Storie
brevi, tanti battibecchi.
Capitolo 1.
La pioggia era
cessata, ma il vento soffiava ancora forte e scuoteva le cime degli
alberi; fragili le foglie si staccavano dai rami e vorticavano verso
l’alto, costrette ad una danza incessante.
Bulma era
rimasta in ascolto del rumore della pioggia contro i vetri, mentre
cercava di resistere all’impulso di aprire la finestra e
spingersi sotto a quel diluvio, sperando di
scemare la rabbia che le ardeva in corpo.
“Stronzo,
bugiardo, infantile…” socchiuse gli occhi: di
colpo si rese conto che molte lacrime scendevano sul suo viso velato di
delusione. La verità, era, che non le importava di
ciò che aveva scoperto quella sera; si accorse di non essere
mai stata davvero innamorata di lui.
Yamcha le aveva
detto di dover andare ad allenarsi, spiegandolo con frasi rassicuranti,
ma dopo averlo visto baciare un'altra donna all’uscita di un
locale, era palese che nessuna di quelle parole fosse sincera: erano
state sempre e solo menzogne ad animare le sue labbra.
Lei non voleva
più ascoltarlo pronunciare assurde scuse e, mormorato il
proprio disgusto, lo aveva schiaffeggiato con forza, sospirando nel
provare un senso di piacere e di liberazione. Tra loro era finita.
Dopo, era
rientrata di corsa a casa e si era rifugiata nella sua stanza: alla
turbolenza verbale avuto con Yamcha, era seguita una voglia
incontenibile di solitudine, un assurdo bisogno di piangere; era
inutile tentare di salvare ciò che ormai da tempo si era
estinto, non avrebbe consumato altro tempo con lui, non ricordava di
aver mai provato tanta indifferenza di fronte ad un suo tradimento.
Senza volerlo,
lo sguardo andò istintivamente verso la porta: Bulma
guardò il gioco chiaroscuro delle ombre, quella leggera
venatura del legno che delineava forme incomprensibili sulla superficie
liscia.
Non le importava
di aver lasciato Yamcha, forse perché adesso stava pensando
a lui, a Vegeta...
In quello strano
silenzio la presenza del principe nella stanza adiacente le faceva
provare un leggero imbarazzo, misto ad un desiderio che, sebbene
illogico, la dominava sempre di più.
Di colpo Bulma
si sentì pervadere da una sensazione che le accendeva i
sensi: mosse qualche passo verso la porta, con il volto ancora rigato
dalle lacrime e con indosso quel seducente vestito di
taffetà nero che non aveva avuto ancora la forza di
sfilarsi.
Si
fermò di colpo, lasciandosi sfuggire
un’esclamazione di stupore, quando la porta si schiuse con
veemenza: Vegeta apparve sulla soglia buia e tale era la magia di quel
momento, che le parve irreale che lui fosse proprio lì, in
piedi, di fronte a lei a torso nudo; realizzò
all’improvviso quanto le fosse vicino.
“Donna,
non c’è luce in questa casa, mettiti subito al
lavoro e aggiusta il guasto!” I suoi occhi nerissimi
risaltavano sulla pelle pallida; la fissò per un momento,
sicuro che in qualche modo lei si sarebbe opposta a quella pretesa
arrogante.
Lei, invece di
rispondere, guardò altrove: non voleva che la vedesse
piangere, abbassò lo sguardo, mentre quello di lui si fece
più indagatore.
Il lontano
rumore di un tuono giunse loro annunciando altra pioggia, le raffiche
di vento erano come voci confuse: guerrieri che lottavano per liberare
la luce della luna dall’oppressione dei troppi nembi.
“E’
colpa del temporale, Vegeta, la corrente tornerà... tutta la
città è al buio…” sola e
confusa in quella stanza, cercò conforto verso la finestra,
al di là del vetro sembravano incombere solo le tenebre, le
stesse che ora la tenevano stretta in una morsa di smarrimento. Non lo
voleva guardare, ma non riuscì ad evitarlo; credeva che
l’avrebbe travolta con parole taglienti, ma il respiro le si
bloccò in gola: gli occhi di lui vagavano
alla ricerca dei suoi, la fissava deliberatamente come se
l’avesse vista per la prima volta, come se non potesse
evitare di guardarla.
