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Autore: 365feelings    08/04/2014    4 recensioni
Mentre apparecchia per uno, avverte l'usuale malinconia al pensiero che quella è la sua normalità, la sua vita: all'inizio faceva più male, poi ha imparato a farci l'abitudine.
Eppure ha la sensazione che questa volta sia peggio delle altre.
Decima classificata al Contest del libri non letti di M4RT1
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso, Leo Valdez
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Pacchetto: Eragon
Fandom: Percy Jackson
Titolo: How to save a life
Rating: verde
Personaggi: Leo Valdez, Calipso
Genere: malinconico, sentimentale
Avvertimenti: future!fic, het
Intro: Mentre apparecchia per uno, avverte l'usuale malinconia al pensiero che quella è la sua normalità, la sua vita: all'inizio faceva più male, poi ha imparato a farci l'abitudine.
Eppure ha la sensazione che questa volta sia peggio delle altre.
NdA: come riuscirà Leo a tornare ad Ogigia? Ma soprattutto, ci riuscirà? In questo headcanon ho deciso di sì (chi mi segue sa che ho scritto anche una versione in cui lui muore senza esserci mai riuscito). Tuttavia io non sono Riodarn e di isole che puoi visitare una volta sola ne so molto poco. Nel libro Leo contava di aggiustare Festus e poi di usare il cristallo che Calipso gli ha dato e l'astrolabio di bronzo. Siccome alla fine di HoH il drago è un essere vivente non me la sono sentita di usarlo come mezzo di trasporto: si sa ancora così poco di lui e potrebbe perire nel prossimo libro, quindi almeno su una cosa ho deciso di semplificarmi la vita. Leo si costruisce la bussola ma alla fine la monta su una nave.
Calipso sa bene perché si trova ad Ogigia, ma credo che in momenti del genere venga spontaneo chiedersi perché proprio a me tra tanti.
Del pacchetto ho ovviamente usato la citazione ("Una lacrima, una sola gli rotolò sul volto impassibile e svanì al sole, lasciandogli una riga di sale sulla pelle. Chiuse gli occhi e assaporò il calore, svuotando la mente. […] Perché io?” ) e l'immagine.





HOW TO SAVE A LIFE

Siede su uno sperone di roccia e guarda, senza vederlo davvero, il punto in cui Leo è scomparso. Quanto è passato? Secondi, minuti, ore o forse giorni?
Il mare sotto di sé rumoreggia e nel fragore delle onde che si infrangono contro la scogliera le pare di cogliere l'eco di quella domanda più volte sussurrata. Conoscerne la risposta, però, non è di alcun conforto.
Una lacrima, una sola le rotola sul volto impassibile e svanisce al sole, lasciando un riga di sale sulla pelle. Chiude gli occhi e assapora il calore, svuotando la mente.
Cerca di cancellare il suono della risata del figlio di Efesto, il ricordo di quel bacio rubato, le loro discussioni. Si concentra sul sole che incendia il cielo e tinge di arancio le nuovo lontane, sull'odore della salsedine, sulla consistenza ruvida della roccia sotto di lei, ma ogni cosa sembra ricondurla a Leo Valdez e fa male.
Perché io?

Dopo aver fatto colazione, Calipso ha tolto l'edera da una delle fontane del suo giardino, ha potato una delle siepi e ha innaffiato le ortensie. Poi ha pranzato e si è concessa una pausa sull'amaca, quindi si è rimessa al lavoro e prima di cena è andata a nuotare. Così per uno, due, venti giorni: è tornata alla quotidianità, torna sempre alla quotidianità una volta che un eroe riparte. Per tutto il tempo (che è sempre troppo poco) in cui il semidio resta ad Ogigia finisce per tralasciare le sue attività, non che ci sia il rischio che non riesca più a recuperare i lavori che ha dimenticato di svolgere.
Mentre apparecchia per uno, avverte l'usuale malinconia al pensiero che quella  è la sua normalità, la sua vita: all'inizio faceva più male, poi ha imparato a farci l'abitudine.
Eppure ha la sensazione che questa volta sia peggio delle altre.



Leo non ha mai dimenticato la sua promessa, nemmeno per un secondo, nemmeno mentre rischiava di morire, soprattutto ora che Gea è stata sconfitta.
Vorrebbe potersi mettere subito al lavoro, ha già qualche idea da dove partire con le ricerche, quali libri consultare, chi contattare. Ma la vittoria della progenie dell'Olimpo è accompagnata dalla necessità di ricostruire ciò che è andato distrutto e le macerie sono molte: i due Campi non fanno in tempo a rompere i ranghi, che sono di nuovo fianco a fianco.
La sua promessa è sempre lì, in cima alla lista di cose da fare, segnata con la stessa urgenza con cui era segnata la vittoria contro Gea. Leo non potrà mai dimenticarla.

«È un'impresa impossibile» gli dice Annabeth. 
«A Leo Valdez piacciono le imprese impossibili. A dirla tutta, sono quelle che gli riescono meglio».
Qualche giorno dopo la figlia di Atena torna un vecchio libro e un tacito messaggio, «Non arrenderti allora».

Gli piace credere di aver perso il conto del tempo, ma non è così: sono passati trecentocinque giorni da quando ha lasciato Ogigia, centotto da quando ha iniziato a lavorare sulla bussola. E non ci sono progressi, solo la sensazione che gli stia sfuggendo qualcosa, una sola, piccola, fondamentale cosa. Nemmeno Annabeth sembra venirne a capo ed è frustrante. Ci sono giorni in cui si chiede se riuscirà mai a mantenere la sua promessa o se fallirà.

