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Autore: DarkRose86    08/07/2008    11 recensioni
Amo molto i bambini, sebbene fin da piccolo io sia sempre stato un tipo solitario.
Mi sarebbe piaciuto avere un fratellino minore, lo dico in tutta sincerità.
Ma dietro ad un volto d'angelo,
può nascondersi l'insidia maggiore nella quale ci si può imbattere.
E allora non è facile scappare.
Potete credermi sulla parola.
{ Alternative Universe }
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Matt, Mello
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Amo molto i bambini, sebbene fin da piccolo io sia sempre stato un tipo solitario.
Mi sarebbe piaciuto avere un fratellino minore, lo dico in tutta sincerità.
Ma dietro ad un volto d'angelo, può nascondersi l'insidia maggiore nella quale ci si può imbattere.
E allora non è facile scappare.
Potete credermi sulla parola.

S I N

Quel giorno avevo deciso di usare l'auto per andare al lavoro; solitamente prendevo il treno, ma non so perchè quella mattina mi alzai con una gran voglia di mettermi al volante e di godermi quella strada che rievocava una miriade di ricordi. Passai di fronte al parco in cui mia madre mi portava sempre a passeggiare quand'ero piccolo, e mi tornarono alla mente quei momenti di rara felicità. L'altalena di ferro nella quale adoravo dondolarmi è ancora al suo posto, un pò arrugginita, abbandonata all'usura del tempo.Quanti anni sono passati da quei giorni in cui il sorriso era stampato sul mio volto ogni secondo che passava? Non lo ricordo neppure, che cosa triste. I volti dei miei genitori li rimembro appena, ma mi dicono tutti che somiglio a mio padre; chissà se è vero. Le foto di famiglia sono andate perdute nell'incendio che ha devastato la nostra casa, designando, crudele, il sottoscritto come unico, piccolo e debole superstite di quella tragedia; non mi è rimasto nulla di loro. Quando distolsi la mente da quei pensieri, ero già giunto all'incrocio caratterizzato ogni giorno da un tremendo traffico d'auto e mezzi pesanti; ecco perchè non amavo molto andarci in macchina. Non era proprio il massimo restare imbottigliati in quella confusione per dieci minuti buoni. Mi fermai in attesa di poter svoltare verso sinistra, cosa non semplice in quanto la fila sulla corsia che dovevo attraversare non accennava a finire.
< Uff... che rottura! > sbottai, premendo il pulsante d'accensione dello stereo; ne avrei avuto per un bel pò prima di arrivare al piccolo albergo di periferia in cui lavoraravo, perciò pensai di ascoltare un pò di buona musica, per ingannare il tempo.

- He's a stranger to some,
and a vision to none,
he can never get enough,
get enough of the one.  
On a mountain he sits,
not of gold but of sin,
through the blood he can learn,
see the life that it turn,
from council of One,
he'll decide when he's done with the innocent. * -

