Alla mia adorata mamma,
il mio dolce angelo lassù
I’m only sleeping
Si rigirò nel letto per l’ennesima volta e sospirò,
rabbrividendo tra le lenzuola fredde.
Se c’era una cosa che odiava, era stare a letto e non
riuscire a dormire, ma doveva provarci comunque: erano giorni che non dormiva,
e anche se aveva sonno, non ce la faceva proprio. Aveva provato di tutto,
ormai, dalle tisane rilassanti al più semplice contare le pecore. E no, non
voleva ricorrere ai sonniferi. Non ancora, almeno.
In fondo, ci era già passato, aveva già perso una persona
importante della sua vita. Dio, ne aveva perse fin troppe in realtà. E ora
anche lei, l’unica che fosse riuscita a sollevarlo dal baratro in cui era
sprofondato quando i Beatles si erano sciolti, lo stesso baratro che lo aveva
inghiottito quando John era morto.
L’unica che gli avesse dato una nuova ragione di vita.
Ma adesso che Linda non c’era più, chi lo avrebbe
aiutato? Non c’era più nessuno in grado di farlo. Nessuno che potesse
rispondere a quelle domande che tormentano chiunque perda qualcuno di
importante: sta bene? Dove si troverà in questo momento? Che cosa starà
facendo, mi starà guardando?
Quando era morta sua madre, John gli aveva detto che lei
si trovava su Mary Julia, insieme alla sua, e da lì vegliavano amorevolmente su
di loro. (1)
Quando anche John era morto, Linda gli aveva detto che
John stava sicuramente bene e non aveva bisogno di preoccuparsi per lui,
altrimenti l’avrebbe solo fatto star male. E questa era sicuramente una cosa
che Paul voleva evitare. Tuttavia…
Chi l’avrebbe rassicurato ora su di lei?
In molti gli avevano detto in quei giorni che, almeno
ora, lei avesse smesso di soffrire e quindi doveva stare sicuramente bene.
Classiche frasi di circostanza, che rappresentavano comunque qualcosa che
doveva essere detto, perché il dolore è troppo grande e perché ci vuole un po'
di speranza, quando sembra che anche questa abbia lasciato le nostre vite,
insieme con la persona scomparsa.
Quindi chi gli dava quella certezza? La certezza che lei
stesse davvero bene ora?
Nessuno. E questo lo stava solo facendo impazzire, motivo
per cui non riusciva a prendere sonno. Guardò la sveglia sul comodino alla sua
destra: erano le 3.20. Lo sentiva, sentiva che anche quella notte non sarebbe
riuscito a dormire. Se avesse continuato in questo modo, si sarebbe ammalato
anche lui e lui non lo desiderava affatto, né per se stesso, né per i suoi
figli, che avevano già sofferto abbastanza, né ovviamente, per Linda.
Con un gemito frustrato, si rigirò nel letto ormai troppo
grande per lui e...
L’urlo che lanciò fu così potente e acuto, che Paul fu
sorpreso di non aver frantumato i cristalli del lampadario. Il grande spavento
gli fece balzare il cuore in gola e perdere un paio di battiti. Paul l’aveva
sentito quel sussulto terrorizzato che per un istante aveva lasciato il vuoto
nel suo petto. L’aveva sentito tanto che era quasi caduto dal letto.
“Bella accoglienza, Paul, vent’anni che non ci vediamo e
tu mi accogli in questo modo?”
Paul sbatté le palpebre più volte, incredulo, mentre la
figura distesa al suo fianco incrociava le braccia sul petto con un broncio sul
volto.
“Jo-John?”
“Certo.” sbuffò l’altro, sembrando…cielo, sembrando offeso,
“Chi altri dovrei essere?”
Chi altri poteva essere, in effetti? Solo John, John
Lennon.
Paul, sempre più turbato, lo guardò attentamente,
sdraiato accanto a lui: il naso era il suo, su quello non c’erano dubbi, Paul
l’aveva osservato così da vicino per così tanto tempo che l’avrebbe
riconosciuto fra mille; e poi le labbra, gli occhiali caratteristici che
fornivano una maschera a quegli occhi chiari indimenticabili, e poi i lunghi
capelli ramati che riportavano quei riflessi che Paul ricordava così bene.
