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Autore: Andy Black    09/04/2014    7 recensioni
"Red..."
Il volto di Gold era contrito per il vento. La neve scendeva copiosa, e scivolava sulla sue guance. Talvolta toccava la scia che le lacrime avevano preso sul suo volto, e si scioglievano velocemente, andando a finire sulla sua felpa, lasciando macchie rosso scuro come il sangue.
Sangue che per altro gli scorreva dalle mani. Raggiungeva la punta dell'indice e cadeva a piccole gocce, come se la sua mano stesse piangendo come lui.

Gold vs Red, una storia in cui verranno trattate varie shipping, come la special e la oldrival, ed inoltre ci sarà la grande sfida tra due dei più grandi holders di sempre
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blue, Gold, Green, Red, Yellow
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pokémon Courage'
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Scelte sconclusionate senza un vero motivo


Le nuvole facevano a gara tra di loro, e durante il loro corso si sfaldavano, dimenticandosi chi fossero, com'erano fatte.
Certo, una di loro avrebbe vinto la gara, ma entrambe, accecate da quella folle sfida, non si sarebbero accorte di essere cambiate.
Quelle due nuvolette. Solo quelle due nuvolette macchiavano il cielo.
L'azzurro pallido che entrava nel rosa, nel tramonto di Fiorpescopoli, gli riempiva gli occhi dorati.
Gold era seduto al tavolino di quel bar da ormai venti minuti.
Non perché fosse un maniaco della puntualità, anzi, ma perché con lei voleva fare bella figura. Per lo meno stavolta.
Sapeva che lei non condivideva il suo modo di pensare riguardo le donne e le relazioni. Nonostante questo erano amici da tanto tempo, quasi dieci anni.
Yellow era venuta ad abitare da poco a Johto, e gli fu subito naturale passare del tempo con lei.
Inoltre non ricordava fosse diventata così bella.
Problemi. Sapeva che erano solamente i problemi ad averla portata a chiamarlo, qualche ora prima, e a dargli un appuntamento. Lui aveva accettato di buon grado e si era trovato con un paio d’ore d’anticipo a camminare per il sentiero che portava a Fiorpescopoli da casa sua, Borgo Foglianova.
Anche Crystal abitava a Borgo Foglianova. Tuttavia si vedevano di rado, lei lavorava stabilmente come assistente per il Professor Elm.
Scosse la testa, stava divagando.
Doveva pensare a Yellow. Per telefono gli aveva fatto intendere di volergli chiedere un favore.
Qualcosa suggerì al giovane che c’entrasse una persona in particolare.
Sbuffò, però preferì non farsi film in testa, ed aspettare che la bionda, che abitava a qualche centinaia di metri da quel bar, uscisse dal suo palazzo e con quel suo fare sexy e contemporaneamente innocente, inconsapevole, lo raggiungesse al tavolino.
Era quella la peculiarità di Yellow. Non si era mai accorta di quanto bella fosse, di quanto appeal potesse avere sugli uomini. Di quanto bella fosse con quei capelli biondi, e di quanto difficile fosse trovare una bionda in quel posto.
Lì erano tutte castane. O more.
Gold ne aveva abbastanza delle more.
Un altro sbuffo, guardò l’orologio e cancellò dalla mente il pensiero di prendere le cuffiette dalla tasca ed ascoltare il Wu Tang Clan dall’mp3. Tutto sommato era rilassante stare lì, a due passi dal mare, con la sabbia a qualche metro, alzata placidamente dalla brezza.
Un soffio di quella brezza gli spostava il ciuffo.
Ma non ci pensò più di tanto, Yellow stava per arrivare.
 
“Hey” sorrise lei, dolcemente.
Gold invece mostrò i denti, come se ne avesse più di quanti in realtà ne possedesse davvero. Stava raggiungendo il posto, velocemente, come se avesse timore che qualcuno la guardasse.
Ma d’altronde, in quel paese di anziani, chi non la guardava?
Era bellissima, straordinaria.