< Oh... mi piace questa canzone. > commentai in un sussurro; non so perchè, ma adoravo quel testo che pareva narrare di qualcuno solo come me.
Di qualcuno che aveva visto il peccato e la morte davanti ai propri occhi, senza poter fare nulla per evitare il dilagarsi della follia e della distruzione. Canticchiai a bassa voce quel motivo melodico ma allo stesso tempo potente alle mie orecchie, picchiettando con le dita sul volante, guardando fuori dal finestrino; quel che vidi... ancora oggi rabbrividisco al solo pensiero. Un'auto ferma sul ciglio della strada, nera, i vetri oscurati; sullo sportello dal lato passeggero una scritta color cremisi, recitava la parola: S I N. Peccato. Pensai che il proprietario non aveva propriamente buon gusto. E mentre mi crogiolavo in quei pensieri futili, prendendolo silenziosamente in giro, un individuo uscì dalla macchina; era alto e magro, i capelli neri come la sua vettura e la pelle chiara. Per qualche oscuro motivo il mio sguardo si rifiutò di distogliersi da quell'immagine, tanto che il tizio, evidentemente infastidito dal comportamento del sottoscritto, si voltò verso di me guardandomi negli occhi. L'occhiata che mi lanciò mi fece raggelare il sangue nelle vene: un ghigno malefico si stampò sulla sua faccia, e la sua mano destra andò a frugare nel taschino interno della giacca che indossava. Ne tirò fuori un coltello con la lama decisamente più lunga del consentito, mostrandomelo con aria stranamente fiera; mi accorsi poi che era sporco, sporco di sangue. In quel preciso momento il mio cellulare squillò, facendomi sussultare; lo presi e osservai il display: numero sconosciuto. Decisi comunque di rispondere, cercando di rimanere calmo.
< Sì... pronto? >
Niente, la voce mi tremava, dannazione.
< Morirai... > mormorò una voce dall'altro lato del telefono, senza dire null'altro.
Tlak.
Riattaccato.
Gli occhi spalancati ancora fissi sul quel tipo che continuava a sventolarmi davanti, a pochi metri, quel coltello; possibile che nessun altro oltre a me si fosse accorto di quel particolare non proprio trascurabile?
Mi guardai intorno smarrito, alla ricerca di un aiuto, ma tutti erano immersi nei loro problemi, nella fretta e nel caos di quella maledetta città.
< Maledizione... ma che sta succedendo? > mi chiesi, quando finalmente, dietro un non proprio gentile consiglio dell'automobilista dietro di me che mi urlò un " Muoviti coglione! ", ripartiì, lasciandomi alle spalle quella scena al limite dell'assurdo.
Driiiiiiiiiiin!
Di nuovo quell'odiosa suoneria. Guardai nuovamente il display, mentre cercavo di stare attento alla strada; ancora numero sconosciuto. Risposi, sbraitando un " Senti, lo scherzo è bello quando dura poco, maledetto idiota! ", al quale mi giunse, come risposta:
< Morirai... se entrerai lì dentro... >
< Cosa? Si può sapere chi sei? > chiesi, confuso e spaventato.
< Guarda la strada, Lawliet... essa ti porterà alla salvezza... o alla morte? > canticchiò, ripetendo più volte la stessa frase.
< E tu... come sai il mio nome? > balbettai, mettendo la freccia e fermandomi su una piazzola di sosta.
Le macchine accanto a me sfrecciavano, e una ragazza a piedi camminava vicina alla mia auto, le mani conserte dietro la schiena, lo sguardo fisso sull'asfalto; era strano vedere qualcuno a piedi per quella strada. Apriì lo sportello, cercando di attirare la sua attenzione.
