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Autore: Capriccio biondo    04/04/2014    9 recensioni
Il verde è il protagonista di questa one shot, ma stavolta il riferimento non è al colore del costume del vigilante, bensì alla rabbia di Felicity. Il peso di una certa situazione comincia a diventarle gravoso. Si chiude in se stessa, si isola e cerca una via di fuga verso una normalità che inizia a mancarle. Quando però Oliver le si parerà davanti con argomenti non ben chiari e definiti, la sua ira lo investirà in modo inaspettato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ciao meraviglie! Per sopportare con maggior coraggio quest'altra pausa della nostra serie preferita vi regalo una piccola chicca. L'ho scritta io, ma il merito è sempre della mia love, Emy, che con i suoi sogni infestati di Olicity mi fa partire l'ispirazione. Tutto in verde per questa one shot, ma stavolta il riferimento non è al costumino sexy del nostro vigilante, bensì al sentimento che la sua IT girl prova. Felicity comincia ad essere un po' stanca di una certa situazione e dello stallo che sembra vivere con Oliver e una sera la proverbiale goccia fa traboccare il vaso della sua pazienza. La sua rabbia prenderà Oliver in contropiede. Vi auguro una buona lettura! A presto, anche se non so di preciso quando sarà. Ho la seconda parte della mia trilogia che aspetta! Bacioni!

Non ne potevo più. I miei nervi mi urlavano pietà. Ero sempre in uno stato di perenne tensione. Gli eventi avevano preso una piega inaspettata e rimanere a casa spesso mi sembrava una decisione sensata. Volevo vederlo meno possibile, volevo allontanarlo come lui già stava facendo. La mia parte razionale mi diceva che lo stava facendo per proteggermi, per non mettermi davanti al mirino di Slade, quella più impulsiva mi suggeriva che quella era sempre stata una fase della tattica che Oliver Queen usava per scaricare le ragazze. Non era del tutto esatto come verbo: scaricare implicava l’essere stati insieme per un po’, quindi per me sarebbe stato più adatto il verbo resettare. Eliminiamo Felicity dall’inventario femminile e vediamola come un utilissimo e grazioso hardware!

Avvolsi il piumone attorno alle spalle e schiacciai con foga i tasti del telecomando. Un vecchio film d’amore iniziò a scorrere davanti ai miei occhi, uno di quelli col lieto fine obbligatorio in cui lui rimane affascinato da lei non appena la vede, dove bastano poche parole, poche battute per capire d’aver trovato la compagna di una vita. Già, bella schifezza. Dovrebbero mettere come avvertenza che nella vita reale non succede così, non a Starling City almeno. Non di certo a me, matematico. Lo ignorai deliberatamente e provai a sfogliare il primo della pila di libri che avevo lasciato prender polvere da mesi per mancanza di tempo. Una vita sociale intensa la mia, vissuta nel seminterrato di un pub gettonatissimo davanti al pc, a far da spettatrice a quella altrui. Iniziai a leggere e dopo qualche pagina ecco la solita scena ripetersi: lei che cadeva ai piedi di lui che, manco a dirlo ne rimaneva folgorato e decideva di averla ad ogni costo. Benissimo, un copione originale!

Ricercai ancora una volta il calore del piumone, coprendomi pure la testa. Volevo cercare una nuova dimensione, involvendo verso me stessa. Dovevo concentrarmi più su di me in un atto di sano egoismo. Ero stata troppo proiettata verso gli altri e verso di lui, per il quale non ero altro che una compagna di “giochi” e non nel senso malizioso del termine. Avevo bisogno di un diversivo, di qualcosa che mi potesse distrarre. Magari avrei potuto accettare l’invito di Matt, il ragazzo che si occupava delle consegne per il Verdant. Un viso pulito, due occhi limpidi e azzurrissimi, un sorriso solare. Era simpatico con me, mi faceva ridere e, requisito fondamentale, mi vedeva, era cosciente che io fossi un essere di sesso femminile per giunta della sua stessa specie. Chissà, in fin dei conti la primavera era alle porte come la stagione degli amori. Che avevo da perdere?

Dal mio caldo covo personale, recuperai il cellulare e mandai un semplice sms:

È ancora valido l’invito per sabato sera?

Il telefono squillò dopo pochi secondi e la voce calda di Matt mi arrivò come una carezza.

«Ciao bellissima! Hai cambiato idea?»

«No, mi sono liberata da quell’impegno che avevo.»

«Sicura che quest’impegno non abbia nome e cognome?»

