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Autore: YouCould    07/04/2014    4 recensioni
-Che ci facevi qui, tutto solo?
Nel momento in cui pronunciò quelle parole, si rese conto di quanto dovevano suonare stupide. Non se n’era reso conto, ma da quando erano tornati al Campo, non aveva visto Nico praticamente mai. Percy si sentì immediatamente in colpa.
-Niente in particolare. Sono venuto ad allenarmi.
-E non potevi farlo nell’arena? Intendo, perché qui, isolato?
-Semplicemente… non adoro stare con gli altri.
Il tono era casuale, ma c’era una vena di tristezza nei suoi occhi. Per un attimo, i loro sguardi si incrociarono: le iridi nere di Nico si allacciarono a quelle verde mare di Percy. Poi si allontanarono velocemente, tornando a fissare le sabbia, come a voler fuggire.
-Beh, sarà meglio che vada. Sono stato fuori tutto il giorno e… Annabeth mi ucciderà. Vieni?
-Certo.- ripetè lentamente il più giovane –Annabeth ti ucciderà. Vai pure, io… vi raggiungo più tardi.
Prima di allontanarsi, si voltò a guardare indietro.
Il figlio di Ade era seduto, guardando l'orizzonte. E le sue spalle tremavano, come se stesse singhiozzando.
[Partecipante al contest "Percabeth or Pernico? This is the problem" indetto da Water_wolf sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nome autore (sia EFP sia Forum):  BShallows, su entrambi.
Titolo della storia: There’s nothing left to say.
Tipo di storia: One Shot, Introspettivo, Sentimentale
Rating: Verde
Coppia scelta: Percy/Nico
Citazione scelta: “Qualsiasi cosa tu abbia fatto, non è un fallimento”
Breve introduzione: 
“Che ci facevi qui, tutto solo?”Nel momento in cui pronunciò quelle parole, si rese conto di quanto dovevano suonare stupide. Non se n’era reso conto, ma da quando erano tornati al Campo, non aveva visto Nico praticamente mai. Percy si sentì immediatamente in colpa.“Niente in particolare. Sono venuto ad allenarmi.”“E non potevi farlo nell’arena? Intendo, perché qui, isolato?”“Semplicemente… non adoro stare con gli altri.” Il tono era casuale, ma c’era una vena di tristezza nei suoi occhi. Per un attimo, i loro sguardi si incrociarono: le iridi nere di Nico si allacciarono a quelle verde mare di Percy. Poi si allontanarono velocemente, tornando a fissare le sabbia, come a voler fuggire.“Beh, sarà meglio che vada. Sono stato fuori tutto il giorno e… Annabeth mi ucciderà. Vieni? “ “Certo.” ripetè lentamente il più giovane  “Annabeth ti ucciderà. Vai pure, io… vi raggiungo più tardi.” Prima di allontanarsi, si voltò a guardare indietro. Il figlio di Ade era seduto, guardando l'orizzonte. E le sue spalle tremavano, come se stesse singhiozzando.

Note dell’autore: Per prima cosa devo chiedervi di essere clementi: è la prima volta che scrivo una One Shot e la prima volta che scrivo qualcosa incentrato solo su una coppia. La OS è venuta più lunga di quanto mi aspettassi, spero solo che non vi addormenterete leggendo. Nulla, ecco qua. Buona lettura!
 
Nico desiderava disperatamente odiare Percy. Ma non ci riusciva. Se ci pensava, gli veniva in mente che avrebbe solo desiderato che uscisse dalla sua vita. Poi se lo ritrovava davanti, e tutto il suo odio lo abbandonava. Non era possibile odiare una persona del genere. Però stare con lui lo faceva stare male. Ogni momento in cui lo guardava era come una pugnalata. Nico sapeva che per gli altri, quello che provava non sarebbe stato così grave. Che i suoi amici l’avrebbero accettato. Ma il re degli spettri non riusciva ad accettarsi. Non riusciva a non pensare a quando viveva ancora in Italia, a Venezia. Era molto piccolo, certo, ma non avrebbe mai potuto dimenticare il modo in cui venivano trattate le persone come lui. I tempi erano cambiati, ma lo stesso, Nico credeva che non ci avrebbe mai fatto davvero l’abitudine.