< Signorina! >
< Lasciala stare, Lawliet... > disse lo sconosciuto al telefono, ma non lo ascoltai.
La raggiunsi, afferrandole un braccio con quanta più delicatezza possibile nonostante l'agitazione.
< Signorina, mi aiuti! > la supplicai, e lei allora alzò gli occhi sul mio viso; erano pieni di lacrime, che per buona parte ricadevano sulle guance rosee del suo bel volto, incorniciato da biondi capelli,
< Oh, ma... che cosa le succede? > le chiesi, preoccupandomi della sua condizione.
Ma lei non proferì parola, si limitò a guardarmi per un pò, per poi accasciarsi fra le mie braccia, senza forze.
< E...ehi! Ma si sente male? Signorina! > la chiamai, sorreggendola tenendole un braccio dietro la schiena, gettando il cellulare per terra; e in quel momento, avvertiì una strana sensazione di calore sul mio braccio nudo - era un caldo pomeriggio d'estate, e mi ero avvolto in un paio di jeans e una maglietta bianca a maniche corte -. Adagiai la ragazza delicatamente a terra, guardandomi l'arto con orrore.
Sangue. Liquido cremisi come quella scritta, colava sulla mia pelle chiara. Ma non era mio. Girai piano la giovane, che gemette leggermente, e notai una profonda ferita sulla sua schiena.
< Santo cielo... chi le ha fatto ciò? > dissi, togliendomi la maglia e cercando di tamponarla con essa, riprendendo da terra il mio cellulare per chiamare di corsa un'ambulanza.
Ma il mio telefono, vista la botta subita in precedenza, non volle saperne di accendersi.
< Dannazione! > imprecai, armeggiando con la maglietta a contatto col debole corpo della ragazza fra le mie braccia.
Poi un rumore alle mie spalle, improvviso.
Screek.
Un freno.
Mi voltai, e davanti a me vidi l'auto che pochi minuti prima era ferma vicino a quell'incrocio.
< Oh, no... >
Lo strano individuo scese, avvicinandomisi, sogghignando senza sosta.
< Chi sei? Che diavolo vuoi...? >
< Fà silenzio, e dammi la ragazza. > disse, in tutta calma.
< Cosa? Stai scherzando! Lei ha bisogno di un dottore... non lo vedi?! > protestai, indietreggiando di qualche passo.
< Non farmi arrabbiare... dato che non è ancora giunto il tuo momento. >
< Il mio... momento? >
Lo guardai spaventato, sperando che qualche automobilista si fermasse alla vista di una scena così evidentemente drammatica.
< Oh, nessuno si fermerà, Lawliet, nessuno. E tu devi correre, correre senza voltarti indietro... > sentenziò, avvicinandosi alla giovane che nel frattempo aveva perso i sensi.
< No...! Lasciala stare! > gridai, quando se la caricò sulle spalle.
Ma le forze stavano abbandonando pure me; le gambe, che tremevano in una maniera assurda, stavano per cedere. E come se non bastasse, il tipo mi assestò un calcio in pieno stomaco.
< A presto... > mi salutò poi, come se nulla fosse, caricando la ragazza sul sedile del passeggero, macchiandolo del suo sangue.
Si rimise al volante e partì veloce, lasciandomi lì a terra, frastornato e dolorante, appoggiato con la testa alla mia auto; chiusi gli occhi, sperando di svegliarmi presto da quel che sperai invano fosse solo un terribile incubo. Nulla da fare. Quando riapriì gli occhi le costole facevano male, e alcune gocce di sudore mi avevano bagnato la fronte. A fatica mi rialzai, facendo mente locale. Non poteva essere uno scherzo, quella ragazza era davvero ferita. E gravemente, anche. Ripensai alle parole di quell'uomo.

