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Autore: Stephanie86    08/04/2014    3 recensioni
One Shot incentrata su Zelena e sulle persone che l'hanno cresciuta. Qualche momento legato alla sua infanzia. Malvagia oppure solo una bambina abbandonata?
[Child!Zelena]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Zelena
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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She’s not like us

 

 

 

 
“È bellissima”,
disse la donna, osservando la bambina che stringeva tra le braccia.

“Già”, rispose suo marito, reggendo la fiaccola che serviva loro per illuminare il buio sentiero che li avrebbe condotti alla Città di Smeraldo.

All’improvviso il vento si intensificò. Vi fu uno scricchiolio alle loro spalle. La bambina mosse un braccio, un gesto apparentemente casuale, fissando gli alberi e il cielo con i suoi grandi occhi azzurri. E proprio uno di quegli alberi si torse e cadde come se una scure invisibile lo avesse abbattuto. Cadde, evitandoli, ma per poco.

Un terrore atavico si impadronì dell’uomo, che si sentì ghiacciare il sangue. “È stata lei! Ha buttato giù quell’albero”.

La bambina sorrideva. Adorabile.

“Calmati, caro. È stato il vento. È solo una neonata e ha bisogno del nostro aiuto. Possiamo tenerla?”. La donna non aveva mai avuto figli, ma li desiderava. E sorrideva alla piccola come se lei fosse un dono del cielo. Beh... in un certo senso lo era. Il tornado l’aveva portata fino a lì.

“Non è una buona idea. Hai visto cos’ha fatto? Non è come noi”. Era spaventato. Temeva che qualsiasi potere avesse quella bambina, avrebbe fatto loro del male.

“Hai ragione, non lo è. È sola e noi ci occuperemo di lei”.

La bambina sembrò approvare. Sorrise ancora e si agitò un po’ tra le braccia della donna.

Non rifarlo, supplicava tra sé e sé il taglialegna. Non rifarlo, ti prego. Qualunque cosa tu sia, non rifarlo.

“Ora proseguiamo lungo il sentiero o non arriveremo mai alla Città di Smeraldo prima dell’alba”.

“Come la chiameremo?”.

“Che ne dici di... Zelena? Sarà la bambina più felice di tutta Oz”.

Sconfitto, il taglialegna non parlò più e proseguì lungo il sentiero con la moglie.

Zelena. Significava “verde”, proprio il colore che dominava nella strana Città di Smeraldo che si stagliava di fronte a loro, illuminando quella notte oscura.

 

Non appena entrarono in casa per sistemare le loro cose, Zelena cominciò a piangere. Anzi, non si limitava a piangere. Strillava all’impazzata. Il taglialegna la guardò, sconcertato. Era rossa in viso e teneva gli occhi strizzati. I piccoli pugni disegnavano cerchi di rabbia nell’aria.

- Oh, piccola... tranquilla. Siamo a casa. Va tutto bene – disse la donna che da quel momento sarebbe stata sua madre. La tirò fuori dalla cesta e la cullò. Era raggiante, come non lo era mai stata da quando si erano sposati.

Un sommovimento scosse l’abitazione. Gli oggetti sulle mensole di legno traballarono. Fu una questione di qualche istante, poi tutto si fermò.

- Cara, hai sentito, vero?

- Certo che ho sentito. Era un terremoto, credo.

Zelena aveva smesso di piangere e si succhiava le dita.

- Dobbiamo darle qualcosa da mangiare. – osservò la donna, baciandola sulla fronte.

- Ma... il terremoto...

- È passato. Vuoi che muoia di fame?

Era impossibile discutere. Sua moglie era stata ammaliata dalla bellezza di quella bambina venuta da chissà dove.

Il taglialegna uscì. Anche se era molto presto, nella Città di Smeraldo era già attivo un piccolo mercato in cui artigiani e contadini vendevano le loro merci. Comprò del latte e qualcos’altro per sé e sua moglie. Quando tornò Zelena aveva ricominciato a piangere, ma tutto sembrava in ordine. Sua moglie riscaldò il latte e poi lo diede alla piccola, che lo bevve, gorgogliando soddisfatta.

Il taglialegna sbirciò da sopra la spalla della moglie. Si ritrovò a contemplare la bambina, affascinato. Sì, era davvero bellissima, su quello non c’erano dubbi. Aveva la pelle liscia, chiara e immacolata. Il viso paffuto. Una fitta massa di capelli chiari, tendenti al rosso. Ma erano gli occhi a catturare. Quei grandi occhi azzurri. Non aveva mai visto occhi simili, occhi che sembravano anche... stranamente adulti.

