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Autore: Kiki87    11/07/2008    14 recensioni
[...] "...avrei dovuto lasciarti andare fin da subito ma la verità è che sono talmente egoista che ho pensato solo alla mia felicità, ai miei sentimenti...ho preteso che felice io, lo saresti stato anche tu...perché avevi tutto quello che si può desiderare: una donna che lo ama con la quale creare una nuova famiglia...ma è evidente che non è così...". [...]
Amor che a nullo amato amar perdona, scrisse Dante Alighieri...ma è davvero così?
L'amore perdona chi non ricambia l'amore di qualcuno? Si può davvero costringere qualcuno a ricambiare il proprio amore?
Ma soprattutto...cos'è quest'amore? Come si fa ad impararlo?
Tanti e più interrogativi per i neo-fidanzati intenti a domare un incendio a palazzo...ma forse il vero incendio è quello che divampa in due cuori puri, ancora inesperti della vita e dell'amore...
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chichi, Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Want To Know What Love Is.

Amor, che a nullo amato amar perdona.[1]

 

Prologo

 

Vivi cercando amore e felicità,

speri che un giorno il sogno diventi realtà.

Torni a chiederti se

era scritto per te quel destino.

Poi apri gli occhi un giorno e ti accorgi che:

splende sempre il sole.

 

(Splende sempre il sole – Giulia Ottonella,

colonna sonora di “Come d’Incanto”)

 

 

“E’ bellissimo da quassù, non è vero, Goku?” [2]

“Sì, c’è una vista fantastica”.

 

A bordo della fidata nuvola d’oro, i due promessi erano in viaggio ormai da qualche ora alla volta del palazzo dello Stregone del Toro.

Era passato appena un giorno da che il giovane Son Goku era stato dichiarato vincitore della 23° edizione del prestigioso torneo di arti marziali.

Chichi non poteva che rimirare con occhi nuovi ed entusiasti il panorama che stavano sorvolando: scintillanti e verdi praterie, altopiani rocciosi, laghi azzurrini la cui distesa liscia rifletteva i dorati raggi solari, il cielo azzurro e terso, completamente privo di nuvole, la brezza sbarazzina e dispettosa che sferzò i loro volti, mentre la giovane si stringeva istintivamente più forte al ragazzo sistemato davanti.  Socchiuse gli occhi, inspirando il dolce aroma del suo profumo di pino, profumo lieve ma stuzzicante d’un animo silvestre ed indomito, libero e naturale esattamente come quei magici paesaggi che stavano sorvolando.

La sua mente, come un caleidoscopio ripropose gli istanti più timorosi vissuti appena il giorno dopo, durante il combattimento lungo e cruento contro Junior, la paura di averlo perso, ancora prima che un'ufficiale cerimonia ne deliberasse la sua appartenenza in quanto moglie. Sospirò a quel pensiero, avvertendo un balzo delle viscere, stringendosi istintivamente meglio contro di lui, affondando il volto contro la schiena possente, cingendolo meglio con le braccia, quasi temendo sarebbe scomparso da un istante all'altro.

Sensazione che l'aveva accompagnata diverse volte da che aveva rincontrato quel bambino che aveva amato forse fin da primo momento, senza una ragione logica, puro e semplice incanto che non si era spezzato, malgrado il passare degli anni, ma aveva saputo alimentarsi di sogni ed aspettative ; che si era rivestito della rabbia e dell'ardore quando il tarlo del dubbio le si era insinuato nella mente, al pensiero si fosse indolentemente dimenticato di quella promessa di matrimonio, giocando di fatto coi sentimenti che come rose erano sbocciati nel giardino del suo cuore puro. Sensazione di trovarsi in un mondo fruttato d’onde dorate e spumeggianti, di brezza marina e montagne innevate, il tutto condito dalla confortevole e dolce sensazione di fiaba che aveva il contorno di realtà, ogni volta che bastava stringerlo per avere la certezza della sua presenza fisica e corporea.

Remota paura che l’incanto si sarebbe spezzato, una volta aperti gli occhi, lasciandola un amaro sapore di irrisolto e di delusione sul palato.

 

“Ma il castello di quel ciccione di tuo padre non si trova da queste parti?”.

 

La voce del fidanzato la fece completamente distogliere da quei pensieri, sbattendo le palpebre a più riprese,  vedendolo ruotare il capo per guardarla, mentre inarcava le sopracciglia a quella domanda.

Dovette reprimere l'impellente ed istintiva voglia di sorridere per quel commento, ancora una volta non potendo non stupirsi per l'ingenuità e purezza che il ragazzo malgrado la maturazione fisica era riuscito a serbare nel cuore, spesso e volentieri con commenti...fin troppo genuini.

Aggrottò, invece, le sopracciglia, già comprendendo che da qui in avanti sarebbe stato suo dovere cercare di smussare questa sua peculiarità, come una madre con il proprio figlio più indisciplinato.

 

 

“Guarda che mio padre ora è anche tuo padre nonché futuro suocero…vedi di non dimenticarlo!”.

 

Lo rimbeccò, infatti, notando subito come il sorriso sul volto del giovane lasciò il posto ad un'espressione più dispiaciuta e anche impressionata per il tono evidentemente polemico della giovane, attitudine che stava sempre più assumendo nei propri confronti.

 

"Ah sì...scusami".

 

Replicò, infatti, velocemente, ricordando ancora l'espressione truce e rabbiosa che aveva esibito per tutto il loro match, fino a quando non aveva rivelato la propria identità, avvertendo un'istintiva stretta allo stomaco al ricordo di come i suoi occhi luccicassero di rabbia e le sue sopracciglia si aggrottassero quasi a congiungersi, assumendo un cipiglio che l'aveva impressionato fin da subito.

Si era scoperto a provare una sensazione di vago disagio e di brividi che nemmeno il più astuto e potente nemico aveva saputo incutergli fino a quel momento, al contrario di quella strana ragazza come l'aveva definita fin da subito. [3]

 

“Vabbè…per questa volta ti perdono”.

 

Aveva poi replicato la giovane, sul suo volto era tornato a far capolino un sorriso semplice e sincero, gli occhi di nuovo ammantati di dolcezza, mentre restava a guardarne la sua espressione, ancora così teneramente ed adorabilmente confusa ed interdetta.

Ridacchiò bassamente per risposta, tornando a provare quella piacevole sensazione di solletico al cuore, quella dolce e calda euforia che inondava il suo spirito di una piacevole quanto inedita serenità e...voglia di ridere, di urlare al mondo la sua fortuna e felicità, entrambe identificabili nel giovane che stava ancora osservando.

 

Urca! Lo sai…ora che ci penso l’idea mi sembra carina, ora ce l’ho anche io  un papà! Certo che fidanzarsi…ti sconvolge la vita!”.

 

 

La ragazza scosse leggermente la testa, sorridendo di cuore a quella puerile quanto sincera sorpresa ed esclamazione nel suo tono. L'euforia si tradusse però subito dopo in un innato e remoto sospiro, quando la sua mente metabolizzò completamente quelle parole, rendendosi conto di come il giovane in una paura constatazione di sorpresa, aveva appena menzionato il suo passato di solitudine, cresciuto senza padre e famiglia, se non un guerriero d’arti marziali che si era preso cura di lui nei primi anni della sua infanzia. Sospirò, stringendo più forte il ragazzo, in quell'istante non per un mero bisogno personale di darsi ancora una volta la certezza della sua presenza fisica e corporea, in quel momento solo e soltanto per trasmettergli con quel gesto fisico - che spesso e volentieri in occasioni precedenti lo aveva in qualche modo disturbato perché fonte d’imbarazzo e disagio con gli amici - la propria presenza, il proprio sostegno. Un messaggio tacito e subliminale sul fatto che non sarebbe più stato solo, se gliel'avesse concesso, gli sarebbe rimasta accanto per tutta la vita, lo avrebbe aiutato a maturare e condiviso con lui gioie e dolori, volendo dargli soprattutto ciò che gli era da sempre mancato...una famiglia.

‘Permettimi di amarti, amore mio…non chiedo di più…’.

 

“Guarda…ecco il nostro castello!”.

“Dove?”.

