Nick
dell’autore:
Kyra Nott (Forum)/ Fiamma Erin Gaunt
(EFP)
Pacchetto:
Il Gioco di Ender
Fandom:
Divergent
Titolo:
Never back down
Rating:
Verde
Personaggi:
Reaper (OC); Eric; Fiamma (OC)
Genere:
Generale/Introspettivo
Avvertimenti:
Missing Moment (Iniziazione di Eric e Quattro)
Intro:
Si suole dire che l’uomo coraggioso non ha paura.
È falso. Essere coraggioso
significa dominare la paura, e dove non c’è paura
non c’è coraggio.
Nda:
Allora, ho voluto riproporre questa parte dell’iniziazione di
Eric perché ho
sempre immaginato che, essendo secondo in classifica nel suo anno,
dovesse pur
avere qualcosa in meno di Quattro. Bene, io credo che la sua
inferiorità fosse
dovuta solo a un lasso di tempo maggiore nel superare lo scenario della
paura;
non so perché, ma ho sempre immaginato che dal punto di
vista dello scontro
fisico Eric fosse più forte (forse perché lo vedo
così spietato e aggressivo). Gli
OC che compaiono sono entrambi presenti nella mia long “Be
Dauntless is a tough
job, but someone has to do it”; Reaper è
l’istruttore che si occupa dei
trasfazione e Fiamma è una Candida trasfazione che svolge
l’iniziazione in
contemporanea con Quattro ed Eric e per la quale quest ultimo ha una
cotta.
Spero di essere riuscita a rendere Eric in modo IC, poiché
è un personaggio che
adoro (sempre avuto la passione per i cattivoni u.u) e di essere
riuscita a
sfruttare per bene il contenuto del pacchetto. Buona lettura :)
Never back down
Though I've never been through hell like that
My head is on fire
But my legs are fine
Cause after all they are mine
Eric
spalancò gli occhi, alzandosi di scatto dalla
poltroncina su cui era stato fatto sdraiare per la simulazione nel suo
scenario
della paura. Si passò una mano sulla fronte, scompigliando
le ciocche corvine
che erano madide di sudore freddo. Chiuse gli occhi, sforzandosi di
regolarizzare il respiro e i battiti del suo cuore che sembrava
impazzito. Era
tutto finto, solo una dannatissima illusione. Strinse rabbiosamente i
pugni,
battendoli contro il bracciolo.
-
Quanto è durata? – domandò,
rivolgendosi a Reaper
che lo osservava con una strana espressione dipinta sul volto. Era
vicina alla
compassione e la detestava; lui non voleva la commiserazione di nessuno.
-
Quanto credi sia durata? –
Aggrottò
la fronte, provando ad abbozzare un rapido
calcolo mentale. Sentiva la testa che gli pulsava per la fatica e lo
stress del
cercare di uscire dallo scenario.
-
Un quarto d’ora? – tentò.
-
Venti minuti. – lo corresse.
Sgranò
gli occhi grigi, incredulo. Era persino
riuscito a peggiorare il suo tempo standard. Che accidenti aveva che
non
andava, perché non riusciva nemmeno ad avvicinarsi ai tempi
che faceva Quattro?
-
Fammi riprovare. –
Reaper
scosse la testa, cominciando a risistemare l’attrezzatura
e scollando i ricettori dalle sue tempie.
-
Scordatelo, lo sai che non puoi ripetere la
simulazione dopo così poco. E poi, guardati, peggioreresti
solo la situazione. –
Ingoiò
la rispostaccia che gli era salita alla
bocca. Quello che stava dicendo era sensato; se al pieno delle forze
non
riusciva a sconfiggere le sue paure come poteva farcela dopo una
sessione
estenuante come quella?
-
D’accordo, però riprendiamo domani. –
replicò, con
un tono che suonava più come un ordine che una richiesta.
L’Intrepido
assunse un’aria corrucciata, indice che
non aveva affatto gradito il suo atteggiamento, ma si limitò
ad annuire in
silenzio.
Lasciò
la stanza, trovandosi di fronte Fiamma.
-
Stai bene? – domandò la ragazza, fissandolo
preoccupata.
Magnifico,
ci mancava solo che proprio lei lo
vedesse in quelle condizioni.
Come se non fosse già abbastanza umiliante il fatto di aver
fatto la figura del
debole davanti al suo istruttore e rivale
amoroso.