Sei un osso duro? Sei una che dà del filo da torcere?

(sei malvagia?)

- Chi avrà mai avuto il coraggio di abbandonare questa povera bambina? Bisogna essere davvero crudeli. – osservò sua moglie.

Malvagi, forse, pensò il taglialegna.

- Non so. Non ne ho idea.

 

***

 

A due anni Zelena già dimostrava di essere una bambina molto sveglia. Chiunque la vedesse se ne innamorava all’istante e lei si lasciava prendere in braccio da tutti.

Il taglialegna aveva evitato accuratamente di parlare dei suoi strani poteri. Non voleva che la gente sapesse. Ogni tanto succedevano cose strane, ma sua moglie fingeva di non vederle e si dava spiegazioni assurde per non ammettere quella che era la verità. Zelena non era come loro.

“È sola e noi ci occuperemo di lei”.

Lo facevano.

Una mattina, in pieno inverno, il taglialegna si alzò presto, rabbrividì e quando guardò fuori dalla finestra scoprì che durante la notte era caduta molta neve. I pini gocciolavano e ondeggiavano. Sua moglie dormiva ancora. Si vestì, aprì la porta sul retro e notò che il vialetto d’accesso era scomparso. Ora c’era solo una lunga striscia bianca mescolata ai riflessi verdi, che erano le luci di città. Arrancò fino al portico sul retro e prese alcuni, solidi ciocchi di quercia, fermandosi solo un attimo a pestare i piedi prima di rientrare.

Aveva appena sistemato i ciocchi nel camino quando udì un rumore alle sue spalle. Zelena avanzò sulle gambette traballanti, cadde e proseguì gattonando verso di lui.

- Aspetta un momento, Zelena, devo accendere il fuoco. Qui dentro si gela.

- Paaaaaaa… - rispose la bambina.

Non sono tuo padre.

- Sì, adesso arrivo, solo un...

Il taglialegna vide la scintilla. La vide chiaramente e, preso dal panico, si tirò indietro. Fortuna che aveva ancora i riflessi pronti.

Vi fu uno scoppio fragoroso e una vampata di fuoco esplose nel camino. Il taglialegna urtò una sedia e finì gambe all’aria. Zelena rise, gioiosa, allungando una manina verso le fiamme.

- Ora basta! – gridò suo padre. Si rialzò, furente, afferrò la bambina e la mise seduta sul tavolo. Lei si dimenò e cominciò a piangere. – Inutile che strilli! Sei stata tu, ti ho vista! Hai acceso il fuoco con i tuoi maledetti poteri!

Zelena pianse più forte. Ciocche di capelli le erano ricadute sulla fronte.

- Chi sei tu?! Chi sei, piccolo essere malvagio?!

- Ma che cosa sta succedendo? – domandò sua moglie. Entrò in cucina, attirata dal trambusto. Prese Zelena in braccio e lanciò al marito un’occhiata di rimprovero.

- È stata lei. Ha acceso il fuoco. L’ho vista! – si difese lui.

- Smettila.

- Ti dico che l’ho vista.

- È solo una bambina. Non è colpa sua!

Sua moglie l’amava troppo per rendersi conto di quanto fosse preoccupante il fatto che una bambina così piccola avesse già quei poteri sconcertanti.

 

***

 

Zelena aveva da poco compiuto otto anni quando, una mattina, un bambino con il quale giocava spesso e che abitava nei pressi della sua casa le regalò un fiore. Era verde brillante, come molte altre cose della Città di Smeraldo.

Glielo porse, arrossendo.

- È per me? – domandò Zelena, sorpresa.

- Sì. Avrei voluto trovarne uno azzurro, perché i tuoi occhi sono azzurri. Ma non l’ho trovato.

Zelena si sentì lusingata per quel regalo. Fino a quel momento non le era mai stato regalato un fiore.

Allungò una mano, ma prima che il ragazzino potesse consegnarle il fiore, esso svanì in una nuvola verdognola e riapparve stretto dalle sue dita. Zelena lo guardò con gli occhi sgranati. Poi sollevò lo sguardo, preoccupata. Il ragazzino la fissava, incredulo, il viso bianco come ricotta.

- Scusa. Non lo faccio apposta, davvero. Non so come...

...controllarlo, stava per dire.

- Sei una strega!

- No...

- Sì, sei una strega! Ho visto quello che hai fatto!

- Ti ho detto che non l’ho fatto apposta. Ti prego... non lo dire a nessuno. Mio padre non vuole che si sappia.

