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Autore: ___Lilith    10/04/2014    6 recensioni
[Storia con contenuti omosessuali, se siete omofobi, siete pregati di non leggere]
Dublino, Mika e Marco, X-Factor, camicine troppo strette e occhi troppo profondi... l'inizio di una lunga storia d'amore che dovrà attraversare mille ostacoli dovuti ai sempre pungenti pregiudizi della gente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11. Perché so che tu non passerai mai.



Si risvegliò poche ore dopo, alle cinque, grazie al prorompente suono della sveglia che il giorno prima aveva impostato sul cellulare. La prima cosa che controllò quando i suoi occhi si riaprirono fu proprio il suo telefono, ma, ancora una volta, il display negava chiamate o messaggi da parte di Marco.
Sbadigliò e si trascinò pesantemente giù dal letto. Aveva bisogno di un lungo caffè e una doccia calda per risvegliarsi e affrontare quella difficile giornata.
Ciabattò fino alla cucina e si mise a preparare il caffè. Proprio mentre lo stava bevendo, il suo cellulare cominciò a squillare, mostrando sullo schermo il numero tanto agognato.
Mandò giù in un sol sorso la bevanda, rischiando quasi di strozzarsi, poi rispose.
- Pron... - un paio di colpi di tosse dovuti al caffè mandato giù male, - ...to.-
- Ciao Michael - rispose il ragazzino.
- Sono felice che tu mi abbia chiamato prima della mia partenza - disse. E lo era davvero. Sul suo bel faccino si era materializzato quel dolce sorrisetto da ebete che aveva ogni volta che parlava con lui.
- Volevo solo augurarti buon viaggio - spiegò, - e dirti di dimenticare tutto ciò che è successo tra di noi. -
- D-Dimenticare che?! - balbettò, sperando di aver capito male.
- Tutto - rispose in tono freddo.
- Non capisco, Marco. Che vuoi dire? -
- Che è stato un errore, che io non sono gay e che tu non mi sei mai piaciuto veramente - gli spiantellò quelle parole in faccia come fossero la cosa più evidente al mondo.
- Io... - Michael ancora non aveva metabolizzato per bene ciò che aveva appena detto il ragazzino. - Io non ti credo. -
- Non mi interessa, questa è la verità. Se ci credi o meno è un problema tuo. - disse, staccandogli il telefono in faccia.
- Aspetta Marco, non ri... - cercò di ribattere, ma Marco aveva già chiuso la chiamata.
Restò alcuni secondi, forse anche minuti, fermo immobile ad osservare il cellulare tra le sue mani.
Marco lo aveva appena lasciato. No, non era possibile. Era un incubo, doveva esserlo.
Si diede un pizzicotto sulla guancia per capire se stesse sognando e, in effetti, non provava alcun dolore. O meglio, era nulla in confronto a quello che in quel momento stava provando al suo cuore. Fu come se qualcuno gli avesse conficcato un paletto nel petto. Come una cicatrice profonda, quasi mortale, ma non così tanto da far cessare il tutto. E faceva mele, terribilmente male.
Ma la cosa più dura era che tra poco doveva partire. Se fosse stato solo per James non avrebbe esitato a posticipare il viaggio, ma il giorno dopo aveva anche un incontro con i suoi produttori per discutere del progetto di un nuovo CD. E quell'incontro non poteva assolutamente rimandarlo.
Riguardò lo schermo del cellulare. Lo rigirò tra le dita, poi, improvvisamente, lo scagliò contro il pavimento. La rabbia e la delusione avevano offuscato le sue capacità razionali. Ormai era accecato da quei sentimenti e il suo cervello faticava ad elaborare qualsiasi pensiero.
Osservò ancora quel maledetto arnese. Ora si trovava spaccato in due sul pavimento. Ma non gli bastava. Come aveva fatto il giorno precedente per la macchina fotografica, calpestò più volte con i piedi quei due pezzi, fino a ridurli quasi in polvere.