" Non è ancora giunto il tuo momento. "
" Nessuno si fermerà, Lawliet, nessuno. E tu devi correre, correre senza voltarti indietro... "

Quel tizio conosceva, non si sa come, il mio nome. Mi aveva consigliato di correre. Beh... indeciso sul da farsi, pensai di farlo sul serio. Risaliì in auto e partiì a tutta velocità, con lo sguardo dritto davanti a me; dovevo trovare un telefono, dato che il mio era fuori uso. Dovevo avvisare la polizia a tutti i costi, e denunciare l'accaduto. Quel bastardo aveva i minuti contati dato che potevo fornire una perfetta descrizione sia di lui che della sua automobile... o almeno speravo. Decisi di fermarmi alla prima casa che vidi, una raffinata villetta con le pareti di una delicata sfumatura di giallo. Parcheggiai di fronte al cancello e corsi a suonare alla porta; ad accogliermi vi fu un'affascinante signora sui 35 anni, con i capelli biondi e gli occhi azzurri come il cielo. Mi guardò, aggrottando un sopracciglio.
< Sì? Posso fare qualcosa per lei? >
Alla sua occhiata realizzai che ero ancora a torso nudo. Arrossiì per la vergogna, poi trovai il coraggio di parlare.
< Signora... ho urgente bisogno di un telefono... devo denunciare una persona... > spiegai.
< Cos'è accaduto? > mi chiese lei, curiosa.
< Non ho tempo per spiegarlo, devo avvisare la polizia immediatamente! Una persona... rischia di morire... la prego! > la supplicai, e lei sospirò leggermente, lasciandomi entrare.
< Grazie signora... grazie... > la ringraziai, quando m'indicò il telefono.
Composi il numero con dita tremanti, sperando in una risposta tempestiva. Mentre telefonavo, mi accorsi che due bambini mi stavano fissando curiosi. Uno di loro aveva il volto che pareva quello di un angelo, occhi azzurri e capelli biondi come la mamma; faticai un pochino per capire che era un maschio, e non una bambina. L'altro invece aveva i capelli rossi - probabilmente il papà li ha così, pensai -, corti e arruffati, e due occhioni verdi. Gli sorrisi, e il secondo ricambiò, mentre il biondino volse lo sguardo da un'altra parte, stringendo qualcosa tra le braccia; qualcosa che somigliava ad una bambola.
TU - TU - TUUUUUUU
Tlak.
La comunicazione era andata a farsi fottere.
< Ehi... >
< Che succede? > chiese la signora, avvicinandomisi.
< Non... non funziona... >
< Oh... vede, in questo quartiere capita spesso che le linee abbiano dei problemi... > spiegò, portandosi una mano alla bocca, dispiaciuta.
< Accidenti... va bene, la ringrazio, vado a cercare un altro telefono, magari nel paese più avanti! > esclamai, uscendo velocemente, dirigendomi verso l'auto.
Ricordai che s'incontravano molti piccoli paesi, prima di arrivare a dove lavoravo... da qualche parte, avrei trovato un telefono funzionante! Girai la chiave e il motore fece uno strano rumore. Nulla. Girai nuovamente la chiave. Nulla.
< Ma che cavolo... >
Di nuovo.
BUM!
Un rumore sordo che proveniva da dentro al cofano ebbe l'effetto di farmi fuggire immediatamente lontano dal mezzo che rapidamente s'incendiò, lasciandomi basito e sull'orlo di una crisi.
< Oh mio Dio! > esclamò la signora, impaurita, < Gerard! Gerard! > gridò quel che supposi fosse il nome del marito.
Subito un signore biondo - non era come me l'ero immaginato - uscì in tutta fretta con una tanica d'acqua, per cercare di domare il fuoco. Ci riusciì dopo un bel pò, e constatai che la mia auto era oramai da buttare.
< Dannazione... dannazione! >
< Mi dispiace moltissimo, non capisco cosa sia accaduto... però la possiamo ospitare per oggi, sperando che riattacchino presto la linea telefonica. > m'invitò la signora, porgendomi la mano.
Ed io non potetti far altro che accettare la loro ospitalità, sebbene quella casa m'inquietasse non poco. Osservai il grande orologio a pendolo vicino all'entrata; segnava le 10:00. Avrei dovuto essere al lavoro già da un'ora.
< Le offro qualcosa, signor... >
< ...Lawliet. Mi chiami pure Lawliet. E mi dia del tu, sono ancora giovane. > mi sforzai di sorridere.
< Va bene... Lawliet. Accomodati, ti porto un thè. >
< Ok, grazie mille. > dissi, sedendomi su una confortevole poltrona in cucina, osservando la signora che si accingeva a prepararmi il thè.
Amavo quella bevanda. Mi faceva sentire... tranquillo.
< Mail! Porta al nostro ospite una camicia di papà! > ordinò la donna al bambino dai capelli rossi, che si fiondò in camera dei genitori, e dopo poco ne uscì con una camicia bianca pulita e profumata.
< Grazie. > dissi, e lui mi sorrise; avrà avuto all'incirca 10 anni.
L'altro bambino invece se ne stava ranicchiato in un angolo coccolando quello che scopriì essere un bambolotto dai capelli di un colore sbiadito, quasi bianco, leggermente ricci.
< Mihael, saluta Lawliet come si deve! > gli disse la mamma, mentre mi porgeva una tazza bella fumante.
< Ciao. > mormorò il piccolo senza alcun entusiasmo.
In ogni caso ricambiai il saluto, poi soffiai sulla tazza, per farla raffreddare un pò.
