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Autore: SofiaAmundsen    06/04/2014    3 recensioni
Sherlock aveva visto John cambiare.
L’aveva visto farlo lentamente, sotto i suoi occhi attenti, profondi scrutatori, curiosi. Poi l’aveva visto cambiare di colpo, quando lui non era stato lì a guardare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock aveva visto John cambiare.

L’aveva visto farlo lentamente, sotto i suoi occhi attenti, profondi scrutatori, curiosi. Poi l’aveva visto cambiare di colpo, quando lui non era stato lì a guardare.


Aveva visto John da lontano, con lo sguardo esterno di chi conosce senza sapere, di chi sa senza conoscere. Medico militare. Sorella alcolista. Ferita di guerra. Zoppia psicosomatica. Psicologa. Ma che c’era di più?

Sherlock se lo era chiesto più volte e lentamente la risposta era arrivata, con la confidenza tra loro che cambiava giorno dopo giorno.

Con i contatti più frequenti.

Con gli incubi di John più lontani.

John cambiava e Sherlock con lui. Due metà che si assemblano, lentamente.
 

 

Sherlock aveva visto John cambiare dal momento esatto in cui quel colpo di pistola aveva frantumato tutto. I vetri, le inibizioni, le formalità, la paura. L’aveva visto cambiare da quando gli aveva parlato guardandolo negli occhi come non aveva mai guardato nessuno, una coperta arancione sulle spalle, il cuore che batteva irregolare nel petto.

Era cambiato il suo nome, in quel momento. John era diventato John. Era stato come inciderlo sulla pelle: un cambiamento notevole.

 


Sherlock aveva visto cambiare John anche dentro di sè. Soprattutto dentro di sè.

John non era più un coinquilino, qualcuno che gli aveva salvato la vita (come se questo non fosse abbastanza un cambiamento, in rapporto a tutti quelli che avevano cercato o minacciato di ucciderlo). John era diventato la soluzione. Alla paura. Alla solitudine. All’assenza di tè. Alla noia.

Improvvisamente, John era diventato anche qualcosa di molto, molto pericoloso, quanto più difficile Sherlock avesse mai gestito: era diventato qualcuno di cui preoccuparsi. Un punto debole.

Paura e gelosia. Sherlock si sentiva cambiare sotto il tocco di John.


Sherlock aveva visto John cambiare nel suo sguardo. Lo sguardo distante di due estranei non era mai esistito tra loro.

John aveva guardato Sherlock con lo sguardo curioso.

Poi affascinato.

Poi arrabbiato.

Poi esasperato.

Poi, c’era stato un momento in cui Sherlock avrebbe creduto in uno sguardo innamorato, ma forse era solo un’illusione.

Poi ammirato.

Poi deluso.

Poi, finalmente, fiducioso.

Nessuno si fidava mai di Sherlock. Della sua intelligenza, forse, ma non di lui.

Sherlock aveva amato vedere quello sguardo cambiare nel proprio.

 


Sherlock aveva visto John cambiare e ammalarsi, degli stessi sintomi di cui si era ammalato lui.

L’aveva visto preoccuparsi per lui, costantemente e in modo così disinteressato da lasciare Sherlock smarrito nel tentativo di comprendere.

L’aveva visto prendersi cura di lui, con la pazienza e lo sbuffo imbronciato di chi cerca di curare l’errore di qualcuno che lo commetterà, identico, altre dieci, cento volte, ma che comunque non abbandonerà.

L’aveva visto essere protettitivo e possessivo in modo quasi limitante, per sè stesso prima di tutto. L’aveva visto volerlo tutto per sè, senza mai osare dirlo, e fremere nel vedere qualcuno desiderarlo allo stesso modo.

 


Sherlock aveva visto John cambiare quando non era stato più un’entità a sè, neanche agli occhi degli altri.

Quando nessuno, a cominciare da loro stessi, aveva più accettato di credere che loro due fossero due cose diverse, separate, scindibili.