Scagliò un altro ciottolo nell’acqua. Da quando erano tornati al Campo Mezzosangue, Nico si era tenuto il più possibile lontano dagli altri: praticamente, le uniche “attività di gruppo” a cui partecipava erano i pasti, e anche quelli cercava di farli negli orari più vuoti. Era da poco che aveva scoperto una zona isolata della baia, a quanto pareva piuttosto sconosciuta, e passava lì gran parte del suo tempo: spesso si allenava con la spada, sfogando la sua energia su un manichino che si  era portato via dall’arena. A volte, addirittura, nuotava. E spesso, troppo per i suoi stessi gusti, rifletteva. Ritornava sempre alle stesse cose, si logorava, ma non riusciva a smettere. Non riusciva a smettere di chiedersi cosa ci fosse di sbagliato in lui. Lanciò nell’acqua cristallina un altro ciottolo, bianco e liscio. A ripensarci dopo, non avrebbe saputo dire quanto altro tempo avesse passato sulla spiaggia, intento a tirare sassi nel mare, prima che un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi sbucasse fuori dall’acqua esclamando “Ahi!”
***
Percy aveva passato tutta la giornata in mare, letteralmente. L’idea era partita come quella di una nuotata mattutina, ma poi era stato richiamato ad aiutare così tante creature marine, che era riemerso solo al tramonto. E quando ormai era a pochi centimetri dalla superficie, era stato colpito in testa da un sassolino grigio.
-Ahi!
Gridò, facendo emergere la testa. Si era preparato a tirare fuori la sua penna-spada e combattere un mostro, ma quello che vide lo sconvolse abbastanza. Di certo non si era aspettato di trovare sulla spiaggia un Nico di Angelo piuttosto sorpreso e decisamente terrorizzato.
-Si può sapere cosa stai facendo?
Domandò Percy, mentre in poche bracciate raggiungeva la riva. Nico valutò la possibilità di darsela a gambe. Poi si rese conto che tanto Percy era più veloce di lui e che l’avrebbe fermato senza problemi.
-Lanciavo sassi in acqua. Tu non lo fai mai?
Percy si accigliò.
-Certo, tutti lanciano i sassi in acqua. Ma questo non vuol dire che devi tirarli in testa ai poveri figli di Poseidone di passaggio!
Questa volta fu il turno di Nico di alzare le sopracciglia.
-Non sapevo che tu fossi in acqua.
Lo disse con tono di scusa, come se si sentisse davvero molto in colpa.
-Certo, figurati. Non c’è problema, amico.
Percy sorrise. Era rimasto stupito da quanto Nico avesse preso davvero male la cosa: ora sembrava più che fosse stato il figlio di Ade ad essere colpito in qualche modo.
-Che ci facevi qui, tutto solo?
Nel momento in cui pronunciò quelle parole, si rese conto di quanto dovevano suonare stupide. Non se n’era reso conto, ma da quando erano tornati al Campo, non aveva visto Nico praticamente mai. Percy si sentì immediatamente in colpa per non averlo notato: il ragazzo aveva dovuto passare delle cose terribili, e Percy, l’unico che forse poteva dire di averle provate anche lui, se n’era dimenticato completamente.
Nico scrollò le spalle.
-Niente in particolare. Sono venuto ad allenarmi.
Rispose, e fece un cenno al manichino ormai semidistrutto.
-E non potevi farlo nell’arena? Intendo, perché qui, isolato?
-Semplicemente… non adoro stare con gli altri.
Il tono era casuale, ma c’era una vena di tristezza nei suoi occhi. Per un attimo, i loro sguardi si incrociarono: le iridi nere di Nico si allacciarono a quelle verde mare di Percy. Poi si allontanarono velocemente, tornando a fissare le sabbia, come a voler fuggire.
Percy non disse niente. Ci fu qualche secondo di silenzio.
-Beh, sarà meglio che vada. Sono stato fuori tutto il giorno e… Annabeth mi ucciderà. Vieni?
Nico si irrigidì.  “Stupido, stupido, stupido.”  Si disse Percy. Praticamente tutto il campo sospettava della cotta di Nico per Annabeth, e decisamente non era il caso di sbattergliela in faccia così.
