolina fredda si insinuò nelle vie e nei cunicoli e, all’improvviso, sembrò esser calato l’inverno.

“Ma che…?”

Allen ci capiva sempre meno in quel che stava accadendo. Tutto era così sospetto, ma gli abitanti di quel posto rimanevano impassibili ad ogni cosa, che se non li riguardasse.

“E’ stano… non trovi, Lenalee?”

Si voltò verso di lei. Era ancora a terra e stava tremando -per il freddo- come una foglia.

Il ragazzo si tolse il pastrano dell’Ordine e glielo face scivolare sulle spalle, il sorriso stampato in volto.

Iniziò a cadere una neve fitta che andò a coprire i tetti delle case come una candida coperta bianca.

“Ma Allen-kun…”

 

Lenalee alzò il capo, incontrando gli occhi grigi dell’altro.

Arrossì e si alzò di scatto, allontanandosi verso la strada più amplia seguita a ruota dal compagno che, ormai, aveva abbandonato da tempo l’idea di capire quei suoi comportamenti.

La neve coprì velocemente tutta la città, rendendola meno buia e cupa.

Tutti i negozi avevano chiuso, gli abitanti avevano sbarrato le finestre delle case e il silenzio era piombato fra le strade, prepotente.

“Lenalee!”

La ragazza si voltò in direzione della voce del compagno.

“Cos’è successo?”

“Riesci a leggere lì?”

Su un cartello appeso ad un muro, c’erano delle scritte, in un'altra lingua, ma non ricordava di averlo visto prima.

 

«… Kuolema ei ole loppu.
Se vain toisen alkua…
»

 

Allen inclinò la testa di lato, pensoso.

“Che lingua è?” domandò infine, non riuscendo proprio a capire ciò che ci fosse scritto.

Lenalee scosse il capo.

“Non saprei. Forse è la lingua del posto…”

Allen si mise in punta di piedi, aggrappato al muro.

“Guarda! Là c’è scritto qualcosa!”

Sul lato destro del cartello, coperta da un po’ di muschio, c’era un’altra scritta, non stampata come la prima, ma fatta a mano.

La calligrafia e minuta e spigolosa, quasi illeggibile.

 

Ja haluat kuolla?

 

“E questo?”

Il ragazzo allungò la mano, aggrappandosi alla parete.

Una luce sembrò attraversare in qualche modo le scritte; per un attimo parvero vive.

“No Allen-kun! Non toccarlo!”

Si sporse in avanti, verso di lui, aggrappandosi al colletto della sua camicia.

CLACK

Uno schiocco.

I due erano scomparsi.

 

***

 

La pressione dell’acqua stava aumentando, lo sentiva e lo vedeva.

Il peso allo stomaco la opprimeva ma non avrebbe ceduto, doveva proteggerli, doveva proteggere il suo mondo.

“Lenalee…”

Allen la chiamò e lei riaprì gli occhi, trovandoselo davanti.

Non riusciva a capire come potesse accadere una cosa simile, era un qualcosa che la sua mente reputava impossibile.

Eppure era lì, in chissà quale modo, ma era lì, davanti al compagno che aveva abbandonato e che aveva creduto morto.

Allen-kun…

Gli fece alzare la testa e lo guardò negli occhi.

La guerra lo aveva cambiato ma quegli occhi grigi erano sempre gli stessi, pieni di amore sia per gli umani che per gli akuma. In quel momento, però, sembravano colmi di tristezza, una tristezza troppo profonda e grande per essere completamente compresa.

Allen-kun ricordi com’era la neve, quella volta che andammo in Finlandia in missione?

Il ragazzo annuì, un po’ perplesso per domanda alquanto fuori luogo.

Mi piacerebbe vederla ancora… Era molto bella.

Allen annuì vistosamente. Non comprese appieno quelle parole ma, dal tono di voce della ragazza, capì che qualcosa non andava, c’era qualcosa di strano.

“Lenalee… cos’è successo?” Voce flebile, quasi impercettibile.

Lasciava trasparire troppa preoccupazione da quegli occhi innocenti e maledetti. “Lenalee…?”

Allen-kun…

 

***

 

Luce. Fu la prima cosa che notò.

Una luce bianca che quasi la accecò.

“Lenalee! Che sollievo! Stai bene?”

