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Autore: Luna Manar    03/04/2014    0 recensioni
Squall fa un errore tattico che costa alcune vite, e quest'unico errore potrebbe togliergli una delle cose a cui tiene di più.
Genere: Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà della Square-Enix e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro. Nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

Nota dell'autrice: questa fanfiction è VECCHIA. Non è il meglio che posso fare, ma è una delle poche fanfiction a capitoli "complete" che ho scritto. Godetevela!

JUDGEMENT DAY
scritta da Luna Manar, tradotta da Alessia Heartilly
I. CRIMINE

"È nella nostra natura... non c'è una vera ragione."

"Draghi?"

Fissando fermamente nella distanza da cui i ruggiti stridenti e gutturali avevano presumibilmente avuto origine, Squall attese in silenzio qualche istante prima di annuire una sola volta in risposta alla domanda di Rinoa. "Così pare."

Rinoa si aggrappò brevemente a lui. Non le piacevano i draghi, e sentirne uno era quasi peggio che vederli. "Non era in direzione dei Garden... vero?"

"Non saprei. Era troppo lontano." Squall le strinse una spalla in un breve gesto rassicurante, e poi si avvicinò al bordo dell'altopiano boscoso, nella speranza di poter vedere abbastanza lontano da scorgere le due basi SeeD grosse quanto Behemot che torreggiavano sulle periferie della città di Esthar. Rinoa lo seguì da vicino, anche se si era data un contegno, ora, e non si rannicchiava più contro di lui. La visuale non era d'aiuto; altri altipiani boscosi molto più alti bloccavano la vista dei Garden e delle navi spaziali che li proteggevano. Il sole dolce del mattino e il cinguettio di numerosi uccellini servirono poco a tranquillizzare la coscienza di Squall. "Dovremmo tornare indietro."

Rinoa si accigliò, scettica. "Sei sicuro? Potrebbero essere solo esemplari selvatici."

Squall fece un gesto vagamente scattoso con il braccio. "Questa è già la terza volta che li sentiamo nel giro di due ore, e poi quelli sono RubRumDragon. Non ce ne sono di selvatici, nei paraggi. Non mi piace." Non aggiunse che Galbadia sembrava sferrare un attacco ogni volta che lui si allontanava. Già due volte, Rinoa e Squall avevano cercato di portare a termine quella missione personale; due volte, erano tornati indietro sulla base delle previsioni di Squall, solo per trovare i Garden impegnati in una schermaglia coi Galbadiani.

Non per la prima volta, Rinoa si trovò a riflettere sulla stupidità della guerra stessa. Artemisia era stata sconfitta. Non c'erano più minacce dalla strega; Rinoa di certo non voleva far del male a nessuno! Eppure i galbadiani continuavano nella loro instancabile ricerca di vendetta contro Esthar. Non proclamavano più di voler salvare il mondo attraverso l'assoluta unità (pace attraverso il dominio sul mondo), piuttosto cantavano la loro canzone dell'eroe sull'aver salvato il mondo dall'oppressione di Esthar (pace attraverso una superiore potenza di fuoco). Affermavano che Esthar fosse un pericolo per il mondo, con la sua storia di xenofobia e i suoi modi schivi. Nessuno credeva al loro martellamento pubblico, tranne loro stessi, e anche se Esthar tecnologicamente aveva poco da temere da Galbadia, causava comunque un problema diplomatico ed economico per la nazione che, sotto la tutela del Presidente Laguna, aveva a larga maggioranza votato di cercare relazioni commerciali con il resto del mondo - inclusa Galbadia, se avessero accettato.

Ma no - niente commercio, solo guerra. Rinoa si accigliò, irritata. Così insensato... Perché Galbadia continuava a dar noia?

"Non possiamo e basta continuare a tornare indietro ogni volta che hai una brutta sensazione su cosa sta succedendo là. Questa è già la terza volta."

"Non mi sono ancora sbagliato." Squall socchiuse gli occhi mentre lo diceva, come se potesse vedere attraverso le grandi scogliere semplicemente provandoci abbastanza.

"Squall, Esthar ha il Garden e la SeeD a proteggerla. Possono badare a se stessi." Rinoa sembrò imbronciata per un momento, ma non disse altro. Voleva credere che i Garden fossero al sicuro, e sapeva che anche se non lo fossero stati, di certo erano in grado di proteggersi. Ma sapeva bene che era meglio non continuare a discutere con il senso del pericolo quasi infallibile di Squall. In qualche modo - non era chiaro se potesse essere considerato come un dono o come una maledizione - sembrava sempre che lui sapesse quando qualcosa non andava. "Ci vorrà altrettanto tempo per tornare indietro," borbottò lei con sguardo assente. Non era una discussione, solo un'affermazione dell'ovvio fatta sia per frustrazione che per delusione.