Longilinea, i tacchi alti ad aiutare nell’intento, stava perfettamente in un paio di leggins, fantasia jeans, ed in una di quelle magliette larghe, piuttosto lunghe. Era un po’ scollata, ed un po’ di seno si intravedeva timido.
Del resto non era mai stata prosperosa.
Gold si accorse solo di quando si avvicinò di più che la luce del tramonto trasformava in arancioni quei due occhi perfettamente gialli. I capelli, biondi, erano legati con la solita coda alta, ma qualche ricciolo era sfuggito al censimento del codino e pendeva come un lampadario prezioso sul suo collo.
Solo gli occhi truccati, neanche pesantemente, non avevano bisogno di risaltare, dato che le sue iridi erano eccezionali già di natura.
“Sei... meravigliosa”. Aveva optato per quell’attacco trasversale quel giorno, ma tra i due si era instaurato un rapporto d’amicizia, e Yellow aveva imparato a rimbalzarlo.
Tantoché quelli di Gold erano approcci fatti più a scopo ludico che altro, infatti in lei suscitavano il sorriso.
“Smettila. Comunque grazie”
“Accomodati. Che prendi?”
“No, sto bene così”
Gold la guardò come per farle capire che quell’opzione non fosse possibile.“Dai, devo fare colpo sulla cameriera, se non prendi niente penserà che sono un taccagno, e non è così”
“Ok... ok, prenderò una... una cola”
“Benissimo” sorrise il ragazzo, che poi schioccò le dita. Si materializzò la cameriera, quella di cui parlava prima Gold e che ostentava fin troppo l’attrazione verso il ragazzo. Segnò due cole sull’ordine, poi se ne andò, trascinando via lo sguardo, ancorato al tavolino dei due ragazzi.
“Anche se so benissimo il motivo per cui ora sei qui, voglio ancora approfittare del beneficio del dubbio. Perché ho attraversato in tutta fretta il sentiero tra questi due paeselli sperduti?” chiese Gold.
“Ah, mi spiace, spero di non averti dato fastidio”
Lui sorrise. Era questo che la rendeva straordinaria. Questo suo modo di essere... Yellow.
“Comunque?”
“Beh... è sempre il solito fatto, Gold...”
“Ancora Red?!”
Annuì sconsolata. “Ancora Red...”
Gold sospirò, ed avvicinò la sua sedia a quella della ragazza, pronto ad ascoltare l’ennesimo sfogo.
 
Yellow e Red si erano conosciuti quando lei era molto piccola. Lui le donò un Rattata, Pokémon che lei custodiva ancora gelosamente. Tanto era piccola, Red non capì nemmeno se fosse una ragazza o un ragazzo. A peggiorare questo misunderstanding fu l’abbigliamento della giovane, che indossava sempre un cappello da pescatore, di quelli di paglia, a nascondere la chioma dorata.
Infatti fu solo quando levò quel cappello che Red si accorse di dover rivolgersi a lei come una lei e non come un lui.
E poi crebbe, con quella segreta cotta per il ragazzo, malcelata dai suoi sguardi e dai suoi atteggiamenti.
Yellow era speciale. Era in grado di parlare con i Pokémon, di sentirne le emozioni, le sensazioni, e tutto questo era probabilmente dovuto al fatto che fosse nata e cresciuta nel Bosco Smeraldo.
E a Red questa cosa incuriosiva tantissimo, cosa che lo spinse a passare molto tempo insieme.
Lei intanto crebbe ancora, e da ragazzina diventò una donna. Una quasi donna, in effetti.
Ma bellissima, e Red si innamorò di lei, soprattutto per quel suo modo spontaneo di interpretare le cose.
Yellow era senza malizia. Proprio il totale opposto di Blue.
Lui la baciò, e lei si sentì cullata dai suoi sogni. Visse una favola per un annetto circa...
“...tutto fino a quando non dovemmo partire per quel convegno, con tutti gli altri Dexholder, quando dovemmo fronteggiare il ritorno di Deoxis”
“Ricordo benissimo...” fece quello con una punta di sarcasmo. Un’avventura meravigliosa. Deoxis tornò dallo spazio per cercare vendetta e loro dovettero fermarlo. Che storia...