 

 

~

 

Era stata un’indescrivibile gioia per Juman, lo stregone del Toro, ritrovare la sua unica figlia di ritorno, accompagnata da nient’altri che il giovane uomo cui tanti anni prima aveva strappato quella famosa promessa di matrimonio. Senza indugi aveva fatto organizzare un banchetto con i fiocchi, con decine di decine di portate, volendo avere l’occasione a stomaco pieno – e mente più lucida quindi, da buona forchetta a buona forchetta – riuscire ad approfondire il discorso lasciato in sospeso con la figlia. Restò ad osservare il giovane che di fronte al cibo aveva abbandonato quell’iniziale titubanza e remora nei comportamenti, quell’attitudine passiva nel seguire il comportamento della fidanzata, per timore di commettere qualche errore o esibire una condotta che gli sarebbe avvalsa la rabbia della giovane. Sotto lo sguardo incredulo, esterrefatto e sgomento delle cameriere e domestiche il giovane stava degustando piatti su piatti di cibarie raffinate e saporite, preparate dal miglior chef del paesino che lavorava nel palazzo dello Stregone…davvero la figlia dello Stregone, una giovane di così buona famiglia, dai buoni costumi voleva accompagnarsi ad un simile rozzo villico?

Tutto questo però non importava allo Stregone del Toro, non erano le classi sociali che avrebbero fatto pendere o meno l’ago della bilancia a favore del giovane Son come marito di sua figlia; restò a contemplare il giovane, mentre il rumore delle posate veniva interrotto dai suoi sporadici e genuini commenti sul cibo.

 

"Mmm...buono...mmm...ancora, ancora...buono, urca!".

 

Chichi restò a sua volta a guardarlo sconvolta, scuotendo fermamente la testa e sospirando, avvertendo un intenso calore salirle alle gote, sperando che suo padre, uomo saggio e provveduto qual era (nonché buongustaio) avrebbe sorvolato su quel comportamento nel giudicare il giovane che si era scelta.

Una cosa era certa, pensò con un moto di stizza, aggrottando le sopracciglia e guardandolo di sbieco, a tu per tu avrebbe fatto un discorsetto come si doveva al signorino, correggendo quelle vergognose ed inopportune condotte, di fronte a suo padre poi!

 

"Ero così in pensiero per te, figlia mia...meno male che sei tornata sana e salva...”.

 

La giovane si voltò verso il padre, sorridendo e notando la dolcezza che come sembra ammantava il suo sguardo quando si posava su di sé, conferendo un alone di inaspettata tenerezza e rassicurazione su quel mastodontico ed imponente uomo.  Questi le sorrise a sua volta, lieto d’averla ritrovata perfettamente sana e salva, pensando che quella era la preoccupazione principale, il resto…il matrimonio incluso sarebbe venuto dopo.

 

“….anche se potevi avvertirmi che ti eri fidanzata...".

 

Non riuscì a fare a meno di aggiungere, occhieggiando ancora di tanto in tanto il giovane, non curante dello sguardo sconvolto delle cameriere, ed ignorando anche le sue osservazioni di puro entusiasmo rivolte alle cibarie (“mmm…buono…buono”) , tornando ad osservare la giovane. Ciò che vide nel suo sguardo quando ella tornò a fissare il giovane lo fece sospirare.  Dall’iniziale ed istintiva stizza per la mancanza delle più elementari norme di galateo, fino ad un’espressione di tenera e devota contemplazione, mentre i suoi occhi emanavano uno scintillio che fece accapponare la pelle dell’uomo, ricordando quanti molti anni or sono quello stesso sguardo gli era rivolto dall’unico amore della sua vita: la madre della giovane. Si alzò in piedi, andando verso le cameriere e prese un’altra zuppiera, depositandola sulla tavola, di fronte al giovane, ritrovandosi a ridacchiare di pura e semplice gioia al pensiero il sogno della figlia si stesse facendo realtà, volendo in quel momento ignorare le perplessità e i dubbi che s’insinuavano nella sua mente.

 

"Complimenti ragazzo...l'appetito non ti manca...un grande campione come te ha bisogno di nutrirsi bene...”.

 

Commentò con tono gioviale e bonaccione, mentre il giovane senza indugi ingurgitava tutto il contenuto della zuppiera. Ridacchiò, dandogli un’amichevole pacca sulla schiena.

 

“…brava Chichi! Ti sei trovata un ottimo partito...approvo la scelta, mi piace molto!".

 

Si ritrovò a dire, guardando il giovane e tornando poi a sedersi a tavola, mentre sorrideva notando il continuo scintillio negli occhi della giovane che però il fidanzato, troppo impegnato a lasciare libero campo alle ghiandole salivari sembrava non notare. Il gigante sospirò, impercettibilmente.

Sì, sembrava lo stesso ragazzo solare, bonaccione, goffo e adorabilmente ingenuo che aveva conosciuto da bambino…ma era davvero abbastanza maturo per ricoprire una carica come quella di marito, per prendersi cura della figlia, per ricambiarne l’amore?  Juman si disse che era suo dovere cercare di prendere tempo per analizzare il ragazzo, decidendo che avrebbe espresso personalmente la propria obiettiva ed imparziale opinione alla figlia, in sede privata, come da sempre avveniva nel loro rapporto.

 

“Grazie”.

 

Sorrise la giovane, distogliendo per la prima volta lo sguardo dal giovane, tornando a contemplare il padre, guardandolo con occhi ammantati di tutto l’affetto che provava per l’unica figura di riferimento nella propria vita, per colui che ne era stato padre e madre al contempo, educatore, confidente e guida nella propria esistenza. Sapere che suo padre aveva dato una prima approvazione, fidandosi semplicemente di lei e dei propri sentimenti, sembrò riscaldare ulteriormente quella dolce euforia, quella sensazione di calore e serenità che le aveva ammantato il cuore. Il suo sguardo tornò a posarsi sul giovane e ancora una volta non poté non sorridere, sospirando con quello stesso scintillio degli occhi, che non cessò neppure quando il ragazzo evidentemente accortosi del suo sguardo, sbatteva le palpebre a più riprese, smettendo persino di triturare coi denti la coscia di pollo, guardandola confuso, con le sopracciglia inarcate.

Juman sospirò impercettibilmente, prima di bere tutto di un fiato il vino del suo calice, riappoggiandolo sulla superficie con un lieve frastuono che sembrò riportare i giovani alla realtà; i denti del giovane all’assalto del pollo e il sorriso devoto e sospirante della giovane, guardando un punto indefinito della stanza, la sua mente già progettando di un roseo futuro insieme.

 

~

 

La spazzola d’avorio con le sue setole sfiorava dolcemente le ciocche lisce e setose dei suoi capelli scuri, mentre un motivetto che non ricordava di conoscere le era salito alle labbra, canticchiandolo, mentre ripeteva meccanicamente e aritmicamente lo stesso movimento. Seduta sul pouf, davanti alla toletta, la sua mente ripercorreva, incessantemente, quelle ultime ore da che erano giunti al palazzo e dopo quel lungo periodo d’assenza – gli allenamenti, l’iscrizione al torneo e la partecipazione – era tornata a casa. Quelle stesse pareti l’accoglievano di nuovo come devote e fedeli amiche, tutto sembrava normale e perfettamente identico a come lo aveva lasciato, e al tempo stesso tutto nella sua vita stava cambiando…quelle sarebbero state le ultime notti a giacere su quel letto, perché si stava aprendo una nuova fase della sua vita, realizzando il suo più grande sogno che l’aveva accompagnata sin dalla fanciullezza. Sospirò a quel pensiero, lasciando la spazzola sul ripiano della tavola, affondando la gota contro la mano, mentre con il gomito si puntellava alla superficie del tavolino, osservando il proprio riflesso e quasi non riconoscendo la giovane donna che era ritratta.  I capelli sciolti come una cascata d’ebano le incorniciavano il visino d’avorio, con alcune ciocche dispettose e sbarazzine a scivolarle sulla fronte, gli occhi lustri d’emozione e di sogni, il cuore ancora scosso da un dolce e continuo tremolio, lo stesso che faceva formicolare le sue gambe, sensazioni acuite inspirando il profumo di pino del suo promesso sposo, quando il suo sguardo era adagiato su di sé o quando gli era stretta sulla nuvola dorata. Scosse leggermente la testa, imponendosi di smetterla di fantasticare ad occhi aperti, tornando la Chichi perfettamente controllata e posata di sempre che non si lasciava andare alle emozioni, se non sporadici ma pericolosi attacchi di stizza. Aprì il cassetto della toeletta, tirandone fuori cosmetici quasi inutilizzati, mentre si morsicava il labbro, osservando il rossetto e gli ombretti, pensando che non sarebbe stato male cominciare ad esercitarsi, era sempre stata negata in quel genere di cose più frivole, ma il giorno del matrimonio avrebbe voluto essere il più possibile attraente e meravigliosa per poter in qualche modo eguagliare il giovane che stava per condurre all’altare. Ridacchiò ancora a quel pensiero, salvo scuotere la testa e temperare una matita scura che applicò sugli occhi, dovendo correggersi più volte per il tremolio della mano, passando alle labbra, disegnandone il contorno con una matita rossa prima di spalmarvi il rossetto vermiglio. Portò le labbra verso l’interno della bocca, imitando quanto aveva letto al riguardo su una rivista di make-up, restando a guardarsi, salvo poi osservare la tavolozza con varie sfumature d’ombretto, arricciando le labbra, non sapendo ancora quali e quanti applicarne.