-
Certo che sto bene, non si vede? – replicò, con
secca ironia.
Si
pentì immediatamente della sua rispostaccia, che
gli valse un’occhiataccia fulminante da quegli occhi color
ghiaccio.
-
Sempre il solito simpaticone, mi domando come mai
nessuno ti abbia ancora soffocato nel sonno. –
mormorò, oltrepassandolo ed
entrando nella stanza.
Reaper
puntò gli occhi verde smeraldo su di lei e le
rivolse un sorriso smagliante. La raggiunse, cingendole i fianchi e
attirandola
a sé per scoccarle un casto bacio a fior di labbra. Con
un’espressione
schifata, Eric riprese a camminare in direzione della camerata. Quello
era
sicuramente uno spettacolo che si sarebbe risparmiato più
che volentieri.
*
-
Si può sapere che gli prende? – domandò
Fiamma,
separandosi leggermente e accennando con la testa al corridoio lungo
cui era
sparito il compagno d’iniziazione.
-
La solita storia, il suo tempo nello scenario
della paura continua a fare schifo. –
Corrugò
la fronte, fissandolo con aria carica d’aspettativa.
-
E tu perché non fai nulla per aiutarlo? –
Reaper
la guardò come se avesse appena fatto una
domanda tremendamente stupida.
-
Deve avere la certezza che qualunque cosa accada
nessun adulto interverrà mai ad aiutarlo. Deve sentirlo nel
cuore e nelle
viscere. Se in lui non si formerà quest’istinto,
non raggiungerà mai il vertice
delle sue possibilità. –
Annuì,
per nulla convinta, ma lasciò cadere il discorso.
Stare a discutere con Reaper non l’avrebbe portata da nessuna
parte e la sua
mente stava già partorendo l’idea perfetta. Lei
non era un’adulta, quindi
avrebbe tranquillamente potuto aiutarlo, no?
*
Era
circa l’una quando Eric venne scosso con
decisione da un paio di mani gelide e delicate. Aprì gli
occhi, controvoglia,
per poi assottigliarli e sforzarsi di mettere a fuoco la sagoma che si
trovava
seduta sul bordo del suo letto.
-
Fiamma? – borbottò, assonnato.
-
Ho avuto un’idea geniale. –
Inarcò
un sopracciglio, sarcastico: - Hai avuto un’idea?
Wow, vuoi che avverta i media? –
La
replica della ragazza fu un sonoro pugno che si abbatté
contro la sua spalla, nello stesso punto in cui era solita colpirlo
quando
diceva o faceva qualcosa che non le stava bene. Quindi, praticamente
almeno un
paio di volte al giorno. Di questo passo avrebbe perso la
sensibilità, ne era
certo.
-
Piantala di fare l’insopportabile o potrei anche
decidere di non aiutarti con il tuo problema. –
Si
mise a sedere con un rapido colpo di reni e puntò
gli occhi grigi nei suoi.
-
Esattamente, cosa credi di sapere sul mio
problema? – sibilò.
-
Oh, andiamo, non bisogna essere un’ Erudita per
capire che hai problemi a superare il tuo scenario di paura. Senza
offesa, ma i
tuoi tempi fanno schifo. – replicò, imperturbabile.
In
momenti come quelli, in cui usciva tutta la sua
impertinenza da Candida, pensava davvero che prima o poi
l’avrebbe strangolata.
L’idea che si fosse preoccupata per lui, però, non
poteva negare che gli
facesse piacere.
-
Svegliarmi in piena notte faceva parte del piano o
l’hai fatto solo per darmi fastidio? – chiese,
piegandosi a recuperare gli
scarponi da allenamento e allacciandoseli rapidamente.
Gli
rivolse un sorriso malandrino: - Oh, ma è ovvio
che l’ho fatto per darti fastidio. –
Trattenne
una risata, scuotendo la testa e
seguendola fuori dalla camerata e lungo il corridoio che portava alla
stanza di
simulazione.
Cause we are
invincible
We are who we are
On our darkest day
When we're miles away
So we'll come
We will find our way home
-
Come pensi di riuscire ad aiutarmi? – le chiese,
osservandola mentre armeggiava prima con il computer e poi con la
fialetta e
una siringa.