Quando non pensa a come raggiungere Ogigia, pensa a Calipso, a come debbano essere i suoi giorni — lenti, monotoni, un infinito susseguirsi di medesime azioni.
Si chiede se lo stia aspettando o se gli Dei le abbiano concesso un nuovo eroe, un semidio che magari ha scelto di restare.
Si rimette al lavoro.


Efesto un giorno va a trovarla; era da molto tempo che non si faceva vivo, un secolo o giù di lì.
Le raccolta di come Percy Jackson abbia salvato l'Olimpo due volte e di come il Campo Mezzo Sangue e il Campo Giove stiano cercando di collaborare. La pace non è facile da mantenere, ma entrambe le fazioni stanno facendo del loro meglio.
«Tuo figlio mi ha fatto una promessa» gli dice prima che se ne vada e suona molto come un «Farà meglio a mantenerla».



«Prendetevi cura di lui» dice ai suoi amici, riferendosi a Festus «Sarò di ritorno...prima o poi».
Alla felicità per essere finalmente riuscito a costruire la bussola usando il cristallo e l'astrolabio, si sostituisce ora la tensione. Sono tutti perfettamente consapevoli della pericolosità dell'impresa, potrebbe succedere qualsiasi cosa — Leo potrebbe non far più ritorno.
Mentre sale a bordo della triremi che ha costruito per l'occasione (un modello più piccolo e più veloce dell'Argo II), Piper è l'ultima a salutarlo e nella sua voce c'è un pizzico di parlata ammaliatrice.

Leo emerge tossendo da una nuvola di fumo e vapore, accanto a lui la nave scricchiola e sbuffa e a poppa c'è un principio di incendio che si affretta ad estinguere. Quando finisce, è ancora più sporco e malmesso di prima.
Non è l'ingresso che intendeva fare, contava di avere un aspetto più eroico, ma dall'espressione di Calipso comprende che in ogni caso non è passato inosservato; non che sia difficile, in un'isola che conta un solo abitante.
Non fa tempo ad esordire con la battuta che si era preparato (originariamente da recitare sulla prua della nave, un piede sul parapetto e la mano che stringe una delle corde della vela) che la ragazza si precipita tra la sue braccia. L'impatto rischia di farli cadere entrambi all'indietro, ma all'ultimo secondo riesce a stabilizzarsi e a congiungere le braccia dietro la schiena di Calipso. Lei gli dà un bacio a stampo, cogliendolo un'altra volta di sorpresa. 
«Non credere che sia felice di vederti» gli dice però qualche secondo dopo, senza dargli il tempo di reagire «Come hai osato ripresentarti e guarda cosa hai fatto alla mia isola, quel catorcio deturpa la spiaggia» e continua senza filo logico «Ce ne hai messo di tempo, ma sia ben chiaro, non ti stavo aspettando. Inoltre —».
Ma non riesce a terminare il suo confusionario discorso, che Leo la zittisce con un bacio, uno vero, uno di quelli che sognava di darle da tanto tanto tempo. Dopo lo stupore iniziale, sente le labbra di Calipso schiudersi.

«Sei certo che regga?» gli chiede, perplessa, salendo sulla nave che dovrà portarla via: l'atterraggio di fortuna l'ha danneggiata in più punti e anche se è stata riparata non ha un bell'aspetto.
«Fidati, l'ho costruita io. Tu pensa solo a dire addio ad Ogigia, perché finalmente te ne andrai da qui».
Calipso non ne ha davvero bisogno, non potrà mai dimenticare l'isola che per tutti quei secoli l'ha ospitata, ma ugualmente si volta ad osservare la mezzaluna di sabbia bianca, la scogliera, gli alberi; imprime nella sua mente il rumore del vento tra fronde e lo scrosciare dell'acqua sulle rocce, la bellezza della trina di luna e il tintinnio delle collane di conchiglie appese ai rami. Ogigia è stata la sua prigione e in fondo anche la sua casa.
Quindi torna a posare lo sguardo sul ragazzo che nel frattempo sta effettuando gli ultimi controlli. È tornato, è tornato davvero, ha mantenuto fede alla sua promessa; c'erano giorni in cui credeva non lo avrebbe mai rivisto, come non aveva mai più rivisto Odisseo, Drake e Percy. Invece Leo è lì davanti a lei e sta per portarla via con sé — per salvarle la vita. 
È cresciuto. Il cambiamento è appena percettibile, ma Calipso lo ha notato: le spalle un po' più larghe e robuste, qualche centimetro di altezza, lo sguardo più maturo, una cicatrice che prima non c'era. Si muove con sicurezza e quando le dice che sono pronti a partire, le mani sul timone e l'espressione concentrata, sembra davvero un eroe e lei si fida.
Il vento gonfia la vela senza preavviso e la barca si muove, le scappa un grido e si aggrappa al braccio di Leo un po' per non cadere un po' per paura. Arrossisce e abbassa lo sguardo, ma non interrompe il contatto.

Si sporge dal parapetto e ammira la costa frastagliata di un'isola che non è Ogigia e si lascia andare ad una risata liberatoria, quindi fa una piroetta ed ebbra di felicità si avvicina a Leo.
«Grazie» gli sussurra, baciandolo.
   
 
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