Le sue congetture furono interrotte quando sentì un lieve bussare alla porta.
 “Chichi, tesoro…sono io…”. Avvertì la voce rassicurante del padre, mentre la giovane sgranava gli occhi, prendendo una salvietta e passandosela sugli occhi e sulle labbra.

“U-Un attimo solo papà…!”. Replicò febbrile, cercando goffamente di struccarsi con la salvietta imbevuta, morsicandosi il labbro con le gote in fiamma, al pensiero di cosa avrebbe commentato il padre, vedendola in quello stato.

Si affrettò ad alzarsi, riponendo i cosmetici nel cassetto ed affrettandosi ad andare alla porta della camera, riponendosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Aprì la porta, notando la figura di suo padre sul vano che sorrise quando si ritrovò faccia a faccia con la figlia. “Oh…papà…vieni…accomodati…”. Replicò frettolosamente, scostando lo sguardo – temendo si potessero scorgere gli ultimi residui di trucco che non era stata capace di togliere nella fretta – facendogli cenno di entrare.

“Stavi già coricandoti?”. Domandò il padre, notando tuttavia il letto ancora perfettamente intatto, malgrado la figlia indossasse già una camicia da notte. La giovane scosse, infatti, la testa, indossando una veste da camera.

 “No…mi stavo pettinando…”. Replicò, mentre il padre annuiva, andando a sedersi sul letto, facendo cenno alla giovane di sedersi sul pouf, così da potersi parlare guardandosi faccia a faccia. La giovane si morsicò il labbro, obbedendo tuttavia e andandosi a sedere. 

“Sei venuto per la buonanotte?”. Domandò, esitante, portandosi un’altra ciocca di capelli dietro l’orecchio, guardandolo in viso, cercando di eludere il più possibile lo sguardo diretto, non volendo farsi scoprire in quella condizione, n’andava del proprio orgoglio ed amor proprio, senza contare che la poca dimestichezza con quelle cose più frivole peggiorava il tutto.

“No…”. Rispose di primo acchito lo Stregone, accomodandosi meglio sul letto, guardando la giovane e sospirando. “…non solo quello almeno…vorrei parlarti…”. Aggiunse subito dopo, mentre la giovane tornava a guardarlo, sbattendo un poco le palpebre, con le sopracciglia inarcate.

“A- A me? E di cosa?”. Domandò confusa, dal momento che aveva rassicurato il padre di non aver corso alcun pericolo da che se n’era andata per l’addestramento e l’iscrizione al torneo d’arti marziali.

L’uomo sospirò, portandosi una mano sulla barba, sfregandola in un gesto con cui sembrava volersi spronare a passare direttamente ai fatti, dopo le ultime ore intrise di riflessioni, da che la figlia era tornata al castello.

Si riscosse, notando lo sguardo confuso e anche incuriosito della giovane, che aveva accavallato le gambe, continuando con una mano a strofinare il manto setoso dei suoi capelli, inclinando la testa di un lato per spiare le espressioni del padre, sperando quasi di poterne leggere i pensieri.

Questi sospirò, infine, salvo replicare.

"Di Goku...del matrimonio...di che altro?". Replicò con più slancio  e scioltezza nella voce, guardando la giovane dritto negli occhi, notandola sgranare un poco le pupille, inarcando le sopracciglia, confusa e un poco perplessa.

"I-Io pensavo...pensavo fosse tutto a posto...hai detto che lui ti piace, ti sei congratulato della scelta e...".

Il tono della giovane da confuso, sorpreso ed un pizzico apprensivo, si era fatto più infervorato, aggrottando lievemente le sopracciglia, mentre snocciolava quelle ultime parole con più energia, quasi in tono di protesta al pensiero suo padre volesse obiettare qualcosa dopo quanto detto al banchetto con il futuro genero.

Juman si affrettò, infatti, ad alzare le mani, quasi a fermare quella requisitoria che sembrava starle per scivolare dalle labbra,  replicando velocemente, per mettere a tacere i dubbi della giovane.

"...infatti è così!". Disse con forza, salvo poi sospirare quasi a sfogare la frustrazione, aveva immaginato fin da subito che non sarebbe stato facile ed agevole imbarcarsi in quel discorso, vuoi la testardaggine e cocciutaggine della figlia, vuoi i sentimenti che sembravano già così maturi nei confronti del fidanzato.

Si passò una mano sulla fronte, sfiorandosi i capelli sul capo, quasi a volersi di nuovo dare slancio, prima di tornare a guardare la figlia che restava in attesa – la fronte ancora aggrottata e gli occhi lampeggianti  - prendendole le mani con un altro sospiro.

"Chichi non sto rinnegando quanto dettoci oggi, né mi sentirai mai farlo...quello che voglio è solo e soltanto il tuo bene, figlia mia...lo sai, vero?".

Si ritrovò a chiedere quasi con forza ed energia che sorpresero ancora di più la figlia, che si morsicò il labbro, non riuscendo a capire dove quel discorso sarebbe giunto a parare, avvertendo tuttavia un’istintiva anche se non ben definita sensazione d’apprensione, una stretta allo stomaco per l’agitazione.

"...sì, certo...". Replicò con voce che – in contrasto con quella del padre – si era fatta flebile ed appena sussurrata, continuando a guardarlo con sguardo preoccupato e confuso, la testa inclinata di un lato, morsicandosi il labbro, dimentica di ogni preoccupazione e remora sul proprio aspetto dopo le prove di make-up.

Juman annuì, sospirando, confortato di quella risposta che in verità già conosceva, ma il sentirlo proferire direttamente dalle labbra della figlia, specie in quel contesto, sembrò essergli ulteriore incipit per continuare quella conversazione non ancora entrata nel nocciolo.

"Molto bene...”. Replicò, infatti. “…vorrei farti alcune domande...e vorrei tu fossi sincera con me...come sei sempre stata…”.  Continuò, aspettando un cenno d’intesa e assenso della figlia che – malgrado tutte le preoccupazioni, la confusione e l’ansia – non tardò ad arrivare. Riprese:

"...che cosa è successo quando vi siete rivisti al torneo?".  Domandò, restando a guardarla apertamente, rafforzando ulteriormente la stretta sulle sue mani, volendo la sua completa attenzione e volendo guardarla negli occhi per tutto il tempo in cui avrebbe replicato.

Chichi, dal canto suo, a quella domanda sgranò gli occhi, avvertendo anche un distinto calore sulle gote, morsicandosi ancora il labbro e umettandolo. Deglutì a fatica, mentre le immagini di quel fatidico momento, le tornarono prepotentemente di fronte agli occhi, strappandole un sospiro un po’ più profondo ed amaro degli altri, sfuggendo con una mano dalla presa del padre. Distolse lo sguardo dal suo, passandosi una mano tra i capelli, salvo tornare a guardarlo.

"...te l'ho raccontato oggi, mi sembra…”. Replicò con voce afona e quasi fredda, con fare conciso e quasi sprezzante, al ricordo di quei momenti: la delusione, l’amarezza, il dolore e il senso di vuoto quando si era resa conto che Son Goku – il ragazzo di cui si era da sempre considerata la legittima e futura consorte – non era stato in grado di riconoscerla, avendo evidentemente seppellito in un angolo remoto della sua mente i ricordi di quella bambina paffutella e manesca e tanto più la promessa che li legava, la promessa per la quale aveva vissuto quasi sospesa  ad un filo, fino alla decisione risolutrice di cercarlo di persona, sapendo avrebbe partecipato al torneo.

Di fronte all’insistenza dello sguardo del padre, che rafforzò ulteriormente la stretta sulla sua mano, si ritrovò a morsicarsi ancora il labbro, aggiungendo uno strascicato, conciso e quasi stizzoso:

 

 

 

“…ci siamo scontrati ai quarti di finale e dopo lui mi ha chiesto di sposarlo...".

Replicò la giovane, volendo evidentemente eludere la vera domanda del padre, in merito al momento in cui dopo tanti anni si erano rincontrati e poi confermato quella promessa stipulata tanto tempo prima. Juman sospirò, avendo un’ulteriore conferma che gli suscitò un moto d’apprensione e preoccupazione, tornando a pizzicarsi il mento barbuto con una mano, decidendo di intraprendere il discorso in un altro modo.