-
Entrerò nel tuo scenario della paura insieme a te,
ti aiuterò a superarlo. –
Il
modo in cui lo disse, come se non ci fosse nulla
di strano, lo lasciò di stucco. Era un’idea
sensata, dopotutto, ma entrare
nello scenario di qualcun altro era una cosa personale, significava
esporsi
totalmente agli occhi di una persona.
-
D’accordo. – sussurrò, prendendo posto e
stringendosi per permetterle di sdraiarsi accanto a lui. Le cinse le
spalle con
un braccio e sorrise quando la vide accoccolarsi istintivamente contro
il suo
petto muscoloso.
Lentamente,
un senso di torpore iniziò a pervaderlo
e la familiare sensazione di vuoto l’assalì. Chiuse gli occhi, riaprendoli
solo quando un calore
insopportabile gli colpì il volto.
Accanto
a lui, talmente vicina che poteva sentire le
loro braccia nude sfiorarsi, c’era Fiamma.
-
Inizia sempre con il fuoco. – annunciò.
Era
una precisazione inutile dal momento che le
fiamme divampavano intorno a loro e si avvicinavano sempre
più velocemente.
-
Eric, dobbiamo andarcene da qui. – gli disse, ma
non ottenne risposta.
Gli
occhi grigi fissavano ipnotizzati il movimento
ondeggiante delle fiamme. Doveva essere questo ciò che
provavano gli animali
che venivano investiti dalle macchine, un senso totale
d’impotenza.
-
Eric. –
Lo
scosse gentilmente per il braccio, riportandolo
non si sa come alla realtà.
Doveva affrontare
la paura, combatterla e vincerla.
Annuì,
afferrando la mano che gli veniva porta e seguendola
mentre prendeva la rincorsa e, dopo aver notato un punto in cui le
fiamme erano
più basse, saltava.
Atterrarono
sul pavimento di una sala buia, la paura
che affrontava più facilmente delle altre.
-
Questa è facile, dobbiamo solo arrivare a quella porta.
– le disse, cominciando a camminare con aria risoluta in
quella direzione. Posò
la mano sulla maniglia e spinse con forza.
La
successiva era una stanza di un metro per uno,
talmente stretta che erano costretti a stare appiccicati
l’uno all’altra.
-
Fammi indovinare. – mormorò, flebilmente, -
Claustrofobia? –
Qualcosa
nel modo in cui l’aveva detto gli fece
capire che evidentemente non era l’unico a soffrirne.
-
C’è anche nel tuo scenario? –
Annuì.
-
Il mio è più brutto, però: sono
intrappolata in
una bara sottoterra. –
Veniva
sepolta viva eppure riusciva a uscire dallo
scenario prima di lui. Quella ragazza doveva essere proprio
più forte di quanto
appariva, considerò.
-
Idee su come uscire? –
-
Magari basta che mi tranquillizzi. Di solito esco
dalla stanza non appena penso a qualcos’ altro. –
-
Sì, mi sembra un’idea sensata. Pensi di riuscirci?
– domandò, scrutandolo dubbiosa.
Stranamente
la cosa non gli sembrava poi così
difficile. Ora che c’era lei e sentiva il suo corpo e le sue
morbide forme
femminili schiacciate contro di lui quasi non faceva caso a dove si
trovavano.
Dopotutto era un ragazzo, un adolescente di sedici anni che non
frequentava una
ragazza da quando aveva messo piede per la prima volta nel quartier
generale
degli Intrepidi, e le reazioni del suo corpo scacciavano violentemente
ogni
tipo di paura.
-
Veramente penso di stare già pensando ad altro. –
Aveva
appena finito di parlare che si ritrovarono in
uno nuovo scenario.
-
Tanto per curiosità, a che hai pensato? –
domandò.
Scrollò
le spalle: - Non è necessario che tu lo
sappia. –
-
Che tradotto significa che mi arrabbierei se me lo
dicessi. –
Il
sorriso malizioso che le rivolse fu la muta
conferma della veridicità delle sue parole.
-
Sei un porco, Eric, persino mentre stai per morire
soffocato?! – esclamò, indignata.
-
Ehy, sono un uomo. – ribattè, come se quella fosse
una spiegazione più che logica.
Uno
sparo interruppe il loro scambio di battute.
Ecco,
adesso cominciavano quelle davvero brutte.