Per la prima volta negli ultimi minuti, Squall distolse gli occhi dall'orizzonte che si schiariva, e li concentrò su ciò che riteneva molto più bello. La sua espressione indurita vacillò un poco davanti a quella sgomenta di lei. "Mi dispiace... so che questa cosa continua a incasinarsi."

"Squall... ho paura che loro sappiano... quando ci sei e quando non ci sei." Lo guardò mentre lui cominciava a camminare lungo il bordo della scogliera, cercando un passaggio verso il basso. "Non appena ti farai vedere, ti saranno addosso ancora una volta."

Lo stivale del SeeD testò la stabilità di un'inclinazione piuttosto ripida, ma passabile. "Già..." La sua voce aveva una sfumatura collerica; chiaramente la verità del suo avvertimento lo frustrava. "Lo so." Con attenzione, mise alla prova il suo equilibrio sulla collina scoscesa. "Sono sicuro che adorerebbero togliermi definitivamente di mezzo." Sistemandosi, si mise una mano sul fianco e guardò Rinoa, dietro di lui.

Lei scosse la testa e corresse piano, con una traccia di paura negli occhi. "O di averti per le mani."

"Galbadia non mi ha ancora preso. Se io ho qualche voce in capitolo, continuerà ad essere così." Sbatté deliberatamente le palpebre, guardandola mentre lei lo guardava. Quando alla fine parlò di nuovo, lo fece con la tetra risoluzione tipica di lui. "È solo che non posso continuare a camminare nella direzione opposta quando so che è successo qualcosa." Lo sai... "È una mia responsabilità..." Aggiunse a voce più bassa, "sai che la mia lealtà è prima di tutto verso di te... ma ne ho anche verso il Garden. Se mi dici di ignorarlo e continuare.... lo farò. Ma non penso che lo faresti." Aggiunse dopo una pausa, "ho ragione?"

"...Sì." Rinoa chinò un poco la testa. Con apprensione, si strinse le mani dietro la schiena, e giocò con l'erba con la punta della scarpa. "Vorrei che potessimo fare qualcosa per fermare tutta questa faccenda... questa stupida guerra di cui tutti dicono che non è una guerra. Se la gente combatte e muore, allora è una guerra. Lo odio e basta."

Tornando ancora una volta sulla parte piatta del promontorio, Squall prese la sua mano destra nella propria sinistra, e le sollevò gentilmente il mento con l'altra per poterla guardare negli occhi. "Non sei l'unica." E davvero, se avesse potuto farlo lì e subito, Squall avrebbe dato praticamente tutto per mettere a tacere le pistole e le grida e le urla che sembravano una realtà ricorrente, anche se intermittente, tra la SeeD e Galbadia. Per quanto lui vivesse per la battaglia, non voleva esistere solo per questo. La guerra non era ciò che il Garden o la SeeD rappresentavano. Comunque, non poteva ignorarli dove e quando c'era bisogno di lui. "Almeno abbiamo superato la notte, stavolta..." Le spinse via una ciocca di capelli neri dagli occhi. "Una guerra non può durare per sempre." Riuscì a fare un sorriso solenne.

"Vorrei solo capire-" iniziò lei piegando la testa verso la mano di lui, "-cosa vogliono davvero, tanto per cominciare... ora come ora non sembra nemmeno che ci sia una ragione... è solo insensato."

"Penseremo a qualcosa..." Era l'unica risposta che Squall poteva darle, dato che gli mancavano delle vere parole di consolazione. Abbassò la voce. "Stare qui a preoccuparci non aiuta." Sembrava quasi che si scusasse. "Dobbiamo andare."

"Cosa succede se c'è una battaglia quando arriviamo là? Tu non hai armi... tranne la magia, ma... sai."

Questo gli portò un breve sorriso sulle labbra rigide, mentre le puntava il dito contro significativamente. "Non sottovalutarmi." Non mi sono allenato al Garden per tutta la vita per niente. "Oltretutto, ci sarai tu con me. Andrà tutto bene." Era vero che erano più al sicuro quando erano insieme. Anche se era chiaro che Squall di certo non era un maestro di magia quanto Rinoa, non era nemmeno un novellino, e, magia o no, ogni tanto aveva dato prova di essere abbastanza letale anche senza il suo caratteristico gunblade. Anche se questo non lo rendeva assolutamente immortale, era riuscito a sembrarlo in più di un'occasione. Era una combinazione di abilità, determinazione e fortuna - un concetto che Squall negava caparbiamente. Lo stesso valeva per Rinoa. E Zell, Quistis, la Madre, si ripeteva ogni tanto. Tutti noi...