L’aveva visto cambiare quando Sherlock e John erano diventati un unico, perfetto essere.

Il cambiamento era stato anche nei pronomi: io, te, erano diventati noi.

Qualsiasi cosa coinvolgesse l’uno, era importante anche per l’altro. Qualsiasi pericolo corresse uno, era un pericolo di entrambi. Qualsiasi vittoria di uno, era soprattutto la vittoria dell’altro.

Quella volta cambiare era stato più difficile, perchè camminare con quattro gambe quando si è sempre stati abituati a due sembra un’impresa impossibile all’inizio. Ti rende impacciato, insicuro. Hai paura di inciampare e rovinare tutto.

Era bastato poco a entrambi per capire che quello era il cambiamento più naturale del genere umano da quando aveva smesso di camminare a quattro zampe.

 


Sherlock aveva visto John cambiare attraverso la voce.

Il suono, a volte, può essere il più potente tramite di sentimenti che gli umani conoscano. Le canzoni. Le note. I sospiri.

Sherlock aveva sentito la voce di John passare dall’essere preoccupata all’essere arrabbiata. Non con lui, una volta tanto. Ma con il mondo che non amava Sherlock quanto lo amava lui. Che non capiva chi davvero fosse, e se ne schierava contro, come è abitudine dell’essere umano quando deve rapportarsi a qualcosa che non comprende. John era arrabbiato con tutti tranne che con Sherlock e questo era un grande cambiamento.

Sherlock aveva sentito la voce di John diventare ferma. Convinta. Un’ancora più stabile del fondale stesso. Sherlock aveva solo supposto, quella volta, ma aveva sbagliato. La voce di John era stata incorrutibile nello spiegarglielo: nessuno avrebbe permesso a John di cambiare idea su di lui, qualunque fosse questa idea.

Alla fine, Sherlock aveva sentito la voce di John rompersi. Sgretolarsi come vetro in terra. Sherlock, no. Una scheggia nel cuore. La voce di John era cambiata, per colpa sua, e il rumore dell’aria tagliata dal suo corpo che fischiava forte nelle orecchie era così diverso da quella voce.

La sua voce era cambiata ancora, la volta dopo. Speranza e dolore. Che pessimo cambiamento, per entrambi.

 


John era cambiato quando Sherlock era tornato.

Non era più John.

Non c’era più noi.

C’era John.

C’era Sherlock.

C’era Mary.

Una cosa non era cambiata: Sherlock per John.


 

John era cambiato così tanto da sposarsi.

John che, con lui, viveva la giornata e non fingeva di amare qualcun altro per più di un mese. John che aveva provato la guerra e non voleva provare un’altra prigione per nessun motivo al mondo, anche se questa era a forma di villetta a schiera e aveva un anello d’oro a posto delle catene.

Sherlock aveva fatto quello che fanno tutti gli esseri umani: adattamento. Il mondo cambia e tu cambi con lui. O muori.

 


John era cambiato così tanto da non importargli più.

Sherlock l’aveva notato, ma fingeva che così non fosse. Tutti l’avevano notato, ma nessuno aveva il coraggio di dirlo.

Forse solo John non l’aveva notatato.

Ogni momento insieme era diventato mesi senza che nessuno dei due sappia nulla dell’altro.

Sei la mia priorità era diventato adesso ho altre cose più importanti a cui pensare.

Sono in equilibrio perchè mi tieni tu era diventato sprofondo nel baratro.

Ma Sherlock non era cambiato. Sherlock è come quegli animali che restano nella tana anche se sta per crollare su sè stessa: piuttosto muoiono, ma non abbandonano ciò che amano.

Così Sherlock non era cambiato. Aveva continuato ad amare. Abbastanza per entrambi.

E aveva perso.

 


Questo era stato il più grande cambiamento per entrambi: Sherlock aveva dimenticato sè stesso per amare e aveva perso. John aveva dimenticato di amare per sè stesso. E aveva vinto.

A quale costo?

 
   
 
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