"...quindi i sentimenti che serbavi per lui sono rimasti intatti per tutto questo tempo...ami questo uomo, come hai amato da subito quel bambino".  Quella che doveva sembrare una domanda, suonò come una constatazione fatta a voce alta, perché Juman di certo non era uno sprovveduto e lo sguardo, il sorriso e il luccichio degli occhi della giovane – guardando o rivolgendosi al fidanzato – erano inequivocabili tanto più quando si aveva una tempra forte e testarda come quella giovane, ispessita dalle sofferenze e dalle speranze di cui si era forgiata nella crescita.

La giovane sospirò quasi impercettibilmente, lieta che il padre avesse compreso perfettamente, ricercandone apertamente lo sguardo – gli occhi che lampeggiavano nuovamente, non di una curiosità che sfociava nell’accusa e nella stizza, ma dei meri e chiari sentimenti che ammantavano il suo cuore e che sapeva recavano solo e soltanto il nome del giovane – replicando con voce chiara ed altisonante:

"Sì...è così...".

Il padre annuì, continuando a guardarla, quasi a volersi reciprocamente studiare, mentre la sua mano sul mento si fermò per un istante, andando ad avventurarsi nel nucleo della conversazione, nel vero motivo per cui si era recato a farle visita a quell’ora, in privato.

"...e lui? Come ha reagito vedendoti riapparire?".

Domandò apertamente, non volendo che la figlia sfuggisse di nuovo alla richiesta, guardandola dritto negli occhi, la mano che si serrava ancora più forte sulla sua, reclamandone la completa attenzione. La vide morsicarsi di nuovo il labbro, i suoi occhi sembrarono adombrarsi, mentre deglutiva e con un gesto quasi stizzoso prese nella mano libera i lembi della veste da camera, coprendosi meglio il collo, in un gesto in cui metaforicamente sembrò ricercare tutta la propria forza e determinazione.

"...in che senso?". Domandò poi con voce ancora una volta quasi melliflua, mentre il volto inclinato di un lato, guardandolo, la fronte lievemente aggrottata, deglutendo  ed avvertendo un sapore amaro sul palato.

"...sarò chiaro...”. Sospirò, infine Juman tra l’esasperato e il frustrato, tornando a grattarsi il mento, guardandola ancora apertamente negli occhi.

“…sei pienamente sicura  che lui ricambi i tuoi sentimenti?".

Domandò, infine, schiettamente e direttamente, non volendo ballare ancora intorno all’argomento, volendo che sua figlia gli aprisse completamente il cuore per poterla proteggere, persino in quel momento in cui – poco più che maggiorenne – si stava avviando verso una svolta così definitiva e stabilizzatrice della propria vita e lui non le avrebbe tarpato le ali, ma avrebbe voluto sincerarsi ci fossero forti fondamenta alla base.

La giovane annaspò per qualche istante, gli occhi sgranati, le labbra schiuse, quasi senza respiro, mentre un verso gutturale d’incredulità e di qualcos’altro di ancora non ben indefinito, le sfuggiva dalle labbra.  Scosse la testa a simulare esasperazione; i suoi occhi lampeggiarono come nel momento in cui era scesa sul ring con quello che sarebbe divenuto suo marito, aggrottando le sopracciglia e sorridendo quasi amara.

"...papà, c-come puoi chiedermi una cosa del genere...lui mi ha chiesto di sposarlo!".

Replicò, le ultime sei parole dette con voce quasi stridula, avvertendo ancora quel fastidioso sapore amaro sul palato, drizzandosi in piedi repentina – quasi il pouf si fosse surriscaldato - dopodiché con  il volto arrossato, gli occhi lampeggianti , si voltò bruscamente, dandogli le spalle, a testimoniare la volontà di chiudere il discorso, esasperata e spazientita .

Prese a trafficare con mani tremanti la superficie della toeletta, cercando di porre ordine tra i vari accessori per capelli, creme, sapone ed altri effetti personali; tutto per porre fine a quell’interrogatorio logorante e decisamente meschino per la sua sopportazione e i sentimenti che cullava gelosamente in cuore.

Juman sospirò ad esternare la frustrazione, mentre in quella risposta e quella mimica -  che dovevano sembrare gesti enfatici di sicurezza -  intravedeva ulteriore conferma delle proprie incertezze, ritrovandosi a passarsi una mano tra i capelli, addolorato al pensiero di ciò che avrebbe potuto turbare il cuore della giovane, il suo futuro con quel giovane che aveva scelto. Ulteriore conferma ai propri atroci e amari dubbi e perplessità.

Posò le mani sulle spalle della giovane che ostinatamente continuava a trafficare rumorosamente sulla toeletta – quasi a coprire il brulicare di pensieri nella sua mente – avvertendola irrigidirsi, comprendendo il disaccordo della giovane, mentre sospirava, appoggiando il mento contro la sua testa, carezzandole le spalle e stringendole in segno di supporto, dovendo tuttavia continuare quella conversazione, solo e soltanto per il suo bene.

"...perché allora non è mai tornato a reclamarti come sua sposa?". Bisbigliò nel suo orecchio, le mani ancora salde sulle sue spalle, avvertendola irrigidirsi ulteriormente, i muscoli contratti del suo corpo e concentrandosi avrebbe potuto anche accorgersi del battito incessante e sordo del suo cuore.

"...".

"...Chichi...".

La voce del padre sembrò risvegliarla dal torpore in cui era caduta, in quegli ultimi istanti, quasi amaramente, si era sentita più consapevole del proprio corpo: il battito sordo e lento del proprio cuore che rimbombava nella cassa toracica e pulsava nelle orecchie, il sapore amaro sul palato, mentre si morsicava con forza il labbro inferiore, i brividi lungo la spina dorsale, la debolezza delle gambe, certa che se non fosse stata per la presenza e la solidità del corpo del padre sarebbe già caduta a terra, il pizzicore agli angoli degli occhi, il tremolio della labbra e il vibrare del nervo sulla mascella. Scosse leggermente la testa, la sua mente aveva appena proiettato di nuovo immagini che aveva cercato di stipare nell’angolo più remoto, riuscendo a riprodurre con fedeltà crudele il timbro della voce, le parole e le fattezze del volto del giovane in quel momento fatidico. Avvertì l’ulteriore pressione delle mani del padre sulle spalle e con un verso gutturale, il suo riflesso quasi sfocato mentre si guardava allo specchio, si sentì rispondere:

"...l-lui si era… dimenticato della promessa...".

Un lieve e amaro bisbiglio che risuonò nel silenzio della stanza come l’esplosione di una bomba atomica, tanto che Juman avvertì lui stesso una stretta al cuore, sospirando in risposta e socchiudendo gli occhi, avvertendo così confermati i suoi pensieri.  Non riuscendo neppure in quel momento a biasimare il ragazzo che da bambino aveva promesso qualcosa di cui anche adesso probabilmente non conosceva il reale significato; amareggiato del fatto che la figlia per tanto tempo fosse rimasta appesa ad un filo, ad una promessa che così impulsivamente e puerilmente aveva strappato al compagno di giochi, incredulo lui stesso di come avesse gelosamente cullato e serbato quei sentimenti e di come questi con il tempo anziché affievolirsi avessero assunto sfumature sempre più profonde ed intense.

"...e ciononostante ti ha chiesto di sposarlo...".

Concluse, quindi, il padre, la preoccupazione  e l’amarezza evidenti, poiché forse il giovane – preoccupato di mantenere fede ad un simile impegno, per rispetto della giovane e dei suoi sentimenti – aveva – involontariamente, certo! – incoscientemente alimentato ulteriori e mere illusioni in sua figlia.

"...".

L’uomo sospirò un’ennesima volta, rafforzando la pressione delle mani sulle sue spalle, facendola voltare, notando il pallore più evidente del solito sul suo viso, il tremolio delle labbra, mentre ostinatamente eludeva il suo sguardo, le sopracciglia aggrottate e le braccia intrecciate all’altezza del petto che si abbassava ed alzava quasi furiosamente al ritmo della respirazione.

Alzò la mano che con una delicatezza incredibile e quasi inimmaginabili – per la dimensione soprattutto – si appoggiò sulla gota, sfiorandola coi polpastrelli, avvedendosi del luccichio del suo sguardo puntato sul pavimento.

“Chichi…”. Sospirò quasi il suo nome, con voce flebile e svuotata d’energie, pregna di preoccupazione e di amarezza, salvo poi imprigionarle – seppur delicatamente – il volto tra le mani, ricercandone lo sguardo.

“Io non voglio mortificarti, tanto meno ferirti...”. Sospirò con voce tremula e roca, lo sguardo pregno di preoccupazione ed affetto, mentre continuava a sfiorarle le gote con leggeri e delicati movimenti dei polpastrelli.