-Certo.- ripetè lentamente il più giovane  –Annabeth ti ucciderà. Vai pure, io… vi raggiungo più tardi.
Percy si avviò sul sentiero per il Campo. Prima di allontanarsi troppo, si voltò un attimo a guardare indietro.
Il figlio di Ade era seduto a terra, guardando l’orizzonte. E le sue spalle tremavano, come se stesse singhiozzando.
***
Percy raggiunse il padiglione della mensa, dove la maggior parte dei ragazzi del Campo stava cenando. Fino a poco tempo prima, i tavoli erano disposti a seconda del genitore divino, ma da quando avevano stretto i rapporti con i semidei romani, che si organizzavano in modo completamente diverso, la regola era decaduta. Ora ognuno sedeva con chi voleva. Percy si diresse verso il suo tavolo, occupato normalmente dai sette ragazzi della profezia. Quel giorno, però, Jason, Leo e Piper mancavano all’appello: erano partiti la mattina per l’Olimpo, a portare agli Dei alcuni dei progetti di Annabeth per l’abbellimento della montagna sacra. Percy non riusciva a non essere almeno un po’ nervoso: normalmente, per i semidei avventurarsi da soli nel mondo esterno era pericoloso.  Quando Annabeth lo vide gli scoccò un occhiataccia da “io-ti-polverizzo”. Percy amava quando la sua ragazza era così felice di vederlo.
-Perseus Jackson, vuoi dirci dove ACCIDENTI SEI STATO TUTTO IL GIORNO?
Gridò. Percy sorrise.
-Anche io sono felice di vederti.
Annabeth scosse la testa.
-Sei un idiota. Dove sei stato?
-Ho fatto un bagno, tutto qui.
-Un bagno che dura tutto il giorno e non avverti neanche?
-Si, sai, c’era un Ippocampo bloccato sotto un relitto. Di nuovo. E una Nereide…
Annabeth sembrò stare per esplodere nuovamente, poi sospirò.
-Si, suppongo che… oh, sei un idiota, Testa d’Alghe.
Disse, gettandogli le braccia al collo.
-L’hai già detto.
Percy la baciò piano. Lei sorrise, chiaramente addolcita.
-E’ solo che… ho paura di… dopo tutto quello che è successo…
Venne interrotta dal ragazzo in fiamme che attraversò tranquillamente il padiglione e si sedette al suo posto al tavolo. Frank indietreggiò nervosamente: nonostante il suo problema fosse risolto, il fuoco lo spaventava ancora. Hazel inarcò le sopracciglia.
-Leo, vai a fuoco.
 Il figlio di Efesto sembrò rendersene conto solo allora.
-Oh, è vero!
Commentò, e le fiamme si estinsero. Jason e Piper raggiunsero il padiglione.
 -Tranquilla Annabeth! Abbiamo consegnato i progetti, è tutto a posto.
 La tensione nelle spalle della ragazza si rilassò un po'. Sebbene non fossero tornati da una vera e propria impresa eroica, la sera festeggiarono allegramente intorno al falò. Stavano cantando per l'ennesima volta l'inno del Campo, quando Percy intravide Nico, che si aggirava ai margini del bosco, come a volersi tenere il più lontano possibile dagli altri. Il figlio di Ade sembrò notare solo allora i ragazzi stretti intorno al fuoco: voltò le spalle e si diresse verso la sua cabina. Percy avvertì un moto di compassione verso il ragazzo. Decise di seguirlo.
***
-Dove stai pensando di andare?
Nico trasalì: Percy era comparso silenziosamente alle sue spalle. Stranamente, i suoi occhi verdi sembravano risplendere particolarmente alla luce della luna. Il figlio di Ade avvertì un nodo allo stomaco.
 -Nella mia cabina. Piuttosto perché tu mi stai seguendo?
Percy alzò gli occhi al cielo.
-Potresti stare solo un po' più vicino agli altri...non darebbe fastidio a nessuno.
 Nico gli rivolse un sorriso sarcastico.
 -Certo, nessuno. Eccetto, magari... me?