“Beh... io ero con voi, parlavo con Sapphire di una piccola scaramuccia che era successa con Red, per via della lotta con Deoxis, una volta che tutto quell’ambaradan era finito, poi mi giro all’improvviso e non c’è più... allora mi alzo, e mi guardo intorno. C’erano tutti, ma proprio tutti”
“...tranne Red e Blue...” sospirò Gold, che quella storia l’aveva sentita almeno un centinaio di volte.
“Proprio così, tranne Red e Blue... ed io sono andata in panico, perché Blue è una ragazza bellissima... ed anche un po’ troia se vogliamo dirla tutta...”
“Andiamo avanti...”
“Sì, forse è meglio. Ad ogni modo non è possibile che il mio incubo più grande, ovvero che Red e... e Blue si chiudano nella tenda di lui a fare chissà cosa, si sia avverato!”
“Yellow, ora come ora non ci devi più pensare...”
“Ma la questione è che non so cosa pensare?!”
“Eh?!”. Questa parte suonava nuova alle orecchie del ragazzo.
“Il problema è che né lui né lei mi hanno detto niente. Infatti, mentre mi avvicinavo alla tenda, Red uscì e se ne andò. Ed io non sono riuscita a dirgli niente...”
“Non me la ricordo questa parte, però...”
“Come fai a non ricordarla?! Te l’avrò detta milioni di volte! Voi maschi siete tutti...”
“No! Non intendevo questo! Intendo dal vivo. Non mi ricordavo questa scena che lui esce dalla tenda... anche se in effetti è l’ultima volta che l’ho visto”
“Come mai non lo ricordi?”
“Probabilmente fu la birra che portò Green... un po’ pesantuccia, mi addormentai dopo la terza sulla panchina vicino al fuoco”
A nulla valse quel poco di spirito che Gold provò a mettere nella vicenda, Yellow rimaneva immobile, impotente, con gli occhi pieni di lacrime, pronte solo a fare il grande salto.“Gold... io devo capire...”
Lui la guardò. Era seria. E non aveva mai menzionato ad una probabile risoluzione di quel problema. Si era solo lamentata sempre della situazione, usandolo come valvola di sfogo.
“Vorrei tanto che tu capissi, ma...”
“Ma come si fa?!” e questo fu detto come un lamento. Gli occhi della ragazza fissarono il ragazzo che avevano di fronte. Non appena lui si morse le labbra, Yellow iniziò a piangere, cominciando a sciogliere il trucco che aveva sugli occhi.
“Non... non piangere, Yellow” disse, alzandosi e stringendola.
Yellow ben accolse quell’abbraccio, ma dentro si sentiva distrutta.  “Non ce la faccio... Gold, non ce la faccio più!” urlò lei.
Gold si morse ancora il labbro, poggiando la testa sulla sua. Profumava di buono.
Urlò un vaffanculo enorme, almeno in mente, quando la cameriera, portando le cole su di un vassoio, guardò Gold con disprezzo, additandogli la causa delle lacrime della giovane.
“Ti aiuterò io a scoprire il tutto. Partirò oggi stesso”
Yellow alzò il volto dall’incavo tra il collo ed il petto del ragazzo e lo guardò, con gli occhi bagnati, incorniciati da raggi neri che scendevano fino alle guance. “Davvero?”
“Certo”
 
E fu così che quell’avventura cominciò.
Non si rese nemmeno conto di come fosse stata possibile una cosa del genere, ma in ogni caso voleva capire, e quindi, quel pomeriggio, si ritrovò con la testa poggiata al finestrino congelato del Supertreno, dopo aver raggiunto Fiordoropoli in volo su Togekiss.
La sua testa aveva così tanto da fare in quel momento che tanto sembrava un controsenso, accostata al suo corpo immobile.
Doveva innanzitutto pensare alla linea guida da prendere.
Sarebbe sceso a Zafferanopoli, e sarebbe stato ospitato da Green, a Biancavilla, patria dei tre grandi allenatori di sempre di Kanto. Quattro allenatori, considerando il Professor Oak.