“ Quello che voglio è che tu sia felice...".

Sospirò, appoggiando la fronte su quella della giovane, guardandola dritto negli occhi, e quella frase sembrò rianimare la giovane che non si scostò dal padre, rilassandosi al contrario contro la solidità del suo corpo, le sue mani che si artigliavano contro la camicia dell’uomo, in cerca di sostegno.

"...ma io lo sarò papà...”.

Replicò con voce tremula e flebile, gli occhi luccicanti, intrisi - malgrado l’amarezza, le paure, le incertezze, l’apprensione per la sua vita futura – dei sentimenti che forti pulsavano in lei, sapendo che erano rivolti solo ed esclusivamente al giovane Son.

“…quando ci sposeremo...”.  Riprese, la voce ancora flebile e roca, quasi gutturale, ricercando lo sguardo del padre che aveva sospirato amaramente. Rafforzò la pressione sul suo torace, guardandolo dritto negli occhi, gli occhi luccicanti, le labbra tremule ma sorridenti, al pensiero della sua vita futura, ricca di speranze e sogni ancora ad occhi aperti.

“Passerò con lui tutta la vita...non potrei chiedere di più!".  Concluse, la voce bisbigliata ma le parole rimbombarono prepotentemente nel silenzio della stanza e nella mente brulicante del padre le cui braccia con cui la stava cingendo, tremarono, continuando tuttavia a trattenerla contro di sé.

Le sue mani tornarono a prenderle le gote, sollevandole leggermente il volto per guardarla dritto negli occhi, leggervi le emozioni, aldilà dei sentimenti tinti di rosa, leggerne la sicurezza e la tranquillità, la determinazione della sua scelta.

"...ne sei davvero convinta?".

Domandò, infine, mentre la giovane sospirava per risposta, tornando a guardarlo, stringendo ancora le mani alla sua camicia.

"Non pensi lui sia l'uomo adatto a me o cosa?".

Domandò in un doloroso sospiro, avvertendo ancora la sensazione d’amaro sul palato, dovuto forse alla consapevolezza che tutte quelle domande poste dal padre erano le stesse della parte più razionale del suo spirito, quelle domande che aveva relegato da parte, ignorato o soffocato per concentrarsi solo sulle emozioni più rosee e i sogni per il futuro.

"Chichi, se lui è l'uomo che hai deciso di sposare io non mi porrò d’ostacolo...la decisione spetta solo a te...”.

Chiarì subito il padre, con voce chiara e determinata, guardandola dritto negli occhi, salvo poi riprendere, parlando con voce animata per farle cogliere la profondità e sincerità delle sue parole:

“Non ho nulla contro Goku, sono felice di vedere l'uomo che è diventato...e sono fiero di lui, ero molto legato a suo nonno…so per certo che saresti al sicuro con lui...”. Convenne, non provando alcuna critica a porre al giovane, sapendo che il suo comportamento – persino il mantenere quella promessa – era dettato dall’innocenza che lo aveva sempre contraddistinto, la purezza di cuore nel voler rendere felice la giovane, a discapito persino di se stesso.

“ Sei tu quella che mi preoccupa...". Continuò, infatti, con voce chiara e forte.

"...p-perché dici così? Hai appena detto che ti fidi di lui,  che...". Domandò la giovane, incredula  e sorpresa, l’amarezza di nuovo a serpeggiare in lei, mentre sospirava, guardando il padre, le mani strette alla sua camicia che tremarono leggermente, come le sue labbra.

"...hai tutti i diritti di amarlo, figlia mia...”. Replicò il padre.

“…ma, soprattutto… il  diritto di essere amata...”.

Continuò e vide gli occhi della giovane sgranare, mentre di nuovo le gote s’imporporavano e distoglieva lo sguardo, un nuovo luccichio nello sguardo, le labbra tremule e il sapore amaro sul palato, evidentemente ponendosi di nuovo la crudele domanda che aveva taciuto fin dalla proposta di matrimonio.

“Io non ti ostacolerò se deciderai di sposarlo...”. Disse ancora Juman, imprigionandole il volto tra le mani, sorridendole e sfiorandole le gote, salvo sospirare, stringendola meglio a sé:

“Ma ti prego,  figlia mia, non prendere frettolosamente una decisione di cui potresti pentirti per tutta la vita...". Continuò, la voce ridotta ad un bisbiglio roco.

La giovane distolse lo sguardo, sospirando e deglutendo a fatica, avvertendo di nuovo i sordi battiti del suo cuore, proiettando di nuovo nella mente tutti gli istanti di vita con il giovane, ricordando in particolar modo l’apprensione, la paura e l’orrore che l’avevano attanagliata quando temeva di averlo perso per mano di Junior. In quel momento, in quello spruzzo d’eterno, forse solo in quel momento aveva veramente ed intensamente realizzato ed assaggiato la sofferenza indicibile di non averlo accanto. Sospirò, scuotendo la testa  e rialzando lo sguardo, il mento sollevato, gli occhi luccicanti.

"...l'unico pentimento che potrei avere è di non averlo accanto...". Replicò con voce chiara e risolutrice che suonò come la fine accertata e stabilita della conversazione, di qualsiasi altro dubbio, richiesta o perplessità paterne – riflesso delle proprie ma lasciate tacere – o almeno così fu interpretato da Juman.

Restò a guardarla negli occhi per innumerevoli istanti, comprendendo dal luccichio del suo sguardo che qualunque altro tentativo sarebbe stato vano, ed era giunto il momento di fare ciò che aveva promesso: rispettare le volontà della figlia, lasciare che gli eventi prendessero il loro corso, per amor suo.

Sospirò, quella era la sua decisione e in quanto tale non avrebbe sollevato obiezioni o dubbi, restandole accanto in qualsiasi circostanza, qualunque sarebbe stato il  futuro insieme a Goku, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e malattia, nella ricchezza e povertà.

Nessuna rimostranza futura.

Nessuna recriminazione.

Nessun biasimo o polemica.

Solo l’amore per sua figlia.

 

"In tal caso, organizzeremo le nozze al più presto...".

Replicò, infatti, mentre la giovane annuiva, un lieve sorriso ad incresparle le labbra, le gote ancora arrossate, mentre il padre con un ultimo sospiro la stringeva di nuovo a sé, affondando il volto contro i suoi capelli profumati e setosi.

Le accarezzò dolcemente la schiena, come faceva quando era solo una bambina che voleva essere rassicurata, dopo un incubo o mentre stava per intraprendere qualche nuova esperienza che la preoccupava.

“Perdonami, tesoro mio…”. Sospirò infine, stringendola più forte, avvertendola affondare contro il suo torace, ricercando ancora il suo calore e la sua presenza.

“Voglio solo tu sia felice".

Replicò un’altra volta e la giovane annuì fermamente, scostandosi dal suo petto per guardarlo dritto negli occhi.

“Lo so…”. Disse soltanto, sorridendo con gli occhi ancora luccicanti e le labbra tremule, sospirando all’ulteriore carezza del padre che scivolò a baciarle la fronte.

“Buonanotte…”. Le sussurrò infine all’orecchio, mentre la giovane annuiva.

“…buonanotte, papà…”. Sospirò in risposta, avvertendolo percorrere di nuovo la stanza per uscirne, mentre la giovane sospirava quasi a smaltire la tensione e le emozioni di quegli ultimi istanti, fissando – senza in realtà vederlo – il letto ancora intatto.

“Oh…e Chichi…”.

La giovane si voltò a guardare il padre che fuori della stanza, tratteneva una mano sul pomello della porta, mantenendola aperta per dirle un’ultima cosa.

“…mi piace molto il trucco che hai scelto per il viso…è semplice ma mette in risalto la tua bellezza naturale…”. Replicò, un sorriso dolce e vezzoso sul volto, mentre le ammiccava sbarazzino.

La giovane scosse la testa, ridacchiando un poco, guardandolo con il volto inclinato di un lato, passandosi una mano sulla guancia a scostarne una lacrima capricciosa.

Grazie, papà…”. Replicò soltanto, quasi in un sospiro, entrambi consapevole che quel ringraziamento fosse rivolto a ben altro.

“Buonanotte, principessina…bentornata a casa…”. Sospirò infine il padre, con un ultimo sorriso, prima di chiudersi la porta alle spalle, lasciando la giovane sola.

 

~

 

Stesa sul materasso, lo sguardo rivolto al soffitto – senza in realtà vederlo – la giovane ripercorreva gli ultimi istanti di quella conversazione con il padre.

Il  diritto di essere amata, così aveva giustificato suo padre i motivi della propria preoccupazione ed angoscia per quell’improvvisato e repentino fidanzamento.