Tra i due cadde il silenzio. Percy non capiva perché Nico si isolasse così tanto. Anche se gli dispiaceva, si era ormai rassegnato da tempo al fatto che, con tutta la faccenda di Annabeth e Bianca, lui e Nico non sarebbero potuti diventare amici. Ma il ragazzo continuava a non capire perché Nico evitasse così tanto gli altri. Il figlio di Poseidone si chiarì la gola.
-Nico, senti… lo so che… insomma, ho capito che sei… innamorato di… lo sai… Annabeth.
Negli occhi di Nico scintillò qualcosa, ma non avrebbe saputo dire cosa. Il re degli spettri fece per parlare, ma Percy continuò.
-E che probabilmente mi odi per questo. Ma non devi escludere anche gli altri.
Nico sembrava spaventato. Forse sono stato un po’ troppo diretto, si disse Percy. E supponeva che fosse così.
-Io… io non sono innamorato di Annabeth. – la voce di Nico era mortalmente calma –e soprattutto… io non ti odio.
-Oh. – ma allora perché..?- io non… non capisco.
-No, infatti. Non capisci. –il figlio di Ade aveva perso la sua calma. Nella sua voce, e nel suo sguardo, c’era dolore. –Non capisci niente.
-Allora aiutami!- sbottò Percy –aiutami a capire!
Nico scosse la testa.
-Scusa, Percy. Devo andare.
Si voltò. Percy cercò di afferrarlo, ma ormai Nico era già sparito in un viaggio nell’ombra. Tutto quello che la sua mano trovò fu un pugno di oscurità.
***
Nico era ben deciso ad evitare Percy a tutti i costi, quel giorno. E quello dopo. E dopo ancora. Anche per l’eternità, se fosse stato necessario. “Continui a scappare? Non ne hai la forza.” Quelle parole gli rimbombavano in testa dalla sera prima. Forse è vero, si disse. Forse dovrei smetterla. Ma la sola idea di confessare i suoi segreti gli dava la nausea. Farlo una volta era stato traumatico. Dirlo a Percy? No grazie. Si avviò verso la sua spiaggetta deserta. A ripensarci dopo, era stata una mossa davvero stupida, considerando che Percy sapeva che passava lì gran parte del suo tempo, ma quel posto era stato il suo piccolo angolo di calma per un bel po’, e non era facile perdere l’abitudine. Distrusse definitivamente il suo manichino da allenamento. Si sentiva un po’ in colpa, ma in fondo ce n’erano molti altri al campo. Uno in meno non sarebbe stato un dramma.
Sedette sulla riva, senza scarpe né il suo amato cappotto, con i piedi immersi in acqua. Era una sensazione rilassante. Chiuse gli occhi e inspirò: amava il profumo del mare, anche se assomigliava decisamente a quello di Percy. Qualcuno gli posò una mano sulla spalla: sobbalzò e si ritrovò davanti due occhi verde mare. Percy si sedette accanto a lui.
-Cominciavo a pensare che mi stessi evitando.
Esordì.
-E in effetti era quello che cercavo di fare.
-Già. Senti, scusa per ieri sera. E’ che… è da tanto che volevo chiarire questa cosa.
Nico scrollò le spalle.
-No, in realtà credo di essere io ad aver esagerato. E’ che… a volte mi sembra di aver sbagliato tutto. Mi ero ripromesso di proteggere Bianca. Poi di riportarla indietro. Avevo deciso di aiutarti e ti ho tradito, durante la guerra dei Titani. E poi Hazel, e le Porte, e ora…
-Nico.- lo interruppe Percy –Qualsiasi cosa tu abbia fatto, non è un fallimento. Anche gli dei sbagliano. Noi siamo umani. Un errore non è per forza…
-Percy, ti prego, stai zitto. Tu non sai cosa… sono io ad essere sbagliato. Tu non puoi…
-Capire? Te l’ho già detto, Nico. Aiutami a capire.
Nico scosse la testa.
-Nico, guardami negli occhi.
Ordinò Percy. Suo malgrado, il figlio di Ade obbedì. Si sarebbe voluto perdere in quegli occhi verde mare. E’ così bello, pensò. E in quello stesso istante si odiò per averlo pensato.
-Non hai sbagliato tutto. E non sei un errore. Nessun essere umano può esserlo. Guarda Luke: lui aveva sbagliato molte cose. Era corrotto. Ma si è dimostrato un eroe.