Il ragazzino si girò e corse via, più veloce del vento. Zelena rimase là, con il fiore tra le mani. Era capitato altre volte che... le scappasse una magia, ma non l’aveva mai fatto di sua spontanea volontà. Era qualcosa che non era in grado di controllare. Suo padre la osservava spesso con sospetto. Con rabbia, anche. Ogni tanto aveva alzato un braccio come per colpirla, ma la mamma l’aveva sempre fermato. Sua madre era buona e sembrava non dare troppo peso a quei poteri.

- Cos’è successo, Zelena? – chiese sua madre, vedendola rientrare, scura in volto.

- L’ho fatto ancora.

- Cosa?

- La magia.

Sua madre titubò.

- È scappato. Credo di avergli fatto paura. Lui è stato gentile ed io non volevo spaventarlo. Ma non sono riuscita a controllarmi.

- Lo so, Zelena. So che è non colpa tua. – Sorrise e le permise di sedersi sulle sue ginocchia. Le accarezzò i lunghi capelli rossicci e ondulati. Avrebbe voluto che Zelena fosse la bambina più felice di Oz. Quando l’aveva trovata aveva pensato di poterla rendere felice. E l’aveva considerata un dono, perché non aveva mai avuto dei bambini, pur volendoli. Aveva notato i poteri, certo. All’inizio, aveva fatto finta che fosse tutto normale. Dava la colpa al vento quando un ramo si spezzava o un albero intero cadeva. Dava la colpa al terremoto oppure solo alla sua mente stanca quando sentiva gli oggetti muoversi sulle mensole o nei cassetti. Dava la colpa a se stessa quando non trovava qualcosa e quel qualcosa ricompariva nelle mani di Zelena.

Dovrei dirle la verità? Dovrei dirle che non sono sua madre?

“Dobbiamo dirglielo”, aveva suggerito suo marito. Ma lui non amava molto Zelena. Non l’aveva mai voluta davvero. Aveva anche cominciato a bere.

“No”.

“Sì, invece. Deve saperlo”.

“E perché mai? Chiunque l’abbia abbandonata non la rivorrà certo indietro”.

“L’hanno abbandonata perché è... malvagia”.

“Non dire idiozie. È una bambina!”.

“Non è solo una bambina! Non è come noi!”.

“Forse dovremmo portarla dal Mago. O da qualcuno che possa insegnarle...”

“No, così tutti vedranno ciò che è realmente”.

- Mettiamo il fiore in un vaso. Magari il tuo amico tornerà – disse la donna.

- No, non tornerà. Ha paura. Mamma, tu e papà non avete questi poteri, vero?

- No, tesoro.

- Perché?

Titubò di nuovo. Guardò Zelena e pensò che fosse proprio graziosa. Una bella bambina. Sarebbe stato altrettanto bello vederla crescere e diventare una donna adulta. Forse con il tempo avrebbe anche imparato ad usare la magia nel modo giusto. O forse... forse il Mago di Oz avrebbe potuto aiutarla.

Ma la donna che aveva cresciuto Zelena non stava bene. Da un po’ di tempo aveva delle emicranie. Certi giorni erano piuttosto forti.

- Non lo so, tesoro. Proprio non lo so. – finì col risponderle.

 

***

 

La moglie del taglialegna morì due anni dopo.

Quella notte Zelena trovò suo padre in cucina, con la testa appoggiata sulle braccia. Ubriaco fradicio. Mugugnava qualcosa di incomprensibile.

Gli era capitato già altre volte di alzare il gomito. E c’entrava anche il fatto che l’avesse vista spesso fare cose che uno come lui non comprendeva. Era piccola, ma non le sfuggiva quasi nulla.

- Padre...

- Va via... – borbottò, senza nemmeno guardarla.

- Padre, vi accompagno a letto.

- No. Va via, ti ripeto. – Alzò una mano per scacciarla. Zelena indietreggiò di un passo. – Non ti voglio, va via...

Lei avrebbe voluto piangere, ma non se ne andò via. – Padre, avete bevuto abbastanza.

- Che ne sai?

- Lo vedo. Vi accompagno a letto.

Il taglialegna si alzò pesantemente. La sedia cadde sul pavimento con fracasso. Poi con una mano scagliò per terra tutto quello che c’era sul tavolo.

- Ci vado da solo, a letto.

- Non ce la farete, padre.

- E come vorresti aiutarmi? – Si chinò in avanti, barcollando. Il suo alito puzzava terribilmente. La sua voce era roca, impastata e venata di collera. – Con la magia? Con la magia che sai usare tanto bene?