Dopo aver salutato Green (senza dimenticare Margi, che aveva visto una volta, e di cui rimase fulminato), si sarebbe sistemato per la notte, per poi provare a parlargli il giorno dopo di questa situazione.
Era complicato, perché Green non era una persona che adorava aprirsi. Era complicato avere a che fare con lui.
Ma quando l’aveva chiamato prima, per chiedergli se avrebbe potuto ospitarlo quella notte, lui era sembrato favorevole, quasi contento della cosa.
Quindi forse aveva già abbattuto il muro della noia costante che Green dava a vedere.
Dopodiché avrebbe dovuto parlare con Blue.
“Valla a trovare a Blue...” sospirò, mentre il treno superveloce attraversava velocemente Mogania.
Ma avrebbe trovato il modo.
Le avrebbe chiesto spiegazioni, dopodiché sarebbe andato alla ricerca di Red.
Kanto del resto non era poi così grande... vero?
I dubbi che gli si attanagliavano nella testa erano incredibili.
E poi?
E poi? Una volta trovato? Che avrebbe fatto? Di certo non poteva costringerlo a venire con lui, né usare una Poké Ball per catturarlo. Sarebbe dovuto essere abbastanza convincente da farlo andare via.
“Uff...” fece, ed Ebanopoli comparve all’orizzonte, mentre il sole faceva posto al vespro.
Forse sarebbe stato meglio farsi gli affari propri.
Cioè, l’ottanta per cento di quel gesto derivava dal voler vedere la sua amica felice. Un dieci percento derivava dal fatto che fosse un impulsivo per natura e che non riusciva a tenere la boccaccia chiusa quando doveva, ed un altro dieci per cento, ma forse anche un quindici per cento, rivalutando l’intera proporzione, era dovuto al fatto che voleva sorprendere Yellow.
Analizzò quella cosa, non era innamorato di lei. Questa cosa non stava né in cielo né in terra.
Yellow era innamorata di Red, e Red era un suo amico, e queste cose non le aveva mai fatte.
Preferiva far sbagliare gli altri, e non sbagliare lui.
Anche se era davvero difficile. Mettendo subito le cose in chiaro, lui non era fatto per una relazione stabile. Gli piacevano le donne, gli piacevano TUTTE le donne, ed un fidanzamento stava a significare giogo al collo, catene a polsi e polpacci e libertà vigilata. Meglio la sedia elettrica, piuttosto che una partaccia da parte della sua lei per aver guardato in direzione di una ragazza, senza neanche fosse lei l’obiettivo, magari.
Poi sorrise. L’obiettivo doveva essere per forza lei.
Ma con Yellow era differente.
Lei era carina, simpatica, dolce, modesta, carina l’aveva già pensato? Ad ogni modo lei lo attirava. E non nel senso carnale della situazione, come magari tutti pensavano quando si vedevano squadrati da lui, ma in un senso più profondo.
La apprezzava, ecco. Ma non le piaceva. Credeva.
Sbuffò, si stava confondendo. Capì che Yellow era pupù e che non si toccava, quindi si addormentò lentamente sul vetro del finestrino, almeno fino a che arrivarono a destinazione.
La campana del capolinea lo svegliò. Aveva un mal di testa assurdo. La posizione scomoda gli portò problemi anche al collo, ma poco importava. Si assicurò che tutte le sue cose fossero al proprio posto, alzò il cappuccio della felpa, zaino in spalla, e via.
Era buio, e faceva freddo. Si guardò attorno, Zafferanopoli, era una metropoli piena di palazzi e gente che correva avanti e indietro. Ognuno aveva qualcosa da fare, una meta.
Nessuno stava lì a ciondolare, senza far niente. Nessun ragazzo con la birra in mano, a fare le impennate sui motorini, a lottare per la strada.
Era proprio la città ad essere fredda.
Sapeva che in quella città la capopalestra fosse la bellissima Sabrina, ma non aveva alcuna intenzione di perdere tempo. Era praticamente ora di cena, e Green lo aspettava a qualche centinaio di chilometri da lì.