Galbadia lo sapeva. Sapevano chi aveva ucciso Artemisia. Era parte della loro vendetta affermare che i leader della SeeD andavano consegnati per la pena di morte. Niente fortuna, ovviamente. In più, non potevano ucciderlo. Non ora...

E quello che non sapevano né il Garden né Galbadia, al momento, non avrebbe fatto loro del male.

Squall e Rinoa erano arrivati in quel posto, una scogliera solitaria chiamata Frontiera dell'Anima, già due volte. Una volta, per trovarla. La seconda volta erano tornati indietro quando la Marina Galbadiana aveva lanciato un attacco contro i confini. Quella volta erano rimasti per una notte intera, e il rituale era stato completato, i legami irreversibili erano stati stabiliti e bloccati. Le loro anime erano unite, ed erano più forti...

Più forti, e pronti a combattere ancora una volta come una squadra.

Solo di recente Rinoa aveva acconsentito a usare i suoi poteri per aiutare a combattere contro Galbadia. Comunque, rifiutava di arrivare ad attaccare qualcosa o qualcuno, a meno che fosse costretta, e si concentrava soprattutto sul difendere i combattenti SeeD - soprattutto Squall. Si teneva sempre a distanza, senza mai davvero avventurarsi sul campo di battaglia, e aveva fatto la sua parte da uno dei svariati punti nascosti del Garden di Balamb. Fino a quel momento non aveva fatto male a nessuno. Fino a quel momento.

Solo di recente aveva mostrato della volontà di usare la magia e i GF a scopi distruttivi. Solo di recente era diventato ovvio il potenziale che lei e Squall insieme avevano di diventare una forza potente.

Tutto quel potere la spaventava e basta. Non era sicura di volerlo, ma non credeva di avere molta scelta. D'altra parte, se non avesse avuto così tanta parte dei poteri di Artemisia, lei e Squall non avrebbero potuto raggiungere il legame intimo che avevano - di cui solo loro erano a conoscenza. Era una forza che ora condividevano entrambi. E, come Cid le aveva fatto notare mesi prima (che ironico, dato che lui non lo sapeva), meglio che fosse una persona riluttante a possedere un potere così meraviglioso, pericoloso e letale piuttosto che una persona menefreghista, che non sarebbe riuscita a usarli con saggezza.

Eppure, nonostante tutte quelle incertezze, Rinoa non poté evitare di concordare. "Vero... non è probabile che ci 'scoprano', vero?" Sorrise un poco.

La risposta di lui fu un breve ma forte abbraccio, e i pensieri condivisi tra loro nel giro di qualche secondo servirono a rassicurarli. Squall si voltò di nuovo verso il bordo scosceso. "È ripido. Posso scendere senza cadere... tu pensi di farcela? Se non vuoi possiamo tornare per la strada da cui siamo venuti." Sottolineò le sue parole con un gesto dimostrativo del braccio in direzione della foresta che avevano attraversato per arrivare sulla sporgenza su cui si trovavano ora. "Da questa parte è più diretto, però." Lasciò cadere il braccio, mettendosi pensosamente la mano sul fianco e guardando ancora una volta verso il pendio.

"Posso farcela se mi aiuti, ne sono sicura."

Sai che lo farò.

Un suono orribile echeggiò nel vento, spingendoli a spostare l'attenzione velocemente all'orizzonte che guardavano solo pochi momenti prima. All'inizio, entrambi pensarono che fosse il suono di una grande esplosione. Si accorsero che era un ruggito bestiale.

Gli occhi di Squall divennero fessure. Non riconobbe il suono, anche se c'era qualcosa di familiare. "Il Guardian Force di qualcuno?" Lui e Rinoa si guardarono, senza alcun bisogno di un legame magico per capire le circostanze. Se la SeeD era abbastanza nei guai da dover aggiungere l'uso dei GF, era una ragione in più per tornare indietro il più velocemente possibile. Udirono un altro ruggito dalla stessa creatura.

Senza dire una parola, non persero altro tempo e fecero un rapido e incespicante viaggio di discesa lungo la collina scoscesa. La terra smossa e le rocce fecero quasi scivolare Rinoa due volte, e la terza volta che scivolò, cadde dolorosamente per un po' prima che Squall la prendesse e la rimettesse in piedi. La cosa si ripeté due volte prima che arrivassero alla base del pendio. A quel punto, Rinoa si era sufficientemente sporcata il retro del vestito e aveva sostenuto una serie di graffi e lividi. Era scivolata negli ultimi due metri verso terra, e si era alzata, pulendosi le manichine azzurre il meglio che poteva.