Strinse i denti, deglutendo dolorosamente, e preparandosi allo
spettacolo che
di lì a poco si sarebbe presentato davanti ai suoi occhi.
C’era
lui, sdraiato a terra sul pavimento freddo, e
una figura senza volto gli stava di fronte. Lo sconosciuto gli puntava
contro
una pistola, prendeva la mira e sparava. Ancora, ancora e ancora. Si
vide
portare le mani alle ferite, sussultare per il dolore, e sputare un
fiotto di
sangue. Vide gli occhi grigi che fissavano il soffitto, privi di vita.
“Era
un fallimento completo, un disonore per la sua
famiglia e la sua fazione, è molto meglio che si sia
finalmente tolto dai
piedi.”
“Già,
era solo un codardo, un debole. Staremo tutti
molto meglio senza di lui.”
Conosceva
quelle voci, l’avevano accompagnato fin
dal momento in cui era venuto al mondo.
“Troppo
stupido per rimanere tra gli Eruditi, troppo
codardo e incapace per superare l’iniziazione degli
Intrepidi. Sarà un Escluso,
non ci si poteva certo aspettare altro da lui.”
-
Basta! Basta! – esclamò, coprendosi le orecchie
con forza e cadendo in ginocchio.
“Incapace.”
“Debole.”
“Indegno.”
“Un
disonore.”
-
Basta, state zitti! –
Fiamma
gli fu accanto, inginocchiandosi e
costringendolo a togliersi le mani dalle orecchie.
-
Eric, ascolta me, solo me. La senti la mia voce? –
Annuì,
troppo scosso per riuscire a parlare.
-
Concentrati solo sulla mia voce, okay? –
-
Hanno ragione, sono un codardo, ho troppe paure
per diventare un Intrepido. – mormorò.
-
Il coraggio è il complemento della paura. Un uomo
che è senza paura non può essere coraggioso, ed
è anche uno sciocco. Tu sei
coraggioso, Eric, perché sei disposto ad affrontare le tue
paure e cerchi di
superarle. Non so di chi siano queste voci, ma non devi ascoltarle. Io
so che
tu sei un vero Intrepido, non dubitarne mai. –
Qualcosa
nelle sue parole, forse la decisione con
cui l’aveva pronunciate, o magari solo il fatto che al mondo
esistesse qualcuno
che aveva fiducia in lui, lo spinse a reagire.
-
Io sono un Intrepido, non sono un codardo né un
debole. – decretò ad alta voce.
Fiamma
sorrise, soddisfatta dalla sua reazione, ma
all’improvviso la sua espressione cambiò e si fece
immediatamente spaventata.
-
Eric, che stai facendo? Eric, lasciami, mi stai
facendo male. – mormorò, con voce strozzata,
cercando di liberarsi dalla
stretta che le avvolgeva il collo.
La
stretta delle sue mani. La stava strangolando.
Inorridì, ma nulla di ciò che gli
passò per la mente riuscì a convincere il suo
corpo a obbedirgli.
-
Eric. – gorgogliò, ormai senza fiato, il volto
paonazzo e le labbra che cominciavano a farsi bluastre.
-
Non riesco a fermarmi. – esclamò.
–
Eric, guardami. Lo so che non mi faresti mai del
male, tu puoi fermarti e so che lo vuoi. –
Puntò
gli occhi nei suoi, osservando la sfumatura
chiarissima d’azzurro che diventava più scura
lungo il bordo della pupilla.
Qualcosa
scattò dentro di sé. Sentì
distintamente le
mani che si aprivano e le braccia che ricadevano inerti ai lati del suo
corpo.
Si
ritrovarono sulla poltroncina, abbracciati l’uno
all’altra.
Lanciò
un’occhiata all’orologio che portava al
polso. Nove minuti, era riuscito anche a fare meno della
metà del suo solito
tempo.
-
Il responso? – domandò Fiamma.
-
Nove minuti. –
Il
volto della Candida si aprì in un sorriso
soddisfatto e orgoglioso. Lo abbracciò di slancio,
gettandogli le braccia al
collo e stringendolo a sé.
Eric
chiuse gli occhi, assaporando il profumo di
cannella che si irradiava dalla sua chioma scura.
-
Non ce l’avrei mai fatta senza di te. – ammise.
-
Bè, siamo una bella squadra, no? –
Già,
lo erano eccome. Insieme erano invincibili.
[2.149
parole]