Pensai che a dire il vero l’impegno aveva anche un’altra identità e un milione di epiteti diversi con cui la gente lo chiamava. Aveva anche una ragazza bionda e atletica, vicina e disponibile.

«Sicurissima. Ci vediamo al Verdant.»

«Va bene. Poi ti porto in un posto più tranquillo. Non mi va di dividerti con nessun altro.»

Sorrisi. Non ero elettrizzata e non mi stava venendo l’istinto di mettermi a saltellare per la stanza, ma ero grata a Matt. Mi dava a suo modo sicurezza, corteggiandomi e facendomi sentire importante. Non mi dava solo ordini, non entrava a muso duro nelle stanza ringhiando, non mi lasciava senza una parola. Chiusi la chiamata con un saluto e gli occhi sul mondo. Una scia di luce verde sfumata sembrò avvolgermi. Un verde acceso, simile allo smeraldo più puro o al sottobosco di una foresta pluviale, carico di sensualità, avvolgente e ammagliante. Un tepore rilassante si impadronì di me fino a rilassarmi completamente.

Mi sembrò fosse passato solo qualche minuto quando li riaprii. Mi stavo fissando nello specchio del grande bagno nel covo sotto il Verdant. I riflessi di verde c’erano ancora, ma provenivano dalla stoffa del mio abito da sera. Un vestito favoloso, serico al tatto e lucido, tanto da far rimbalzare la luce dei faretti sopra lo specchio. Scollato al punto giusto, mi fasciava il corpo con una serie di plissettature abilmente sovrapposte, fino ad aprirsi e cadere morbido in uno strascico leggero. Uno spacco importante esaltava le mie gambe rendendomi estremamente sexy.  Avevo raccolto i capelli, lasciando soltanto alcuni ciuffi scompigliati ad arte, e messo le lenti a contatto. L’insieme era davvero sofisticato. La soddisfazione, tuttavia, durò ben poco. La rabbia e la frustrazione arrivarono inesorabili. Perché Oliver non notava tutto questo? Avrei potuto mettermi davanti al pc mezza nuda che non se ne sarebbe nemmeno accorto, a meno che non avessi sbagliato qualche coordinata o avessi fatto qualcos’altro di poco efficiente. Con me valeva sempre la regola delle tre E: efficienza ed efficacia in un’economia di sentimenti ed emozioni.

Che si fottesse Oliver Queen! Mi sarei goduta la serata con Matt, mi sarei lasciata corteggiare concedendomi il lusso di sentirmi al centro delle attenzioni di qualcuno e l’avrei messo in angolo della mente. Non avrei pensato né a lui né alla sua perfetta ragazza, non gli avrei permesso di mettere a soqquadro la mia vita dato che non avevo neppure il permesso di entrare in punta di piedi nella sua. Volevo canalizzare tutta la rabbia che provavo da mesi in un atto di distacco, quasi di redenzione da chi mi offriva solo qualcosa di sterile e preconfezionato.

Uscii faticando a controllarmi per non sbattere la porta, tanto ero carica di rabbia. Un’ombra alta e furente incombeva su di me. Cacciai un urlo portandomi le mani al petto a controllare il battito assordante del mio cuore.

«Oliver! Mi hai spaventata! Perché sei qui?»

Nell’aria aleggiò un silenzio innaturale per qualche attimo, finché Oliver con un gesto di stizza non diede un calcio al cestino, rovesciandone il contenuto. Mi si avvicinò sibilando.

«Dimmi che non hai davvero intenzione di uscire con quel cretino di Matt Joker!»

«Come lo sai che devo uscire proprio con lui? Mi spii, Oliver?»

Scosse la testa espirando e puntò nuovamente i gli occhi nei miei.

«Ti sta aspettando di sopra e si sta vantando come un pavone. Come fai a non capire che è solo un donnaiolo interessato a segnare un’altra tacca? Rischieresti di incontrare altre donne appena uscite dal suo letto in qualsiasi posto abbiate intenzione di andare!»

«Come succede con le tue ex, Oliver? Con un po’ di fortuna quelle di Matt non saranno delle psicopatiche assassine!»

«Non fare così Fel. Tu sai che…»

«No, Ollie. Io non so nulla e non mi interessa nemmeno la tua opinione. Voglio solo uscire e divertirmi. Stare con un uomo che cerca le mie attenzioni e che non mi ignora. Un uomo che almeno mi vede!»

Oliver alzò la testa di scatto e il suo sguardo si riaccese fiero.

«Cos’hai detto? Potresti ripetere?»

