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Autore: alix katlice    07/04/2014    2 recensioni
{ Bellamy x Octavia / rapporto fratello!sorella / missing moments / 968 parole }
Dopo cinque minuti passati a camminare sopra un pavimento che scricchiola dove sotto c’è una stanza clandestina che contiene la mia sorellina –anch’essa clandestina- trovo il punto giusto.
Premo con forza, con il tallone.
La botola si spalanca e incontro gli occhi chiari di Octavia.
Sorrido.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellamy Blake, Octavia Blake
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Octavia, Jasper e tutto ciò che rientra in "The 100" -ambientazioni, caratterizzazione e storie dei personaggi- non mi appartiene. Purtroppo. Questa fan fiction non è stata scritta a scopo di lucro.




Titolo: ~ little girl
Ratingverde
Personaggi: Octavia Blake, Bellamy Blake
Pairing: Bellamy x Octavia
Avvertimenti:
è un po'... malinconica, come fan fiction. Buona lettura, spero vi piaccia!




 
~ little girl




 



 
Parte prima

 

Il pavimento scricchiola sotto i miei piedi.
La mamma dice che non devo camminare qui sopra, o almeno non nelle ore in cui il resto dell’Arca è silenziosa, e in giro c’è solo il Servizio d’Ordine*(I)
La mamma dice un sacco di cose, parla sempre, ed io mi chiedo se ne senta proprio il bisogno fisico o sia solo lei che è così. Anche se non sono d’accordo con tutto ciò che fa, io le voglio molto bene.
E voglio bene anche ad Octavia. Octavia è qui sotto, sotto il pavimento che scricchiola –è per questo che scricchiola, perché sotto c’è una specie di stanza clandestina dove viva la mia sorellina-.
L’ha costruita mio padre, a sentir parlare la mamma lui è davvero molto bravo con questo genere di cose.
Ma non me ne frega niente nemmeno di mio padre, chi se lo ricorda è fortunato.
Non che sia morto, o sia stato lanciato: è solo che lavora così tante ore al giorno che se lo vedo per due minuti la sera sono un ragazzino fortunato –testuali parole sempre prese da mia madre-.
In realtà, io voglio più bene ad Octavia che alla mamma.
Mi sento cattivo a pensarla così, ma la mamma dice sempre che non devo dire le bugie –altra cosa che ripete almeno tre volte al giorno-, e quindi io non lo faccio.
Voglio molto più bene ad Octavia che alla mamma.
Dopo cinque minuti passati a camminare sopra un pavimento che scricchiola dove sotto c’è una stanza clandestina che contiene la mia sorellina –anch’essa clandestina- trovo il punto giusto.
Premo con forza, con il tallone.
La botola si spalanca e incontro gli occhi chiari di Octavia.
Mamma dice che non devo aprire la stanza clandestina quando lei non c’è. Ma io sono solo la maggior parte del tempo quando non sono a scuola, e mi annoio.
In più, Octavia mi manca sempre un sacco.
 

Octavia odia perdere, soprattutto a scacchi.
Anch’io odio perdere, ma non con lei, perché vederla sorridere silenziosamente dopo una vittoria non ha proprio prezzo, e preferisco vedere felice lei che rendere allegro me.
Octavia mi fa cenno di giocare ancora, ma a me proprio non va, e poi sono le sette e dovrei andare a cena perché sennò la mamma si arrabbia.
‹‹ O., è tardi, devo andare ›› mormoro, toccandole la punta del naso.
Lei arriccia il naso e fa una faccia contrariata. Mi dispiace un sacco, ma non posso farci niente.
‹‹ Domani torno, non ti preoccupare ›› dico, alzandomi in piedi e dirigendomi verso le scalette. Salgo e apro la botola.
Per un momento il mio cuore si ferma.
Nel corridoio centrale, fuori dalla nostra abitazione, ci sono le guardie. Non mi muovo, non abbasso la botola, ho paura che possano sentire il rumore e che si accorgano di me.
Faccio segno ad Octavia di stare zitta, non devono trovarla, non possono trovarla, non si può avere una sorella, non devono trovarla.
Rimango fermo per un tempo che mi sembra lunghissimo, finché le guardie non si decidono ad andarsene, ed io prendo un sospiro di sollievo perché Octavia non è più in pericolo.
Sorrido ai suoi occhi chiari che mi fissano spaventati.
‹‹ Tutto okay. Ci vediamo domani ›› mormoro, per poi uscire.
Sorrido anche mentre vado in mensa.
 