Si puntello su un braccio, per alzarsi, tenendo una mano sulla nuca che un po’ le doleva.

“Uh?”

Allen era davanti a lei, volto sorridente e aria un po’ stanca.

“Stai bene?”

Le sorrise ancora, gli occhi chiusi e il capo leggermente inclinato.

In quei momenti poteva anche sembrare un ragazzo come gli altri, uno normale, che non ha basato la sua intera esistenza sulla guerra contro un nemico millenario. Però… quei capelli bianchi e quella cicatrice che correva lungo il lato sinistro del suo viso spezzavano quell’immagine di normalità.

“Si… credo…”

Si mise a sedere e fu in quel momento che notò ciò che le stava attorno: era in una casa o, almeno, qualcosa che le somigliasse. Montagne di scaffali ricoprivano le pareti e centinaia di carte scarabocchiate giacevano a terra. Per un attimo le parve di essere tornata da suo fratello Komui, in Inghilterra.

“Dove siamo?”

Era adagiata su di un divano, anch’esso pieno di scartoffie e, oltre le spalle di Allen, scorse una scrivania invasa da montagne di fogli.

“Credo che abbiamo trovato l’inventore” proferì con calma, osservando un foglietto scarabocchiato ai suoi piedi.

“L’abbiamo trovato? Come?”

Il ragazzo si sporse dalla sedia di legno su cui era seduto e raccolse il foglietto che tanto lo aveva incuriosito.

“Beh, non lo abbiamo trovato… E’ stato lui a trovare noi”

La calligrafia su quel pezzo di carta era la stessa che aveva visto prima sul cartello.

 

Elämä päättyy.

Kuolema on peruuttamatonta.

Se periaate, meidän on hyväksyttävä se.

 

Rilesse le tre righe più volte, sperando di comprenderle grazie a qualche miracolo ma non accadde nulla, non capiva proprio ciò che vi era scritto. Piegò il foglietto e lo infilò in tasca; magari una volta tornato all’Ordine avrebbe trovato qualcuno che capisse quella lingua.

Lenalee si alzò. Aveva ancora indosso la divisa di Allen, ma non se ne curò. Iniziò a girare per la stanza, osservando tutto attentamente, il rumore prodotto dai tacchetti rimbombava in quel piccolo spazio.

“E…” la ragazza si voltò di scatto verso il compagno, “dov’è adesso l’inventore?”

Ad Allen s’illuminaro gli occhi.

“Ha detto che ci sta cucinando qualcosa! Qualcosa di commestibile Lenalee!”

 

***

 

Il silenzio era calato pesate fra loro.

Oltre le spesse mura della stanza si faceva sempre più strada l’indistinguibile suono della pioggia.

Un lampo illuminò la stanza a giorno.

Il volto di Lenalee parve scomparire, ma quando tutto ritornò buio come prima, Allen la notò che era ancora lì. Era tutto così strano, ma smise di porsi domande. ‘Infondo anche l’innocence non è normale…’

Allen-kun…

Il ragazzo si concentrò su di lei, in attesa di qualche parola, di qualche spiegazione.

Allen-kun… Potresti salutarmi mio fratello? E anche tutti gli altri?

 

***

 

Un uomo barbuto spuntò da dietro uno scaffale con un vassoio fra le mani.

“Eccomi!”

Allen s’alzò di colpo dalla sedia, il cuore colmo di felicità.

“Si mangia!” lo disse con sorriso fino alle orecchie.

L’inventore spostò con un braccio tutte le scartoffie dalla ‘scrivania’, lasciandole cadere con noncuranza a terra.

“Oh, signorina, ti sei svegliata?” domandò, notando Lenalee seduta sul divano.

La ragazza scosse la testa, sorriso sulle labbra.

“Bene”

L’uomo prese delle sedie e le portò accanto alla scrivania, invitandoli con un gesto della mano ad avvicinarsi.

Lenalee si alzò lentamente -le girava ancora un po’ la testa- e quasi cadde.

“Sei vuoi ti prendo in groppa” le disse Allen avvicinandosi, la mano destra tesa verso di lei.

La ragazza avvampò, però lo lasciò fare. Le piacevano certe attenzioni, ne era abituata sin da piccola e poi, da parte sua le gradiva ancora di più.