Qualcosa le
strinse lo stomaco; severi, misteriosi, i suoi occhi incombevano su di
lei, sul suo viso, sulla pelle liscia come i petali di una rosa bagnata
di rugiada.
“Colpa
del temporale?” Ripeté lui. La rendeva nervosa,
fermò lì in quel modo, ma sostenne il suo guardo;
una ciocca di capelli le cadde sul viso, per quanto tempo avrebbe
però resistito? Il suo cuore stava esplodendo.
“Sì,
è il temporale che ha causato il guasto, ci vorrà
solo un po’ di pazienza.” Rilasciò un
respiro quasi in modo sofferto; chiuse gli occhi, e aspirò
profondamente quell’odore che risaliva dalla sua pelle,
quando sollevò le palpebre le labbra si aprirono appena per
la meraviglia.
Era proprio
quello che voleva, non era scossa dai ricordi di Yamcha, ma dal
presente; anche se era folle e rischioso averlo così vicino.
Imprudentemente,
aveva spesso desiderato che le soffiasse il respiro sul viso, che
rimanesse immobile a guardarla per divorare l’azzurro dei
suoi occhi.
Non
c’era modo di capire cosa in realtà lui provasse,
cosa lo inducesse al silenzio, quel volto duro come una pietra sembrava
ora attraversato da un impulso di vita, il petto nudo si alzava e
abbassava al ritmo veloce del respiro.
“Stai
piangendo…” sprigionava un fascino
irresistibile con la sua voce roca.
“E’
per colpa del temporale se stai piangendo, donna?”
continuò con una nota di sarcasmo.
Lo sapeva che
era troppo vicino: il suo profumo pervadeva tutta la stanza, la sua
forza terrificante non la spaventava poiché, quando con la
mano si avvicinò al suo viso, fu delicato; nel momento
stesso in cui le aveva asciugato una lacrima, lei si era abbandonata al
quel tocco, era certa che sarebbe caduta nelle sue
braccia, se solo lui lo avesse voluto.
“Io…no,
ho lasciato Yamcha, non lo amo…non
più.” Doveva dirglielo, sollevò lo
sguardo fissandolo con i grandi occhi ancora colmi di lacrime, sapeva
che non era tipo da farsi commuovere, ma sentiva la
necessità di renderlo partecipe delle proprie emozioni.
“Stai
cercando di dirmi che ti sei liberata di quello smidollato? E
perché piangi? Dovresti esserne contenta, quel mollusco
è rivoltante!” La fissò con gli occhi
color ardesia, poi curvò le labbra in un sorriso ironico e
rise: era una risata profonda, soddisfatta.
Bulma scosse la
testa con decisione.
“Brutto
cafone, come ti permetti?” Vegeta aggrottò le
sopracciglia, quasi sollevato nel vederla riacquistare il suo
temperamento; sentì che era sul punto di esplodere di
collera e non c’era niente di peggio, anche se i loro
battibecchi, conditi spesso con malizia, non gli dispiacevano affatto.
“Se
Yamcha è un mollusco, tu non sei da meno e poi non sono
affari tuoi se sto piangendo, vattene subito!” Di sicuro
pensava fosse arrabbiato e sentì aumentare la tensione come
elettricità; voleva pensare a qualcosa di bello e non al
rapporto con l’ex fidanzato, non le piaceva stare immobile in
balia dei suoi occhi, del suo volto imperscrutabile.
“Così
è questo che pensi? Come ti permetti di paragonarmi a
quell’idiota?” Sbottò d’un
tratto lui con voce fredda, si irritò e poi la strinse con
un improvviso furore che la fece trasalire.
“Non provocarmi donna…potresti pentirtene, potresti piangere molto di più, annegare nelle tue stesse lacrime.”