Nico non disse niente. Percy sembrava così convinto di quel che diceva, che ci stava quasi credendo anche lui. Quasi. Il figlio di Poseidone si voltò verso l’altro.
-Nico, qual è il vero problema?
-Niente, Percy. Niente.
-Beh, se dovessi deciderti a dirlo… avvertimi, ok?
***
Percy tornò il giorno seguente, ma quella volta sembrava aver definitivamente rinunciato a pressarlo. Si comportò in modo molto più leggero, e così per Nico era decisamente più facile.
Il figlio di Ade amava leggere. Sia in inglese, che in greco antico, senza distinzioni. Amava i libri che parlavano di persone normali, di persone normali con problemi normali che vivevano in un mondo normale. Gli ricordava che anche le persone normali che vivevano in un mondo normale avevano problemi normali, ma che sembravano enormi. E la cosa gli dava coraggio.
Quando Percy arrivò, Nico stava leggendo. Il libro era in greco. Quando Percy lo vide, sgranò gli occhi.
-Cioè, tu davvero riesci a leggere quella roba? Ma come fai?
Nico si strinse nelle spalle.
-Non è difficile.
-Parla per te, io non ci capisco niente.
Nico sbuffò.
-Potrei aiutarti io, magari.
Aveva parlato d’impulso, desideroso com’era di fare qualcosa di utile. Poi aveva realizzato cos’aveva appena detto e si sarebbe volentieri rimangiato tutto. Percy sembrava sorpreso.
-Dici sul serio? Insomma, fino a ieri mi evitavi.
Per la prima volta, Nico si costrinse a guardarlo negli occhi.
-Forse è ora di smettere di scappare.
***
Percy arrivò alle 14.32 del pomeriggio. Nico aveva osservato nervosamente l’orologio, desiderando che il momento non arrivasse. Ma ora il figlio di Poseidone stava bussando alla porta della sua cabina.
-Entra.
Percy si affacciò all’interno della capanna di Ade, e rimase sconvolto. Accogliente. Fu l’unico aggettivo che gli venne in mente per descriverla. Ok, le pareti di granito scuro e le torce verdi erano decisamente inquietanti, ma nell’aria c’era qualcosa che ti faceva sentire a tuo agio. E c’era anche un vago profumo di biscotti al cioccolato. C’era un letto solo, semplice. E intorno, strane poltroncine, quelle a forma di sacco con dentro dei pallini che Percy non aveva mai capito come si chiamassero. Pouf, forse? La cosa strana erano i colori. Nico vestiva sempre di nero, e Percy si era aspettato che tutto fosse di quel colore. Invece le poltrone, i tappeti, le lenzuola e la trapunta, erano verdi. Non dello stesso verde inquietante delle torce, ma un tipo di verde che metteva allegria solo a guardarlo. Inizialmente, Percy non riusciva a vedere il legame tra Nico e quel colore.
Poi lo vide.
In un angolo, c’era un tavolino basso, con sopra una tovaglietta. Verde. E sul tavolino… per Percy fu come una pugnalata. C’era una fotografia. E un cappello. Verde. E una miniatura di un Dio. Ade.
-Era il suo colore preferito. Il verde, dico. E anche il mio.
Percy non sapeva cosa dire. La voce di Nico suonava neutra. Non capiva bene come stesse, pensando a Bianca. Aveva accettato la cosa? O ancora desiderava portarla indietro? Ed era ancora arrabbiato con lui per non averla protetta?
-Percy…
-Si?
-Non amo parlarne. Vogliamo cominciare?
Indicò un libro di greco, buttato su una delle poltrone (Percy decise che si chiamavano pouf).
Sedettero vicini, su uno dei pouf più larghi, con il libro appoggiato a un tavolino. Nico gli fece un breve riepilogo delle regole più utili, poi gli indicò una frase da provare a tradurre. Percy si chinò a leggere. Erano così vicini. Nico respirò profondamente, ma si rese conto di aver sbagliato. Il figlio di Poseidone profumava di mare, ed era un odore così buono che lasciò Nico confuso per qualche secondo.
-Ohi, Nico? Mi senti?