“Meglio mettersi in cammino...” disse, prendendo un panino, precedentemente preparato, posato nello zaino.
E così fece, uscì dalla città, proseguendo per il percorso che divideva la grande Zafferanopoli da un’altra grande città, Azzurropoli, dove si trovava la palestra di un’altra bellissima donna, Erika.
Non appena finì di mangiare salì di nuovo su Togekiss e si diresse velocemente verso Biancavilla.
 
Green era stanco. Lavorava ormai ininterrottamente, in quei giorni frenetici, aveva dato altri Pokédex, ad altri ragazzi, per scoprire ancora più cose sui Pokémon. Regioni lontane, Pokémon mai visti.
Cose incredibili.
“Kalos...” disse tra sé e sé. Non immaginava che in una regione così lontana ci potessero essere Pokémon differenti da quelli che vedeva ogni giorno.
Suo nonno, ormai in pensione, non si dedicava più allo studio, e lasciava a lui e a sua sorella Margi il lavoro più duro. L’osservazione, la ricerca.
Lui, essendo un’autorità, nel vasto e variopinto mondo dei Pokémon, girava qua e là risolvendo piccoli e grandi problemi.
Del resto era sempre il grande Professor Samuel Oak.
In quei giorni era ad Hoenn.
Scacciò suo nonno dai pensieri, ed accese la luce del salotto. Erano le 22 circa, e di Gold ancora nessuna notizia.
Non si preoccupava di certo per lui, quel ragazzo, tanto impulsivo quanto testardo gli ricordava vagamente Red. Un suo caro amico.
“Tsk...” si corresse. Non era un suo amico. Era semplicemente un traditore.
La sua casa era quasi spoglia. Alle pareti, qualche mese prima, c’erano tante foto di lui e di Blue.
E poi lui la cacciò di casa, finendo per dover comprare quadri e gigantografie da dover appendere ai muri, ma che puntualmente rimanevano imballate e poggiate vicino all’ingresso.
Un po’ ci contava, lui.
Un po’ voleva che lei tornasse, che si scusasse per quello che era successo.
Che gli dicesse che lo amava.
Ma a che scopo? Vivere col risentimento è peggio della morte, e lui provava tanto rancore verso di lei.
Ripensava a quello che era successo in quella tenda, anche se non lo sapeva con precisione. Immaginava, vedeva davanti a lui la proiezione dei loro corpi che si univano, di lui che godeva nello stare con lei, ed anche lei. E lui stava male al sol pensiero.
Anche quella sera non aveva mangiato.
Quando tornava a casa, la sera, non mangiava mai. Era troppo stanco, per il lavoro, troppo sfatto, per i pensieri, sfinito dai suoi se e dai suoi ma.
Quella casa era vuota, troppo vuota per lui. Era giovane, ed ok, non era malaccio come ragazzo, ma quando si perde un amore non si cerca nient'altro.
Per lui era Blue la donna che doveva invecchiare con lui, lei e basta, e nessun'altra.
Ecco perché quando tornava a casa e lei non c'era, e non sentiva il rumore della musica che lei ascoltava sempre quando cucinava, il suo cuore prendeva una prima botta.
Già tornare a casa e non trovare le luci accese era per lui forte da subire, come se fosse una violenza, ma l'assenza della musica significava che lei non c'era, ed anche quando stavano insieme, se lei non c'era a lui prendeva la malinconia.
Perché sì, lui era un burbero e silenzioso essere vivente che viveva per la competizione, ma aveva anche capito che quella competizione, con Blue, non sussisteva proprio, perché non avrebbe mai vinto.
Blue era dolce, era brava, era sveglia. Ed aveva quel tocco di malizia che serviva a tenere un rapporto sempre vivo.
Lui era un tipo particolare, del resto. Si annoiava subito delle relazioni.
"Non devo pensarle" si disse.
Ma come si fa a non pensare al passato, quando il tuo futuro non ha futuro?