Nel delirio di
quel momento lui agì con rapidità: non voleva
fermarsi e pensare a niente, voleva solo baciarla.
Si strinse a
quel corpo esile e chiuse la mente: era bello, ardente, spaventosamente
inquietante e lei lo voleva.
Osò
catturarla, affondando la lingua fra le sue labbra che si dischiusero
per accoglierla, lasciandosi trasportare dall’eccitazione che
accresceva ad ogni fremito delle loro bocche.
Improvvisamente,
però, la luce tornò ad illuminare la stanza.
Quella che lui giudicò una pazza scatenata, lo spinse via
con forza, facendolo arretrare di qualche passo; tutta paonazza Bulma
si portò le mani sui fianchi, e poi spavalda
sollevò il mento.
Si protese in
avanti per parlare con voce minacciosa:
“Non
so cosa ti sei messo in testa, ma non ho nessuna intenzione di cadere
nella tua rete, ne ho avuto abbastanza di sopportare gli sbalzi
ormonali di voi uomini, almeno per questa sera. Quindi, visto che il
guasto si è risolto, tornatene nella tua stanza!” cercò
di non dar retta alla vocina dentro di lei che, senza mezze misure, la
definiva matta: stava rinunciando al suo caldo abbraccio,
così raro e indimenticabile.
Intuì
che era furioso, la insultò pesantemente.
“Tsk,
sei solo una bisbetica, una svitata, non credere di interessarmi, puoi
continuare a piangere tranquillamente per quel babbeo!”
Vegeta gonfiò il petto: solo in rare occasioni si era
sentito così umiliato; la voce di lei gli riecheggiava nella
mente, uscì impettito, ma prima si voltò per
lanciarle un’occhiata glaciale.
La luce dei
lampi si stava già affievolendo, il temporale stava
scemando.
Bulma dovette
fare uno sforzo, per scuotersi dalla voglia di corrergli dietro.
Avrebbe voluto assaporare ancora le sue labbra, dirgli quello che
provava, ma non voleva più sentirsi oggetto
dell’ingordigia maschile; con lui sarebbe stato diverso: era
disposta a sopportare i suoi eccessi, purché un giorno
l’avesse accolta sinceramente nel suo cuore, ora gonfio solo
di risentimento.
Mentre fissava
fuori dalla finestra il nero della notte, asciugò
l’ultima lacrima; non era più tempo di piangere
per Yamcha. Era ormai una persona diversa dalla ragazzina sedicenne
partita in cerca delle sfere, per realizzare un desiderio piuttosto
futile. Non avrebbe più indugiato sui ricordi, sugli errori
dell’ex fidanzato. Un sorriso mutò i suoi tratti,
non sapeva bene come, ma un giorno sarebbe riuscita a far sì
che il viso del principe si distendesse un poco; con ostinazione
avrebbe scalfito il suo cinismo: non c’era esitazione nei
suoi sentimenti, per la prima volta nella vita era sicura che
fosse vero amore.
Fine.
Wew
ciao ^^ era un po’ che non pubblicavo, colpa del caldo che mi
resa un po’ pigra …ma oggi non potevo evitarlo
visto che tra poche ore
è il mio compleanno e mi piaceva l’idea di
festeggiarlo sentendomi vicina ai miei cari lettori.^^
La
fic non è un granché, ma sinceramente
non ho avuto il tempo per fare meglio,
mi sono dedicata ad un’altra storia che ho appena postato nella
sezione : Final Fantasy VII.
Tra pochi giorni parto per le vacanze verso uno sperduto paese di
montagna, purtroppo dovrò fare a meno di internet
ç_ç ma in
ogni modo continuerò a scrivere e una volta la settimana
scenderò a valle, riuscirò
così a postare grazie ad
un internet point .
Vi
mando un grosso bacio, a presto e mi raccomando uscite dal letargo,
questa calma mi intristisce, fatevi sentire …^_^
LORIGETA ^^