Squall la seguì da vicino, scivolando con abilità fino a terra, senza ferite e relativamente pulito.

Stringendosi le mani dietro la schiena, Rinoa gli rivolse un broncio scherzoso, guardandolo saltare con facilità alla base della collina. "A volte mi fai sentire male, lo sai?"

Lui non sorrise, ma lei percepì il suo umore migliorare un poco. "Non posso dire di non essere stato punito per questo." Si strofinò il polso sinistro, dove Rinoa aveva preso un brutto graffio. "Ti dovrò insegnare alcune cose per il mio bene." Lui la guardò al di sopra della spalla. "Tipo come restare in equilibrio." Scelse la direzione in cui aveva visto, da sopra, camminare un animale, e iniziò a camminare.

Ci fu un altro boato lontano, stavolta chiaramente un'esplosione. Rinoa lo raggiunse. Aumentarono entrambi il passo fino a correre, quasi, spingendosi nel fogliame ispido, sporcandosi nel farlo con il polline di inizio primavera delle svariate conifere i cui rami andavano spostati per andare avanti. Anche se difficilmente sembrava infastidire Squall, la pioggia di polline irritava la sua compagna meno agile di lui. "Cosa sta succedendo là?" Era impegnata e togliersi quella roba giallo chiaro dai capelli, cercando nel frattempo di tenere il passo, mentre Squall rispondeva.

"Sembra che stiano-" saltò oltre un albero caduto, "-facendo esplodere un sacco di roba."

Rinoa alzò gli occhi al cielo e annaspò oltre l'albero morto. "Avrei potuto dirtelo io." Sapeva cosa intendeva dire lui, però: non ne sapeva più di lei su quello che stava accadendo al confine. Avrebbero dovuto arrivarci per vederlo.

Sfortunatamente, anche con il loro passo svelto, erano ancora a una giornata di cammino da casa.

Gli orribili rumori della battaglia rimbombavano nella notte, e cessarono solo quando Squall e Rinoa si fermarono, esausti, permettendosi di riposare in un inquietante silenzio. Non cantava nessun uccello notturno, nessun insetto friniva o ronzava. Il silenzio non era meno sconvolgente di quanto lo fosse stato il rumore.

Dovevano fermarsi, perché Rinoa era esausta oltre ogni limite. Anche Squall era stanco, e anche se si sentiva rivoltare dentro per il bisogno urgente di continuare a muoversi, non avrebbe chiesto a Rinoa di andare oltre. Decise di ascoltare la parte stanca del suo cervello e disse alla parte che lo pungolava di fottersi.

Trovarono una piccola radura, adornata su un lato dalla base di un albero semi-sradicato. Il buco al di sotto era un posto scomodo in cui stare, ma Squall sembrava abbastanza comodo seduto contro la parente della voragine. Preferendo posti più ospitali, Rinoa riuscì a farsi un cuscino abbastanza buono con la spalla di Squall, e una coperta con il suo braccio. L'immagine poteva essere romantica, ma il sonno sarebbe stato leggero e inquieto. Erano entrambi preoccupati per il silenzio sgradevole che li circondava. Da qualche parte nel mezzo di quel buio incerto, un singolo uccello notturno gorgheggiò una canzone dolorosa che incontrò sorde orecchie addormentate.

*~*~*~*~*

"Ci stiamo avvicinando..."

Il commento di Rinoa non era necessario; la battaglia era ricominciata quella mattina, e stava diventando più forte e chiara ogni pochi metri. Non era stato il rumore a svegliarli, comunque. Il cattivo odore di fumo aveva svegliato con un brivido Squall, e gli aveva fatto scuotere la testa per schiarirsi i sensi. Solo pochi minuti dopo, lui e Rinoa si stavano muovendo di nuovo. Era quasi mezzogiorno ora, sotto nuvole pesanti, e l'odore di pioggia in una brezza premonitrice che cresceva d'intensità ad ogni minuto prometteva una tempesta primaverile entro un'ora.

Dovremmo essere in grado di vederla dopo questa collina. Il viso di Squall era pietra, e Rinoa percepì che si stava preparando a qualsiasi terribile vista potesse accoglierlo una volta che fosse arrivato in cima all'alta collina che aveva già iniziato a salire. Lei iniziò subito dopo di lui.