«Non mi va né di discutere né di giustificarmi con te. Voglio solo andare di sopra e dare inizio alla mia serata.»

Lo oltrepassai puntando dritta alla scala, ma la sua mano si agganciò al mio gomito. Il tono della sua voce era salito e si era caricato di frustrazione. Oliver Queen non amava perdere il controllo della situazione, qualunque essa fosse. Non ammetteva varianti né tanto meno incognite. Ma questa volta si sarebbe arreso all’evidenza. Non avrei ascoltato le sue parole fraterne, né i suoi consigli interessati solo a salvaguardare la sua impiegata del mese, la partner virtuale, perché quella reale era ben altra cosa.

«Ti prego, voglio saperlo. Che cosa intendevi dire? Non l’ho capito, ma ti ripeto che quell’uomo non fa per te.»

Mi sembrò di sentire crescere una bolla incandescente dallo stomaco. La mia ira stava risalendo lungo le mie arterie, facendomi diventare rossa in viso. Sapevo che in seguito mi sarei pentita di ogni parola, ma non riuscivo più a trattenermi. Dovevo dirgli quello che pensavo da tempo, dovevo fargli capire quanto male mi stava facendo col suo atteggiamento e mettere soprattutto in chiaro che chi non si prendeva responsabilità e oneri, non poteva nemmeno vantare diritti.

«Ma davvero? Quale sarebbe l’uomo giusto per me, Oliver? Soprattutto, chi sei tu per giudicare e dirmi che cosa dovrei fare e con chi dovrei uscire?»

Liberai il mio braccio con uno strattone e mi avvicinai minacciosa. Lo incalzai così tanto, pur guardandolo per ovvii motivi dal basso verso l’altro, che arretrò fino a sbattere contro uno dei tavoli. Arrivai a sfiorargli il petto prima che tentasse di parlare.

«Io tengo a te e non voglio vederti soffrire…»

Mi partì una risatina isterica. Come poteva non voler vedere la mia sofferenza ed esserne contemporaneamente la causa?

«Ancora questo verbo… vedere. Se almeno mi vedessi sul serio!»

Riconquistò terreno piegandosi su di me e spingendo aria dalle narici come un toro pronto a caricare.

«Cosa cavolo stai dicendo? Spiegati una buona volta! Se mi devi accusare di qualcosa, fallo apertamente!»

Gli puntai un dito al petto con fare accusatorio e furente.

«Vuoi davvero saperlo? Bene apri le orecchi e ascolta perché non lo ripeterò. Anzi, so già che mi pentirò moltissimo di quello che sto per dire, ma davvero non so andare avanti in questo modo. Vorrei che mi vedessi davvero, che aprissi gli occhi, che mi guardassi come una donna, non solo come la tua partner, la tua segretaria, la tua esperta di informatica! Non sono solo quello, Oliver! Non puoi continuare ad ignorarmi, a farmi sentire quasi trasparente, a fingere che sia più asessuata di un angelo! Ho anch’io un paio di tette, sai? E soprattutto ho dei sentimenti e il diritto a sentirmi apprezzata, desiderata, amata. Fare da semplice spettatrice alla tua vita mi sta uccidendo. Tutte le donne che ho visto passare dal tuo letto in questi mesi mi hanno fatto star male! Non ti hanno mai conosciuto davvero, non ti hanno mai guardato come ti vedo io!»

Inspirai aria in fretta per paura di essere interrotta.

«Felicity…»

«No, lasciami finire o non riuscirò a farlo mai più. Voglio dirti ciò che vedo in te: vedo un uomo tormentato, che lotta coi suoi demoni ogni giorno per conquistarsi quella fiducia e quell’amore che pensa di non meritare più. Un uomo che non ha bisogno di essere giudicato, ma capito e amato. Hai diritto ad un porto sicuro dove rifugiarti, a delle braccia calde che ti accolgano su cui potrai far sempre affidamento. Hai bisogno di vivere, Oliver, non solo di sopravvivere come hai fatto sull’isola! Hai bisogno di una donna con cui fare l’amore. Hai mai fatto l’amore, Oliver? Hai mai amato davvero qualcuno o sei mai stato amato in questo modo? Tu meriti di essere guardato e di imparare a vedere davvero!»

Il silenzio che ne seguì divenne assordante, mentre le lacrime mi pungevano gli occhi. L’ondata adrenalinica era scemata, lasciandomi esausta. Speravo almeno di non uscire del tutto sconfitta da un confronto così aperto e ne cercai conferma, carica di frustrazione.