“Eccoci…”

Allen la lasciò scivolare lentamente sulla sedia, sempre sorridendo e si sedette acconto a lei.

Mangiarono di fretta –soprattutto Allen- davanti allo sguardo sbalordito dell’inventore che, per paura o per senso di ospitalità, non toccò nemmeno un pezzo di pane.

“Signor inventore…” iniziò Lenalee, pulendosi la bocca con un tovagliolo.

“Chiamami pure Johannes” disse l’uomo sorridendo.

“O-Ok, scusi… mio fratello non vi aveva detto il suo nome!”

Allen la vide arrossire lievemente. Era così carina quando era in imbarazzo!

“Non preoccuparti signorina… piuttosto, tu non sarai mica la sorella di quel bastardo di Komui, vero?”

Lenalee rimase sconcertata dalla domanda, mentre il ragazzo accanto a lei cadde dalla sedia, le forchetta ancora in bocca.

“Ehm… se mi è concesso saperlo… cosa le ha mai fatto mio fratello per essere definito con quel termine?”

L’inventore la fissò negli occhi, serio. Un’aria strana si infiltrò fra loro.

“Vuoi saperlo?”

Strinse entrambe le mani sui pantaloni, lo sguardo basso.

“Quel bastardo… mi ha semplicemente rovinato la vita!”

Picchiò un pugno sul tavolo, la disperazione negli occhi.

“Ma un giorno me la pagherà… o sì… e la pagherà veramente cara!”

Allen si rialzò a fatica da terra e si risedette sulla sua sedia, silenzioso. Non voleva di certo entrare in una simile discussione. ‘Per evitare che mi interpellino, farò finta di mangiare questo budino.’ Peccato che la sua idea di “far finta” significava mettere in bocca grossi pezzi del dolce al mango e inghiottirli.

“Signor invent… cioè, Johannes, mi fratello ci ha mandato qui” indico lei e il suo compagno, che si stava avventando su di un altro dolce, “perché abbiamo il dovere di ritirare un invenzione a suo nome. Mio fratello mi ha inoltre riferito che lei sa esattamente a cosa mi riferisco…”

L’uomo fissò per un po’ il soffitto, grattandosi il mento.

“Ah! Sì! Forse ho capito… aspettate che vado a prenderla…”

E mentre parlava si allontanò dalla stanza, lasciando da soli Allen e Lenalee che, con un’occhiata alquanto eloquente, capirono l’uno il pensiero dell’altra.

 

***

 

“Quando si capisce che non si avrà mai un futuro, si cerca disperatamente di aggrapparsi al passato”

Lo aveva sentito dire da sua madre, prima che quella catastrofe colpisse la sua famiglia.

“Tieni strette a te le persone che ami, e non dimenticare mai di dimostrar loro il tuo affetto…”

Stava parlando con suo fratello, ma lei, curiosa, aveva origliato da dietro la porta.

Non aveva mai capito appieno quelle parole, però le aveva sempre tenute dentro di sé, reputandole importanti.

Non ricordava il volto di sua madre, e nemmeno il timbro della sua voce. Quelle parole erano l’unica cosa che l’era rimasta, l’unica di una donna che ormai sembrava solo un illusione del passato.

“Perché, Lenalee?”

Il volto del ragazzo davanti a lei la risvegliò da quei ricordi offuscati dalla nebbia, riportandola ad un presente che sapeva non sarebbe durato molto.

Dì a tutti loro che sono sempre stati importanti per me. Anche Kanda.

Abbassò il capo, sentendosi colpevole in qualche modo per quelle parole.

“Lenalee, cosa stai dicendo? Torneremo tutti insieme! Andremo in Giappone, dal mio maestro e…”

Fa ciò che ti ho chiesto ti prego.

 

***

 

L’inventore tornò da loro dopo qualche minuto.

Un grosso livido spiccava sulla sua testa quasi del tutto canuta.

“Penso sia questa l’invenzione che vuol tuo fratello…”

Posò fra le mani di Lenalee una piccola sfera di vetro opaco; era leggera ma sentiva che dentro di essa c’era qualcos’altro.

Allen si avvicinò, allungando una mano per toccare l’oggetto ma venne subito bloccato dall’inventore.