Mentre viaggiava verso l'aeroporto, Michael non riusciva a darsi pace. Pensava a Marco e alla discussione che avevano avuto poco prima. Non ci voleva credere che fosse tutto finito prima ancora che cominciasse.
Non riusciva a capire cosa fosse successo, perché Marco gli avesse detto quelle cose. E ora non sapeva neanche come affrontare la "questione" James.
Era tutto così maledettamente confuso. E Michael odiava la confusione. Ora desiderava solo capirci qualcosa. Desiderava una spiegazione, che però fosse la verità, perché era chiaro che ciò che gli aveva detto Marco prima era solo una bugia.
Un chiarimento, solo questo voleva. Non poteva affrontare James senza la certezza di ciò che era successo.
Gettò la testa all'indietro mentre il suo autista canticchiava felice la canzone che veniva riprodotta dalla radio che aveva appena acceso.
"Ed ora" annunciò lo speaker radiofinico, "l'ultimo grande successo del cantante vincitore del 63° festival di Sanremo. Marco Mengoni con 'Non passerai'."
- Oh perfect - bofonchiò sarcastico il riccio.
- Che cosa c'è? - chiese l'autista, - Non le piace? Cambio stazione? -
- No, no rimanga pure su questa - rispose mentre le prime parole di quella canzone rimbombavano nelle sue orecchie.
Si immerse in quella melodia armoniosa e maliconica chiudendo gli occhi e poggiando la testa sul sediolino. Le parole della canzone sembravano essere state scritte per esprimere ciò che in quel momento il riccio stava provando.

"A questo incrocio
dimmi dove si va
con un passo in più.
Tu che forse un po’
hai scelto di già
di non amarmi più..."


Eh sì, Marco aveva deciso di lasciarlo. Sapeva che lui non lo aveva mai amato, ma credeva di piacergli almeno un po'. Evidentemente non era così. Se lo fosse stato, non gli avrebbe detto quelle cose.
Forse aveva solo attraversato un momento di confusione e aveva fatto l'amore con lui solo per capire la sua reale sessualità. E alla fine aveva capito di non essere gay.

"E come quadri appesi
leve senza pesi
che non vivono.
Come quando c’era
una vita intera
due che si amano..."


Eppure Michael non voleva crederci. Tutto quello che era successo tra loro, i momenti che avevano condiviso, le emozioni che avevano provato... non potevano essere state solo finzioni. Marco qualcosa per lui lo provava. Lo si poteva capire dal dolce modo in cui balbettava quando c'era Michael, il suo arrossire ad ogni gesto del riccio, ma anche nella sicurezza che aveva mostrato la sera precedente. Non era solo immaginazione, loro si amavano. Forse Marco non provava proprio quel sentimento per lui, ma era sicuro che qualsiasi cosa fosse ci andava molto vicino. Ed era per questo che doveva capire cosa gli era successo.

"E salgo ancora in alto perché
è lì che c’eri tu.
Ma ora serve il coraggio per me
di guardare giù..."


- Torni indietro - esclamò improvvisamente al suo autista. Non gli importava più nulla di James o della casa discografica. Ora voleva solo Marco.
Il ragazzo si voltò e lo guardò con aria confusa.
- Devo fare una cosa prima di partire - spiegò.
L'autista fece come il riccio gli aveva chiesto e seguì le sue indicazioni per arrivare a casa di Marco.

"E non c'è niente che resiste
Al mio cuore quando insiste
Perché so che tu non passerai mai..."