Rinoa si accigliò. Squall aveva paura. Era la paura, adesso, più che il bisogno di efficienza, a spingerlo velocemente alla cima della collina. Lei aveva a malapena iniziato a salire che lui era già completamente in cima, e lo vide sparire oltre la sommità. Solo un secondo dopo percepì un tuffo al cuore di Squall, e la sua anima si ritrasse per un'angoscia terribile. Piagnucolò un po', ma si costrinse a restare all'erta, e si sbrigò, tremando per raggiungerlo e vedere cosa era successo.

Quando arrivò in cima, all'inizio tutto ciò che vide era Squall in piedi sul bordo di un altro pendio ripido, che guardava qualcosa. Il vento gli soffiò tra i capelli come tra i rimasugli di una bandiera di guerra scura e distrutta, fatta a pezzi alla base in piccoli frammenti e fiocchi dagli artigli della disperazione. Poi guardò oltre di lui, e conobbe la fonte del suo shock.

La zona era sicuramente un campo di battaglia, peggio di quanto avessero visto in una qualsiasi delle scaramucce e piccole battaglie che avevano colpito entrambi i lati di recente. Anche dal loro punto di vantaggio, in alto, si vedeva il sangue a terra, e di certo non tutto apparteneva ai galbadiani. Il cadavere straziato di un RubRumDragon, senza dubbio quello che avevano sentito il giorno prima, giaceva a un lato del campo di battaglia. A giudicare dalla scia di sangue nero, o era stato trascinato fuori dai piedi dai galbadiani, o si era trascinato lì per morire, lontano dal rumore. Molti combattenti giacevano in posizioni simili sia lontano dal campo che su di esso, dove la guerra infuriava ancora. Non sembrava che stesse vincendo nessuna delle due fazioni, ma il prezzo da pagare era orribile comunque. Peggio di tutto era ciò che aveva scioccato Squall nel profondo, e che ora lo mandava a inginocchiarsi lentamente, evitando di cadere sulle ginocchia con una mano contro il terreno. Era un movimento che Rinoa quasi imitò quando percepì le vertigini di Squall, portate dal suo dolore.

Il Garden di Galbadia, il più grande dei Garden, giaceva piegato su un lato, con il bordo sinistro del grande cerchio antigravità della costruzione spinto come una sega piegata e distorta nel terreno fangoso. L'intero lato del Garden era carbonizzato dalla furia di un fuoco alimentato dall'olio. Grossi rottami erano sparsi nell'area circostante - il Garden aveva combattuto prima di cadere, e aveva colpito il terreno in svariati punti, riducendosi efficacemente a pezzi fino a quando non aveva più potuto rimanere in aria. La luce nella fortezza era svanita; sembrava morta. A parte i pochi SeeD e i soldati esthariani che la proteggevano, sembrava completamente abbandonata. Allora dov'erano i suoi abitanti?

L'unica indicazione facciale della tristezza e incredulità di Squall era la bocca leggermente aperta. Torrenti di emozioni e pensieri all'improvviso gli assalirono la mente, e Rinoa quasi si mise le mani sulle orecchie per la loro intensità, come se stessero gridando tutt'intorno a lei. Che cosa ho fatto? Niente. Allora cosa è successo? Il Garden di Galbadia è distrutto, non sono tornato qui abbastanza in fretta. Forse non avremmo dovuto partire fin dall'inizio - ma come avremmo potuto saperlo? Dov'è Cid? Dannazione, probabilmente si chiede dove diavolo sono stato! Se è vivo. No, deve esserlo. Che posso fare? Dov'è Zell? Dov'è Quistis? Non li vedo là fuori. Potrei prendermi la completa responsabilità di questo. Non ero qui quando avrei dovuto esserci. Dannazione, potrebbe costarmi il lavoro - e a che prezzo? Quante persone che conosco sono già morte? Avrei potuto fare qualcosa? Non riesco a pensarci adesso. Adesso, devo fare qualcosa. Devo fermare tutto questo prima che peggiori! Guardò Rinoa mentre si alzava, si rese conto che lei aveva sentito tutto quello che gli era passato per la testa, e annuì a malapena prima di scendere lungo il lato scosceso della collina.

Lei iniziò a seguirlo, ma ci ripensò e si fermò appena prima di sentire i pensieri di Squall nella sua mente-.

Occhi su di me, Rinoa.