-Si, che… cosa?
Nico si rese conto che non aveva esattamente dato prova della sua attenzione.
-Dicevo… agros significa campo, giusto?
Nico annuì.
-Quindi, questo qui è cheeseburger… mmh, dovrebbe essere “Il grande cheeseburger cresce nel campo, vero?”
Nico aggrottò le sopracciglia.
-Dei, Percy, no- disse, cercando di non ridere –è… “Il grande Achille scende in campo”.
-Ah.- Percy lo guardò sorridendo – lo sapevo.
Scoppiarono entrambi a ridere, fino a non poterne più. Percy cercò di prendere fiato, asciugandosi le lacrime dagli occhi.
-Vabbè, dai… c’ero andato… più o meno… vicino…
Nico cadde dal pouf tenendosi la pancia, ormai faticava a respirare. Percy lo prese per un polso. Per un istante, si guardarono seriamente. Quanto tempo era che non ridevo così? si chiese Nico. Poi scoppiarono a ridere nuovamente.
-Giuro che se lo dici ad Annabeth ti uccido.
Borbottò Percy. Per la prima volta, a Nico non fece male sentire il nome della ragazza.
***
Annabeth era tesa. Non riusciva a capire esattamente come, ma sentiva che, dopo la guerra con i giganti, i rapporti tra lei e Percy erano cambiati. Loro erano cambiati. Provava ancora un incredibile affetto verso il ragazzo. Ma non era più quel tipo di affetto. Era più quello tra un fratello e una sorella. Si agitava se lui non c’era, ma lo faceva solo perché si sentiva in dovere di farlo. Vedeva chiaramente che Percy preferiva essere lasciato libero. E in un certo senso, anche lei voleva sentirsi libera. Per un po’, voleva sapere come potesse essere non angustiarsi per un ragazzo. Sbuffò. Doveva decisamente trovare una soluzione.
***
Nei giorni seguenti, i Percy e Nico cominciarono ad allenarsi insieme. Percy scoprì che stare con Nico era facile: forse non era il massimo della socialità, ma gli permetteva di essere sé stesso, di lasciarsi andare completamente. E si stava rendendo conto che anche a Nico piaceva stare con lui. Si lasciava andare, rideva. A Percy faceva bene al cuore vederlo così.
 La sera, a cena, Percy lo aveva convinto a sedere con il resto dei sette, anche se in quei momenti Nico tendeva a chiudersi di nuovo in sé stesso. Ma Percy ci stava lavorando.
Quella sera,lui e Nico erano stati tutto il giorno ad allenarsi insieme, in quella che era diventata la loro spiaggetta privata. Percy aveva addirittura convinto Nico a farsi un bagno in mare. Erano arrivati al padiglione della mensa dopo il tramonto, con i capelli ancora bagnati (anche se Percy in teoria era impermeabile , ma quella volta aveva deciso di bagnarsi per prendersi a gavettoni con Nico in modo leale). Il figlio di Ade si era scottato il naso, che era leggermente arrossato. La sera, al tavolo, regnava una straordinaria calma. Persino Leo aveva passato tutto il giorno in officina, ed appariva troppo stanco per le sue solite battute. Annabeth non disse una parola, mantenendo lo sguardo ostinatamente fisso sul suo bicchiere. "Non possiamo andare avanti con questa storia" si disse Percy. Voleva bene ad Annabeth, ma adesso la vedeva più come una sorella che altro. E aveva l'impressione che per lei fosse lo stesso. Fu la ragazza a fermarlo, finita la cena.

-Credo che abbiamo bisogno di chiarirci, Percy. Tutto questo ci ha cambiati...
Percy annuì.
 -È difficile andare avanti così.
 Ammise.
 -Credo che dovremmo prenderci una pausa- continuò lei - per schiarirci le idee... capirci qualcosa.
 Percy annuì di nuovo
 -Sai sempre cosa dire, Cervellona.
-Stammi bene, Testa d'Alghe.
***
 Nico sedeva sulla spiaggia quando Percy lo trovò. Il figlio del mare si accucciò accanto a lui.
-Ehi.
 Nico sussultò.
-Non ti ho sentito arrivare.