E mentre pensava di nuovo a Gold, chiedendosi dove diamine si fosse andato a cacciare, decise che un po' di televisione non faceva male a nessuno.
Andò in salotto, e prese il telecomando in mano.
Si chiese se Margi avrebbe accettato di convivere con lui. Del resto era sua sorella...
Qualcosa però gli diceva che lei avrebbe rifiutato. Margi era troppo riservata, e comunque non voleva metterla in condizione di accettare qualcosa che non volesse veramente. Inoltre, ove mai Blue si fosse pentita delle sue azioni, non era sicuro di riuscire a mantenere le posizioni di odio e rancore che aveva preso.
A lui mancava Blue. Gli mancava sentire la sua voce, mentre raccontava qualsiasi stupidaggine successa nella sua giornata. Sorrise lui, ricordando una delle tante lamentele sul fatto che non dicesse mai nulla sulla sua giornata.
"Odio parlare, Blue... lo sai..."
"Ma io ti dico sempre tutto della mia giornata, e tu stai sempre zitto!"
"Mi spiace, non è per offenderti. Ma io l'affetto lo esprimo in altri modi"
"Come lo esprimeresti?" chiedeva allora, imbronciata come una bambina.
Lui sorrideva e la stringeva. Adorava il profumo dei suoi capelli.
Poi o finivano per fare l'amore, o a decidere di guardare un film per poi addormentarsi prima della fine del primo tempo, stretti l'uno all'altra.
Erano perfetti assieme.
Ma qualcosa era accaduto, e non si capiva cosa.
Red e Blue in quella tenda.
Red e Blue assieme.
Blue... e Red. Red, il suo migliore amico.
Un incubo.
Come può un amico fare una cosa del genere? Quanto può essere amico un individuo del genere?
Avevano diviso il cibo ed il sonno quei due.
Avevano vissuto grandi avventure. Si parlava di futuro.
"Tra vent'anni che faremo?" chiedeva lui.
Con Red si sentiva spinto a parlare. Ogni tanto.
"Io la mia strada ce l'ho già. Mio nonno mi ha lasciato lo studio. Ci sono tanti Pokémon da analizzare"
"Quindi vorresti diventare un Professore" concluse il moro.
Green annuiva. "E tu?"
"Non lo so. Ci sono sempre così tante avventure da intraprendere, posti da esplorare, Pokémon da catturare. Persone da battere"
"Insomma, vorresti fare il Campione" sorrideva lui.
"In effetti sì. Mettermi a disposizione del prossimo. Lavorare su me stesso. E alla fine l'unica cosa su cui aveva lavorato era Blue.
Che poi anche Blue, non era che fosse stata costretta a fare quello che aveva fatto. Cosa, poi, si chiedeva lui. Non lo sapeva, ma sta di fatto che quei due avevano fatto qualcosa. E tutto ciò che in una scala a sfondo puramente ed anche lontanamente sessuale andava da un bacio sulla guancia ad un rapporto completo condito da urla vogliosa aveva la stessa rilevanza.
Forse era Red ad essere migliore di lui.
Green sorrise, l’eterna sfida. Lui contro Red, il migliore chi era?
Lui, naturalmente. Lui aveva vinto la sfida alla Lega Pokémon, svariati anni prima, e gli altri incontri erano sempre così difficili che non finivano mai se non con un pareggio o una vittoria per quello.
Red era l’allenatore migliore che conoscesse.
Ma Blue non l’aveva preferito per quello. No. Blue l’aveva preferito perché era una persona migliore.
Lui si sentiva inferiore a Red.
Quello che quando vinceva, prendeva e spariva. Ed ora nessuno sapeva dov’era.
L'amarezza gli salì dallo stomaco alla gola, tanto che quasi stava per rimettere. Forse doveva mangiare qualcosa.
Intanto fissava il telecomando da qualche minuto. Si decise a premere il tasto rosso, quello dell'accensione.
Telegiornale.
Ciò che succedeva nel mondo l'avrebbe ancorato e portato via dai suoi pensieri.