< Vuole raccontarmi cos'è successo? >
< Ecco... stavo andando al lavoro e... quand'ero fermo ad un incrocio ho guardato fuori dal finestrino ed ho visto una persona uscire da una strana automobile... quell'uomo rideva, e mi ha mostrato un coltello sporco di sangue...> raccontai, mentre l'espressione sul volto della donna si faceva attonita, < ...poi mi sono fermato in una piazzola e ho visto una ragazza... era ferita... ma quell'uomo la portata via caricandola in auto! Ah e poi... mi sono arrivate delle strane telefonate... qualcuno mi ha detto che morirò... >
" Morirai... se entrerai là dentro. "
Dentro dove?
< Mio Dio, è terribile! > esclamò la signora, senza sapere cos'altro dire.
< Già... per questo ci tenevo ad avvisare la polizia... un momento ma vostro marito non ha un'auto? Potremmo andare con la sua! > proposi.
< Oh, mi spiace, ma vedi... sfortunatamente anche la nostra macchina è guasta dal meccanico... per questo Gerard è a casa, ha deciso di prendersi qualche giorno di ferie perchè odia prendere il treno. >
< Ah... >
Dal meccanico anche la loro auto? Che coincidenza assurda. Ma... era davvero una coincidenza?
< Mi dispiace moltissimo! >
< No, stia tranquilla, è solo che... non so più che cosa pensare... >
< E' comprensibile. Vuole riposare un pò? Le preparo la camera degli ospiti. >
< Sì... d'accordo, grazie mille. >
La donna, di nome Angela, mi accompagnò in una stanza piuttosto grande che presentava un letto matrimoniale al centro, un armadio sulla sinistra e sulla destra una scrivania accanto alla finestra.
< Ecco, può riposare qui. > disse, indicandomi il letto.
< Ok. >
Mi stesi guardando la porta chiudersi, rimanendo al buio, dato che la finestra era completamente chiusa. Serrai gli occhi per cercare di dormire un pò, ma continuavo a vedermi davanti quell'uomo, la ragazza, il sangue, la scritta sullo sportello. Quando riusciì ad assopirmi, fui svegliato da un rumore in corridoio, e poi da una flebile musichetta. Mi alzai di scatto a sedere sul letto, guardando l'orologio sul comodino. Le 11:30. Non sembrava, ma avevo dormito circa un'ora e mezza. Scesi dal letto e mi avviai verso la porta, aprendola lentamente. Il corridoio era buio, la signora doveva aver chiuso le finestre dato che, constatai, fuori era scoppiato un acquazzone estivo. Solo un pochino di luce filtrava dalla persiana della finestra in fondo al corridoio. Dei passi attirarono la mia attenzione; nel preciso momento in cui un fulmine illuminò la casa attraverso quello spiffero, davanti a me vidi il piccolo Mihael, con in mano qualcosa, e mi osservava ridendo. Mi accorsi che ciò che teneva in mano non era altro che un semplicissimo carillon, ecco cos'era la melodia che avevo udito.
< Che bel carillon, Mihael. > osservai, guardando la ballerina volteggiare a ritmo di musica.
Ma lui non rispose, limitandosi a fissarmi.
< Hai perso la lingua? > scherzai.
< Io no. Ma a lui l'hanno tagliata. > canticchiò.
< Eh? >
< Ho detto che a lui l'hanno tagliata... la lingua. > ghignò.
< Di che cosa... di chi parli? >
< Di lui.> disse di nuovo, indicando una foto attaccata al muro, che raffigurava suo padre.
< Come...? >
< Sei sordo? Ho detto che gliel'hanno tagliata! > ringhiò, allontanandosi poi, lasciandomi letteralmente basìto.
Quel bambino mi terrorizzava. Certamente - o almeno questo era ciò che credevo - scherzava, però... mi metteva comunque paura. Camminai verso la cucina, quando sentiì che il mio piede aveva toccato qualcosa; per terra c'era il bambolotto di Mihael, abbandonato lì. Lo raccolsi, osservandolo meglio: gli occhioni neri sembravano penetrarti nell'anima. I capelli erano soffici, seppur di plastica. Me lo rigirai fra le mani, notando qualcosa di strano. Sotto una delle scarpine vi era un marchio. Un marchio che avevo già visto, poche ore prima.

C'era scritto: S I N.


- Fine Capitolo Uno -


* Lui è uno straniero per alcuni,
e una visione per nessuno.
Non ne ha mai abbastanza,
mai abbastanza di nessuno.
Se ne sta seduto su una montagna,
non una montagna d'oro ma di peccato,
può imparare attraverso il sangue,
vedere la vita che gira,
dal consiglio di uno,
deciderà quando avrà finito con gli innocenti.

From Yesterday ~ 30 seconds to Mars


Angolino:
da dove è uscita fuori questa fic? Beh, da un mio sogno. E da un episodio che mi è capitato l'altra sera.
La mia prima Alternative Universe con L come protagonista, che emozione! *_*
Il rating per ora è arancione, ma potrebbe anche diventare rosso, dipende da come svilupperò la trama.
La cosa più assurda però... è che non c'è yaoi! XD
Spero che vi incuriosisca almeno un pò...
Fatemi sapere! ^_^
La fic sarà di due o tre capitoli, non di più, ho fin troppe storie in corso e se la faccio durare troppo non riuscirò mai a finire anche le altre. XD
Accidenti alle mie troppe idee! <<
E così, anche DarkRose si cimenta nel thriller... Elly, Lolly, questa è per voi!
  
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