Quelle parole continuavano a ronzare nella sua mente indisponenti e moleste, mentre si rannicchiava di un fianco, sospirando, ascoltando i battiti del proprio cuore, il respiro lievemente ansante. Quante volte la sua parte più razionale le aveva rivolto simili domande e preoccupazioni e quante volte le aveva cacciate, ignorate o allontanate.

Era perfettamente consapevole della portata e delle conseguenza del suo consenso alla proposta di matrimonio, sapeva perfettamente ci sarebbero stati momenti difficili, momenti nei quali avrebbe potuto interrogarsi sul perché avesse accettato; un altro sospiro le affiorò alle labbra: avrebbe potuto continuare a vivere con un uomo, domandandosi giorno dopo giorno se il proprio amore era in qualche misura ricambiato? Avrebbe potuto sopportare l’angoscia di silenzi incerti e intimiditi, di gentilezze forzate o attenzioni faticose da parte del ragazzo?

Sospirò un’ennesima volta, drizzandosi sul letto e raccogliendo le gambe al petto, appoggiandovi sopra il mento, socchiudendo gli occhi, ascoltando i sordi battiti del suo cuore.  Provò la sensazione di nausea e di stordimento di chi si trova sul ciglio di un precipizio, ben consapevole che un movimento troppo brusco o incosciente poteva essere fatale, in bilico tra sicurezza e incertezza, tra vita e morte, tra felicità e solitudine. Appoggiò la fronte contro il ginocchio, lasciando che i capelli le ricadessero scomposti sul viso, mentre con gli occhi socchiusi riusciva perfettamente  a comporre un ritratto del volto amato, ogni lineamento con estrema ed accurata precisione e si disse che no, non poteva e non voleva permettersi di perderlo un’altra volta…di lasciarlo sfuggire dopo anni di attese e di speranze. Attese e speranze unilaterali, precisò in modo sferzante la sua parte più razionale, mentre scuoteva la testa quasi con stizza, drizzandosi dal letto e avviandosi verso la portafinestra che conduceva alla terrazza, sentendosi tutto un tratto soffocare.

Quando aprì l’uscio una lieve e sbarazzina brezza la schiaffeggiò in volto, stringendosi meglio nella veste da camera, mentre si scostava i capelli dal volto, sospirando. S’avvicinò al balconcino, appoggiandovisi coi gomiti, com’era sua abitudine da che era bambina e cercava un posto dove potersi rifugiare a riflettere o semplicemente contemplare il paesaggio. 

La verde distesa del prato, le acque azzurrine della piscina e i roseti risplendevano per il bagliore argenteo della luna piena e quello dorato delle stelle, conferendo a quegli elementi naturali, una sensazione più spiccata e percepibile che etereo, di tutt’uno con la madre terra, congiunzione mistica tra terra e cielo.

La giovane rilasciò un altro lungo sospiro, alzando il volto a guardare la luna piena che unica regina del cielo, sembrava sovrastare l’umanità con il suo manto benevolo, carezzando le gote dei bambini addormentati, testimone tacita e segreta di promesse d’amore tra gli sposi, vegliando su chi mordeva le lenzuola, trattenendo singhiozzi e sospiri di dolore.

Cosa devo fare? Una tacita domanda le sembrò sfuggire dalle labbra, continuando a guardare la luna e il cielo puntellato di stelle che sembravano ammiccarle da così lontano.

Si strinse ancora meglio nella vestaglia da camera, sbuffando e passandosi con fare stizzoso e stanco una mano tra i capelli, ravviandoli un’ennesima volta, quasi potendo con quei gesti coprire il brulicare tormentoso dei pensieri.  Fece per voltarsi per tornare in camera  e coricarsi, ben sapendo che l’indomani sarebbero cominciati i preparativi, c’era una moltitudine di cose da organizzare, decidere, pensare. Socchiuse gli occhi, sospirando un’ennesima volta, roteando il busto per rientrare in camera ma con la coda dell’occhio intravide qualcosa che distolse la sua attenzione, voltandosi di nuovo a contemplare il circondario, salvo sgranare gli occhi quando avvertì un tonfo in acqua.

“Goku?”. Domandò perplessa, sporgendosi meglio con le mani sulla balaustra del balconcino, osservando la figura atletica e muscolosa che percorreva la piscina con veloci ed energetiche bracciate, salvo immergersi.

Che cosa ci faceva nel mezzo della notte nella piscina? Per di più si era gettato in acqua con la sua solita tuta, incurante della possibilità di prendersi un malanno.
 “Son Goku! Ma ti è dato di volta il cervello?!”. La sua voce echeggiò nel parco e il giovane che ancora immerso si stava esibendo in un perfetto stile rana, a quel richiamo, riemerse, i piedi puntellati alla superficie della piscina, con sguardo interrogativo, sicuro di aver sentito una voce familiare, non riuscendo tuttavia a scorgerla.

“Quassù, sciocco!”. Sbottò la giovane, scuotendo la testa, al che il giovane alzò il volto verso di lei, le gocce d’acqua che scivolavano dai capelli, sul volto, scivolando lungo la gola, infrangendosi contro il tessuto degli abiti pregni d’acqua.

Con lo sguardo ancora perplesso, individuò  la giovane e inclinò il volto di un lato. I suoi occhi sgranarono un poco, aggrottò lievemente le sopracciglia, passandosi una mano sulla nuca, continuando a studiarla, come la vedesse per la prima volta.
 “Chichi?”.  Domandò, infatti, al che la giovane sbuffò, sonoramente.

“Chi altro dovrei essere?!”. Replicò stizzosa, scuotendo la testa e ponendosi le mani sui fianchi, ancora incredula dell’assurda situazione in cui lo aveva scorto, facendo per chiedergli il motivo di quella nuotatina notturna.

Il giovane tuttavia, uscì dalla piscina, passandosi una mano tra i capelli zuppi, gocciolando su tutta l’erba circostante, guardando verso l’alto.

“Volevi venire anche tu a pesca?”. Domandò il giovane, le sopracciglia inarcate, cercando di spiegarsi il motivo del suo essere arrabbiata; certe volte gli era davvero difficile riuscire a comprenderla, cercava di assecondarla in ogni cosa per evitare di farla arrabbiare e anche adesso che aveva avuto le più buone intenzioni, sembrava aver sortito l’effetto opposto. Nessuno prima d’adesso l’aveva mai fatto sentire così analizzato, sottoposto quasi continuamente ad un esame, sentendosi un bambino rispetto a quella giovane un po’ troppo prepotente, irritabile per i suoi gusti, eppure sembrava sapere sempre come comportarsi, in ogni situazione, con grazia e garbo che spesso le aveva invidiato.

La giovane a quella domanda sgranò gli occhi, le sue labbra mimarono ‘…a p-pesca?’, l’incredulità e la sorpresa così marcate da dimenticare persino la stizza e i tortuosi pensieri elaborati fino a quel momento. Sospirò, infine, socchiudendo gli occhi. “Vieni ad asciugarti o ti prenderai un malanno…”. Convenne, facendogli cenno di salire, salvo rientrare nella sua camera, raccogliendo degli asciugamani e tornando in terrazza, proprio mentre il giovane atterrava con i piedi sulla balaustra, e poi con un balzo appoggiò i piedi al pavimento, restando seduto sulla balaustra.

La giovane sospirò, porgendogli un asciugamano, mentre il giovane automaticamente allungava il braccio per raccoglierlo, senza tuttavia dar cenno di voler compiere alcun’azione. La testa inclinata di un lato, le gocce d’acqua che scivolavano lungo il collo, andando a morire a contatto con le vesti e la pelle bagnata, i suoi occhi erano attratti sulla giovane che restava a guardarlo, ritrovandosi sorprendentemente a contemplarla con più attenzione e più curiosità di quelli provati fino a quel momento. La sua pelle morbida e nivea sembrava emanare un bagliore pallido, sotto i raggi di luna, gli occhioni scuri sembravano anch’essi brillare di luce propria – forse brillavano per effetto della luna o forse avevano sempre brillato ma non vi aveva fatto caso, troppo preoccupato dal non farla irritare ed indisporre – i capelli che solitamente teneva legati e castigati in una coda, scivolavano ora come una scura e morbida cascata. Socchiudendo gli occhi ed inspirando avrebbe potuto coglierne il profumo delicato e fruttato, mentre la notava inarcare le sopracciglia, restando a guardarlo perplessa.

“Beh? Che aspetti ad asciugarti?”. Domandò, notandolo mentre ancora tratteneva tra le mani l’asciugamano, con l’espressione curiosa e attenta di un bambino che analizza ciò che gli accade intorno, per muovere i primi passi.