 
...Proseguono nella regione di Hoenn violenti terremoti. Lo sciame sismico di natura sconosciuta che si è abbattuto sulla regione è in crescendo d’intensità, tanto che la città di Forestopoli è stata in larga misura evacuata e la palestra chiusa. Altri disagi si riscontrano nell’isola di Ceneride, dove il livello del mare si sta pericolosamente alzando. Per maggiori dettagli vi rimandiamo allo speciale...
 
"Dannazione, Arceus se la prende sempre con Hoenn..." disse tra sé e sé, quando poi sentì il campanello bussare. Una suonata energica.
"Questo deve essere Gold..."
Green si alzò, ed andò ad aprire la porta. Gold lo vide e sorrise, stringendolo in un caldo abbraccio.
"È da tempo che non ci si vede!" esclamò quello.
"Già..."
Gold si staccò e lasciò cadere lo zaino accanto alla porta.
"Hai mangiato?" chiese il padrone di casa.
"Sì, un panino per la strada. Ma sto bene, tranquillo. Come te la passi tu, invece, vecchio mio?!" disse quello con gli occhi dorati, e lo battezzò con una pacca energica sulla spalla, che lo fece traballare.
"Bene... bene" disse, prendendosi una grossa pausa tra una parola e l'altra per non abbandonarsi alle emozioni.
“Non mi pare...” fece curioso quello, scrutandolo in volto, mentre si grattava la testa.
“Gold, non è niente...”
“Ok...” il volto del ragazzo si contrasse in una smorfia di scetticismo.
“Piuttosto, che cosa ci fai qui?”
“Beh... Yellow”
“Oh. Da quanto tempo non la vedo”
“Vive a Johto... ma non dire che te l’ho detto!”
“Ok” sorrise l’altro, come se stesse rivolgendosi ad un bambino impulsivo.
“È che lei sta malissimo per Red. E... beh, immagino che anche tu non l’abbia presa benissimo”
Green lasciò volare via una risata, quasi isterica. “Direi di no”
“Mi dispiace molto. Ma devo convincere Red a parlare con Yellow. Almeno solo per una conversazione di chiusura... lei è ancora innamorata di lui, e questo non va bene”
“Conversazione di chiusura?! E che dovrebbe dirle?! Scusami Yellow ma ho scopato con Blue?! Avanti, è ridicolo!”
“Dammi una mano, su... in nome dei bei vecchi tempi...”
“Io a stento conosco il tuo nome... non so chi sei e non so da dove vieni. So solo che mio nonno ti ha affidato un Pokédex, perché ha visto nella tua ostinazione assurda qualcosa di buono. Ma io non sono mio nonno. Per me rimani solo un ragazzino viziato ed infantile”
Gold rimase con gli occhi spalancati.
“O-ok... scusami, andrò via adesso, però. Non mi sento a mio agio”
Ed intanto nella testa di Green esplodeva l’ennesima bomba.
Lo vedeva rimettere lo zaino in spalla e voltarsi verso la porta. Abbassò la maniglia e si ritrovò nella notte buia, mitigata da qualche sporadico lampione qua e là.
La cosa peggiore, però, fu quando il padrone di casa si rese conto di aver rifiutato l’ennesima scialuppa di salvataggio da quella depressione che lo stava stritolando come olive in un frantoio.
“No! No, Gold, scusami! Aspetta!”
Corse verso di lui e gli poggiò una mano sulla spalla. Quello si girò immediatamente.
“Che vuoi ancora?! Il messaggio è arrivato forte e chiaro!”
“Scusami... non dovevo dire quelle cose”
Gold vide tante cose nello sguardo del ragazzo davanti a lui, e nessuna di queste era bella. Probabilmente la confusione che viveva in quel momento era tale da non fargli intendere il bene ed il male.
Lui di certo non voleva il suo male.
“Ok... non preoccuparti...”
“Sto passando un periodaccio, e Blue mi aiutava a stare bene. Ma è andata via, e sto malissimo”
“Mi spiace molto”
“Torna in casa e mangiamo qualcosa di buono, che ho una fame che non finisce più”

 
   
 
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