“Fate attenzione. Se quella cade mi farete saltar in aria la casa”

Con molta cautela, la ragazza porse la sfera al compagno di missione.

“E’ meglio se la tieni tu! Io sono sbadata!”

Sorrise, sperando di esser stata abbastanza convincente.

“Eh!?” Allen spalancò gli occhi, temendo veramente per la propria vita. Era risaputo che qualsiasi invenzione fosse in qualche modo connessa al Signor Komui risultava pericolosa, molto pericolosa.

“Suvvia, Allen-kun! Ho piena fiducia in te!”

Sorrise ancora, non molto convinta dalle sue parole. L’ultima volta che gli aveva detto parole simili, lui si era perso per la città del Riavvolgimento.

“Se lo dici tu…”

Si alzò dalla sedia, la piccola sfera fra le mani.

“Andiamo?”

Lenalee annuì e fece lo stesso.

“Grazie mille dell’ospitalità, Signor Johannes”

L’inventore strinse la mano ad entrambi, stando attento ad Allen.

“Salutami tuo fratello, signorina. E fammi il favore di dirgli che non l’ho mai perdonato per quello che mi fece tre anni fa”

La ragazza scosse la testa vigorosamente. Voleva allontanarsi il più presto possibile da quell’uomo.

Si avvicinarono ad una porta sul cui stipite erano incise le parole “Vapauttaa. Jotta maailma yksitoikkoinen.”

Le scritte sembrava vive, esattamente come quelle che avevano visto sul cartello in quella via innevata.

“Un’ultima domanda, signor inventore!” Sbottò Allen, voltandosi a guardare l’uomo dietro di loro.

“La città e tutte le persone che vi abitano sono strane, lei per caso conosce la causo del loro strano comportamento?”

Johannes guardò il soffitto, con aria rassegnata.

“Quelli sono così da quando son nati. Sono noiosi. Se stavate pensando a qualcosa come l’innocence sappiate che è inutile cercarla, i Finder sono rimasti qui per anni ma non hanno trovato nulla. E il tempo qui è così, cambia come se nulla fosse. Quindi non preoccupatevi”

Sotto la folta barba dell’uomo apparve un amplio sorriso. Diede una pacca ad entrambi e li spinse contro la porta.

“Näkemiin!”

Tutto divenne buio e all’improvviso si ritrovarono nella via principale della città, davanti al cartello con quelle scritte strane.

La neve cadeva ancora, imperterrita si posava dovunque, trasformando ogni cosa.

Allen prese Lenalee per una mano, trascinandola lungo la strada, un sorriso genuino in volto.

“Ci conviene trovare l’hotel! Abbiamo lasciato là i bagagli!”

E per l’ennesima volta i loro piedi iniziarono a battere le strade intricate della città, ovviamente senza trovare il loro obiettivo.

La ragazza si accasciò contro un muro, sprofondando nella neve ormai molto alta.

“Abbiamo dimenticato di chiedere una mappa all’inventore…”

Allen la fissò mentre sbuffava. Quel piccolo broncio non le si addiceva, però aveva un’espressione tanto dolce. Gli venne un’idea per farla sorridere che, per quanto fosse stupida, era l’unica cosa che gli veniva in mente.

Prese la sfera che aveva affidato loro Johannes e iniziò a farla passare da una mano all’altra assieme a due palle di neve, a mo’ di giocoliere.

“Hey, Lenalee! Guarda come sono bravo a fare il Pierrot!”

La ragazza lo guardò divertita, prima di accorgersi dell’invenzione per suo fratello.

“Allen-kun! Attento!”

Il compagno si fermò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.

“Eh?”

BAM!

Due giorni dopo Komui arrivò in Finlandia, preoccupato per la sorella.

I due ragazzi erano stati ricoverati in un ospedale vicino alla città-labirinto che a quanto pareva, aveva concesso loro una camera privata.

“Lenaleeeeeeee!”

Il Supervisore entrò piangente nella stanza dei due esorcisti, gettandosi subito sul letto della sorella.

“Cosa ti è successo!?”

Lenalee sorrise, dietro le bende che la coprivano in volto.

“Non è nulla Nii-san, solo qualche graffietto!”

Komui la abbracciò stretta-stretta, le lacrime ancora agli occhi.

“Stai veramente bene?”