Inclinò la testa, restando a guardarlo confusa, salvo poi sospirare esasperata, accostandosi a lui e strappandogli senza molti complimenti l’asciugamano tra le mani per appoggiarlo sul suo capo, prendendo a strofinarlo energeticamente sulla testa e i capelli per asciugarlo.

 

~

Lui non sta con te,

cara amica timida.

Ma ti guarda e...non sa più dov'è.

~

Il giovane la vide accostarsi, percependo in modo più netto ed intenso quel profumo, ritrovandosi quasi a socchiudere gli occhi, quasi cullato da quell’aroma, salvo poi avvertire quel trattamento deciso per asciugarlo e gemere per il dolore.

Auch…Chichi…mi stai…facendo male, urca!”. Si lamentò, cercando di sfuggire ma la giovane sbuffò, senza neanche ascoltarlo, continuando a sfregargli il capo energeticamente, sospirando.

“Certe volte davvero non ti capisco…”. Borbottò in tono polemico di  una madre che si rivolge al suo bimbo più discolo. “…che ci facevi in piscina…in piena notte?!”. Domandò, continuando a sfregargli i capelli.

Auch…ti prego…smettila…mi fai male…”. Gemette il giovane che avrebbe potuto tranquillamente scostarla da sé, ma che non osava sfiorarla da quando al torneo era stato costretto a gettarla fuori dalla pedana, pur non sfiorandola le aveva procurato un doloroso urto contro il muretto fuori dal ring e l’aveva vista cadere a terra, tramortita per qualche istante. E per quei lunghi istanti aveva provato una sensazione spiacevole di morsa allo stomaco, ripetendosi tra sé che non avrebbe più alzato un dito su di lei.

“Ho quasi finito…”. Replicò la giovane, sbuffando, continuando a sfregargli i capelli e la nuca, avvertendo poi il panno farsi pesante, trattenendo la maggior parte dell’umidità, mentre continuava a sfregare un poco la nuca.

“Che stavi facendo…si può sapere?”. Domandò, abbassando l’asciugamano, appoggiandolo sulle sue spalle, accostandogli una mano al volto, per scostargli i ciuffi ribelli che vi erano caduti per quel trattamento energetico. Un gesto compiuto automaticamente, ma che le strappò il respiro, avvertì i sordi battiti del suo cuore rimbombare nella cassa toracica e nelle orecchie, quando si rese conto – in quella buffa e particolare circostanza – di quanto gli fosse vicina in quel momento, sovrastandolo di poco, gli occhi incatenati in quelli di lui, la sua espressione da cucciolo smarrito ed impaurito, i capelli ancora umidi e scarmigliati e il suo sguardo fu catturato dalle labbra dal taglio virile. Si ritrovò a deglutire, le labbra tremule, improvvisamente incapace di ragionare e compiere razionalmente qualsivoglia gesto – non sentendo nemmeno il ragazzo alludere alla voglia di pesce e la sua sorpresa del fatto di non averne trovati in ‘quel laghetto’ – rendendosi solo conto che era la prima volta che gli si trovava così vicina, senza che lui opponesse resistenza o cercasse di allontanarla, imbarazzato.

La sua mano quasi tremò a contatto con la sua gota, umida, deglutendo a fatica, restando a guardarlo negli occhi, avvertendo l’impellente e bruciante desiderio di passarla su tutto il volto, sfiorare ogni lineamento e curva di quel viso, perdersi nel suo sguardo e…il suo sguardo cadde di nuovo sulle labbra, guardandole come un arcano e misterioso territorio che la sua parte più carnale avrebbe voluto in quel momento esplorare.

“…sai, mi era venuto un languorino…e avevo voglia di pesci, di solito li catturo da solo…ma dentro quel laghetto non ce ne sono…e…”. Continuò a spiegare il giovane, sollevato che la giovane avesse smesso con quella tortura gratuita, avvertendola allungare la mano, sfiorandogli il volto per scostargli i capelli scarmigliati dal viso. La sua mano tuttavia restò adagiata sulla sua guancia e notò che anche il suo sguardo sembrava essersi immobilizzato, fisso nel proprio, le sue dite che tremavano leggermente contro la sua gota, il braccio proteso verso di lui un poco formicolante.
Inclinò il viso di un lato, guardandola confuso, domandandosi se forse c’era qualcosa che non andava, se aveva compiuto ancora una volta qualcosa di sbagliato e la rabbia era tale da restare immobile a fissarlo.

“Chi-Chichi?”. La richiamò, infatti, con voce incerta e confusa, non vedendola reagire, notandola con il respiro quasi trattenuto, i suoi occhi che continuavano a fissarlo alla luce della luna.

Avvertì le sue dita tremule contro la gota e si ritrovò quasi a sospirare per la morbidezza setosa che avvertiva in quella carezza, un gesto di contemplazione, d’attenzione nei propri riguardi, mentre notava quel bagliore nel suo sguardo farsi più intenso. Inspirò il profumo proveniente da lei, accorgendosi forse solo in quel momento di quanto, malgrado il caratterino acceso e vulcanico, l’indole prepotente fosse fragile e minuta rispetto a sé, come quelle dita fossero delicate e affusolate e non come le proprie grandi e con calli. Non aveva mai visto uno sguardo così limpido e luminoso, e i suoi capelli profumavano di buono, si riscosse quando avvertì una brezza coglierlo in volto, vedendola tuttavia restare a studiarlo, lo sguardo ancora immobile.

~

Lei non sta con te,

caro amico no, non c'è.

Nessun dubbio che ha capito tutto.

~

Avvertì la voce di lui richiamarla ma non sembrò voler reagire, voleva soltanto restare a contemplarlo, la sua mano sul volto, avrebbe potuto imprigionargli il volto tra le mani, trattenerlo vicino, rannicchiarsi tra le sue braccia per non sentire più quell’inquietudine addosso.  Sentire la solidità forte e rocciosa del suo corpo, sentirsi accogliere nel suo calore per non tremare più, per non temere più il futuro, non avere più dubbi sul loro domani insieme. Sentire le sue grandi mani callose vezzeggiarla di carezze per cullarla nel silenzio della notte, sotto la luna, sentire la sua voce bisbigliare giuramenti d’amore e promesse di felicità eterna, vedere nei suoi occhi i sentimenti che lo ammantavano e scoprirli intensi ed uguali ai propri. Avvertire la morbidezza setosa delle sue labbra dal taglio virile per sondare ogni centimetro del proprio volto e poi incontrarsi con le proprie a scambiarsi un gesto di mera cristallizzazione della dolcezza, tenerezza e passione di cui avrebbe voluto intingere il loro amore.

Il giovane si drizzò in piedi, torreggiandola, andando con la mano a prendere a quella della giovane, ancora ferma sulla sua guancia, inclinando la testa di un lato.

“Chichi?”. La richiamò ancora confuso e preoccupato al che la vide sbattere le palpebre.

Sospirò una volta smarrito quell’incanto, avvertendo la mano di lui raccogliere la propria, morsicandosi il labbro, quasi in attesa per quel gesto, restando a guardarlo ad occhi lievemente sbarrati ed incredula. Erano così vicini in quel momento, alzò il volto per restare a guardarlo, sentendosi invadere del profumo di pino ancora più intenso per quel bagno notturno, mischiato al cloro della piscina e sospirò ancora. Un solo passo, si disse, un solo passo e avrebbe potuto rannicchiarsi tra le sue braccia, porre fine a mille e tartassanti interrogativi.

~

E sarà un amore, anche se ancora non lo sai.

Ma in tutti i gesti e le parole,

ora senti che si ferma il cuore.

Senza più il rumore della gente intorno a te,

ed il passare delle ore che van via...in compagnia.

~

La vide sbattere le palpebre, forse riprendendosi, salvo poi restare a contemplare la mano che aveva trattenuto nella propria, mentre notava quel bagliore nei suoi occhi ancora più intenso, ancora più vivo.  Di quel caratterino acceso e aggressivo sembravano essere crollate le barriere e in quel momento sembrava solo una creaturina piccola e fragile rispetto alla solidità del proprio corpo, mentre restava a guardarlo, quasi in attesa di qualcosa, il respiro trattenuto, le labbra tremule.

“H-Hai freddo?”. Domandò il giovane, avvertendo la voce più roca e bassa del solito, con uno strano contorcimento delle viscere, mentre percepiva ancora il suo profumo fruttato e lasciava andare la mano di lei che ricadde mollemente sul suo fianco. A quel gesto la giovane abbassò lo sguardo, come se lui avesse voluto in quel modo decretare la fine di quella spirale di tremori ed emozioni sotto pelle che sembravano preludere a ciò che in quel momento bramava con tutte le proprie forze. Stringimi. Sospirò nella sua mente.