Zelena non rispose. Lo fissò, con gli occhi pieni di lacrime. Si disse che suo padre parlava così a causa del dolore. Non doveva dargli retta.

- Andiamo, padre.

Alla fine, protestando e farfugliando, lui si lasciò portare a letto.

- Sai cosa sei? Malvagia. Sì... sei malvagia. Lo sei sempre stata... – disse suo padre, mentre già stava cedendo al sonno.

Zelena pianse in camera sua, soffocando i singhiozzi nel cuscino.

 

***

 

Tre giorni dopo suo padre si decise a mangiare qualcosa di solido. Aveva un aspetto tremendo: barba lunga, capelli sporchi e spettinati, gli occhi rossi e cerchiati da ombre scure.

- Non mi guardare così. So di non avere un bell’aspetto. Devo darmi una sistemata. Bisogna apparire sempre al meglio, Zelena, qualsiasi cosa succeda. – Inciampò e per poco non cadde. Afferrò il bordo del tavolo per mantenere l’equilibrio. Imprecò. – Hai capito? Ricordatelo.

- Va bene, padre.

- Preparami la colazione, adesso!

- Tra un attimo. Prima, volete che vi faccia la barba?

- Tu fare la barba a me?

- Non credo possiate farvi la barba da solo, padre. Vi tremano le mani. Potreste tagliarvi.

- Anche tu potresti tagliarmi, bambina impertinente!

Zelena deglutì. – Vi ho visto tante volte mentre vi facevate la barba. Posso aiutarvi. Davvero. Starò attenta... a non tagliarvi, padre.

A non usare la magia, anche. Solo che lei non sapeva come avrebbe potuto evitare di usare la magia, perché quella veniva da sé. Da dentro. Da qualche posto profondo che Zelena non riusciva a raggiungere, perché nessuno le aveva mai indicato la via. Ma non voleva che suo padre si arrabbiasse ancora. Non voleva che suo padre le dicesse che era malvagia. E voleva sua madre. Voleva la mamma che le aveva sempre dimostrato il suo affetto, nonostante tutto. Voleva la mamma che le aveva detto più volte che lei era buona. Che non era colpa sua.

Ma la mamma non c’era più.

Intanto suo padre borbottò, protestò un poco e alla fine si arrese. E Zelena lo aiutò a farsi la barba.

 

***

 

Il fazzoletto comparve dal nulla, preceduto da un verde sfavillio.

“Non toccarmi!”, urlò suo padre, alzandosi e prendendo le distanze dalla ragazza che sedeva dinanzi a lui.  Il taglialegna aveva gli occhi fuori dalle orbite per la paura.

“Mi dispiace. Non posso farne a meno”, rispose Zelena.

“Intendi dire che non puoi controllarlo”.

“Forse se mi permetteste di imparare come...”

“Così chiunque vedrebbe ciò che sei davvero. Malvagia”. Sputò fuori quella parola con disprezzo, dopo una breve pausa.

Malvagia.

Malvagia. Malvagia. Malvagia.

La parola batté nel suo cranio come un maglio. Scandiva i battiti del suo stesso cuore.

Malvagia. Malvagia. Malvagia.

TUM-TUM. TUM-TUM. TUM-TUM.

Zelena si voltò a guardarlo, furibonda e ferita.  La voce le uscì stridula e sconvolta. “Come potete dire una cosa simile a vostra figlia?”.

Nessuna pausa tra la sua domanda e ciò che venne dopo. Nessuna paura e nessuna esitazione.

“Perché tu non sei mia figlia!”

TUM-TUM. TUM-TUM. TUM-TUM.

Il cuore perse un battito. Forse due.

“Di che cosa state parlando?”, riuscì a chiedere.

“Non sei nostra figlia, Zelena. Ti abbiamo trovata nel bosco, in una cesta portata da un tornado. Tua madre ha voluto tenerti. È stata ammaliata dalla tua bellezza, ma sotto c’era qualcos’altro...”

TUM-TUM.

TUM-TUM.

“La tua malvagità”.

 

________________________________________

 

 

Angolo autrice:

Okay, ho svelato il mio piccolo segreto: ho un debole per quell’invidiosa di Zelena. Appena ho visto la puntata 3x16 ho subito voluto dedicarle una one shot. Quando entro in empatia con i fictional characters è molto pericoloso. xD

A parte ciò, spero vi sia piaciuta. Non ho dato nomi ai genitori di Zelena, visto che la serie televisiva non ha dato informazioni a riguardo. Avrei potuto inventarmeli, ma ho deciso di non farlo.


   
 
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