La ragazza annuì, cercando di staccare il fratello di dosso.

“Sicura?”

“Si, Nii-san!”

Allen osservò i due litigare ed abbracciarsi dal suo letto. Si sentiva un po’ a disagio. Aveva molto l’impressione di essere il terzo incomodo.

“Bene” disse Komui infine, tornando serio e alzandosi dal letto, “vuoi che ti prenda qualcosa da mangiare o da bere?”

Lenalee sembrò pensarci un po’,  poi chiese solo dell’acqua.

Il Supervisore uscì dalla stanza, lasciandoli soli.

“Lenalee… Scusami…”

La ragazza si voltò verso di lui e quando vide l’espressione sul suo viso che chiedeva perdono, sentì una stretta al cuore. Non era brava a parlare con quel ragazzo. La sua espressione dispiaciuta la metteva con le spalle al muro sempre.

“Allen-kun…”

Allungò il braccio intatto verso di lui, incontrando la sua mano, stringendola.

“Non c’è bisogno che tu ti scusi, in un certo senso è stata colpa mia…”

Si sporse ulteriormente verso il compagno, per poterlo guardare bene negli occhi.

“Tu sei una parte importante nella mia vita, quindi, promettimi che…”

 

***

 

La pioggia all’esterno era diventa più forte e i lampi continuavano ad illuminare il cielo.

Il rumore dell’acqua che si infrangeva al suolo si confondeva con milioni di rumori ma, nonostante questo, rimaneva inconfondibile.

Un fulmine squarciò l’aria, seguito dal rumore di un tuono.

“Lenalee, cosa sta succedendo?”

La ragazza di fronte a lui si sentiva mancare, una debolezza improvvisa si era impadronita di lei.

Allen-kun, scusa! Non volevo finisse così…

Si protese verso di lui, prendendogli il viso fra le mani per osservarlo bene, almeno per un’ultima volta.

“Lenalee… cosa…?”

Lei chiuse gli occhi, respirando l’aria umida della sera.

C’è una cosa che ho sempre voluto dirti, ma non ne ho mai avuto il coraggio.

Si avvicino al viso di Allen, ancora confuso e spaventato da tutta la situazione.

Io ti amo.

Sfiorò le labbra dell’altro con le sue, in attesa di una risposta bramata da tempo che, con sua gioia arrivò dopo qualche secondo.

Avevano smesso entrambi di pensare, si concentravano solo sul quel contatto che, per quanto strano in quel momento, aveva impregnato ogni fibra del loro essere.

Rimasero così per qualche secondo poi Lenalee schiuse le labbra, approfondendo il bacio.

Nemmeno il cielo sapeva quanto aveva atteso quel momento, che sembrò passare troppo svelto.

Allen-kun…

Si scostarono leggermente, fissandosi negli occhi.

Allen-kun, addio.

E scomparve, lasciando dietro di sé solo un forte odore di salsedine.

 

***

 

“Promettimi che non mi dirai mai addio…”

 

 

 

 

N.d.A.:

La lingua straniera che viene usata è il Finlandese, qui di seguito trovate le traduzioni:

(1)

«… Kuolema ei ole loppu.

Se vain toisen alkua… »

«… La morte non è la fine.

E’ solo un altro inizio… »

(2)

Ja haluat kuolla?

E tu vuoi morire?

(3)

Elämä päättyy.

Kuolema on peruuttamatonta.

Se periaate, meidän on hyväksyttävä se.

La vita finisce.

La morte è per sempre.

E’ un principio dell’uomo, bisogna accettarlo.

 (4)

Vapauttaa. Jotta maailma yksitoikkoinen.

Uscita. Per il mondo monotono.

 

Anche il titolo “Näkemiin” è Finlandese e vuol dire “Addio”.

 

Ringraziamenti:

La prima persona che voglio ringraziare è Kodamy, che mi ha fatto tornare la voglia di scrivere questa fanfiction e mi ha incitata durante la stesura della storia. Grazie mille!

Un grazie particolare anche a tutto il mio forum, che ha saputo darmi una pausa quando non avevo nemmeno un’idea per la testa.

Ringrazio in anticipo anche coloro che leggeranno questa fanfic e che commenteranno, perché ricevere delle critiche è sempre bello e gratificante!

   
 
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