 
Parte seconda


 
Quando la voce di Finn Collins, il coglione che ha sprecato un mese d’ossigeno per una passeggiata interstellare, mi raggiunge, la prima reazione è incredulità.
Perché non è possibile. Non così, non adesso.
Non c’è nessuno alla cella 47 perché l’hanno appena liberata per la tipa che è stata trovata una mezz’ora fa sotto al pavimento. Come perché l’hanno arrestata, te l’ho appena detto! Èilleg-…
Non sento il continuo della frase, non mi interessa.
Lo sorpasso con una spallata e comincio a correre verso le nostre stanze, il cuore che mi martella in gola: colpisco un po’ più di qualche persona nel tragitto, ma non me ne frega niente.
Arrivo alla mia stanza e la porta è aperta.
La porta è aperta e la botola anche.
La botola è aperta e dentro non c’è Octavia.
Stavolta non sorrido più.
Comincio a correre di nuovo.
 
 

Octavia è dentro. Si sa dove, non serve specificarlo.
Octavia è dentro, ma questa mattina le hanno permesso di uscire. Pensa te che gran fortuna.
Fosse per me l’avrei persino chiusa dentro la sua cella e gettato la chiave, pur di non farla uscire. Ma niente, ha insistito. Come sempre.
Abbraccia nostra madre, piangendo. Io non la sfioro, è colpa sua. Non l’ha protetta a dovere ed ora Octavia è in prigione, e fra due anni l’Arca le riserverà lo stesso trattamento che mia madre sta per subire.
Una guardia fa allontanare Octavia, io l’afferro per la mano e la tiro vicino a me, la circondo con un braccio.
Non nasconde il viso nella mia maglietta, vuole vedere tutto.
Nostra madre ci sorride. Se avesse la forza per parlare non ho la più pallida idea di cosa direbbe.
Ma non importa, la forza non ce l’ha.
Il procedimento è veloce, dura una manciata di secondi: entra nella stanzetta opprimente e poi aprono le porte, lo spazio la risucchia.
Non sento le sue urla, sento quelle di Octavia.
 

La mia mano non trema, mentre sparo al Cancelliere.
Non sento rimorso, sento solo il bisogno opprimente di salire su quella maledetta navicella che stanno per mandare sulla Terra.
Mia sorella è lì dentro, sola. Non sarà più sola.
Devo proteggerla. Ecco perché è così semplice tenere la mano ferma e premere il grilletto, rimettere la pistola alla cintura, al suo posto, e cominciare a correre.
Sono perfettamente calmo e so cosa devo fare.
Mia madre non ha saputo proteggerla come avrebbe dovuto. È colpa sua.
Non farò lo stesso errore.
Non sorrido, mentre corro.
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

*(I): Non si sa molto di come le cose funzionino sull’Arca, così ho inventato alcune cose.
 
 
Note autrice:
Pfiu. Ce l'ho fatta!
Non so come ci sono riuscita, ma ce l'ho fatta! Bellamy è un personaggio che -personalmente- ritengo complicatissimo. Scrivere di lui è davvero complicato, soprattutto considerando che questa è la prima volta.
Uhm, in realtà non proprio, sto lavorando ad un'altra one-shot parecchio lunga sui Bellarke *OTP* e quindi l'ho trattato anche lì, ma lì il POV è di Clarke, qui è di Bellamy. E anche in prima persona.
Percui, perdonatemi se non è venuta bene xD
Volevo solo scrivere di alcuni momenti della vita dei due fratelli Blake prima del telefilm, all'incirca. Nella prima parte sono due bambini, la seconda è ambientata nel momento in cui Octavia viene scoperta.
Bene, guardate The 100 e scrivete fan fiction perchè qui ne abbiamo bisogno!
Baci a tutti e alla prossima!

Alice.
  
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