Quando terminò la chiamata, Marco guardò la manager in cerca di approvazione.
- È la cosa giusta Marco, credimi - disse la riccia accarezzandogli dolcemente un braccio, - con Michael non sarebbe mai potuta funzionare e saresti finito solo per rovinare la tua carriera. -
- Ma mi piace, mi piace davvero - sospirò, - e non voglio... -
- No, Marco tu sei solo confuso. Tutto qui. -
- Io non sono confuso - ribattè il cantante, - so cosa provo per Michael. -
- E allora perché lo hai appena lasciato? -
Oh, bella domanda! Paura, questa era l'unica risposta plausibile. Sempre quell'odiosa e incontrollabile paura. Il giudizio della gente, la sua carriera, Marta... era questo che temeva. Lui non aveva il coraggio di dire al resto del mondo che era gay, che gli piaceva un uomo. No, il coraggio non era certamente uno dei suoi pregi.
Forse Marta con i suoi discorsetti era davvero riuscita a manipolare la mente di Marco e a confonderlo più di quanto già non lo fosse.
Non rispose alla domanda che gli aveva fatto la manager. Tanto lei il perché già lo sapeva.
- Non preoccuparti - cercò di tranquillizzarlo la riccia, - presto tutto questo passerà e tu ti dimenticherai di Michael. -
- No, lui non passerà mai. - Si allontanò dalla ragazza e raggiunse il balcone.
Estrasse dalla tasca il pacchetto di sigarette e iniziò a fumare.
La nicotina era l'unica amica capace di capirlo in quel momento. Aveva così tanti dubbi in quella sua stupida testa che non voleva far altro che respirare quel fumo tossico e rilassarsi.
Si appoggiò alla ringhiera del balcone e puntò gli occhi al cielo.
Lui era sempre stato echitettato, fin dalla prima volta che si era esibito sul palco di X Factor, come il cantante "finocchietto" che non ha le palle di rivelare la sua vera sessualità. Ed ora lo era davvero.
No, le palle non ce le aveva. Il timore di perdere tutto ciò che aveva faticamente conquistato, di infrangere quella sua immagine "ambigua" che faceva impazzire le sue fan, di non essere accettato dal mondo nel quale lavorava era troppo forte.
Nell'azzurro cielo il sole risplendeva forte. Era una bella giornata, la temperatura era decisamente sopra la norma stagionale. Una giornata troppo calda per essere a metà dicembre.
Marco osservò le nuvole. Soffici e dalla forma riccioluta, gli ricordavano i capelli di Michael. Scosse la testa e accennò un sorriso per la stupida associazione che aveva fatto.
Gettò il mozzicone di sigaretta ormai consumato sulla strada sotto di lui e lo osservò cadere. Proprio mentre il mozzicone toccava l'asfalto, il ragazzo notò che una macchina si era fermata davanti alla porta del suo appartamento. Ne uscì un ragazzo da una folta chioma riccia. Era Michael. Accese un'altra sigaretta e osservò le sue mosse.

"Ok allora adesso confesso
Non avevo che te.
Come faccio a vivere adesso
solo, senza te?!"