Emanava una luce brillante e un calore che l’aveva avvolto subito, e riscaldato,
come aveva già fatto molte altre volte, quando era in vita, sempre e solo con
Paul.
Sì, era proprio John. Indossava un elegante completo
bianco, giacca, camicia, pantaloni, perfino la bellissima cravatta di seta.
Tutto bianco, come l’angelo che era e nello stesso tempo non era. (2)
Stava molto bene così. C’era solo un piccolo garofano rosso che spiccava su
tutto quell’incantevole candore, all’occhiello della giacca, quasi a livello
del cuore, come se volesse indicarne la posizione. Un garofano rosso come quello che Paul aveva
dietro l’orecchio, quando avevano girato il video di “All
you need is love”.
Paul scosse la testa, ridestandosi dalle sue
osservazioni. Come poteva soffermarsi a esaminare l’aspetto di John, quando la
sua stessa presenza lì, in quel letto, era totalmente irrazionale e
inspiegabile?
“Questo non è possibile.” mormorò più a se stesso che a
John.
Egli sorrise divertito, sollevando un sopracciglio,
“Cosa, tesoro?”
“Questo!” ripeté Paul, indicando l’altro…uomo?
Cos’era? Un uomo, una visione? O un fantasma? Non era
proprio sicuro di quale termine usare con lui.
“Tutto è possibile, se si tratta di me.” rispose John,
facendogli l’occhiolino, “Non lo sai, Paul?”
Paul alzò gli occhi al cielo, sospirando rassegnato:
anche l’atteggiamento era tipicamente Lennoniano.
Tuttavia lui ancora non era riuscito a capire cosa stesse accadendo. Un momento
prima era nel suo letto freddo, da solo, in una delle sue frequenti notti
insonni e ora eccolo lì, con John in quello stesso letto, che prima sembrava
solo una vera tortura, invece ora era caldo e dolce e accogliente.
Ah, ma certo, doveva esserci una sola spiegazione. Come
aveva fatto a non pensarci prima?
"Ho capito.” disse poi, sorridendo comprensivo
quando l’illuminazione lo colpì, “Sto solo sognando."
"Non stai sognando." lo corresse John.
"Non sarebbe la prima volta." proseguì lui,
ignorando totalmente l'affermazione di John, "Ti ho sognato un sacco di
volte, sai, da quando-"
Si interruppe non sapendo se dovesse o volesse
continuare. Ma John stava sorridendo compiaciuto come mai prima d’ora.
"Ah davvero?" domandò.
"Andiamo. Dovresti ricordarlo, John.” rispose Paul,
“Eravamo in due nei miei sogni. Proprio come ora."
"Va bene, Paul, allora facciamo che questo sia un
sogno.” esclamò John, scrollando le spalle, “Se ti fa star meglio…"
"Ah-a! Lo sapevo.”
“Hai qualche preferenza in fatto di sogni, ragazzino?”
Paul ci pensò, arricciando le labbra. “Veramente no,
perché in fondo non m’importa. Se sto sognando, vuol dire che sono finalmente
riuscito ad addormentarmi.”
"Non raccontare balle. Tu e io sappiamo benissimo
cosa vuoi."
“Lo sappiamo?”
“Certo, altrimenti non sarei venuto da te. Volevi che
qualcuno rispondesse alle tue domande, ed eccomi qui.”
Paul fremette in modo più che evidente, mentre un tonfo
sordo nel suo petto gli ricordò quale fosse il problema alla base di tutta
quella strana situazione. Era davvero possibile? Era così semplice? E
soprattutto, poteva crederci? Era disposto a credere a qualunque parola fosse
uscita dalla bocca di John?
Sì, la risposta era sì, anche se si trattava di un
semplice sogno, perché Paul sapeva che quello era veramente John e John
non avrebbe mai potuto mentirgli, né prenderlo in giro.
“Allora…” iniziò, la voce tremante quasi come tutto il
suo corpo, “Davvero posso?”
John lo guardò con un cenno incoraggiante e poi si
avvicinò a lui tanto da far toccare le loro fronti, “Certo.”
“Come sta?”
“Sta bene.” rispose John, sorridendogli
rassicurante, “Su questo puoi stare
tranquillo, Paul.”