Percy scrollò le spalle. Il figlio di Ade capiva che a Percy era successo qualcosa: guardava il sole tramontare in modo diverso, e nelle sue spalle c'era una tensione diversa. Per qualche minuto, tra i due regnò il silenzio.
 -Annabeth ed io... ci siamo lasciati.
 Ammise infine.
Il cuore di Nico fece una capriola. Davvero? Si sentì immediatamente in colpa per esserne stato felice.
 -Sono cambiate tante cose, Nico. Io sono cambiato. E credo anche tu.
Percy gli prese il mento con due dita, costringendolo a guardarlo negli occhi.
 -Vuoi dirmi cos'è? Perché mi evitavi? Perché... tutto questo?
 Nico scosse la testa e si ritrasse dalla presa dell'altro.
-Ti prego, non... non insistere.
 Boccheggiò.
 -No, ti prego io. Per favore.
 Quando Nico parlò, sembrava guardare l'orizzonte, sembrava vedere oltre Percy cose che solo lui poteva vedere. La sua voce era rotta.
-Io... io sono innamorato di te. Da.. non lo so. Da troppo tempo. Non c'è altro da dire. Percy, scusa, ma...
Nico si alzò e si allontanò. Il cuore di Percy martellava come un uccellino spaventato, non avrebbe saputo dire se per la sorpresa o... altro.
 Si alzò e, correndo, raggiunse Nico. Lo afferrò per un braccio.
 -Nico, aspetta!
 -Percy, io.. lasciami!
 -No! No, cosa hai intenzione di fare, adesso? Scappare? Di nuovo?
La voce di Percy era carica di rabbia, e non sapeva il perché.
 –Io non scappo,  io...
-Si, invece! Non fai altro che nasconderti da tutto e tutti!
 -Percy, io non scappo da tutti. - la voce di Nico era glaciale- io scappo da te. E da me! Io ho... ho paura dei miei sentimenti! Ho paura di te!
Con uno strattone si liberò dalla presa dell'altro. Si voltò, affrettandosi a raggiungere l'ombra degli alberi. Percy sussultò. Si rese conto che non poteva lasciarlo andare, non poteva. Lo afferrò proprio nell' istante in cui l'altro cercava di sparire in un Viaggio nell'Ombra, bloccandolo. Lo afferrò per le spalle, costringendolo a voltarsi. Nico era paonazzo di rabbia. Aveva il fiato corto. Percy lo inchiodò con lo sguardo.
 -Percy, lasciami anda...
-No. Ora mi ascolti. Non devi aver paura di te, ok? E soprattutto, non devi aver paura di me.
E lo baciò. Non sapeva esattamente perché lo avesse fatto. Non sapeva come. Ma nell'istante in cui le loro labbra si toccarono, capì che era la cosa giusta. Provò mille emozioni insieme, ma erano tutte positive. Si sentiva come quando beveva un bicchiere di Nettare, e quello sapeva dei biscotti di sua madre. Neanche l'Elisio avrebbe potuto essere così bello.
La prima cosa che Nico pensò fu "oh, dei, perché? No, no". Avrebbe voluto ritrarsi. Avrebbe voluto
voltarsi e scappare via. Ok, forse Percy aveva avuto ragione quando aveva detto che fuggiva sempre.
All'improvviso, qualcosa dentro di lui cambiò. Era stufo. Stufo di scappare, stufo di nascondersi, stufo di tutte le sue paure. Lasciati andare. Le labbra di Percy erano morbide contro le sue. La sua mano era appoggiata in modo leggero dietro la testa di Nico.
A ripensarci, non avrebbe saputo dire quant'era durato, quel bacio. Sarebbero potute essere ore come secondi. E fu in quelle ore, o in quei secondi, che finalmente Nico accettò chi era. E seppe di essersi liberato dei suoi fantasmi. Lentamente, le loro labbra si discostarono. Gli occhi neri di Nico incontrarono quelli verde mare di Percy. Erano così belli.
 -Non andartene.
 Disse. Nico accennò un lieve sorriso.
-Non vado da nessuna parte.
***
 Passarono il resto della serata sulla spiaggia, stretti l'uno all'altro. Nico si raggomitolò contro il petto di Percy.
-Ti amo.
 -Anche io, ti amo.
  
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