Con un cenno d'assenso lei si chinò su un ginocchio, e guardò dal suo posto sulla collina. Un grido metallico e malvagio echeggiò nei cieli, e sottili strisce di tuono strisciarono lunghe le nuvole che si raccoglievano. Il grido risuonò ancora, ma Rinoa non si guardò intorno per vedere da dove veniva. Non era importante. Tenne gli occhi fissi su Squall mentre lui si muoveva in fretta, chino e il più furtivo possibile, diretto verso la mischia. Lei sentì un improvviso scoppio di rabbia, di furia assoluta e pura. Salì dentro di lei, e non era la sua. Questa furia era più forte di quanto lei avesse mai saputo che la furia potesse essere, e per un momento vacillò e perse quasi di vista Squall. Solo metà di quella sensazione era la rabbia di Squall. Questo odio non aveva pregiudizi, non gli importava di cosa distruggeva. Era solo furioso.

Guardò Squall chinarsi dietro un grosso rottame caduto, lo guardò chiudere gli occhi, e si rese conto in ritardo di cosa stava facendo. Rabbrividì.

Il vento si alzò.

C'era un potere che crepitava nell'aria mentre la tempesta si raccoglieva in alto, e le grida - dovevano provenire dalla tempesta stessa - portarono molti a fermare la battaglia, alcuni a costo delle loro vite. Ma la battaglia rallentò, e il cielo cadde in un silenzio mortale; il vento che si era alzato si fermò.

Riconoscendo questi segnali, rendendosi conto di cosa stava per succedere, le forze della SeeD si ritrassero bruscamente, le navi spaziali indietreggiarono, tutti abbandonando i galbadiani sul campo. I soldati, confusi, gridarono e si fecero segni l'un l'altro, senza capire affatto questa improvvisa dimostrazione di paura. Per un pomposo momento di auto-celebrazione, i galbadiani credettero di aver costretto la SeeD alla ritirata.

Poi il vento iniziò ad accartocciarsi e a picchiare sul terreno come la spinta di ali giganti, o il battito di un cuore planetario. Il grido terribile, più alto e più terrificante del tuono, risuonò di nuovo tra i cieli. Galbadiani e SeeD fissarono allo stesso modo le nuvole, i secondi da sotto il rifugio offerto dall'anello rotante del Garden di Balamb. Il Garden virò, prendendo una posizione difensiva sopra le proprie preziose truppe.

Forse anche i galbadiani avrebbero ordinato una ritirata, se non per il fatto che fissavano ipnotizzati i cieli neri che iniziarono a turbinare su di loro. Spesse dita di lampi raccolsero le energie in un punto centrale, e il cielo sembrò bollire, l'energia accumulata esplose in tutte le direzioni mentre si diramava dal centro, spezzata tra le vibrazioni di un altro grido ultraterreno. L'enorme bestia che solo allora aveva trafitto il cuore della tempesta aprì le sue ali corazzate, fermandosi a metà movimento.

Lo spettacolo era così magnifico, la paura che causava così enorme, che la maggior parte dei galbadiani era troppo pietrificata per scappare. Quelli che ebbero abbastanza buon senso per farlo non furono in nessun modo abbastanza rapidi nella ritirata.

Bahamut torreggiò dov'era, con il maelstrom che iniziava a vorticare sulla terra, con il puro potere della sua presenza che accendeva la pioggia primaverile, trasformandola, lentamente eppure troppo velocemente, in un uragano che a lui non importò controllare. Il Re dei Guardiani sorvegliò i suoi obiettivi, prese nota di quei SeeD e di quegli esthariani che non andavano feriti, e cercò: ciò che aveva dato ai galbadiani il vantaggio in quella battaglia. Trovalo, gli era stato detto, e distruggilo.

Aveva percepito la caduta di molti suoi fratelli. Qualunque cosa avesse causato quella devastazione, aveva messo fuori uso Quetzal, un Guardiano minore, in un unico colpo, e molti altri con due o tre colpi. Aveva fatto a pezzi un Garden enorme in pochi minuti. Solo un tipo di arma aveva quel potere, una che, sapeva, non veniva usata da millenni, non veniva usata dai tempi di Centra. Sapeva anche, attraverso lo stesso guerriero che lo aveva invocato, che Galbadia una volta aveva avuto accesso alla tecnologia di Centra. Ne aveva fatto un uso codardo, se l'aveva implementata in quell'assalto a sorpresa. I galbadiani non avevano cervello. Certo, dominio sul mondo. Sparsi nella loro confusione, quegli imbecilli pietosi non sapevano per cosa combattevano.

Quindi, a quel punto, nemmeno avrebbero saputo per cosa sarebbero morti!

Bahamut prese una decisione. Che quei dannati sciocchi scappassero. Si sarebbe occupato di loro a suo piacere. Spinse più forte le ali, si sollevò più in alto. Con le fauci aperte, iniziò ad accumulare la pura energia di distruzione, rubandola dalla tempesta intorno a lui, e ammassandola tra le sue zanne. Velocemente, la sfera di potere si fece sempre più concentrata, e brillò come una stella mortale davanti alla testa del dragone, teso. Il lamento stridulo della forza che veniva tirata via da tutto ciò che lo circondava era assordante. Una volta che l'urlo finì, ci fu a malapena la pausa necessaria a capire ciò che era imminente.