Stringimi. Urlò nella sua mente, alzando lo sguardo su di lui, sperando riuscisse e potesse in quel momento a comprenderla, mentre avvertiva ancora quel fastidioso prurito agli angoli degli occhi e si sentì vulnerabile e fragile come mai fino a quel momento.

Stringimi, ti prego…fammi sentire che un poco mi vuoi bene.

 

~

E sarà un amore, sarà come lo vorrai,

avrà parole sempre nuove,

giorni interi da passare insieme.

Occhi innamorati negli abbracci che darai,

nel sole di quei pomeriggi senza età.

~

Il giovane restò interdetto, notando che la giovane aveva discostato lo sguardo, la mano che aveva divincolato dalla propria stretta, ricadde mollemente sul fianco, le dita tremule, mentre dopo qualche istante tornò a guardarlo. La luce nel suo sguardo sembrò essersi smarrita e spenta e quegli occhioni, gemme di notte, si tinsero come l’oscurità di un baratro, un’immensità sul fondo di un tunnel senza vie d’uscita.

Sembrava lo stesso sguardo che gli aveva rivolto quando dopo lo scontro, aveva ammesso di essersi dimenticato di quella promessa formulatagli da bambino, quando aveva accennato a tutti quegli anni passati nell’attesa di un suo ritorno.

Distolse lo sguardo, storcendo le labbra e sospirando, rammaricandosi per quello che ancora una volta – suo malgrado – aveva cagionato…senza neppure aver fatto nulla, poi! Aveva le migliori intenzioni del mondo, eppure con lei sembrava sbagliare in qualsiasi momento e frangente, con qualsiasi gesto o parole.

Sospirò amaramente, perché se c’era una cosa di cui era certo, da sempre, era di non voleva vederla  soffrire, specie se era lui la causa del suo dolore…ancora una volta.

 

“S-Stai bagnando tutta la terrazza…forse è meglio tu vada a farti un bagno…”.

Avvertì la sua voce proferire quelle parole, quasi come la sua bocca si fosse mossa da sola, le corde vocali fossero state solleticate da qualcun altro; come se non facesse più parte del corpo nel quale era trattenuta, come contemplasse la scena dall’esterno.

“H-Hai ragione…scusa…”. Balbettò il giovane, portandosi una mano sulla nuca, grattandola com’era sua indole quando si rendeva conto di aver compiuto un qualche errore e se ne voleva goffamente scusare, non sapendo a quale altro espediente ricorrere.

Quando si voltò di spalle per andarsene esattamente com’era venuto – scavalcando la balaustra e rientrando nel castello dal giardino – la giovane abbassò lo sguardo, morsicandosi il labbro, avvertendo l’oscillare debole del proprio cuore e di nuovo un sapore d’amaro sul palato mentre un velo di lacrime le annebbiava la vista, stringendosi le braccia al corpo, per darsi calore, cercando di trattenere i versi gutturali che li uscivano dalle labbra, voltandosi di spalle bruscamente.

~

Ma fai attenzione,

è facile farsi del male,

anche se non si vuole.

Quando è l'inizio di un amore.

~

 

“Chichi?”.

Avvertì la voce del giovane chiamarla e trattenendo e soffocando un roco verso dalle labbra, voltò appena di lato il viso, dandogli sentore che seppur di spalle lo stesse ascoltando, stringendosi meglio nella veste.

Il giovane seduto sulla balaustra a cavalcioni, una gamba a penzoloni sul vuoto, restò a contemplare la sua minuta figura, la luce della luna con il suo bagliore argenteo continuava ad illuminarla in pieno, facendo risplendere la cascata scura e setosa dei capelli, poteva ricordare il buon profumo che lo aveva stordito.

“N-Non ti avevo mai visto i capelli sciolti…”.

Si ritrovò a dire, con lo stesso tono curioso e meravigliato di un bimbo che osserva un paesaggio completamente nuovo, tra l’affascinato e il cauto, temendo di mettere male i piedi e potersi fare del male se non usando la dovuta attenzione.

La giovane sgranò gli occhi, avvertendo il suo cuore scalpitare furioso in petto e si ritrovò ancora una volta senza respiro, fece per voltarsi per guardarlo in faccia e magari replicare, quando lo sentì aggiungere.

“…mi piacciono…”. Continuò con quello stesso tono spensierato e puerile, mentre la giovane si voltava a guardarlo, gli occhioni sgranati e le labbra lievemente schiuse, mimando il suo nome.

“Beh…buonanotte allora…”. Troncò il giovane, sorridendo di quel solito e sbarazzino sorriso, sincero e incuriosito, ingenuo e candido, pulito…naturale e genuino come tutto l’ambiente circostante, salvo poi darsi una spinta e lasciarsi cadere sul giardino.

Auch!”. La giovane sbatté le palpebre, affacciandosi sulla balaustra, vedendolo mentre era atterrato malamente su un piede, saltellando per il dolore, salvo poi alzare il volto, vedendola intenta  a fissarlo.
”Sto bene!”. La rassicurò, alzando il braccio e sorridendole un’ultima volta, salvo poi sotto lo sguardo incredulo della giovane, correre verso il portone d’accesso al castello, coi vestiti ancora zuppi d’acqua.

Restò a guardarlo finché le fu possibile, mentre la mano saliva a scostarsi una lacrima birichina dalla gota, sospirando e scuotendo leggermente la testa.

~

Lui non sta con te,

cara amica timida.

Lei non sta con te,

ma un amore nuovo c'è.

 

(Lui non sta con te – Laura Pausini)

~

 

“N-Non ti avevo mai visto i capelli sciolti…mi piacciono”.

Il suo sorriso puerile e dolce, sincero e timido.

Lo sguardo incuriosito e spensierato.

La sua voce morbida e sonora, entrarle sinuosa nella mente.

Scosse leggermente la testa, tornando sui suoi passi, e aprendo la portafinestra per rientrare in camera, sospirando mentre si sedeva sul letto.

Sì, si disse tra sé, togliendosi la veste da camera ed immergendosi sotto le coperte, avvertendo di nuovo la serenità e dolcezza nel proprio cuore, quello poteva essere considerato un buon inizio.

Insieme ce l’avrebbero fatta.

Sarebbe riuscita a farsi amare.

 

To be continued…

 


 

[1] Dall’ Inferno, Canto V,  v. 103.Amor, che a nullo amato amar perdona:  amore non permette a chi è amato di non amare a sua volta.

 

 

[2]  Le battute scritte con questo carattere, sono riprese dagli episodi 149-153 della prima serie televisiva di Dragonball.

 

[3]  Vedasi l’episodio del manga numero 15, quando ad inizio combattimento Goku chiede a Chichi se è sempre arrabbiata e lei replica che è proprio lui a farla arrabbiare e Goku commenta con un: “strana ragazza”.

 

 

 

Salve a tutti!


Ed eccomi qui, imbarcata in una nuova long-ff che verrà divisa in più capitoli, come avete visto. L’intento è cercare di ripercorrere la maturazione e i cambiamenti dei due giovani nel periodo di fidanzamento, incastonando gli eventi della storia originale, attraverso i dialoghi che vi ho riportato.

Per dovere di precisazione, in questo prologo, ho seguito le scene della puntata 149 ma non ho potuto – né voluto – per esigenze di “copione”, riportare la scena successiva al banchetto, ossia il momento in cui Juman mostra e regala a Chichi l’abito da sposa che era stato della moglie.

 

Precisato questo, spero che questo prologo vi sia piaciuto, abbia stuzzicato la vostra curiosità, tanto da continuare a seguirmi e che abbiate trovato i due ragazzi inerenti con i caratteri originali, ricordandoci che all’epoca erano poco più che maggiorenni e ancora in entrambi – soprattutto Goku – non è ancora completa la maturazione.

 

Ringrazio fin da ora chi leggerà la fanfiction ,  chi la recensirà (vi ringrazierò singolarmente nel prossimo capitolo) e un ringraziamento speciale va a Ciuiciui per esser stata così gentile e disponibile da scaricarmi da internet tutte le puntante dell’anime cui ho fatto riferimento e senza le quali avrei avuto indicibili difficoltà per la fanfiction stessa.

 

Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno recensito l’epilogo di “I Got You”, le vostre parole e la passione con cui avete continuato a seguirmi, mi hanno entusiasmato così tanto da darmi ulteriore sprint per azzardare questo nuovo progetto che sperò sarà seguito nello stesso modo.

 

Auguro a tutti buone vacanze e vi do’appuntamento al prossimo capitolo,

 

Kiki87.

 

   
 
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