Paul annuì, restituendo un sorriso che era però
sofferente e non ancora del tutto convinto. Come poteva esserlo, dopo tutto
quel dolore che aveva torturato il corpo della donna? Tutto quel dolore che
Paul non aveva potuto allontanare in alcun modo, che aveva visto scorrere,
restando impotente al suo fianco?
“Come fai a esserne così convinto?”
“Me l’ha detto lei.”
“Tu…” esclamò allibito, e quando una piccola lacrima scivolò sulla guancia di
Paul, senza che lui facesse qualcosa per trattenerla, John, senza un attimo di
esitazione, si sporse in avanti e gli prese il viso tra le mani, “Tu l’hai
vista?”
“Certo, altrimenti come potrei essere sicuro di quello
che ti ho detto?” gli fece notare, “Me l’ha detto lei stessa.”
“E poi? Ti ha detto altro?” domandò Paul, sembrando
impaziente e agitato come mai.
Ci si poteva davvero sentire così agitati, così svegli
anche in sogno?
John scosse il capo leggermente, mentre la sua mano
accarezzò la guancia di Paul, il quale riuscì a percepire tutto il suo
sorprendente tepore, "Purtroppo no, perché poi lei è… andata.”
“Andata dove?” domandò Paul, sconcertato.
“Beh, lei è andata avanti.”
“Avanti?”
“Sì, sai, ai piani alti.” spiegò John, indicando verso
l’alto.
Paul seguì l’indicazione. Guardò il soffitto per un
istante prima di capire cosa intendesse John. Certo, oltre quel tetto c’erano
le nuvole di quella notte uggiosa, e poi il cielo e poi forse-
“Oh.”
“Oh.”
“Perché?” domandò Paul.
Voleva sapere tutto ciò che era possibile sapere, ora che
aveva l’occasione.
“Perché non aveva lasciato nulla in sospeso nella sua
vita mortale, ti pare? La sua famiglia le voleva bene e sapeva quanto fosse
importante per lei. Solo questo contava. Perciò ora lei è al sicuro, dove non
potrà mai accaderle niente di brutto, basta con le sofferenze, basta con le
malattie, e finalmente da lassù, potrà occuparsi di voi proprio come avrebbe
fatto se fosse stata ancora quaggiù.”
“Per questo non può essere qui?”
John rispose, avvolgendo un braccio attorno alla sua vita
e stringendolo a sé, “Esatto.”
La tenerezza del gesto e della voce di John gli strinsero
il cuore, e Paul lasciò che le lacrime sfuggissero dai suoi occhi, nascondendo
il volto nel petto caldo di John, piangendo in silenzio, mentre le sue braccia
e le sue parole continuavano a consolarlo. Non sapeva quanto tempo fosse
passato prima che potesse essere di nuovo in grado di parlare, ma tanto che
importava? Nei sogni il tempo non esiste.
Portò le mani sulla giacca di John, accarezzandone il
tessuto liscio, percependo quanto lui sembrasse vero sotto il suo tocco.
Incredibilmente vero.
Allargò le dita sul suo cuore, poi un po’ più in alto, lì
dove lo avevano colpito, con quella ferita che lo aveva ucciso. Paul rabbrividì
al ricordo, ma lo allontanò facilmente, perché anche John stava bene. Ora
sembrava più vivo che mai. Lui non solo l'aveva visto, ma l'aveva sentito. Oh
sì.
"Perché tutto questo bianco?" domandò
all'improvviso Paul, inclinando il capo all'indietro per incrociare lo sguardo
di John.
Voleva sapere tutto anche su di lui ora.
John sorrise con malizia, "Lo sai quanto mi doni il
bianco."
Per tutta risposta, Paul si ritrovò a ridere dolcemente.
"E questo fiore?"
"Oh, questo è per te, ora che mi ci fai
pensare."
"Ah sì?"
John annuì, prima di sfilare il fiore rosso dall'occhiello
della giacca e sistemarlo con delicatezza dietro il suo orecchio.
"E come mai?"
"Perché il rosso ti dona." rispose John,
facendogli l'occhiolino.
E mentre le dita di John sistemavano abilmente, Paul lo
osservò, ripensando a quanto avesse detto poco prima il suo compagno. Se Linda
non poteva essere lì, con lui, perché era andata avanti, allora John...
“John?"
"Mm?"
"Se sei qui, significa che tu non sei andato... avanti?"
John sorrise tristemente, "Ci sei arrivato alla
fine."