Senza Marco non avrebbe potuto vivere, era diventato troppo importante per lui. Il nuovo CD, James, il contratto... erano tutte cose che in quel momento erano in secondo piano. Solo Marco contava.
Premette violentemente il dito sul pulsante bianco del campanello. Lo stridente suono rimbombò nell'aria circostante, ma nessuno venne ad aprire.
Iniziò allora a bussare con i pugni sulla porta, finché quest'ultima non si aprì. Una testa riccia e due grossi occhioni azzurri gli si pararono dinnanzi. Marta... ci avrebbe giurato che c'era di mezzo lei in quella storia.
- Ho bisogno di vedere Marco - le disse.
- Ma lui non vuole vedere te - ribattè con tono deciso.
'E no cara, tu non mi impedirai di chiarire con Marco' pensò. Che a lei piaceva Marco lo aveva capito già da un pezzo, ma, nonostante ciò, non aveva alcun diritto di intromettersi nella loro relazione.
- Devo parlare con Marco - grugnì con tono autoritario, - quindi ora lasciami entrare e dimmi dov'è. -
La riccia ridacchiò. - No, no - oscillò l'indice a destra e a sinistra davanti ai suoi occhi, - non ti lascerò rov... - ma non riuscì a finire la frase poichè Michael le mise una mano sulla spalla e, con una leggera spinta, la spostò di lato, in modo da poter passare.
- Ti consiglio di andar via. Fatti i cazzi tuoi e tornatene a casa. Questa è una questione tra me e Marco - disse, sorpassandola e percorrendo il piccolo corridoio. La ragazza probabilmente fece come il libanese le aveva detto poiché, mentre lui cercava Marco, sentì un "vaffanculo" e la porta d'entrata che si chiudeva violentemente.
Fece capolino nel salotto, sulla cui parete centrale c'era un piccolo balcone aperto. Pensò che Marco fosse lì, appoggiato con i gomiti sulla ronghiera e con una sigaretta tra il medio e l'indice che si consumava liberando quel fumo da cui il ragazzino era dipendente.
Decise di andare a controllare. Ed era prporio così, come se l'era immaginato. Fece alcuni passi silenziosi verso di lui, ma fu bloccato dalla sua voce roca a causa del fumo.
- Che vuoi? - lo incalzò.
- Sapere che cazzo ti prende ora. -
- Tu non puoi capire - disse, ispirando un'altra boccata di quella nebbia tossica.
- Si che posso. Ci sono passato anche io. -
Marco ondeggiò la testa a destra e a sinistra. - No, non puoi. - Lasciò cadere anche quella sigaretta, ormai quasi del tutto consumata, e continuò a guardare il paesaggio di fronte a lui.
- Allora almeno spiegami perché mi hai lasciato - affermò il riccio. Era disperato, non sapeva cosa fare e non voleva che Marco lo lasciasse. Lui lo amava.
- Non provo i tuoi stessi sentimenti. - Ancora una volta, disse quelle parole con superficialità, come se fosse ovvio e lui non potesse farci nulla.
- E tutto quello che è successo tra di noi? -
- Ero confuso. Punto. - La freddezza nella voce di Marco fece gelare il cuore del libanese.
- Non è possibile che quello che abbiamo provato... -
- Che TU hai provato - lo corresse il più piccolo.
- Io?! Vorresti farmi credere che tu non hai provato nulla? -
Marco abbassò la testa. - No - sibilò a denti stretti.
- Stai mentendo. -
- Tu non sai nulla - ringhiò.
- Allora voltati e dimmelo guardandomi negli occhi. -

"E senza i tuoi sorrisi
e tutti i giorni spesi
oggi che non c’è.
E che è una porta chiusa e
nessun’altra scusa da condividere..."


Marco fece come il riccio gli aveva detto. Si girò verso di lui, ma con ancora lo sguardo basso. - T-Tu non... - balbettò, poi prese coraggio e alzò gli occhi, - Tu non mi sei mai piaciuto davvero. Ero solo confuso. Io non sono gay. - Sputò fuori quelle parole con una tale velocità e crudeltà che Michael sentì il suo cuore frantumarsi in mille pezzi.
- Ma... io... tu... - cercò di dire, ma ormai non sapeva più che fare. Glielo aveva detto guardandolo dritto negli occhi, non stava mentendo.
I suoi occhi erano lucidi. Una lacrima minacciava di cadere, ma si sforzò di tirarla indietro. Non voleva piangere, non davanti a lui.
- But I love you, Marco - sussurrò più a se stesso che a lui. Puntò lo sguardo sul dolce visino di Marco. Anche in quel momento, con il cuore distrutto, non potè far a meno di pensare a quanto fosse bello nonostante avesse quel velo di tristezza che gli attraversava il faccino.
Fece un passo verso di lui. Marco tentò di indietreggiare, ma urtò contro la ringhiera del balcone.
Michael avanzò di un altro passo, azzerando la distanza tra i loro corpi.

"E salgo ancora in alto perché
è lì che c’eri tu.
Ma ora serve il coraggio per me
di guardare giù..."