Come un dito di Dio, il fascio di luce corse giù e colpì il terreno, e l'onda distruttrice seguì la sua scia e si allargò nel campo di battaglia. L'onda d'urto dell'esplosione aprì un cratere nella terra, allargandosi in tutte le direzioni, un cerchio di distruzione che andava ampliandosi.

Il dragone si mosse di nuovo prima che il suo cerchio di furia si fosse completamente dissolto. Si lanciò come una scheggia dietro all'esercito in fuga, versioni in miniatura dell'arma che aveva annientato il campo di battaglia, piovendo con accuratezza letale su uomini e armi. La prima macchina ad essere distrutta fu il potente cannone di energia che rendeva inutili i poteri dei Guardian Force. Che mezzuccio per la vittoria. Lui non sarebbe stato sconfitto da quello.

Qualcosa gli sparò dal basso, lo mancò, e la torretta non ebbe il tempo di sistemare la mira prima che Bahamut si girasse e si gettasse sul veicolo, tirandolo su e facendolo atterrare con forza tremenda. Allacciandosi al metallo con gli artigli, che tagliarono l'acciaio con la facilità con cui avrebbero tagliato la carne, strappò con forza la grossa arma dal suo perno, prendendo un uomo con essa, e lasciandoli cadere indifferente al suolo mentre saliva ancora una volta al cielo.

Il dragone esaminò il suo lavoro. I galbadiani erano in uno stato di isteria e paura, le loro armi per la maggior parte distrutte, i loro ranghi decimati. I suoi feroci occhi verdi si accesero e si strinsero. L'indizio del potere di Centra nella zona era scomparso. Il suo lavoro lì era finito.

Mentre l'uragano iniziava a vorticare, Bahamut svanì nella tempesta che infuriava.

La prima persona che Squall trovò e che conosceva bene era Shu, e la spaventò, anche se non era sua intenzione, prendendole la spalla e gridandole al di sopra dell'ululare del vento, "il Garden di Galbadia! C'è ancora qualcuno là dentro?"

Confusa solo per un momento, Shu si ridiede un contegno. "Venti. Sono una squadra di soccorso-"

"Falli uscire da lì!"

"Perché?"

"Fallo e basta!" Squall non se la sentiva di spiegarsi. In caso. In caso non riuscissero a fermare quella tempesta creata da Bahamut; presto sarebbe stata abbastanza potente da fare a pezzi il rottame del Garden. In caso qualsiasi altra cosa andasse storta. Chissenefrega. Era arrabbiato oltre il limite che gli interessava considerare. Ma non aveva paura. Non più.

Senza un'altra parola, lasciò il gruppo ammassato sotto al Garden ancora in piedi, e si diresse al bordo del campo, al bordo della fascia di distruzione di Bahamut. Stava iniziando a diluviare, ma arrivava obliqua, tagliata come migliaia di piccoli coltelli freddi nella sua pelle. Rallentò il passo e camminò attraverso veli e veli di acqua. Iniziò a incontrare corpi sul terreno, ne oltrepassò uno, poi un altro, senza osare cercare di riconoscerne qualcuno. Raggiunse quello che stimava il centro di quel regno di morte, si guardò intorno intorpidito, anche se poteva vedere poco attraverso la pioggia fitta. Il lampo gli mostrò solo morti. Quanti non avevano dovuto morire? Quanti non l'avrebbero fatto se fosse arrivato abbastanza in fretta? Aveva pensato a Galbadia come a una scocciatura, non più come a una minaccia seria. Erano un governo meschino e debole. Come avevano potuto fare tutto quello-? Non aveva importanza. Ciò che importava era ciò che era successo.

Che avesse davvero perso la forza o che si fosse semplicemente permesso di farlo, inciampò e quasi crollò, riuscendo in qualche modo a recuperare l'equilibrio e a chinarsi, posandosi le braccia sulle ginocchia. Per un momento esaminò la pioggia morta, e si chiese chi - se qualcuno lo era - era davvero responsabile di tutto quello? Il nuovo Presidente di Galbadia era un cretino. Era solo un terribile colpo di fortuna?