"Perché?” domandò Paul preoccupato.
“Perché io ho molte cose in sospeso.”
Paul aggrottò la fronte, perplesso, “Per esempio?”
“Julian.” disse senza esitazione John, distogliendo lo
sguardo, improvvisamente rabbuiato, dal viso di Paul, “Devo occuparmi di lui
come non ho fatto quando ne avevo la possibilità.”
Il cuore di Paul si strinse involontariamente nel notare
quel pizzico di vergogna che accompagnò l’espressione di John. Così, senza
pensarci due volte, fece scivolare un braccio attorno al suo torace,
attirandolo a sé.
“Julian è un ragazzo sveglio e in gamba, lo sai, se la
sta cavando molto bene.”
“Già.”
"È diventato un giovane uomo di talento, proprio
come suo padre. E sono sicuro che è anche merito tuo."
"Tu dici? In fondo cosa ho mai fatto per lui, se non
metterlo a disagio le poche volte che era con me?" domandò con una rabbia
sconsolata, di quelle inutili, che non avrebbero risolto proprio nulla.
"No, non è vero.” si affrettò a ribattere Paul, “Non
puoi limitare tutto a questo. Tu gli hai insegnato molto, come, per esempio, imparare
a suonare la sua prima chitarra. Non devi pensare mai queste cose."
"Ma avrei dovuto e voluto aver fatto di più."
"E lo farai ora, ne sono certo." esclamò Paul,
sorridendogli incoraggiante.
“Grazie, Paul.” mormorò John, rivolgendogli il suo sguardo
più affettuoso, “Ma fino a prova contraria, qui dovrei essere io a consolarti.”
“Oh, allora è questo il vero motivo per cui sei venuto
nel mio sogno?”
“Per l'ennesima volta, non è un sogno." sospirò
John, alzando gli occhi al cielo, "Comunque sì,
Paul, è per questo. Devo occuparmi di te, come facevamo da ragazzi. Te
lo ricordi?”
“Che domande. Io ricordo tutto ciò che ti riguardi,
John.”
“Non ne dubitavo. Mi importa sempre molto di te, Paul, in
fondo, anche tu sei una delle mie questioni in sospeso.”
“Davvero?”
"Ma certo, voglio dire, alla fine abbiamo rovinato
tutto quello che avevamo costruito insieme per che cosa? Soldi? Donne?
Orgoglio? Non volevo niente di tutto questo. Perciò noi siamo da sempre in
sospeso, vero, Paul?"
Paul si morse il labbro, prima di annuire, “E quando e come risolveremo le nostre
questioni in sospeso?”
“Beh, posso anche dirti quanto mi dispiaccia per le cose
che ho fatto o non ho fatto, e ringraziarti per essere stato accanto a me
sempre e comunque, ma c’è solo un modo per risolvere definitivamente le nostre
questioni in sospeso.”
“Ovvero?”
“Pensaci, puoi arrivarci se sforzi quella testolina.”
esclamò John, scompigliandogli affettuosamente i capelli.
Paul aggrottò la fronte: come potevano essere risolte
queste benedette questioni in sospeso? Ripensò a quello che avevano vissuto, a
quanto era accaduto o non accaduto tra loro; troppe, troppe volte erano stati
sul punto di essere davvero vicini, e poi puntualmente, avevano rinunciato,
entrambi troppo insicuri, troppo spaventati, senza il coraggio necessario per
affrontare i veri loro stessi, per abbandonare quella maschera che mostravano a
tutti, al mondo, tranne che all’altro, per sopportare tutte le conseguenze di
quelle scelte che, in quel momento, erano sembrate così egoiste e che ora erano
invece così giuste.
Non ce l’avevano fatta quando appartenevano entrambi allo
stesso mondo, e non avrebbero mai e poi mai potuto farcela ora che erano in due
mondi troppo diversi e troppo lontani.
Così la risposta alla domanda di John lo colpì con
violenza.
“Oh.”
John sorrise quasi divertito, “Proprio quella.”
“Ma non… voglio dire, io non sto per…”
"Oh no, no, non ti preoccupare.” lo tranquillizzò in
fretta John, “Devi solo ricordarti questo, Paul, ovvero che io aspetto te per
risolvere la nostra questione in sospeso, e soprattutto per andare avanti.”