Abbassò il capo sul suo, ritrovandosi con le bocche distanti solo pochi millimetri.
Poi, cercando di ricordare le parole della canzone che aveva ascoltato poco prima, gli sussurrò a fior di labbra: - E non c'è niente che resiste, al mio cuore quando insiste... -
Congiunse la sua bocca a quella di Marco, il quale ricambiò quel gesto così inatteso. Intrecciarono le loro lingue, le ancorarono l'una all'altra. Ma entrambi sapevano che quello non era un nuovo inizio, bensì un triste addio.
- Perché so che tu non passerai mai - disse Michael ancora sulle sue labbra.
Gli accarezzò la guancia con un pollice. Osservò un'ultima volta quel viso triste e amareggiato. Gli sarebbe mancato, e non poco. Gli sarebbe mancato quel suo sorriso dolce e luminoso più del sole, il suo tenero balbettare quando era con lui, quel ciuffetto spettinato sparato in aria che lui adorava tanto, i suoi baci, il suo modo di fare l'amore... tutto.
- Goodbye Marco - disse. Portò una mano nel suo ciuffetto spettinato e scompigliò i capelli già disordinati del ragazzino, proprio come aveva fatto quattro anni fa, la prima volta che lo aveva visto.
Sapeva che doveva lasciarlo andare, era consapevole che non era pronto per tutto quello. Se era destino, prima o poi si sarebbero ritrovati. Ma quello non era il momento giusto per stare insieme. C'era troppa confusione, troppi dubbi, troppa paura.
- A-Addio M-Michael. - Sentirlo balbettare un'ultima volta lo fece sorridere. Nonostante lo avesse lasciato, non riusciva ad essere arrabiato con lui.
'Ah l'amour' pensò ironicamente nella sua testa.
Il riccio si girò e a passo lento si allontanò da lui.
'Ora si volta, ora si volta di nuovo' pensò Marco, 'se si volta io gli corro incontro e gli chiedo di non andare via... Ti prego voltati, voltati! Torna indietro...' lo supplicò mentalmente. Non capiva il perché, ma ora che se ne stava andando davvero non voleva lasciarlo più.
Ma Michael non si girò e proseguì impassibile fino a scomparire dalla sua visuale. Anche lui in mente sua stava sperando che il ragazzino lo fermasse.
Marco sentì lo scricchiolio della porta che si apriva e poi il tonfo che essa produceva quando veniva richiusa. Istintivamente puntò lo sguardo giù al balcone, dove aveva visto la macchina parcheggiarsi. Pochi secondi dopo, vide Michael uscire dall'edificio e dirigersi verso di essa.
L'autista scese e gli aprì la portiera posteriore. Michael mise un piede dentro, ma, prima di entrare completamente, alzò lo sguardo. I loro occhi si incrociarono un'ultima volta. Iridi color nocciola da alcune venature verdognole incastonate in iridi dal colore del cioccolato. Un ultimo fatale intreccio.
Entrambi avevano i bulbi oculari offuscati dalle lacrime, ma nessuno dei due voleva farle scendere.
Marco strinse la ringhiera di ferro sotto le sue mani. Si maledì più volte per essere stato così codardo. Voleva urlargli di restare, che non era vero tutto quello che gli aveva detto.
Ispirò profondamente una boccata d'aria e si fece coraggio. Ma, proprio mentre stava per parlare, il riccio salì in macchina e chiuse la portiera. L'automobilista si affrettò a raggiungere il posto di guida e partì. Pochi secondi dopo si ritrovò a fissare l'asfalto vuoto, finché un'altra auto non lo occupò.
Era andato via, per sempre. Ma, in fondo, sapeva che era meglio così.

"E quanto amore mancherà
e troppo rumore in un giorno
che non va.
E non posso comprendere
che non passerà..."







#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Okay, lo so, molti di voi stanno già preparando il fucile per spararmi, ma .. ehm questo è il massimo che è uscito dalla mia contorta mente.
Un po' mi dispiace per questi due, ma che ci posso fare io se adoro gli amori difficili e pieni di incomprensioni ?!
Poveretti uuahahahaha (risata malefica alla 'Mengoni')
Ma chissà cosa succederà nell'ultimo capitolo uhuh xDD (sinceramente non lo so neanche io, ma adoro mettervi in ansia :P)
Ah, un'ultima cosa e poi evaporo .. Scusatemi tanto per il mio enorme ritardo xDD
Vabbè adesso lasciamo crogiolare quei due cucciolotti nel dolore .. Al prossimo capitolo ;)
Un bacio, _Lollipop_96
  
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