Piegò la testa, chiuse gli occhi. La pioggia gli cadeva in piccoli rivoli sul viso, dagli occhi, dal mento e dalla labbra della bocca semi-aperta. Ansimando esausto nel torrente d'acqua e dolore, si gettò i capelli fradici lontano dal viso, e poi dimenticò la pioggia, dimenticò il freddo, la morte, il dolore. Lasciò andare la sua volontà, si arrese a colei che, poteva solo sperare, poteva riuscire a usarlo per aggiustare ciò che era andato storto. Se solo avesse potuto aggiustarne una parte, disfare almeno qualcosa di ciò che era stato fatto... forse avrebbe potuto trovare il cuore di capire semplicemente cosa era successo davvero lì, per prima cosa.

Rinoa...

Nel suo sordo stato di completa e totale sottomissione, la magia della strega ebbe la meglio, gli corse dentro, gli si avvolse intorno, una coperta invisibile di potere che si sarebbe mostrata a tempo debito. Sentì la sua forza, il suo potere che gli veniva tirato via, e piegò la testa all'indietro per fissare il nulla attraverso occhi chiusi. La sua mente cadde nella trance di uno strano tipo di serenità, quella che arrivava a una persona che non sapeva nulla se non di esistere. Era consapevole; il suo corpo respirava, il suo cuore batteva, e non c'era altra richiesta per lui.

In quella contemplazione di strana estasi, Squall era incapace di pensare. Non stava a lui mettere in discussione la cosa. Senza parole, senza voce, senza volontà, nel fango, con la pioggia che ruggiva senza essere notata intorno a lui, tra soldati morti che non conosceva, era un punto centrale del potere di Lei, che incanalava magia che non capiva né provava a capire. Eppure, attraverso quella certezza, da qualche parte nella sua mente, l'unica parte rimasta a tenerlo cosciente, l'unica parte di lui che era consapevole di cosa stava succedendo a lui e intorno a lui, la sua volontà rimaneva dormiente, intrappolata per sempre nell'abbraccio amorevole di una strega che lo avrebbe abbracciato per tutta l'eternità.

Dai cieli giunse un altro grido.

Nessuno seppe dire se il calore aveva asciugato la tempesta, o se le fiamme della vita avessero semplicemente bandito la pioggia di morte. La tempesta passò da nero-grigia a blu e arancio dorato e ambra, la luce che si rifletteva dalle nuvole, un'aura rossa che trasformava l'acqua in sangue che donava la vita. Il grido melodioso che echeggiò nel caos richiamò la pace. Calore senza limiti - non calore bruciante - respinse il freddo impietoso. La pioggia cadeva ancora, ma in acquazzone delicato, dritto dalle nuvole che andavano schiarendosi, per consolare il campo di battaglia distrutto. Piume arancio dorato passarono sopra i corpi dei morti, dei feriti. Poi la creatura bellissima scomparve, e nella sua scia la luce tornò dal buio del cielo, e dal terreno si sollevò qualche testa, sbattendo le palpebre per la confusione. Corpi prima devastati si alzarono, si controllarono, meravigliati, alla ricerca di ferite fatali che non esistevano più. Erano in piedi dentro un tatuaggio infuocato sulla terra, una somiglianza con l'elusivo Guardian Force che li aveva salvati.

Venti dei quasi cento morti si alzarono e si allontanarono da quelle che erano stati morti ingiuste.

Se fossero stati meno isterici riguardo al fatto di essere così sfuggiti al destino, se avessero prestato più attenzione ai loro dintorni, avrebbero potuto vedere Rinoa ripiegare le ali e lasciar cadere le mani, avrebbero potuto vederla iniziare a scendere lungo la collina. Avrebbero potuto notare Squall chinarsi, completamente esausto, e se l'avessero visto avrebbero potuto scambiarlo per morto, con il colorito del tutto svanito dal viso, il respiro così debole che si notava a malapena. Se avessero visto Rinoa arrivare dal suo amore, e inginocchiarsi accanto a lui sul terreno ormai asciutto, se l'avessero vista sedersi accanto a lui e sollevarlo abbastanza da accoccolarlo con la sua spalla, non ci avrebbero pensato due volte. Erano troppo occupati a camminare in uno stupore attonito verso il Garden di Balamb, troppi assorti dall'essere vivi per interessarsi del fatto che la persona che ritenevano loro leader fosse mezzo morto. Non sapevano, quindi non importava loro nulla che gli ci sarebbe voluto solo un giorno per recuperare completamente.

Non importava, e quindi non notarono il crimine che era stato commesso. Il tuono si affievolì, lontano.

*****
Nota della traduttrice: me la sono betata da sola, quindi ogni errore è colpa mia. Come sempre, ogni commento sarà tradotto e inoltrato all'autrice, così come ogni sua eventuale risposta. Alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
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