“D’accordo.”
Paul annuì titubante, combattuto dopo quanto era appena
stato detto da John: da una parte, la tentazione era allettante, qualunque
sofferenza sarebbe svanita anche per lui e sarebbe stato anche lui al sicuro,
con John; tuttavia, non poteva ancora abbandonarsi a questa opportunità. Aveva
i suoi figli a cui pensare. Lui non poteva morire, doveva vivere soprattutto
per loro.
La sua esitazione non passò inosservata, gli occhi di
John la notarono e la capirono subito.
“Ma prenditi pure tutto il tempo che vuoi, va bene? Non è
ancora giunta la tua ora e io certamente voglio che tu continui a vivere e
cantare e comporre, perché hai ancora così tanto da dare al mondo,
piccolo." terminò, appoggiando le labbra sulla fronte di Paul, facendo
comparire un lieve sorriso sul suo viso.
"Lo farò."
“Adesso però dormi.”
“John.” sospirò Paul, accondiscendente, “Sto già
dormendo.”
John gli fece chiudere le palpebre con due dita sugli
occhi, “Dormi e sta’ zitto.”
“Va bene.”
Paul sentì le braccia di John stringerlo ancora di più e
sorrise.
"Grazie, John." mormorò, sentendosi ora davvero
assonnato.
Sembrava dannatamente vero questo sogno e Paul avrebbe
voluto che non finisse mai. Era felice ora, o almeno rincuorato. Felice era una
parola grossa, in effetti, ma non poteva negare di stare meglio. Linda stava
bene, John glielo aveva assicurato. Lui era riuscito finalmente a dormire un
po’ e aveva anche rivisto John dopo tanto tempo.
John che lo stava aspettando, per vivere l’eternità
insieme.
Oh sì, la mattina dopo, quando Paul si svegliò, sembrò
migliore rispetto a quelle precedenti. C’era anche il sole: i suoi raggi
facevano capolino tra le tende pesanti della camera da letto di Paul.
L'uomo inspirò a fondo, aprendo gli occhi e
stiracchiandosi. Restò immobile per diverso tempo, ancora incredulo perché si
sentiva un po’ meglio. Solo la sera prima pensava fosse impossibile. Forse
d’ora in poi non sarebbe mai stato bene, ma meglio sì. E lui non poteva
pretendere di più. Lo accettava serenamente.
Il sogno che aveva fatto era ancora vivido nella sua
mente. Poteva percepire ancora il calore del corpo di John, il suo profumo, le
sue mani sulla schiena che lo scaldavano e tranquillizzavano, le parole dolci
che lo calmavano…
Tutto così forte e vero che faticava a credere fosse
stato solo un sogno.
Sospirò profondamente.
Ma stavo solo sognando,
pensò quando si rigirò per notare qualcosa di strano che scivolò dal suo
orecchio sul cuscino.
Qualcosa che la scorsa notte non c’era.
Qualcosa che stonava sulla federa bianca
intatta del cuscino ormai inutile.
Un garofano rosso.
O forse no?
(1)-
Riferimento alla oneshot “Mary Julia”: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1831995
(2)- Riferimento a una citazione
di George Harrison, riportata nel documentario “Living in the material world”.
Note dell’autrice: poche parole su una storia molto personale, a cui
tengo particolarmente.
Quando si perde una persona
cara, viene spontaneo farsi certe domande. Penso che più o meno tutti le
pensino.
Avevo molto timore a scrivere
questa storia, ritenendo ridicola per certi versi, ma volevo scriverla, mi è
servito per esorcizzare questa giornata che altrimenti sarebbe impossibile da
sopportare. È una sorta di distrazione.
Perciò ringrazio per questa
storia, tre persone che mi hanno incoraggiata, ovvero kiki,
_SillyLoveSongs_ e ringostarrismybeatle.
John in bianco mi piace
davvero tanto, e me lo sono immaginato così: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=559318010834201&set=a.338844582881546.71451.332778433488161&type=1&theater
Mentre il fiore rosso viene
dal video di All you need is love. Quanto sta bene
Paul con quel fiorellino?
Bene, spero che sia piaciuta.
Ci sentiamo martedì con il
capitolo della nuova traduzione, “Pesce d’aprile” e poi cercherò di scrivere la
terza os rossa. Promesso.
Kia85