«Guardami Oliver. Che cosa vedi?»

Prese un respiro profondo e fece per parlare, ma rimase senza parole, a bocca aperta di fronte ad un’amara constatazione, quella di non avere proprio nulla da dire evidentemente. Il peso della situazione gravò improvviso sulle spalle e la voglia di scappare via si fece pressante.

«Come temevo. Non fa nulla, anzi perdonami e continua pure a fare… qualsiasi cosa tu stessi facendo.»

Mi avviai sconfitta verso le scale, ma invece di salire sul primo gradino mi trovai con la schiena agganciata al suo petto granitico, le braccia strette alla mia vita in un gesto di chiaro possesso. Le sue labbra mi sfiorarono l’orecchio e il suo fiato caldo me lo solleticò. Il suo profumo virile mi invase le narici.

«Io ho paura. Ho paura di vederti, di aprire gli occhi davvero, perché se lo facessi sarei un uomo perduto, Felicity. Ho paura di tutto ciò che mi fai provare, di tutto quello che potrei scoprire standoti accanto. Ho dei sentimenti anch’io, ma, da vigliacco quale sono, li ho ignorati e negati, fino a rinchiuderli in fondo all’oscurità della mia anima. Non ti merito ancora e forse non ti meriterò mai. Ma non devi mai pensare che io non ti desideri!»

Le sue mani si posarono ferme sulle mie spalle e mi girò delicatamente verso di lui. Si mordeva le labbra per non farle tremare. Non lo avevo mai visto così esposto, così nudo. Mi circondò il viso, accarezzandomi gli zigomi con i pollici, in un gesto lento e delicato.

«Sei così bella, così dolce e fiera, Felicity. Solo… perché hai scelto proprio me? Perché credi che io meriti di essere salvato?»

I suoi occhi velati di lacrime mi straziarono, facendo crollare ogni barriera eretta dalla rabbia. Volevo solo stringerlo a me, farmi carico delle sue pene, alleviargli il peso delle colpe che pensava di dover espiare e di quelle che su di lui cadevano comunque. Posai le labbra sulle sue delicatamente, lasciandogli un filo di rossetto, che tolsi coi pollici sorridendogli.

«Perché io voglio viverti Oliver e insegnarti a farlo.»

La sua bocca tornò sulla mia con dolcezza disarmante. Mi sfiorò le labbra toccandomi la punta del naso con il suo e depositando piccoli buffetti sulle mie labbra. Sembrava che si stesse trattenendo, che avesse paura a farmi del male. Così lo incalzai, offrendogli la bocca socchiusa. Colse al volo l’invito e mi baciò profondamente, premendomi contro il suo corpo come avessi potuto entravi. Volevo recuperare il tempo perduto e lasciai che le mie mani vagassero sul suo corpo teso, sui suoi muscoli tonici anche oltre la stoffa tesa del completo che indossava. Ero persa nei miei pensieri, galleggiavo su soffici nuvole rosa quando all’improvviso si staccò da me, fissandomi con apprensione.

«Va tutto bene, Fel?»

Mi guardai velocemente attorno e tornai su di me, fissandomi dalle mani alle scarpe. Pensavo davvero che ci fosse qualcosa di strano su di me, ma poi vidi Oliver fissarmi con dolcezza, la stessa che si usa con un cucciolo ai primi giochi.

«A dire il vero fino a poco fa andava tutto benissimo. Non mi spezzo per così poco, Ollie. Non mi fai male. Ma forse sono io il problema? Non sono esperta, lo so, non sono come le altre, io…»

La bocca di Oliver mi succhiò rabbiosa e la sua lingua tornò ad invadermi con prepotenza. Feroci stoccate e leccate voraci mi infiammavano. Ardevo per lui, per sentirlo più a fondo, per averlo tutto e tutt’intorno a me. Non volevo più aver percezione dei confini tra noi, volevo sentirlo mio in ogni senso, anima e corpo, cuore e mente. Mi prese il viso tra le mani e mi strattonò leggermente i capelli per farmelo alzare verso di lui. Mi parlò sulle labbra, baciandomi nello scandire ogni sillaba.

«Tu non sei come le altre, tu sei unica.»

Unita a lui, saldata in un’unione fisica possente e lenita dalla dolcezza delle sue parole, mi lasciai trasportare in un mondo tutto nuovo, dove ogni cosa sfumò, perdendo importanza e lasciandomi un nuovo ruolo. Un ruolo senza nomi precisi per il momento, ma con un luogo ben preciso: al fianco di Oliver.

 

   
 
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